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Mi hanno colpito, ultimamente, le parole un Fr che sono state più o meno, le seguenti: “quest’anno noi miriamici abbiamo ricevuto tanto dalla Miriam, basti pensare alla protezione dal Covid, i casi che abbiamo avuto si sono risolti tutti positivamente, ora dovremmo pensare anche al Des”. Così sono andata a rileggermi l’art. 4 della Pragmatica Fondamentale e, dalle Dispense, ciò che si dice circa questa Legge. Riporto, questa volta fedelmente, le parole del Maestro Benno che in una lettera del 17-11-47 così scrive: “Il Maestro disse do ut des. Io ti do gli strumenti per un progresso individuale più rapido, tu porterai codesto progresso individuale, qualunque esso sia, all’opera mia, un patto dunque bilaterale, come tutti i patti, uno dei contraenti viene meno ai suoi obblighi, cessano dall’altra parte i supremi lumi e il dissidente con tutte le sue speciali istruzioni verrà a trovarsi un giorno con le mosche in mano”, concetto ripreso, subito dopo, dal Del.Gen. M.A.Hiah Hel “… non bisogna dimenticare che le realizzazioni promesse dal Maestro Kremmerz, attraverso gli strumenti rituali e magici concessi ai praticanti di ogni grado, sono sottomesse alla legge suprema del do ut des, per cui diventano possibili solo se ricondotte alla finalità di bene pro salute populi da Lui voluta e prestabilita”. Mi chiedo se rendiamo anche solo una piccola o piccolissima parte di ciò che riceviamo, ho qualche dubbio, almeno per quanto mi riguarda. Non possiamo trovare giustificazioni al non porgerci, verso gli esseri che incontriamo sulla nostra strada, con Spirito Miriamico, non possiamo non manifestare quella che tante volte, su questo sito, abbiamo chiamato “la fortuna di essere miriamici”. In che consiste? Nello star bene noi? Ma anche se la strada è individuale la finalità, non dimentichiamolo, è Universale.
Hai fatto davvero bene a ricordare quanto i Maestri hanno detto sul do ut des, m_rosa.
Specie di questi tempi in cui ci potrebbero essere, più che in altri, dei malumori o chiusure egoistiche per la situazione che viviamo.
Se si parla di “fortuna di essere miniamici” non è solo perchè abbiamo delle protezioni, ma soprattutto perché essere nella Fratellanza e Schola ci proietta in un cammino di Bene, in una progettualità creativa, ci aiuta nel superamento degli ostacoli, ci unisce e ci affratella, ci fa vivere concretamente l’Ideale, ci dà la coscienza che c’è un significato per tutto, ci consente di attingere Amore. Tutto questo “gli altri” non l’hanno. Comunicarlo in un modo o in un altro intorno a noi dovrebbe essere spontaneo…
Tutto ciò e molto altro che non ho saputo dire sono il vero sostegno per superare ogni cosa, anche la pandemia.
Lo ripeto è un Bene che ci venga ricordato il do ut des.Infatti, credo che se ci fermassimo ad DO, sarebbe una formula di prelievo egoistico, senza una finalità evolutiva, non prevista dal nostro Patto sacro, e, francamente, dopo aver fatto riserva di salute, non vedo la continuazione e la motivazione del sentirsi con gioia ed attivismo in Vita e nella Vita. Ed ecco, che solo il DES, chiude il cerchio, nella formula piu’ sacra dell’Esistenza, ricevere salute per evoluzione e con la stessa donare l’ Opportunità a chi chiede. In questo meraviglioso “contratto” riesco a vedere l’Umanità sana
Si, cara Mercurius, la nostra Fratellanza ha esclusiva finalità terapeutica/evolutiva. Ma, come ci hanno sempre detto i Maestri, salute bisogna intenderla a 360°. Per cui buoni pensieri, buone parole, buone azioni vanno calati nel quotidiano. Ed è un bene quando ce lo ricordano…
essere disponibili, amorevoli, tolleranti, aperti, elastici, generosi con gli altri, anche se non chiedono in maniera classica, non è sempre facile…ma noi siamo trattati cosi dalle nostre Gerarchie…Per quello che personalmente mi risulta per esperienza diretta, in messuna delle sedicenti istituzioni iniziatiche cui avevo aderito in passato, ivi inclusi alcuni dei gruppi sedicenti kremmerziani, che a diverso titolo sbandierano improbabili quanto inconsistenti patenti di legittimità, il principio del do ut des è presente ed esplicitato come lo è nella nostra Schola, fino al punto da diventare la conditio sine qua non che sostanzia la ragione e insieme la misura del progresso individuale fattivamente conseguito lungo il cammino ermetico-iniziatico.
Nei sodalizi che ebbi modo di frequentare, l’ascenso ermetico, in proiezione di una non meglio definita “realizzazione”, era visto, e con ogni probabilità lo è ancora oggi, come un qualcosa di fine a sé stesso, circoscritto alla propria individualità e quasi sempre sospinto da motivazioni che si condensavano in una velleitaria voglia di “arrivare”. Ma arrivare dove? E perché, poi? Per soddisfare un ego pretenziosamente voglioso di immedesimazione nel divino, ma restante sempre, e comunque sublimato, un ego?
No, noi stiamo acquisendo consapevolezza che il nostro ascenso individuale è integrato in un progetto universale; che la nostra piccola opera individuale in tanto ha ragione di essere in quanto è parte di un’Opera che, se passa attraverso di noi, quando riusciamo a esserne tramiti, è per andare oltre noi e la nostra fisionomia di esistenza. Dalle Superiori Gerarchie ci viene dato con mano prodiga perché la nostra materia vivente si trasmuti e inneschi, gradatamente, la trasmutazione della materia vivente di chi viene in nostro contatto. E così il Popolo di Miriam si espande, e con esso si espande progressivamente la materia umana che si fa veicolo di un Ideale senza limiti di spazio e di tempo.
Perciò, buon lavoro e che la fioritura primaverile sia propizia!Grazie Tanaquilla9 e Ippogrifo11 per gli input che mi hanno riportata a rileggere una Base solida ed invalicabile della nostra Fratellanza. Ed è li’ che rileggo “Rifletti te stesso, nelle tue azioni e medita su di esse…” ” Firmerai il trattato di Pace tra l’ideale e il desiderio impuro”.
La legge del Do ut Des, quindi il ” ti do affinché tu dia”, mi ha sempre riportato alla mente il concetto di ” moto”, di qualcosa cioè che non resta fisso, non si ferma mai, ma gira, gira come una ruota, quindi più affine proprio al ritmo naturale delle cose.Va da sé che nella concatenazione degli eventi, può essere trasmesso solo qualcosa di più grande,che vada al di la delle singole persone, protagoniste in quel frangente del passaggio: il contenuto di ciò che viene trasmesso, non appartiene al singolo, ma a tutti. A tutti coloro che ne avranno bisogno. Com’è bello e vero questo meccanismo! E com’è difficile per chi è in cammino, viverlo a pieno, capirne la portata!
Sono perfettamente d’accordo con il fatto, indiscutibile, che l’appartenere alla Schola sia un legame che ci “impone” di donare, e non solo di ricevere.
Il vero punto, credo, sia la comprensione del concetto di “Amore” che i Maestri ci indicano, e che noi dobbiamo scoprire nel suo signficato Vero. Non è semplice, riuscire a penetrare questo principio, svincolarlo da egoismi e da legami affettivi per renderlo quell’Amore, fatto di compassione e di pietà per i sofferenti, in grado di farci immedesimare con il loro dolore. Per comprendere una cosa dobbiamo essere la cosa stessa. Qui il principio fondamentale di essere un tutto con l’Uno che ci circonda.
Il nostro ascenso è legato alla comprensione di quel movimento continuo, eterno e indissolubile che ci lega al Centro dispensatore di bene, e la nostra quotidianiatà, legata al nostro operare, ci consente di essere “attivi” e “passivi” nel donare e nel ricevere.
Buoni pensieri, buone parole e buone azioni.Questo ci lega tutti insieme in quel circolo di Amore e Bene sul quale la Schola si fonda.
Poi, il nostro ascenso, è legato alla possibilità di risveglire quell’ “Io dormiente” in ognuno di noi, che attende di essere attivato, se siamo nelle condizioni di poterlo fare, per vedere finlmente nascere il Sole.
Ci vuole tempo e pazienza, e nel frattempo dobbiamo essere grati per tutto quello che ci viene donato. Cerchiamo di ridistribuirlo con volontà attiva.
Già essere qui, ci ricollega ogni giorno, scrivere mi rimette in contatto con Tutti Voi, e non è semplice sensazione.
Vi abbraccio come sempre.Quando lessi la Scienza dei Magi mi ero concentrato molto sugli aspetti evolutivi miei, ciò che mi interessava era, proprio come scrive ippogrifo, questa velleitaria voglia di “arrivare”. Quando leggevo la parte sulla terapeutica, era un quasi un di più non necessario, una parte accessoria rispetto alla parte principale che, per me, era quella relativa al progresso interiore e sull’ermetismo.
Poi con il tempo che passa le pratiche cominciano a fare effetto e il castello autoreferenziale crolla, perchè se io dovessi evolvere poi che me ne faccio di questa evoluzione? Mi guardo allo specchio beandomi di quanto mi sono evoluto? A che serve l’evoluzione individuale se non per essere tramiti della forza guaritrice e riequilibratrice della Miriam?
Fino a quando sono chiuso nei miei bisogni e interessi individuali, come faccio ad aprirmi all’Amore, che “intender non lo può chi non lo prova”?.
Allora la prospettiva cambia e la legge del Do ut Des diventa fondamentale, una chiave da comprendere fino in fondo affinchè come atomi influenzati nel moto dalla Miriam possiamo a nostra volta trasmettere questo benefico effetto al moto di coloro con cui entriamo in contatto.Credo che non dobbiamo confondere il do ut des con “un’ansia da trasmissione”, non possiamo trasmettere i contenuti del nostro cammino evolutivo, che è individuale, non possiamo trasmettere i benefici ottenuti dalla Miriam, che lo stesso sono relativi ai nostri bisogni, non possiamo trasmettere le parole dei Maestri, a meno di recitare a memoria i libri
Una volta sognai mio papà, morto da poco, che mi diceva: “l’unica cosa che mi arriva sono le vibrazioni d’amore” Ecco, io penso che vale anche per noi, l’unica cosa che possiamo trasmettere è l’amore incondizionato per l’essere che abbiamo di fronte, questo sì che si sente, che, più che con le parole, è veicolato da uno stato attentivo e vibrazionale che si trasmette con i fatti. Per quanto riguarda il resto possiamo, questo sì, dare la nostra testimonianza, che pure è importantissima.Vi leggo, vi condivido. La testimonianza aiuta a crescere gli altri, è importantissima come dici, m_rosa. Il do un des è una conquista attraverso la pratica, come ogni aspetto di questo Programma di Amore che è la Fratellanza di Miriam. A volte non si capisce che la pratica è fatta semplicemente di piccole cose, piccoli gesti quotidiani. Mi avete improvvisamente fatto ricordare un incontro che ho tenuto nel cuore per tanto tempo e che avevo dimenticato. Una volta a Capri incontrai un vecchietto che dava briciole di pane a un pettirosso più in là. Mi disse che “bisogna avere cura di nutrirlo ogni giorno e non vi lascerà più” Questa cosa mi colpi, intesi che si riferisse alla costanza dell’amore che non smette mai il suo ritmo vitale, come il cuore non smette mai di battere nel petto.
E’bello che mi sono ricordata… grazie!Hai ragione m_rosa, all’inizio del percorso ci si imbatte in quello che, normalmente, si definisce “innamoramento” del nostro percorso, dove la “passione” a volte ci spinge a quell’ansia di voler donare a tutti i costi, convinti che la nostra strada è quella giusta per tutti.
Poi l’innamoramento passa, la passione si spegne per laasciare posto a quel concetto di Amore pieno verso gli altri, che si concretizza anche solo nell’usare parole alle quali prima non eravamo abituati. Le parole sono il nostro primo strumento di trasmissione, quando sono in grado di dare tranquillità, di dare speranza, di dare Amore. Non vuol dire illudire nessuno, vuole solo dire che possiamo visualizzare, attorno a noi, una sfera di energia positiva alla quale tutti possono, se la avvertono, attrarre verso di loro la positività del nostro Essere. Non voglio fare discorsi metafisici, ma il nostro Amore è energia irradiante, e le persone predisposte, ne avvertono il potenziale. Il suono calmo di una parole, vale molto più di tante medicine. E’ bellissimo essere qui con tutti Voi, in questo continuo confronto che mi fa crescere sempre un pò di più, anche se il cammino è lungo e faticoso. Ma quanto ne vale la pena!
Vi abbraccio.I fatti m_rosa, quanto hai ragione…. e quante volte osservandomi a posteriori mi rendo conto che alcuni comportamenti sono sbagliati. Ma non basta osservarsi per capire cosa correggere: poi bisogna addrizzare la rotta, talvolta correggendola, altre volte virando in direzione opposta. E’ un percorso di auto-perfezionamento lungo ma inesorabile e grazie all’Amore che riceviamo possiamo farcela e anzi dobbiamo farcela per rendere Amore per Amore nella nostra prossimità.
Sono belle le parole che esprimono amore nei post di molti Fratelli e Sorelle. Per me rimane un sentimento difficile da definire, aldilà della connotazione profana cui usualmente ci si riferisce. E ogni volta che vi leggo, desidero sapere e mi chiedo, ad esempio, quando e come si percepisca? E soprattutto cosa sia. È un sentimento che travalicando spazio e tempo, si estende a tutta l’umanità, configurandosi in uno status del proprio essere? o è verso quelle persone che s’incrocino in strada o in qualsiasi altro luogo, delle quali si percepisca magari anche solo la presenza? o verso coloro coi quali s’intessa anche solo una minima casuale relazione? oppure occorre che siano conoscenti, colleghi? o che siano amici? o è verso coloro che chiedono aiuto alla Miriam? E in concreto, se può esser difficile descrivere cosa si provi, è possibile dire come si manifesta? Ad esempio, se a un angolo della strada che si percorre usualmente, dimora un senzatetto che non ha cibo ha freddo è sudicio ha ginocchia e caviglie tumefatte e dolenti e chiede aiuto, si prova amore verso lui?
Non saprei rispondere alle tue domande, Buteo, e suppongo anche che molte risposte potrebbero essere troppo intellettuali o troppo misticheggianti. Una piccola cosa mi sento di condividere, abbastanza ovvia, siamo tutti qui per entrare in contatto con questo Amore e tutte le pratiche che facciamo ci avvicinano un passettino alla volta a questo agognato contatto. Ars longa vita brevis.
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