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Raccolgo l’invito di Admin Kremmerz, cui dò seguito aprendo questa discussione appositamente dedicata alla grave situazione pandemica che siamo vivendo. Inizialmente sottovalutata, forse perché nel tentativo di esorcizzare la paura si era pensato a qualcosa che fosse niente di più che un’influenza, o forse perché la Cina, nell’immaginario collettivo, era troppo lontana per rappresentare un pericolo prossimo. Ma il mondo non è più quello di Marco Polo: le distanze non sono più quelle di allora, misurate in giornate di cavallo, e la globalizzazione non riguarda solo la circolazione delle merci, ma anche delle persone, delle informazioni, delle idee. E delle malattie contagiose. Lo stiamo sperimentando nel nostro Paese, ma se ne vedono ormai le avvisaglie concrete e preoccupanti a livello planetario, tant’è che l’OMS, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, ha dichiarato lo stato di pandemia, ossia di epidemia globale. La situazione cominciamo a percepirla per come essa è, nella sua gravità, anche per il modo subdolo col quale il contagio è in agguato. Ed è di fronte a questa realtà ormai quotidiana e alla sua incombenza che è opportuno che ci si confronti, portando il nostro contributo, ove possibile sostenuto da dati oggettivi, ma senza trascurare il campo soggettivo delle riflessioni indotte, degli insegnamenti che ne stiamo traendo e che ancora ne trarremo. Il tutto fatto con serietà, per rispetto verso coloro che soffrono e verso i tanti operatori del settore sanitario che con abnegazione si stanno prodigando per ristabilire la salute compromessa dei singoli individui in cura e, in proiezione, per la collettività intera.
Accolgo l’invito di Admin Kremmerz e sulla scia delle tue parole Ippogrifo, il mio pensiero grato e ammirato va verso quei medici e operatori sanitari che si stanno prodigando con abnegazione e che purtroppo sono rimasti contagiati dal virus.
Avete visto che una delegazione cinese di scienziati è giunta per coadiuvare i nostri sforzi?Come tanti in questo momento , mi chiedo se questa pandemia produrrà anche un mutamento dei paradigmi della nostra società ?
Chissà se per il suo carattere globalizzante non costringerà i governi e i potentati economici a rivedere i modelli di vita che attualmente propongono ai popoli. Con la speranza che finalmente li rendano più in sintonia con le leggi della Natura.L’epidemia corre ancora ma i tempi di raddoppio del numero dei morti si stanno espandendo: vuol dire che probabilmente è in frenata. Siamo ancora lontanissimi dal punto di ginocchio ma possiamo iniziare a respirare fiducia per il prossimo futuro.
Tutti i dati sono disponibili qui:
Caro Gelsomino, lo spero vivamente anche io ma sono purtroppo certo (come ho scritto altrove) che, passata la nottata, si ripartirà di slancio con le vecchie abitudini.
Un forte abbraccio Fraterno a Tutti ed un sentito ringraziamento ai Maestri
Care e cari tutti, per opinione soggettiva, mi lancio in una riflessione col rischio di dire una sciocchezza e in questo vi prego di correggermi ( mi rivolgo in special modo ai maestri che mai si risparmiano di ascoltarci con pazienza e di sostenerci), rispondo a @GELSOMINO che saluto. Certamente produrrà mutamenti nei singoli individui, ammalati e non, poiché il contagio è sempre un movimento verso un riequilibrio in una visione ampia; vorrei tornare all’ipotesi che persino un singolo virus cavalca delle possibilità date dal momento storico/planetario, di essere attivo ed evolversi (come quest’ultimo coronavirus) facilmente sulle corde di un qualche carburante invisibile che lo sostiene nelle sue scorribande.
La tua speranza è condivisibile e mi sento di dire che mi “contagia”in positivo e la sento mia.
BuonaserataQuando finisce un periodo di restrizioni, di rinunce, di divieti all’esplicazione delle proprie abitudini, normalmente la risposta più immediata è un’esplosione accentuata dei comportamenti messi in proibizione per poi riprendere le normali abitudini che caratterizzavano la vita vissuta prima della restrizione. Credo che saranno pochi quelli che trarranno insegnamento e conseguente beneficio dal cambio di approccio con sé stessi e con la collettività. Saranno coloro, credo, che già vivevano il momento presente con un senso di disagio in un mondo dove lo spazio per il riconoscimento della unicità con il tutto, il riconoscersi parte non separata dal tutto, era , ed è tuttora, azzerato dalla celebrazione della propria egoità che vede tutto il mondo in funzione del piccolo IO cui devono rispondere le Leggi della Natura.
Ma in tutto questo, è possibile intravedere un piccolo segnale di cambiamento, non ancora giunto a coscienza individuale, ma che sarà un seme per le coscienze a venire. La Vita continua il suo manifestarsi, come la Primavera ci ricorda, inesorabile, a dispetto delle nostre smisurate valutazioni individuali.
Il moto, che tutto pervade e che è compreso nel tutto, non si arresta mai e porta ovunque cambiamenti, anche quando a volte essi cambiamenti vengono vissuti come un momentaneo disastro. Un augurio sentito a tutti, nel conforto delle Gerarchie e dei Maestri che mai arrestano il loro soccorso.MagOspite14 Marzo 2020 alle 10:09Post totali: 112Da NAPOLI si accende un sorriso per una possibile cura al Covid-19
la task force composta dai medici degli Ospedali Monaldi, Cotugno e Pascale ha ripreso e portato avanti uno studio cominciato in Cina. Si tratta di un farmaco TOCILIZUMAB, utilizzato per l’artrite reumatoide che va ad incidere sulla polmonite, la conseguenza più grave dell’infezione da Coronavirus.I medici dicono:”Siamo cauti ma OTTIMISTI” non esistono ancora evidenze scientifiche consolidate ma TOCILIZUMAB sta dando risultati incoraggianti nei pazienti molto compromessi.Il farmaco è già disponibile e si sta lavorando ad un protocollo nazionale. L’Azienda che produce il farmaco si è resa disponibile a distribuirlo gratuitamente. GRANDE NAPOLI!
È una guerra, ce la faremo!GRAZIE a medici, infermieri, personale medico e sanitario, volontari della Protezione civile per il loro fondamentale lavoro che stanno facendo.
Eccomi anche qui.
Ieri guardando il Tg, in particolare ascoltando la posizione inglese nei confronti del problema, mi è venuto un quesito. Loro non prenderanno (pare) misure contenitive, perché vogliono immunizzare la popolazione, sulla base del principio “che i più forti sopravvivranno”. Avevo però capito che questo virus fosse altamente mutogeno…quindi non capisco la loro posizione se non per fini economici (non perdere il primato produttivo perché con la brexit non avrebbero diritto a nessun sostegno). Voi che ne pensate?Speriamo con forza MAG!
Sembra anche che in Italia abbiano trovato un vaccino:
https://fondazioneleonardo-cdm.com/it/news/vaccino-contro-il-coronavirus-con-prudente-ottimismo-ci-diciamo-pronti/Riporto un articolo che mi fa piacere condividere. Abbracci
I DUE “STILI” STARTEGICI DI GESTIONE DELL’EPIDEMIA A CONFRONTO (Di Roberto Buffagni).
Propongo una ipotesi in merito ai diversi stili strategici di gestione dell’epidemia adottati in Europa e altrove. Sottolineo che si tratta di una pura ipotesi, perché per sostanziarla ci vogliono competenze e informazioni statistiche, epidemiologiche, economiche che non possiedo e non si improvvisano. Sono benvenute le critiche e le obiezioni anche radicali.
L’ipotesi è la seguente: lo stile strategico di gestione dell’epidemia rispecchia fedelmente l’etica e il modo di intendere interesse nazionale e priorità politiche degli Stati e, in misura minore, anche delle nazioni e dei popoli. La scelta dello stile strategico di gestione è squisitamente politica.
Gli stili strategici di gestione sono essenzialmente due:
1. Non si contrasta il contagio, si punta tutto sulla cura dei malati (modello tedesco, britannico, parzialmente francese)
2. Si contrasta il contagio contenendolo il più possibile con provvedimenti emergenziali di isolamento della popolazione (modello cinese, italiano, sudcoreano).Chi sceglie il modello 1 fa un calcolo costi/benefici, e sceglie consapevolmente di sacrificare una quota della propria popolazione. Questa quota è più o meno ampia a seconda delle capacità di risposta del servizio sanitario nazionale, in particolare del numero di posti disponibili in terapia intensiva. A quanto riesco a capire, infatti, il Coronavirus presenta le seguenti caratteristiche: alta contagiosità, percentuale limitata di esiti fatali (diretti o per complicanze), ma percentuale relativamente alta (intorno al 10%, mi pare) di malati che abbisognano di cure nei reparti di terapia intensiva. Se così stanno le cose, in caso di contagio massiccio della popolazione – in Germania, ad esempio, Angela Merkel prevede un 60-70% di contagiati – nessun servizio sanitario nazionale sarà in grado di prestare le cure necessarie a tutta la percentuale di malati da ricoverarsi in T.I., una quota dei quali viene così condannata a morte in anticipo. La quota di pre-condannati a morte sarà più o meno ampia a seconda delle capacità del sistema sanitario, della composizione demografica della popolazione (rischiano di più i vecchi), e di altri fattori imprevedibili quali eventuali mutazioni del virus.
La ratio di questa decisione sembra la seguente:
1. L’adozione del modello 2 (contenimento dell’infezione) ha costi economici devastanti
2. La quota di popolazione che viene pre-condannata a morte è in larga misura composta di persone anziane e/o già malate, e pertanto la sua scomparsa non soltanto non compromette la funzionalità del sistema economico ma semmai la favorisce, alleviando i costi del sistema pensionistico e dell’assistenza sanitaria e sociale nel medio periodo, per di più innescando un processo economicamente espansivo grazie alle eredità che, come già avvenuto nelle grandi epidemie del passato, accresceranno liquidità e patrimonio di giovani con più alta propensione al consumo e all’investimento rispetto ai loro maggiori.
3. Soprattutto, la scelta del modello 1 accresce la potenza economico-politica relativa dei paesi che lo adottano rispetto ai loro concorrenti che adottano il modello 2, e devono scontare il danno economico devastante che comporta. Approfittando delle difficoltà dei loro concorrenti 2, le imprese dei paesi 1 potranno rapidamente sostituirsi ad essi, conquistando significative quote di mercato e imponendo loro, nel medio periodo, la propria egemonia economica e politica.Naturalmente, per l’adozione del modello 1 sono indispensabili due requisiti: un centro direzionale politico statale coerentemente e tradizionalmente orientato su una accezione particolarmente radicale e spietata dell’interesse nazionale (tipici i casi britannico e tedesco); una forte disciplina sociale (ecco perché l’adozione del modello 1 da parte della Francia sarà problematica, e probabilmente si assisterà a una riconversione della scelta strategica verso il modello 2).
L’adozione del modello 1, insomma, corrisponde a uno stile strategico squisitamente bellico. La scelta di sacrificare consapevolmente una parte della popolazione economicamente e politicamente poco utile a vantaggio della potenza che può sviluppare il sistema economico-politico, in soldoni la scelta di liberarsi dalla zavorra per combattere più efficacemente, è infatti una tipica scelta necessitata in tempo di guerra, quando è normale perché indispensabile, ad esempio, privilegiare cure mediche e rifornimenti alimentari dei combattenti su cura e vitto di tutti gli altri, donne, vecchi e bambini compresi, nei soli limiti imposti dalla tenuta del morale della popolazione, che è altrettanto indispensabile sostenere.
Gli Stati che adottano il modello 1, dunque, non agiscono come se i loro concorrenti fossero avversari, ma come se fossero nemici, e come se la competizione economica fosse una vera e propria guerra, che si differenzia dalla guerra guerreggiata per il solo fatto che non scendono in campo gli eserciti. La condotta di questo tipo di guerra, proprio perché è una guerra coperta, sarà particolarmente dura e spietata, perché non vi ha luogo alcuno né il diritto bellico, né l’onore militare che ad esempio vieta il maltrattamento o peggio l’uccisione di prigionieri e civili, l’impiego di armi di distruzione di massa, etc. Per concludere, la scelta del modello 1 privilegia, nella valutazione strategica, la finestra di opportunità immediata (conquistare con un’azione rapida e violenta un vantaggio strategico sul nemico) sulla finestra di opportunità strategica di medio-lungo periodo (rinsaldare la coesione nazionale, diminuire la dipendenza e vulnerabilità della propria economia dalle altrui accrescendo investimenti statali e domanda interna).
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Alla luce di quanto delineato a proposito degli Stati che adottano il modello 1, è più facile descrivere lo stile etico-politico degli Stati che adottano il modello 2.
Nel caso della Cina, è indubbio che il centro direttivo politico cinese sappia molto bene che la competizione economica è componente decisiva della “guerra ibrida”. Furono anzi proprio due colonnelli dello Stato Maggiore cinese, Liang Qiao e Xiangsui Wang, che negli anni Ottanta elaborarono il testo seminale sulla “guerra asimmetrica”[1]. Credo che il centro direzionale politico cinese abbia scelto, pare con successo, di adottare il modello 2 per tre ragioni di fondo: a) il carattere spiccatamente comunitario della tradizione culturale cinese, nella quale il concetto liberale di individuo e il concetto cristiano di persona hanno rilievo scarso o nullo b) il profondo rispetto per i vecchi e gli antenati, cardine del confucianesimo c) una valutazione strategica di lungo periodo, riassumibile in queste due massime di Sun Tzu, il pensatore che più ispira lo stile strategico cinese: “La vittoria si ottiene quando i superiori e gli inferiori sono animati dallo stesso spirito” e “Una guida coerente permette agli uomini di sviluppare la fiducia che il loro ambiente sia onesto e affidabile, e che valga la pena combattere per esso.” In altri termini, penso che la direzione cinese abbia valutato che il vantaggio strategico di lungo periodo di preservare e anzi rafforzare la coesione sociale e culturale della propria popolazione superasse il costo di breve-medio periodo del danno economico, e della rinuncia a profittare nell’immediato delle difficoltà degli avversari. Perché “le vie che portano a conoscere il successo” sono tre: 1. Sapere quando si può o non si può combattere 2. Sapersi avvalere sia di forze numerose che di forze esigue 3. Saper infondere uguali propositi nei superiori e negli inferiori.”
Nel caso dell’Italia, la scelta – per quanto incerta e mal eseguita – del modello 2 credo dipenda dalle seguenti ragioni. 1) Sul piano culturale, dall’influsso della civiltà italiana ed europea premoderna, infusa com’è di sensibilità precristiana, contadina e mediterranea per la famiglia e la creaturalità, poi parzialmente assorbita dal cattolicesimo controriformato e dal barocco: un influsso di lunghissima durata che continua ad operare nonostante la protestantizzazione della Chiesa cattolica odierna, e nonostante l’egemonia culturale, almeno di superficie, di liberalismo ideologico e liberismo economico 2) Sempre sul piano culturale, dal pacifismo instaurato dopo la sconfitta nella IIGM e perpetuato prima dalle sinistre comuniste e dal mondo cattolico, poi dalle dirigenze liberal-progressiste UE; un pacifismo che genera espressioni buffe come “soldati di pace”, e la negazione metodica della dimensione tragica della storia 3) Sul piano politico, sia dal grave disordine istituzionale, ove i livelli decisionali si sovrappongono e ostacolano reciprocamente, come s’è palesato nel conflitto tra Stato e Regioni all’apertura della crisi epidemiologica; sia dalle preoccupazioni elettorali di tutti i partiti; sia dalla fragile legittimazione dello Stato, antico problema italiano 4) sul piano politico-operativo, dalla sbalorditiva incapacità delle classi dirigenti, nelle quali decenni di selezione alla rovescia e abitudine a scaricare responsabilità, scelte e relative motivazioni sulle spalle dell’Unione Europea hanno indotto una forma mentis che induce sempre a imboccare la linea di minor resistenza: che in questo caso è proprio la scelta di contenere il contagio, perché per scegliere la via del triage bellico di massa (comunque la si giudichi, e io la giudico molto negativamente) ci vuole una notevolissima capacità di decisione politica.
In altre parole, la scelta italiana del modello 2 ha ragioni superficiali e consapevoli nei nostri difetti politici e istituzionali, e ragioni profonde e semiconsapevoli nei pregi della civiltà e della cultura a cui, quasi senza più saperlo, l’Italia continua ad ispirarsi, specie nei momenti difficili: siamo stati senz’altro umani e civili, e forse anche strategicamente lungimiranti, senza sapere bene perché. Però lo siamo stati, e di questo dobbiamo ringraziare i nostri antenati defunti, i Lari[2] il cui culto, sotto diversi nomi, si perde nei secoli e millenni; e che senza saperlo, oggi onoriamo e veneriamo facendo tutto il possibile per curare i nostri padri, madri, nonni, anche se non servono più a niente.
Farebbe sorridere Sun Tzu e forse anche Hegel constatare che i due modelli impongono metodi operativi di implementazione esattamente opposti rispetto allo stile strategico.
L’implementazione del modello 1 (non conteniamo il contagio, sacrifichiamo consapevolmente una quota di popolazione) non richiede alcuna misura di restrizione della libertà: la vita quotidiana prosegue esattamente come prima, tranne che molti si ammalano e una percentuale non esattamente prevedibile ma non trascurabile di essi, non potendo ottenere le cure necessarie per ragioni di capienza del servizio sanitario, muore.
L’implementazione del modello 2 (conteniamo il contagio per salvare tutti i salvabili) richiede invece l’applicazione di misure severissime di restrizione delle libertà personali, e anzi esigerebbe, per essere coerentemente effettuato, il dispiegamento di una vera e propria dittatura, per quanto morbida e temporanea, in modo da garantire l’unità del comando e la protezione della comunità dallo scatenamento delle passioni irrazionali, cioè da se stessa. Operativamente, la direzione esecutiva del modello 2 dovrebbe essere affidata proprio alle forze armate, che possiedono sia le competenze tecniche, sia la struttura rigidamente gerarchica adatte.
Concludo dicendo che sono contento che l’Italia abbia scelto di salvare tutti i salvabili. Lo sta facendo goffamente, e non sa bene perché lo fa: ma lo fa. Stavolta è facile dire: right or wrong, my country.
Condivido il quesito di Gelsomino con alcune considerazioni “storiche” perché guardando il passato credo si possono ipotizzare scenari ragionevoli.
Nel XIII secolo la peste infuriò in Europa a più riprese tra il 1250 e il 1300, praticamente dimezzandone la popolazione e innescando, per forza di cose, dei cambiamenti sociali. Nemmeno la Spagnola nel 1918/20 con oltre 50 mio di morti ebbe un impatto radicale sugli assetti sociali. Possiamo pensare quindi che solo la durata e purtroppo il numero di vittime fanno di una epidemia uno spartiacque da sé nella Storia. Peraltro i cambiamenti di “paradigma” sono il risultato di concause a cui manca l’innesco per dispiegarsi, cioè deve esserci un “Punto Critico” da superare e che diventa catalizzatore. Potrebbe essere questo il caso? Non lo so e ho letto invece molte ipotesi “millenaristiche” su cambiamenti epocali post epidemia. Mi sono sembrati solo personali “desiderata” senza alcun sostegno né scientifico né sociologico degni di nota. Per ora la penso come Holvi49 anche perché non abbiamo diversi elementi di valutazione. Come scrisse N. Bohr, “Fare previsioni è difficile, specie se riguardano il futuro” e gli Astri faranno il loro corso, a noi di restare uniti in catena. Un fraterno abbraccio.Cingallegra, direi NO COMMENT, se non fosse che invece è giusto commentare! A parte il basilare senso di umanità e di solidarietà per i quali uno non seleziona nessuno perchè dovrebbe ingegnarsi a salvare e proteggere tutti indistintamente, penso ci sia anche un rischio enorme a livello di gestione di un improvviso dilagare del virus, negli ospedali che potrebbero trovarsi inadeguati e insufficienti, nelle persone che potrebbero non trovare servizi e negozi pronti a fornire quello che serve… io prego la Miriam e mi stringo alla Delegazione Generale, pro salute populi.
Andiamo quindi in fondo al ragionamento: una certa parte di umanità (quella di tipo 1 per intenderci) ha deciso l’azzardo che potrebbe comportare l’auto-sterminio.
Che si può fare? Ne prendiamo atto. E continuiamo con l’esempio di tipo 2.Mi unisco al NO COMMENT delle Sorelle! Quando si tratta di brexizzare l economia, separandosi dal resto del mondo, è un conto ma brexizzare sulla salute delle persone come se non facessimo tutti parte della stessa Umanità, mi sembra eccessivo e credo che quando si arrivi a scegliere chi salvare o meno, si sia già arrivati ad un punto di non ritorno a livello di coscienza civile e toccato un fondo da cui si può solo risalire! A proposito di tradizione mediterranea invece ho letto un articolo che mi ha incuriosito intitolato : “Coronavirus: leggere Seneca per combatterlo” in uno dei suoi Dialoghi, nel De Vita Beata, il filosofo stoico afferma che”uno dei modi per arrivare alla felicità è il richiamo al senso di comunità che può svilupparsi, evitando i cattivi esempi altrui… e conclude sembrando quasi profetico, che” guariremo appena ci staccheremo dalla folla” forse non alludendo solo ad un contagio fisico ma anche evidentemente animico!
A me sembra che il nostro percorso Miriamico ci porti ad evitare cattivi esempi altrui staccandoci conseguenzialmente dalla folla pur rimanendo e soprattutto operando per la comunità, non è cosi? Ogni giorno ascolto il Tg con la speranza di sentire che il numero dei contagi si sia fermato, ma dicono che il picco deve ancora venire ed ora sono leggermente preoccupata speriamo che questo farmaco utilizzato dai medici degli ospedali di Napoli possano dare un po’di respiro agli ammalati soprattutto anziani.Sono d’accordo con il post di holvi49.Ho i miei dubbi riguardo al fatto che le persone possano, tornando alla normalità, riflettere sugli atteggiamenti dello stile di vita da adottare. L’assumere un comportamento più in sintonia con la Natura è appannaggio di pochi purtroppo.So che la MIRIAM è con tutti noi e non ho paura!
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