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  • ippogrifo11
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    Buona domenica a tutti!
    Per Mandragola:
    Provo a uscire dal senso figurato e chiarire meglio quanto intendevo.
    Le nostre azioni producono sempre delle conseguenze, dentro e fuori di noi. Il ‘dare’, quando esercitato entro il perimetro del ‘giusto e necessario’ e dell’ortodossia, attiene alla condizione e alla funzione di tramite, che implicano neutralità, equilibrio e consapevolezza, via via maggiori man mano che si procede sulla via dell’integrazione. Travalicare questa funzione, per personalistiche velleità, per una distorta visione di ciò che è giusto e di ciò che è bene, o anche solo per fraintendimento, significherebbe spostarsi dalla condizione di neutrale equilibrio e generare così uno scompenso (in senso figurato i ‘debiti’), per ripianare il quale, se e quando ancora possibile, sono richiesti lavorio ulteriore, energia e tempo necessari per individuarne le cause, demolire strutture e sovrastrutture non allineate allo scopo o condizionanti,rimuovere i detriti e rimettere le cose in ordine.
    Spero di aver chiarito meglio quanto espresso nel post precedente, col quale intendevo mettere a fuoco solo un aspetto, come ho detto per me cruciale, del ‘do ut des’; un aspetto che, come giustamente rileva Diogenonn, è strettamente connesso all’esercizio della terapeutica ermetica, ma che penso possa estendersi a 360 gradi nel nostro agire da Miriamici.
    Un caro saluto a tutti.

    ippogrifo11
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    Carissimi tutti, sto seguendo con sentita partecipazione i vostri interventi in questo thread il cui tema, il “do ut des”, è parte del nostro essere Miriamici. A esso avete ricondotto, giustamente, quello dell’Amore (anch’io voglio scriverlo con l’A maiuscola) e questo mi ha indotto a qualche riflessione che desidero condividere con tutti voi.
    È vero, Amore è donare e il donare è un dare, ma non può essere un dare indiscriminato, sia nel modo (a chi si dona), sia nella sostanza (cosa si dona). Sono convinto che il dare sia indissolubilmente legato alla legge di Giustizia: si dà quando è giusto dare e ciò che è giusto – e necessario – dare. Noi Miriamici, consapevoli della nostra condizione di ‘esseri in itinere’, dunque in evoluzione, siamo anche consapevoli di non poter avere della Giustizia se non una concezione approssimativa, perciò parziale, dipendentemente dal tratto di percorso compiuto. Ecco allora che il nostro ‘dare’, perché resti circiscritto nei limiti invalicabili della Giustizia e resti pertanto al riparo dal rischio di diventare prevaricazione, non può che ricondursi a un ‘restituire’, nelle sole forme ortodosse, quanto dalle Superiori Gerarchie si è ricevuto e si è stati in grado di effettivamente integrare nel nostro essere. Pensare di poter dare di più sarebbe un non senso: si può dare quello che non si ha? Forse sì, ma a condizione di contrarre debiti, che però andranno poi ripianati, magari con gli interessi.
    Un grande abbraccio a tutti e un grazie per avermi dato l’opportunità di mettere a fuoco un punto cruciale del nostro procedere insieme.

    ippogrifo11
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    Mi unisco col cuore agli auguri corali e fraterni per la bella notizia della quale Cingallegra ha voluto renderci partecipi, perché la sua gioia è la nostra gioia e il suo servizio alla Vita ci riconduce al nostro servizio all’Opera cui abbiamo votato l’esistenza.
    Un caro e fraterno abbraccio.

    ippogrifo11
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    in risposta a: Libere testimonianze #32456

    Cara Seppiolina, quello che dici è vero e lo ritrovo nella mia personale esperienza, maturata lungo il percorso compiuto grazie alla Schola e all’aiuto, mai venuto meno, del Delegato Generale. In proposito, permettimi solo una piccola chiosa a quanto dici, non per puntigliosa saccenza, credimi, ma solo perché dà modo di evidenziare ancor più quanto sia importante il concetto che esprimi quando affermi che “occorre l’aiuto e la guida costante di un vero Maestro per procedere”. D’accordo con te e, aggiungo, per fortuna nostra nella Schola operano Maestri veri, sebbene ciascuno con le prerogative proprie e pertinenti al grado evolutivo conseguito. Ma noi abbiamo anche un’altra grande fortuna, che è anche un privilegio storico di rara preziosità: possiamo rapportarci direttanente al Delegato Generale, che è un Maestro Integrato, espressione diretta, visibile e immediata, ossia non-mediata, del Capitolo Operante, del Centro dal quale promana il lievito che ci fa crescere, come Numeri e come esseri umani, e del quale Centro – e dunque del Delegato Generale – i Maestri di Miriam sono tramiti. È bene che questo punto cruciale, sul quale per altro si era già soffermata Tanaquilla in un altro intervento, resti ben fermo nella nostra prospettiva di Numeri in evoluzione, perché è verso il Centro e Chi lo rappresenta che dobbiamo mantenerci costantemente orientati.
    Un grande abbraccio a tutti.

    ippogrifo11
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    Grazie ad Admin per gli Auguri, da noi tutti condivisi nello spirito unitario dell’Organismo che lavora incessantemente al Bene secondo i ritmi e i tempi dettati dalla Natura Madre. Un caro saluto a tutti!

    ippogrifo11
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    in risposta a: Libere testimonianze #31479

    Parole chiare e chiarificatrici, cara Tanaquilla, e come tali non possono che essere condivisibili senza riserva alcuna. D’altra parte, l’organigramma della Schola non lascia spazio a fraintendimenti: il Capitolo Operante, il Centro dei cerchi concentrici, si manifesta con la Delegazione Generale, che ne è espressione diretta; i cerchi che seguono, a partire dal Circolo dei Maestri, sono di interconnessione funzionale per svolgere, come tu giustamente dici, il compito di tramiti; funzione, questa, che andrebbe attuata da ciascun Numero di ogni ordine e grado nella maniera più impersonale possibile. Non entro nel merito di quanto possa essere più o meno difficile e più o meno faticoso, considerata la natura fondamentalmente egoica dell’essere umano, acquisire tale condizione, ma mi rendo conto, per quanto ho personalmente esperito e per quanto ancora sto toccando con mano, che è assolutamente necessaria, altrimenti si finisce per generare impedimenti e occlusioni, a danno di noi stessi e in primis delle Sorelle e dei Fratelli che entrano in nostro contatto. Eventualità, quest’ultima, da scongiurare con tutte le nostre forze, se vogliamo mantenerci fedeli al Patto.
    Un caro saluto a tutti.

    ippogrifo11
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    Quello che scrivi, Decla, è molto bello e condivido pienamente il concetto di fondo: l’esperienza di alcune cellule diventa patrimonio comune dell’intero organismo. Un caro abbraccio.

    ippogrifo11
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    in risposta a: Nuovo articolo #30525

    L’articolo del Maestro L J. Aniel porta oltre i nostri confini i contenuti autentici e genuini dell’Opera del Maestro Kremm-Erz e della Sua Schola ortodossa e chiarisce, tra l’altro, con lucida esposizione l’indissolubile connessione esistente tra esercizio della terapeutica ermetica e cammino evolutivo. Ho poi trovato di enorme importanza quanto viene trattato al punto 4 (Il cammino trasmutatorio), dove si sgombra il campo dal putridume graveolente che da decenni appesta il parterre kremmerziano, nostrano e d’Oltralpe, e tante delle menti che vi si sono accostate e ancora oggi si accostano, restituendo così al percorso trasmutatorio la sua dimensione autenticamente iniziatica e la purezza che gli è propria. Grazie!

    ippogrifo11
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    Per quello che personalmente mi risulta per esperienza diretta, in messuna delle sedicenti istituzioni iniziatiche cui avevo aderito in passato, ivi inclusi alcuni dei gruppi sedicenti kremmerziani, che a diverso titolo sbandierano improbabili quanto inconsistenti patenti di legittimità, il principio del do ut des è presente ed esplicitato come lo è nella nostra Schola, fino al punto da diventare la conditio sine qua non che sostanzia la ragione e insieme la misura del progresso individuale fattivamente conseguito lungo il cammino ermetico-iniziatico.
    Nei sodalizi che ebbi modo di frequentare, l’ascenso ermetico, in proiezione di una non meglio definita “realizzazione”, era visto, e con ogni probabilità lo è ancora oggi, come un qualcosa di fine a sé stesso, circoscritto alla propria individualità e quasi sempre sospinto da motivazioni che si condensavano in una velleitaria voglia di “arrivare”. Ma arrivare dove? E perché, poi? Per soddisfare un ego pretenziosamente voglioso di immedesimazione nel divino, ma restante sempre, e comunque sublimato, un ego?
    No, noi stiamo acquisendo consapevolezza che il nostro ascenso individuale è integrato in un progetto universale; che la nostra piccola opera individuale in tanto ha ragione di essere in quanto è parte di un’Opera che, se passa attraverso di noi, quando riusciamo a esserne tramiti, è per andare oltre noi e la nostra fisionomia di esistenza. Dalle Superiori Gerarchie ci viene dato con mano prodiga perché la nostra materia vivente si trasmuti e inneschi, gradatamente, la trasmutazione della materia vivente di chi viene in nostro contatto. E così il Popolo di Miriam si espande, e con esso si espande progressivamente la materia umana che si fa veicolo di un Ideale senza limiti di spazio e di tempo.
    Perciò, buon lavoro e che la fioritura primaverile sia propizia!

    ippogrifo11
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    No, nessuno corre leggero e per nessuno vi sono tratti di percorso più corti. L’intervallo che si compie lungo il percorso iniziatico è lo stesso per tutti: quello coperto dalla vita; solo cambia il punto di partenza, che dipende dalla storia di ciascuno. Predestinazione? No, Legge di Giustizia. Quanto poi alla fatica, non credo vi sia chi possa dire che il cammino iniziatico ne sia esente e, anzi, la vita dei Maestri ci dice che la loro stessa esistenza è spesso segnata da esperienze, contesti, vicissitudini che non si lasciano attraversare con leggerezza, non foss’altro che per l’accresciuto senso di responsabilità che, unitamente alla più estesa consapevolezza, in virtù proprio del percorso compiuto, pretendono vigilanza, coerenza e determinazione ferma.
    Su un punto, cara Buteo, mi sento pienamente in linea col tuo pensiero: il percorso iniziatico non è neppure lontanamente paragonabile a un percorso accademico; la conoscensa origina da realizzazioni fattive, suffragate dall’esperienza e confermate per via gerarchica. Dunque nulla a che vedere con l’accumulo di nozioni e di informazioni proprie al procedere del sapere profano, il quale, semmai, può aiutarci a irrobustire il nostro senso critico e ad affinare gli strumenti di confronto e di cernita. Ma l’esperienza concreta, condotta sulla base di verifiche probanti, quella, proprio quella, resta insostituibile.
    Un caro e fraterno abbraccio.

    ippogrifo11
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    Post totali: 165

    Grazie Tanaquilla, le emozioni sono parte della vita ed è bello viverle con intensità e consapevolezza. Da qualche tempo, ormai, mi capita di ricondurre ogni emozione profonda, intensa, alla Miriam e a ciò che Essa rappresenta di inamovibile nel fluire talvolta vorticoso e non sempre piacevole del quotidiano.
    Un caro e fraterno abbraccio.

    ippogrifo11
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    in risposta a: Biblioteca on-line #30165

    Stimolato dai vostri post, sono andato anch’io a rileggermi “L’alchimia terapeutica dell’Essere” e vi ho trovato (o ritrovato?) chiarificazioni illuminanti sulla strettissima interconnessione che intreccia insieme, come i due serpenti del caduceo, terapeutica ermetica e percorso evolutivo. Fondamentali anche le sintetiche quanto magistrali fissazioni, come istantanee scattate da osservatori sapienti, delle prerogative pertinenti e corrispondenti ai cerchi dell’organugramna della Schola. Infine, la sensazione riconfermata, ove mai ve ne fosse stato bisogno, della solidità del terreno sul quale poggiano i passi del nostro cammino e, in proposito, non si può che condividere l’invito di Tanaquilla a considerare questo forum per come fu concepito, sin dall’inizio, dalla Ragione che lo rese fruibile: un luogo di incontro e di sperimentazione, non sostitutivo o surrogante di modalità più dirette, ma a queste complementare e, per molti aspetti, persino integrativo.

    ippogrifo11
    Partecipante
    Post totali: 165

    Le parole di Tanaquilla ci riportano all’essenzialita’ del nostro cammino: siamo esseri in evoluzione e come tali portati a commettere errori, i quali rappresentano comunque la manifestazione di aspetti della nostra sostanza più o meno profonda e talvolta sconosciuti a noi stessi. Ecco allora la incommensurabile opportunità di esser parte di una Fratellanza come la nostra, nella quale ciascuno può fare da specchio all’altro e trasformare in tal modo l’errore in una opportunità di rettifica e dunque di miglioramento, a patto però, come ci ricorda ancora Tanaquilla, che si sia disposti a comprendere e modificare.
    A tutti un caro saluto e l’augurio che il ‘passaggio’ a una condizione di rinnovato fermento sia propizio.

    ippogrifo11
    Partecipante
    Post totali: 165
    in risposta a: Biblioteca on-line #29702

    Mi aggancio al filo delle riflessioni di Tanquilla riprese poi da G_B, per considerare a mia volta che quel codice “costitutivo dell’essere”, del quale la Pragmatica Fondamentale è essa stessa informata e informante, è per noi Miriamici l’ideale a cui tendere attraverso il lavorio di quotidiana revisione di noi stessi al quale ci siamo liberamente votati con la nostra scelta di far parte della Schola. Dunque, per chi è in itinere, e soprattutto ai primi passi come noi siamo, quel codice è tutt’altro che “costitutivo”, rappresentando uno stato di essere per lo più di là da venire e per approssimarci al quale siamo chiamati ripetutamente a un processo di adattamento la cui efficacia dipende in primo luogo dal grado di consapevolezza individuale, acqisito o maturato in ragione del percorso compiuto. Mi spiego.
    Nell’avvicendarsi del quotidiano ci interroghiamo se e come il nostro comportamento, e cioè il nostro modo di pensare, parlare e agire, sia o meno rispondente all’etica e all’estetica miriamiche per poi, se e quando ci accorgiamo delle incongruenze o delle sbavature, predisporci alle opportune correzioni. Voglio dire che il nostro tendere a quel codice procede per aggiustamenti successivi che prendono le mosse dalla consapevolezza dei nostri errori o delle nostre mancanze. Certo, via via che procediamo “rettificando”, sempre di meno il nostro manifestarsi è espressione di un preliminare lavorio selettivo e, per contro, sempre di più si propone in modo spontaneo, ossia non come conseguenza di un atto volitivo che parte dalla mente ma come esplicazione naturale della materia del nostro essere. In altri termini, a questo punto e quando una tale condizione risultasse consolidata e persistente,
    si sarebbe diventati quel “galantuomo costituzionale” del quale parla il Maestro Kremmerz e che, assai verosimilmente, rappresenta il punto di partenza per ogni realizzazione successiva. Ma, mi domando, basta una vita perché quel codice si faccia carne della nostra csrne e diventi, di fatto, “costitutivo dell’essere”?
    Un caro saluto a tutti.

    ippogrifo11
    Partecipante
    Post totali: 165

    Ho trovato delle notizie interessanti su un farmaco che, in attesa del completamento e degli esiti della campagna di vaccinaxione, parrebbe estremamente promettente nella lotta al Covid-19.
    Propongo il link qui di seguito.
    Forse i nostri medici ci possono dire qualcosa di più.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/03/05/covid-lipotesi-dellivermectina-come-una-potenziale-terapia-santin-yale-puo-essere-il-game-changer/6122115/

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