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  • ippogrifo11
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    La domanda di Bell è fortemente intrigante… E difatti mi ha intrigato al punto di cercare qualche risposta, che però mi sono accorto apriva ad altre domande ancora più complesse e che mi pare opportuno condividere con tutti voi… Si sa com’è: mal comune…
    Allora tento di articolare la risposta alla prima domanda: in Natura esiste un apparato digestivo?
    Per rispondere credo che occorra innanzi tutto inquadrare l’aspetto fondamentale della funzione digestione, anche se per capi molto ma molto sommi.
    Digerire significa scindere un prodotto complesso, il cibo, in elementi semplici, i nutrienti, che verranno poi assimilati dall’organismo e parteciperanno di fatto al complesso e ordinato fenomeno che, nell’essere umano, chiamiamo vita intelligente e consapevole. In estrema sintesi, la materia viene destrutturata nel suo assetto costitutivo per entrare a far parte di un nuovo assetto, quello dell’organismo di destinazione. Gli scarti del processo digestivo, ossia gli elementi che non sono funzionali alla vita dell’organismo di destinazione, vengono espulsi (urine e feci).
    Nell’universo, o in Natura, come si chiede Bell, esiste qualche cosa di analogo?
    A me pare proprio di sì. Uno dei princìpi fondamentali dell’Universo, mai messo in discussione neppure dalle più recenti rivoluzioni scientifiche, è il secondo principio della termodinamica che provo a sintetizzare nei termini seguenti: all’aumento di ordine nell’universo – e il fenomeno vita va appunto inquadrato come espressione di strutture funzionali ordinate – corrisponde un aumento del disordine esterno ai sistemi ordinati; questo effetto è noto in fisica come aumento dell’entropia totale dell’universo. Quindi l’entropia è il prodotto di scarto del processo che mette ordine nel Chaos, ossia che nel caos dà forma a strutture e sistemi ordinati: galassie, sistemi stellari, pianeti, vita biologica sui pianeti…e, infine, intelligenza consapevole. E non è questo, forse, analogico al processo digestivo?
    Per quanto riguarda gli altri apparati, uditivo, visivo e fonatorio, la questione si fa più complessa, perché sottende la ricerca di significati non immediati, come ad esempio: che cosa significa, dal punto di vista fisico, udire, vedere, parlare? Di primo acchito mi viene da pensare che ci si trova di fronte a complessi meccanismi di elaborazione di processi vibratori che implicano però la presenza di un ente o entità centrale, la consapevolezza, la quale si fa carico di dare un significato “integrato” alle tante componenti sulle quali si articolano i processi anzidetti.
    Converrete con me che la cosa rischia per davvero di farsi non solo complicata ma troppo lunga per essere condensata in un solo post; perciò, per il momento mi fermo qui, magari nell’attesa che qualcun altro si cimenti nella questione. Tuttavia assicuro i frequentatori del forum che non intendo scansare la faccenda e che proverò a portare qualche altro contributo.
    Un caro saluto a tutti.

    • Questa risposta è stata modificata 6 anni, 3 mesi fa da Gennaro.
    ippogrifo11
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    Unisco anche il mio ai post augurali, auspicando un Nuovo Anno di Salute e Luce all’intero popolo di Miriam e a tutti i frequentatori del forum. Voglio condividere l’auspicio di Diogenonn, aggiungendovi la consapevolezza che le Superiori Gerarchie mai faranno venir meno il Loro sostegno amorevole fino a che, come da Pragmatica Fondamentale, ci manterremo fedeli al patto. E di questo è testimone indefettibile il nostro Maestro e Delegato Generale cui va la nostra gratitudine, pur con tutti i limiti propri della gratitudine umana, per quanto ha fatto e ancora farà nel corso dell’anno appena venuto alla luce.
    A tutti un caro saluto.

    ippogrifo11
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    Il solstizio d’inverno scandisce sulla croce astronomica il punto di passaggio ciclico che, come ci ricorda Mens Libera, vede il Sole ricominciare la propria risalita verso l’equatore celeste, evocando in tal modo il simbolico trionfo della Luce sulle Tenebre. Trattandosi di percorso ciclico il trionfo è temporaneo e perciò va visto come momento complementare all’altra fase, apparentemente opposta e ugualmente necessaria, che vede il prevalere delle tenebre, anch’esse simboliche. Nell’assenza di luce e di suono – vedi il silenzio sul quale si sono confrontate più voci – il seme posto a dimora ha modo di germogliare e di predisporre in atto, nella vita che prenderà nuova forma, le potenzialità delle quali la Natura lo ha dotato in rapporto alla funzione che, come individuo completo e maturo, sarà chiamato a svolgere. Il ritorno progressivo del Sole alla pienezza del suo splendore ci richiama a una rinnovata e più estesa presa di coscienza della nostra funzione in quanto Numeri e dal lavorio individuale che ciascuno di noi ha compiuto su di sé nasce la nuova spinta a integrarsi nell’Opera per l’Opera. In questo ciclo evolutivo spiraliforme siamo stati inseriti per atto di Amore e di questo ringraziamo le Superiori Gerarchie e la Direzione che ce ne testimonia costantemente presenza e azione.
    A tutti, iscritti e non, l’augurio più fraterno di un Solstizio d’Inverno ricco di forza vitale e di spinta propulsiva al Bene incondizionato.

    ippogrifo11
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    Mi collego all’ultimo post di Garrulo adattando alla bisogna un noto adagio popolare:
    Errare è umano, ma pretendere di non sbagliare è diabolico… Non fosse altro perché ci allontana dalla semplicità di un approccio naturale e spontaneo, che è poi quello che ci permette di fare le cose e perciò di esprimerci per come siamo. Per la perfezione c’è tempo, sempre che da qualche parte esista e che soprattutto sia utile, per lo meno per come siamo portati a concepirla dal nostro punto di osservazione che, necessariamente e per il fatto stesso di essere noi in itinere, è un punto di osservazione quanto meno condizionato e, di fatto, limitato.
    Buon lavoro, quindi, con l’augurio di un proficuo ed efficace utilizzo degli strumenti che ci affida la Schola.

    ippogrifo11
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    Bisogna mettere le mani in pasta, ha ripetuto oggi più volte il Maestro.
    Mi è venuto allora da pensare che solo “mettendo le mani in pasta” la materia prende forma e diventa espressione dell’idea. Non solo. Esperienza recente mi ha fatto capire, in modo incontrovertibile, che la materia, qualunque essa sia, pretende che si debba esser noi ad adattarci alle sue caratteristiche e non che si possa invece pretendere di adattare lei alla caparbietà della nostra volontà. Allora, e solo quando ci si è resi disponibili ad assecondare la natura sua, il connubio si stabilisce e la materia prende la forma che corrisponde all’idea.
    Forse il nosce te ipsum risponde a questa stessa necessità.

    ippogrifo11
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    Sono rientrato da poco dalla riunione accademiale congiunta svoltasi nella seconda parte alla presenza del Del+ Gen+. Mi porto dentro, ancora vibranti, le parole chiarificatrici, pronunciate nella semplicità propria alle sintesi magistrali, riferite all’efficacia degli atti rituali, secondo le quali a un atto concreto, come il tracciare una cifra, corrisponde un atto concreto dentro di noi che produce conseguenze concrete.
    Queste parole semplici, essenziali, le ho percepite e ancora le percepisco, rievocandole, come una chiave di lettura di straordinaria potenza che voglio condividere con tutti.
    Un caro e fraterno abbraccio.

    ippogrifo11
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    Post totali: 165

    BELL-issimo post, con considerazioni conclusive di grande stimolo, oltre alle preziose informazioni scientifiche presentate con semplicità didattica e di immediata comprensione. Da quanto è scritto mi pare di arguire che le cellule staminali presenti nell’organismo umano, oltre a riprodurre i tessuti cui appartengono, siano anche in grado di integrarsi in completa armonia funzionale nell’organo o nel sistema che comprenderà le cellule da esse stesse generate. Allora la domanda è: questo meccanismo di integrazione funzionale è proprio anche delle cellule staminali coltivate ad hoc? Ossia, cellule staminali appositamente coltivate o prelevate per essere innestate in un determinato organo, oltre a differenziarsi e a specializzarsi conformemente al tessuto ospitante, sono sempre in grado di esplicare anche la funzione propria dell’organo nel quale si troveranno? Esemplifico al massimo e con una domanda che appartiene indubbiamente alla specialità medica di Bell: cellule staminali innestate in un nervo ottico danneggiato, dato per acquisito che sviluppino cellule del tutto simili alle convicine integre, saranno anche in grado di svolgere la medesima funzione di queste, convogliando cioè correttamente e adeguatamente le informazioni e i segnali del meccanismo visivo? Qual è lo stato dell’arte della scienza medica al riguardo?
    Un caro saluto e un grazie sentito per questi più che apprezzabili contributi.

    ippogrifo11
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    Post totali: 165

    Davvero stimolante l’argomento che ci propone Diogenonn perché apre a una prospettiva del tutto inusuale. Chi avrebbe mai pensato che la lettura si traducesse in prima istanza in una serie di immagini che vanno poi a fissarsi in una precisa area cerebrale! Giustamente, come osserva Diogenonn, questo deve far riflettere sull’opportunità di perseguire una corretta igiene mentale la quale, stando a quanto ci riporta il post precedente, sarebbe legata anche a un’adeguata selezione delle letture. Sarebbe davvero auspicabile che chi possiede in materia informazioni più esaustive – e mi rivolgo in specie ai medici – ci aiutasse ad approfondire l’argomento… Tra l’altro, dovendo leggere quanto loro ci dovessero proporre, e dato per scontato che scriverebbero con l’amore fraterno che li contraddistingue, chissà che andando a mettere appunto in moto quei meccanismi di cui sopra, la lettura non si risolva di per sé stessa in insospettati effetti positivi.
    Un caro saluto a tutti.

    • Questa risposta è stata modificata 6 anni, 4 mesi fa da ippogrifo11.
    ippogrifo11
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    Caro Holvi, un passo dopo l’altro e anche il lavoro che può apparire immane e far tremare i polsi diventa alla nostra portata. Nel nostro cammino conta, è vero, il tratto di percorso già compiuto, ma è ancora più importante quello che abbiamo davanti e perciò, in questa collocazione prospettica, che richiede uno sguardo costantememte rivolto in avanti, è sempre il passo che stiamo per compiere quello che deve richiamare tutta la nostra attenzione e la nostra dedizione. In questo siamo sostenuti dalle Superiori Gerarchie, che ci tendono mani amorevoli quando con tutto il nostro essere ci poniamo al servizio dell’Opera.
    Buon lavoro. A te e alle Sorelle e ai Fratelli tutti e a tutti i naviganti del forum.

    ippogrifo11
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    L’ultimo post di Tanaquilla e il riferimento a quello di Cozza che evoca il progressivo formarsi degli organi del bambino nel ventre della madre mi spingono a un raffronto analogico che forse sarà azzardato, ma che a me non dispiace considerare invece verosimile. Mi spiego, o almeno ci provo.
    Il processo di differenziazione e di specializzazione delle cellule, processo che si avvia subito dopo la fecondazione dell’ovulo e la sua trasformazione nella cellula totipotente dello zigote, si articola su fasi strettamente contigue e interconnesse che, nelle dinamiche morfologiche a loro pertinenti, obbediscono alle disposizioni codificate nel DNA. Via via che il processo di differenziazione e di specializzazione si compie, diviene sempre più chiara l’attuazione progressiva di un progetto, progetto che andrà a compimento con la formazione del nuovo essere nella sua completezza biologica e del quale le cellule, prese nella loro individualità, non sono forse consapevoli ma che non di meno concorrono ad attuare grazie anche e soprattutto all’ambiente protettivo e nutritivo del ventre materno.
    E adesso vengo all’analogia.
    Nell’ambito del contenitore miriamico, cui presiede la Mater per eccellenza, ciascuno di noi, in virtù dell’atto fecondante concretizzatosi al momento dell’aggancio alla Catena magica orante, diventa cellula, ossia sede e mezzo attuativo di un processo evolutivo del quale, come avviene per le cellule dell’embrione e poi del feto, abbiamo appena una consapevolezza relativa e meno che mai possiamo dire di avere coscienza di quello che sarà l’Essere di domani. Per questa ragione dobbiamo accettare l’idea che il processo evolutivo – e il progetto che vi è associato – non sia sotto il nostro controllo, nel senso che non siamo noi a determinarne tempi e modi, ma che risponda invece a una legge universale di Giustizia e di Bene alla quale non possiamo che affidarci, così come naturalmente fa il feto che si affida al tepore, al nutrimento e all’amore materno. Come dice Gelsomino, affidarsi vuol dire innanzi tutto aver fiducia e possiamo essere certi che questa fiducia non verrà mai tradita perché, come ci ricordava il Maestro Benno e come negli atti e nei fatti ci dimostra il nostro Maestro e Delegato Generale, “le Gerarchie non si estraniano mai dai loro dipendenti”.
    A tutti auguro un approcciarsi sereno e sempre più motivato verso il Sole Bambino.

    ippogrifo11
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    I post di Holvi mi inducono a una considerazione di tipo generale che muove da una duplice consapevolezza: la prima, concernente l’impossibilità per il sapere scientifico di proporsi come sapere definitivo, soggetto com’è all’avvicendarsi di teorie sempre nuove innescate da nuove scoperte o dall’acquisizione di dati sperimentali non inquadrabili nei paradigmi dominanti; la seconda, relativa alla stabilità consolidata del sapere ermetico, scientifico non nel senso di essere codificabile secondo il linguaggio e i modelli propri delle discipline che si insegnano nelle università, bensì secondo il senso della sua proprietà di prestarsi a verifiche sperimentali, soggettive e oggettive, ossia oggettivabili, e perciò suscettibili di essere confermate, nelle modalità e nei risultati, da chi ha condotto analoghe verifiche con risultati essi stessi confermati e comprovati nella ininterrotta catena della Tradizione Iniziatica ortodossa.
    La precarietà del sapere scientifico è tanto più da tenere in conto quanto più questo si allontana dalla relativa affidabilità delle teorie più o meno consolidate e si avventura nelle teorie e nelle ipotesi cosiddette di frontiera, specialmente nel campo della fisica, dove non sono rari i tentativi di utilizzare questo o quel modello (meccanica quantistica, teorie delle stringhe e delle superstringhe, etc) per descrivere fenomeni quali la coscienza, la consapevolezza e perfino quell’inafferrabile quid che da sempre è chiamato Amore. Per questo, mi pare – e Holvi non me ne vorrà – che lasciarsi suggestionare da ipotesi teoriche anche affascinanti, ma pur sempre ipotesi, esponga al rischio di farsi invischiare in una sorta di mentalismo controproducente, lontano, anzi antitetico, rispetto al pragmatismo del metodo ermetico, che fa dell’esperienza concreta, nella materia del nostro organismo considerato nella sua inscindibile unità, il proprio punto di forza. La Scienza Ermetica non ha bisogno di ricorrere a questa o a quella teoria scientifica per legittimare sé stessa, anche perché non è affatto detto che i risultati propiziati dall’ascenso ermetico, che consistono in atti e fatti incontrovertibili, siano in qualche modo confrontabili con condizioni e stati configurabili in questo o in quel modello scientifico. Il Maestro Kremmerz ci ha sempre invitati a stare con i piedi ben piantati per terra e a procedere esperienza dopo esperienza, cavando la teoria dalla pratica. Ammesso che a quel punto la teoria abbia ancora una sua utilità.

    ippogrifo11
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    Quello sulla obbligatorietà dei vaccini è un argomento quanto mai attuale sul quale, fino a questo momento, non mi sono ancora formato un’idea definitiva. È indubbio che il retropensiero, circa possibili condizionamenti esercitati attraverso una campagna di informazione ad hoc da potenti portatori di interesse, esiste eccome, tuttavia nessun retropensiero autorizza a decisioni avventate, prese sulla base della spinta emotiva e non della razionalità supportata da argomentazioni scientificamente consistenti e da una corretta informazione. Bisognerebbe, ad esempio, in pro delle argomentazioni di coloro che sostengono la dannosità delle vaccinazioni, che tali argomentazioni poggiassero su accertate correlazioni determinisctiche tra vaccini e danni collaterali. Attenzione, parlo di correlazioni deterministiche, ossia correlazioni causa-effetto, perché la semplice correlazione statistica non basta e può addirittura essere ingannevole. Mi spiego.
    Se provo a mettere in correlazione statistica i danni che restano dopo un incendio e il numero di pompieri accorsi sarei indotto a pensare che quanto più è numeroso il drappello di pompieri tanto più sono i danni che restano a incendio domato. In realtà, la correlazione causa-effetto è quella che lega i danni all’entità dell’incendio e non al numero di pompieri chiamati in azione, il quale numero, semmai, è da correlare appunto dall’entità dell’incendio.
    Nel caso dei vaccini, pertanto, una semplice correlazione statistica, ove mai sussistesse, tra vaccini e danni collaterali è e sarà fuorviante fino a quando non si dovessero scoprire evidenti meccanismi di causa-effetto tra inoculazione del vaccino e conseguenze dannose. Mi pare, invece, che al momento siano largamente disponibili correlazioni significative tra il numero delle vaccinazioni eseguite e i bambini resi immuni da pericolose malattie, quale ad esempio, la temibile poliomielite.
    Mi piacerebbe, perciò, che su questo specifico tema della correlazione i medici dicessero la loro sulla base delle informazioni in loro possesso, così da consentire a me come a tanti altri di maturare un’idea meno legata al sentire comune, di una parte o dell’altra, e maggiormente aderente a un’impostazione scientificamente sensata. Del resto, il buon senso italico da più parti evocato sta anche nell’essere disponibili ad acquisire quante più informazioni possibili con la massima apertura mentale. O no?

    ippogrifo11
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    “Se l’amassi in modo davvero incondizionato (l’I-Dea)forse non esisterebbero più tutti gli ostacoli…” osserva Gelsomino. No, Gelsomino, non credo sia proprio così, almeno per quanto mi è dato di ricavare dalla mia esperienza personale. L’amore verso l’I-Dea non fa sparire tutti gli ostacoli ma aiuta, col tempo, a rimuoverli, uno dopo l’altro. L’amore per l’I-Dea mantiene fermo l’orientamento verso i Centro e ti aiuta a non perdere di vista la ragione, quella che il Maestro Kremmerz chiama “la ragione della Luce”, che ha dato origine al nostro cammino e che ci sospinge passo dopo passo nonostante le resistenze, le sovrastrutture e l’emergere dei personalismi; nonostante l’incapacità o la difficoltà nel saper cogliere i segnali che provengono dal Centro e da Chi lo rappresenta e che cercano di attivare una risposta sintonica nel nostro essere; nonostante l’approssimativo grado di consapevolezza che ci caratterizza come esseri in itinere e che troppo spesso non ci consente di leggere nelle maglie di una realtà che pure abbiamo sotto gli occhi nella sua semplicità essenziale e di scegliere tra ciò che è “giusto” fare o non fare, dire o non dire.
    Eppure la forza per andare oltre i momenti di difficoltà non manca, proprio perché proviene da quell’Amore che permea, persistentemente, la Catena che ci unisce e ci accomuna nella identica tensione verso il Bene. Così accade che della persistenza di questo Amore, e della forza che sta nel suo moto incessante, tu ne prenda consapevolezza una volta di più attraverso le cose più semplici, magari nel tono della voce di un Fratello, o di una Sorella, tramite come tu lo sei o cerchi di esserlo, e che ti riconduce alla tua essenzialità di “Numero”.
    Buon lavoro, dunque, a tutti e, perché no, anche a me.

    ippogrifo11
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    Evento davvero notevole quello che si è appena svolto al Museo del Sigillo di La Spezia. Due pomeriggi, quelli del 13 e 14 ottobre, che nella cornice suggestiva ed evocativa della Palazzina delle Arti hanno magicamente ricongiunto il passato remoto con l’attualità dei tempi: trait d’union i sigilli, un tempo simboli e segni distintivi e identificativi della persona – non esclusa la funzione talismanica cui accenna Diogenonn – e oggi, nella iconografia distintiva delle identità accademiali e nella pratica ortodossa della Schola, veicoli attivi e continuamente vivificati del suo messaggio unitario, benché prismaticamente rifratto secondo le cinque caratterizzazioni stabilite fin dall’origine per le Accademie regolari e ortodosse.
    “Attualità di una comunicazione”, quella emersa nei due giorni appena trascorsi, riconfermata dall’interesse dimostrato dal pubblico presente e dalle pregevoli introduzioni delle Responsabili della struttura che ha ospitato l’evento. Agli “addetti ai lavori”, poi, non saranno passate in sottordine le tante preziosità, propriamente ermetico-iniziatiche, che sono scaturite in primo luogo dall’analisi ermeneutica dei Timbri illustrata nei cinque Quaderni delle Accademie, offerti in omaggio al termine dell’incontro.

    ippogrifo11
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    Unisco le mie alle parole di Diogenonn per condividere le testimonianze concrete portate dalle Sorelle e dai Fratelli presenti all’Agape Rituale, che si è svolta in sincronia temporale anche se in sedi diverse. Sono convinto che appartenga al sentire comune che lo spazio non ha potuto, questa volta come già altre volte in passato,che rappresentare una separazione del tutto apparente: il senso di appartenenza alla Schola-Una e il comune orientamento verso il Centro, punto non localizzabile con le coordinate correnti, ma concretamente determinato nella e dalla azione delle Superiori Gerarchie, hanno reso quello dell’Agape uno spazio-tempo densamente permeato di Grazia, della quale la Delegazione Generale in primis si è fatta allo stesso tempo Fonte e Strumento di erogazione. E con Diogenonn anche io dico : grazie, grazie, grazie.

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