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  • ippogrifo11
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    Ho letto l’articolo segnalato da guglielmo tell: mi pare non vi sia nulla di nuovo in linea di principio (si tratta sempre e solo di trasferimento di energia mediante onde elettromagnetiche), eccezion fatta per l’aspetto tecnologico e i suoi risvolti innovativi. Mi pare invece un tantino azzardato l’accostamento di fenomeni, come la trasmissione a distanza di energia o di informazioni, ben noti alla fisica da oltre un secolo, con la teleurgia, della quale, come per tanti altri campi di applicazione della Scienza Ermetica, non è dato ai più di conoscere le intime modalità di azione e ancor meno le cause. Sono convinto che, per quanto ci riguarda, non sia necessario dover cercare negli auspicabili progressi della scienza quanto ci possa sembrare utile per corroborare i presupposti della pratica ermetica e che, al contrario, questo possa anche diventare controproducente e anche fuorviante, specialmente quando si pensi di poter operare un confronto con qualcosa la cui essenza non ci è nota. Diceva in proposito Hahaiah che “l’ermetista classico è un pratico, che ha constatato dei fatti e ad essi si riferisce, più che alle loro cause, sulle quali non è raro che anche per lui resti inesplicabile il velo del mistero”.
    Un saluto ai naviganti.

    ippogrifo11
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    “L’anelito evolutivo è tenace e non si fa dimenticare mai”. Quanto è vero, cara Tanaquilla, e quanto è prezioso quello che ci ricordi! La spinta evolutiva è una forza di portata cosmica, ma la consapevolezza di tale anelito, più o meno forte e più o meno presente, è ciò che ci distingue dalla gran parte dell’umana specie e in questo sta il grande e irrinunciabile privilegio di essere Miriamici.
    È bello vedere una volta di più che nello spazio di questo forum le distanze si annullano.
    Una buona serata a tutti!

    ippogrifo11
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    Cara m_rosa, accade spesso – e questo forum lo testimonia – che le riflessioni inneschino altre riflessioni. Tu dici che sempre all’Ego si ritorna, e forse è vero. Rifletto allora sul fatto che l’Ego, come tu lo chiami, è la sintesi del nostro essere individuato, con tutte le sue potenzialità, con tutte le sue qualità, con tutte le sue contraddizioni e con tutti i suoi nodi; se esso è o diventa anche il punto di ritorno delle nostre azioni, allora si finisce in una sorta di cortocircuito metabolico, col risultato di alimentarne la tendenza ipertrofica e di rendere inefficaci anche i nostri sforzi per liberarci dalle tante zavorre che ci portiamo addosso. Sono convinto, invece, che se il nostro Ego, tutto il nostro Ego, così com’è, lo poniamo con sincerità al servizio dell’I-Dea, allora il punto di ritorno diventa un punto in perenne movimento e si entra in un meccanismo metabolico ben più ampio di quello individuale, un meccanismo che per sua natura trattiene, valorizza e potenzia quanto è funzionale all’Opera e allo stesso tempo procede progressivamente all’eliminazione di quanto è di ostacolo.
    Ancora un caro saluto e buon proseguimento di domenica!

    ippogrifo11
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    I semi germogliano dopo il tempo che è loro necessario e quando le condizioni sono propizie; tuttavia, se è vero che il tempo è un fattore in buona parte fuori dal nostro controllo, è altrettanto vero però che possiamo fare di tutto per rendere le condizioni quanto più possibile adatte alla bisogna, perché questo rientra nell’esercizio e nelle possibilità del quotidiano. Resta, comunque, la verità essenziale alla quale, con tanta semplicità, ci richiama Tulipano: l’enorme importanza di essere riusciti a stabilire il contatto con la Miriam. In proposito, ricordo quanto ebbi modo di scrivere in una lettera accorata oltre cinque lustri orsono, quando dopo aver peregrinato per lidi ingannevoli approdai finalmente sulle spiagge dell’unica, vera e ortodossa Fratellanza di Miriam. Scrissi allora che non mi sarebbe importato se il Noviziato fosse durato per l’intera vita perché la consapevolezza dell’impareggiabile privilegio di avere stabilito il contatto con la Miriam valeva la ragione di un’intera esistenza.
    Un caro abbraccio a tutti.

    ippogrifo11
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    Cara m_rosa, provo a risponderti per quel poco che mastico, o credo di masticare, di fisica.
    Il Buco nero è un oggetto che si colloca su scala cosmica: ad esempio, una stella che collassa può diventare, dopo un certo numero di fasi, un buco nero, ossia un agglomerato di materia, più precisamente di particelle subatomiche, dalla densità inimmaginabile, in grado di creare un campo gravitazionale dal quale, secondo le prime teorie, tuttora in revisione, non può sfuggire neppure la luce; da qui il nome di ‘Black hole’, cioè ‘buco nero’.
    L’entanglement, invece, è un fenomeno particolare osservabile su scala subatomica e riguarda le particelle elementari, ad esempio i fotoni, cioè le quantità minime di energia associate alle diverse frequenze luminose cui corrispondono i diversi colori dello spettro. Secondo la fisica quantistica, due particelle accomunate dalla stessa origine, ossia prodotte contemporaneamente dalla stessa causa, ad esempio una coppia di fotoni che nasce dalla disintegrazione di una particella subatomica, oppure di elettroni, risultano ‘entangled’, cioè ‘intrecciate’. Questa proprietà fa sì che se cambia lo stato fisico di una delle due particelle, cambia istantaneamente, cioè con tempo 0, lo stato dell’altra, anche se queste si trovano a distanza enorme; in pratica si comportano come se non ci fosse spazio e non ci fosse tempo.
    Detto questo, che mi pare straordinariamente simile a quanto diceva il Maestro Kremmerz quando parlava dei fenomeni della mente senza spazio e senza tempo, non vedo, per quanto ne so, collegamenti tra buchi neri e entanglement, non foss’altro che per per la differenza enorme di scala degli ambiti di rispettiva appartenenza. Quanto poi al collegamento con le nostre cose, sono sempre stato poco incline a fare parallelismi tra le ipotesi e le scoperte della scienza di frontiera con gli assunti ermetici, perché così facendo si corre il rischio di azzardare troppo: non dobbiamo infatti dimenticare che ipotesi e verità scientifiche di oggi possono essere messe in discussione domani. E poi, possiamo dire noi stessi di avere oggi, nei limiti di quanto abbiamo sperimentato e sperimentiamo, contezza piena della reale portata degli assunti ermetici?
    Un caro saluto a tutti.

    ippogrifo11
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    Osservo che da un po’ di post l’attenzione si è spostata sulla contrapposizione vaccini-no vaccini-sì: sarà forse per precorrere il momento in cui verrà annunciata la disponibilità di un vaccino idoneo a contrastare e, sperabilmente, a fermare la diffusione del Covid-19?
    Se così fosse, non potrei che rilevare l’attinenza delle considerazioni al tema del thread, diversamente, sarei portato a interrogarmi sulla utilità di trasferire in questo forum una diatriba già ampiamente presente in rete, con l’immancabile corredo di informazioni e disinformazioni buone per tutti i gusti e per tutti gli orientamenti. Nondimeno, devo rilevare che l’approccio adottato nei tanti post riflette spesso la volontà di adottare un punto di osservazione se non equidistante almeno il più possibile sereno e questo mi induce a portare anche un mio contributo, non nello specifico del tema, ma nei termini di considerazioni più generali che tuttavia non potranno non muovere dall’argomento in questione.
    In uno dei percorsi formativi della mia vita aziendale mi fu spiegata una verità elementare: lo scopo di un’azienda, qualunque essa sia, non sta nella mission dichiarata e neppure nella promozione, nell’ampliamento e nel consolidamento del proprio core business; l’una e l’altro sono i mezzi che permettono all’azienda di conseguire il solo e vero scopo: generare profitti. Le aziende farmaceutiche non fanno differenza: producono farmaci non per vocazione filantropica ma per produrre profitti dai farmaci collocati sul mercato e indubbiamente quello della salute è un mercato assai redditizio. Che poi le strategie messe in campo per il conseguimento dello scopo suddetto siano più o meno etiche, più o meno trasparenti, più o meno condivisibili è argomento, questo, dalle troppe sfaccettature per essere approfondito qui con una seppur minima pretesa di disamina seria e circostanziata. Soprattutto, sarebbe di scarsa o nessuna utilità per il tipo di percorso sul quale ci siamo incamminati. Lasciamo allora che siano complottisti e simpatizzanti a cibarsene come meglio aggrada loro e che procedano pure ad accumulare i pro e i contro a loro uso e consumo.
    Altra cosa è poi la comunità scientifica, con le sue regole, i suoi protocolli, il proprio rigore epistemologico e metodologico e, perché no, anche i propri errori. Anch’essa, per altro, essendo costituita da esseri umani, non può dirsi esente da alcuni dei vizi che intaccano l’umana natura. In essa, tuttavia, agiscono come potenziale scudo protettivo l’ampiezza della stessa comunità scientifica e i meccanismi, universalmente condivisi dai suoi membri, di verifica e di controllo.
    Tornando al merito della questione, devo dire che quando per la prima volta mi sono imbattuto in essa sono stato colpito da un dato sorprendente per chunque abbia un minimo di cognizioni di statistica: l’assoluta inconsistenza, sul piano dell’affidabilità ai fini del calcolo di una correlazione, del numero decisamente esiguo del campione considerato: appena 12 casi esaminati. Ora, perché una correlazione sia statisticamente significativa occorre che il numero di casi in esame sia sufficientemente grande da garantire una reale rappresentativita’ del campione. Va poi considerato che una correlazione statistica è sempre indicativa di una tendenza delle variabili prese in esame e mai di una relazione causa-effetto fra loro. Alla inconsistenza metodologica e procedurale, propria della sedicente indagine su una possibile correlazione tra vaccini trivalenti e autismo ha posto rimedio, seppure con qualche ritardo, la stessa comunità scientifica, procedendo negli anni a seguire a molte altre verifiche, tutte basate su campioni statisticamente significativi e caratterizzate da inoppugnabile rigore metodologico. Un esempio è dato dal lavoro dei ricercatori dell’Università di Copenhagen, dello Statens Serum Institut della stessa città e della Scuola di medicina dell’Università di Stanford. Lo studio, che ha preso in esame 657.461 bambini nati in Danimarca tra il 1999 e il 2010, monitorati fino al 2013 a intervalli regolari, ha inequivocabilmente attestato l’assoluta mancanza di correlazione tra vaccinazioni e un qualunque disturbo dello spettro autistico.
    E veniamo allora alle considerazioni generali.
    Come esseri umani e come entità sociali possiamo avere tutte le opinioni che vogliamo; ci sta ed è anche legittimo. Come Miriamici, tuttavia, siamo impegnati a separarci quanto più possibile dalla corrente comune e dai frastuoni che essa produce, comprese disinformazioni, pseudoinformazioni, chiacchiericci, punti di vista e chi più ne ha più ne metta, badando, come e quando possibile, a non alimentare il rumore già assordante che ci sommerge. Il nostro modo di procedere ci inchioda inesorabilmente ai fatti e alle esperienze probanti. Le opinioni e la loro manifestazione non sono vietate – ci mancherebbe! – ma, ricondotte al nostro metodo e alla nostra finalità, diventano stimoli utili in particolare quando emergono da vissuti esperienziali essi stessi sottoposti al vaglio della verifica e della conferma. Sul nostro percorso siamo costantemente stimolati a ritenere ciò che è essenziale e ad abbandonare il superfluo, avendo come obiettivo quello che ci ricordava il Maestro Benno: la conquista della neutralità ermetica. Mi rendo conto che ci viene richiesto un lavorio terribilmente spoetizzante, terribilmente asettico, terribilmente defatigante. Ma anche terribilmente necessario.
    Un caro saluto a tutti.

    ippogrifo11
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    Come non condividere i pensieri espressi da Buteo e Mandragola11? In particolare, come non provare, insieme con loro, la stessa vena di amarezza che ne tinteggia le riflessioni, ma anche lo spiraglio di speranza che ci lascia intravedere Mandragola11 in conclusione del suo post? Per parte mia devo aggiungere che via via che ci si svincola dalle pastoie convenzionali, sovrastrutturate e sovrastrutturanti, che imbrigliano alla corrente comune, si fa sempre più stridente il contrasto tra la consapevolezza di allontanarsi in qualche modo dal resto dell’umanità e quella di farne parte come cellula non separabile da essa. Eppure la contraddizione, forse solo apparente, va superata e può essere superata: ce lo dimostra l’esempio dei Maestri, la cui Opera si è sempre riversata beneficamente sulla famiglia umana. E ce lo conferma il fine dell’azione della Schola cui abbiamo il privilegio di appartenere: pro salute populi.
    A noi, che per fato o per altro, è dato di poggiare i piedi in prossimità delle orme lasciate nel solco da Essi tracciato, tocca il compito di provarci con tutte le nostre forze e col massimo dell’impegno possibile, grati alla Miriam e a Chi oggi ne incarna e ne rappresenta l’I-Dea di Bene, di Luce e Salute.
    Un caro saluto.

    ippogrifo11
    Partecipante
    Post totali: 165

    Condivido, rimarcandola, la pilloletta di rigore epistemologico somministrata con tatto benevolente da Kridom, particolarmente in tema se ricordiamo che il titolo di questa discussione è appunto “La pandemia da coronavirus tra dati oggettivi e opinioni soggettive”. A quanto detto da Kridom aggiungo solo che il superamento del filtro esercitato dalla peer review non dà diritto, di per sé, all’attribuzione di una patente di verità permanente alle conclusioni di uno studio o di un lavoro di ricerca, ma più semplicemente ne attesta la rispondenza al rigore del metodo scientifico, ciò che conferisce allo studio o al lavoro un elevato grado di attendibilità, allontanandoli, al tempo stesso, dal campo insidioso delle opinioni soggettive, tutte legittime, per carità, ma che spesso rischiano di lasciare il tempo che trovano.
    Noi stessi, del resto, se abbiamo ben compreso il metodo ermetico, sappiamo di non poter dare neppure alla nostra personale esperienza alcun carattere di certezza fino all’avvenuta conferma gerarchica, il che ci fa riflettere sulla necessaria prudenza, la quale se è già più che opportuna quando esprimiamo le nostre opinioni, figurarsi quando si va a riportare quelle altrui! Il che, evidentemente, non significa affatto che le opinioni non vadano espresse, ma che è sempre bene ricondurle, quando possibile e fin dove possibile, alla concretezza dei fatti, separando questi dalle notizie mirabolanti e dalle rappresentazioni suggestive, quasi sempre poco verificabili, che imperversano sul web. Perciò credo che sia condivisibile anche la posizione di neutralità espressa da Alef2006 rispetto alla massa di notizie che ci investe ormai quotidiananente, e non solo con riferimento alla pandemia. Il nostro sito, e con esso il forum che ne è una sezione, vogliono dimostrare – e credo che lo stiano facendo egregiamente – che anche uno spazio potenzialmente anarchico come è quello telematico possa acquisire una connotazione autodisciplinante e diventare un luogo aperto all’incontro delle idee e al confronto, ossia uno spazio eminentemente costruttivo nel quale anche le opinioni hanno diritto di asilo.
    A tutti l’augurio di una buona serata.

    ippogrifo11
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    L’ironia amara di Buteo è comprensibile e, se vogliamo, anche condivisibile. Qualcuno diceva che l’esperienza non serve a evitare di commettere gli errori già fatti, ma solo a riconoscerli quando stai per cascarci nuovamente. Può essere che il velo di sarcasmo che ammanta questa considerazione copra un fondamento di verità, riguardante in particolare chi segue la marea ondeggiante della corrente comune nella rincorsa frenetica di mete effimere. E intanto la vita passa, e con essa se ne va la risorsa più preziosa dell’esistenza: il tempo. Prendiamone atto e guardiamo avanti, procedendo con determinazione per il sentiero tracciato dai Maestri, lungo il quale l’esperienza fatta e i significati che se ne traggono alimentano quelle che ancora verranno, in un avvicendarsi continuo di occasioni di crescita.
    Una giornata serena ai naviganti del sito!

    ippogrifo11
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    Prima di intervenire nel merito, do’ un benvenuto a Nicolò nel forum del nostro sito. Mi permetto poi di sollevare qualche dubbio circa la non idoneità dell’arte di trasmettere la scienza ermetica: le tante testimonianze incise nella pietra e pervenute sino a noi, le rappresentazioni allegoriche codificate nelle arti figurative e nella letteratura, solo per citare qualche esempio, starebbero a dimostrare il contrario e lascerebbero intravedere invece la proteiforme capacità della scienza ermetica di veicolare sé stessa nelle modalità che appaiono di volta in volta più acconce alla bisogna. Stesso discorso mi pare possa farsi per l’Ermes e il suo modo di manifestarsi: al riguardo basterebbe leggere quello che scrive il Maestro Kremmerz. Il problema credo che stia nel significato che si è soliti attribuire alle parole, tanto più quando si pensi che tale significato sia univocamente determinato e in linea con quello dettato dal senso comune. Ma in ermetismo non funziona così; il metodo ermetico ci rammenta costantemente che la scienza si acquisisce per sperimentazione diretta e dunque per sapere cosa sia per davvero l’Ermes, quale ne sia il moto e i modi di azione, bisognerebbe sperimentare la condizione che ne renda possibile la manifestazione nella sua pienezza o, almeno, nelle sue gradazioni, condizione che è strettamente correlata al grado di purificazione in atto; in altri termini, al tratto di percorso evolutivo-iniziatico compiuto, per il quale diventano indispensabili – e qui devo dare ragione a Nicolò – l’insegnamento orale e la preaenza di Chi sappia seminare “parole con scientifica consapevolezza”.
    A tutti un caro saluto.

    ippogrifo11
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    La lettura dei post di Angelo sui vangeli apocrifi porta a riflettere una volta di più sull’enorme privilegio di appartenere a una Schola dalla forte impronta pratica, pragmatica e sperimentale e non incline alle speculazioni spiritualistico-misticheggianti. Ancor di più fa riflettere il superamento del dualismo fuorviante tra spirito e materia, tanto caro ai mistici di ogni tempo e di ogni latitudine, e che sempre nella Schola si liquefa e si risolve nella sintesi poderosa del concetto di “materialismo sacro” posto a fondamento del percorso evolutivo e iniziatico. Certo, acquisire informazioni in più sulle testimonianze relative ai sistemi di pensiero di un passato poco noto può diventare utile soprattutto quando si abbia l’opportunità di ricondurle all’essenzialita’ e all’autenticita’ dei contenuti trasmessi fino a noi dalla Tradizione Iniziatica e dai Maestri che se ne sono resi tramiti.
    Un caro saluto a tutti.

    ippogrifo11
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    Condivido il pensiero di tanaquilla9, specialmente quando dice che la nostra rotta non segue strade affollate. Lo stiamo constatando quotidianamente nel corso dell’attuale emergenza sanitaria, che rischia di diventare emergenza sociale proprio in virtù della scala dei valori – o disvalori? – che struttura la vita dei più. Per tanti di noi, mi piacerebbe pensare per tutti noi, che abbiamo orientato la rotta verso l’Origine, questo tempo è servito per condurre qualche verifica, che poi si è tradotta in un’esperienza non scontata e che forse potrà contribuire a mettere un po’d’ordine nelle cose che riteniamo essenziali. Ma quante di queste lo saranno per davvero? E poi, essenziali per cosa?
    Mi piacerebbe avere un metro che mi restituisse in proposito la misura infallibile, ma credo che anche questo metro sia da costruire giorno per giorno, esperienza dopo esperienza, verifica dopo verifica, conferma dopo conferma. Come è nel nostro cammino. Ecco il grande privilegio di essere miriamici!
    Buona serata!

    ippogrifo11
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    Ben detto, molto ben detto, Mercurius3!
    Devo dire che aspettavo questa cosiddetta Fase 2 con non poco scetticismo, anche perché devo ammettere che non nutro eccessiva fiducia nell’attitudune umana a capitalizzare il significato dell’esperienza: l’inclinazione diffusa è e resta quella del ‘passata la festa, gabbato lo santo’ e così quella che avrebbe potuto essere un’opportunità, sebbene sospinta da una condizione di necessità, di ritrovare sé stessi, come tu dici, e di parlare col proprio essere più profondo, finirà per aver lasciato nelle mani dei più non il ‘pacchetto’ da spendere per il meglio, ma un involucro fastidioso del quale liberarsi quanto prima. Ma per noi che siamo fuori dalla corrente comune, o quanto meno che proviamo a tirarci fuori, questi due mesi non sono stati due mesi di ‘chiusura’ ma di un’apertura inconsueta quanto insospettata, verso noi stessi, verso chi ci sta più vicino e verso ciò che sentiamo e viviamo come ‘Fratellanza’. E molti dei post di questo sito stanno a testimoniarlo.
    Un abbraccio a tutti.

    ippogrifo11
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    Domande belle e stimolanti, cara Seppiolina74! Come te, attendo fiducioso che chi possiede le competenze appropriate ci fornisca qualche lume. Poi, sempre che abbia bene inteso quanto scrivi, mi permetterei solo di sostituire la “rete trasmittente” con “”rete ricevente”, visto che parli di recettori. Trovo comunque molto interessante il concetto di pelle intesa come organo e, in particolare, come organo di interfaccia tra il nostro organismo e l’ambiente che ci circonda, concetto che mi pare sia suffragato dalla scienza, ma anche su questo attendiamo conferme o aggiustamenti di rotta.
    Un caro saluto a tutti i naviganti.

    ippogrifo11
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    La quale Schola, per riagganciarmi al post di Tanaquilla9, non è, come ben sappiamo, un’entità astratta bensì è concreta e operativa nella quotidianità di ciascuno di noi, quando, indotti dalla mutevolezza delle contingenze della vita, siamo chiamati alla revisione delle nostre convinzioni, alla verifica del grado di consapevolezza che poniamo nelle scelte, alla messa in gioco della nostra capacità di adattamento, al riallineamento della nostra volontà all’esigenza primaria di trasformare, come ci ricorda il Maestro Kremmerz e come è nella finalità che abbiamo abbracciato, il male in Bene e dunque i problemi e i disagi in opportunità di crescita. Infine, è concreta e operativa nel riscontro alle oggettivazioni del nostro essere e nelle conferme e/o nelle indicazioni correttive che ne seguono. La Schola è nella nostra vita, così come la nostra vita è nella Schola, tenendo però sempre ben presente una condizione fondamentale: la Prima non ha bisogno della seconda, mentre è la nostra vita ad avere bisogno della Schola e a non poterne più fare a meno non appena se ne intuisce la grandiosità dell’Opera.

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