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  • garrulo1
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    Caro Anima Critica, vero assai che la mozzarella doc, va gustata così com’è, magari appena dopo foggiata dai mastri caseari con vena artistica. Però, fino ad alcuni anni fa, riuscivo a gradirla sulla pizza, mi spingevo a gusti più “tonici” ordinando la margherita rinforzata con mozzarella di bufala, ma più in la non riuscivo proprio ad andare. Sono poi arrivato, dopo non pochi sforzi, a gradirla appunto anche cruda, non mi fermo più di certo dinanzi ad una strizzatina di anticipazione ad una mozzarella di Aversa che, solo se gocciola, come abilmente consigliatomi da Holvi, può essere gustata fino in fondo. Qua a Torino, compro una mozzarella pugliese fresca, “tecnicamente” la chiamano nodino ……. va bene sia per la pizza che appunto da assaporare cruda.
    Vista l’ora e le premesse, auguro a tutti i naviganti un buon pranzo, foriero di un’ottima giornata.

    garrulo1
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    Riparto dallo zafferano, per approdare ……….. al bergamotto. L’abbinamento ha una sua radice, più emotiva che etimologica. Parlando tempo fa di alimentazione più in generale con il Medico di Base, che conosco da molti anni e con il quale esiste un ottimo rapporto, ad un mio accenno alle proprietà del bergamotto, lo definì nell’immediatezza: “lo zafferano degli agrumi”. Molte ricerche in campo scientifico, pare abbiano dimostrato come i flavonoidi presenti in tale frutto abbiano un’azione simile a quella delle statine di sintesi, con riflesso sul contenimento dei livelli di colesterolo cattivo. Personalmente, ne bevo mezzo bicchiere tutte le mattine. Il colesterolo è un po’diminuito, le statine le ho ridotte, non eliminate (d’accordo ovviamente con il medico di base). Inoltre, grazie ad un polifenolo contenuto nel succo, svolge anche azione ipoglicemizzante, ma su questo aspetto non ho riscontri sul piano personale, avendo la glicemia da sempre nella norma. Ricordiamo poi ancora proprietà antiossidanti (oggi….. anti-age), grazie alla sinergia di un elevato contenuto in Vitamina C e Vitamine del gruppo B. Ahimè, però, molta Vitamina C, altrettanto acido citrico e stimolo dell’appetito, io sono un gruppo zero, per sua natura già vorace ab initio…… (pazienza). E’sempre consigliato comunque, prima di un utilizzo regolare, due parole con il proprio medico. Inoltre, da questo agrume (la cui coltivazione è circoscritta quasi esclusivamente in Calabria nel tratto di costa da Villa San Giovanni fino all’area di Siderno), si ricava anche un olio essenziale che, preso nelle giuste dosi, ma non so quali siano, pare abbia proprietà toniche per l’umore, rilassanti e antidepressive.
    Per intanto, con un pizzico di sincero buonumore, auguro a tutti i naviganti un’ottima giornata.

    garrulo1
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    D’accordissimo con Te, G_B, io sono un esempio calzante della “psicologia dell’indigestione”, se così posso chiamarla. L’unico dubbio che mi rimane è se sia nato prima l’uovo oppure …… Entro nel merito: sin da piccolo, ricordo che in casa mia si mangiavano molti formaggi, il frigo emanava ad ogni apertura profumi che però io recepivo come odori e senza sapere il perché mi davano un enorme fastidio. Tale sensazione si è poi manifestata a più ampio spettro, cominciando a darmi fastidio anche la vista sul tavolo di qualunque formaggio. Inutile dire che più “l’ambiente” insisteva, più rafforzavo più o meno inconsciamente la mia reazione allo stimolo. Passando poi gli anni, e con non pochi sforzi anche di consapevolezza, sono riuscito ad avvicinare alcuni formaggi, cito mozzarella anche cruda da gustare e parmigiano ben stagionato, besciamella nella pasta al forno ok, presto meno attenzione ad eventuali lievi gusti di formaggi nei cibi. Continuo però a non farcela ad approcciare altri formaggi, però per come si erano messe le cose…….
    Chiudo con il dilemma che resta sulla natura della repulsione, che all’origine, intendo la prima volta, una sua causa, come sempre, avrà sicuramente avuto.
    Con l’augurio di un buon pranzo a tutti

    garrulo1
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    Colgo anch’io l’input di Admin per dire due, massimo tre o quattro cose sullo zafferano.
    Spezia davvero sublime. Nome botanico, Crocus sativus, (da cui Croco, ma ne parliamo dopo), appartiene alla famiglia delle Iridacee. Si tratta di una pianta erbacea proveniente dai paesi asiatici, ma coltivata anche in Europa, parlo di Grecia, Spagna e Italia, e qui in Abruzzo, Umbria, Toscana, Marche e Sardegna. Presenta un bulbo da cui si sviluppa un fiore violaceo e si diramano tre lunghi stimmi dal colore rossastro, che dopo la fase di essicazione, vengono utilizzati come spezia. Ha un processo di produzione assai lungo tant’è vero che, per ottenere un chilogrammo di zafferano sono necessari, per quel poco che ne so, pare oltre 200.000 fiori richiedendo centinaia di ore di lavoro. Molto usato in cucina per arricchire i piatti, ma per i motivi anziciati, anche molto caro. Inoltre presenta molte proprietà nutrienti: ricco di oligoelementi, soprattutto Potassio, Fosforo e Magnesio, abbonda di Vitamina C, Vitamine gruppo B, Vitamina A e folati. Ma ciò che maggiormente caratterizza questa spezia è il safranale da cui si ricava l’olio essenziale, e due carotenoidi, crocina e crocetina, ricchi di Vitamina A e con proprietà antiossidanti (oggi, lessicalmente…. anti-age!!!!). Va utilizzato nelle giuste dosi, ha caratteristiche di forte concentrazione, altrimenti può creare effetti collaterali spiacevoli. Fra le sue molteplici proprietà, pare proprio che collabori a potenziare la memoria e migliorare il tono dell’umore, quindi fantastico in autunno, quando è legittimo sentirsi un po’ più tristi, se si osserva Madre Natura che perde “qualche colpo”, in attesa di riscattarsi, con gli opportuni interessi, in Primavera. A proposito dell’apprezzamento degli autori latini, ricordo che Giordano Bruno lo cita nello “Spaccio della bestia triofante”, argomento ripreso da F.A. Yates nel libro dedicato a “Giordano Bruno e la Tradizione Ermetica” a proposito della “Religione Magica degli Egiziani” con il culto di “Dio nelle cose”, nel passo in cui il Maestro Nolano recita:” Cossì pensa del Sole nel croco (lo cita per primo il croco), nel narciso, nell’elitropio, nel gallo, nel leone; cossì pensar devi di ciascuno de gli dei per ciascuna de le specie sotto diversi geni de lo ente, perché sicome la divinità descende in certo modo per quanto che si comunica alla natura, cossì alla divinità s’ascende per la natura, cossì per la vita rilucente nelle cose naturali si monta alla vita che soprasiede a quelle …”. (Pagina 235 del libro di cui sopra).
    Ancora un caro saluto ed una buona domenica a tutti.

    garrulo1
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    Gli ultimi post mi portano ad una riflessione, se vogliamo di sintesi, molto terra/terra, non ho competenze per avventurarmi in questioni troppo scientifiche sull’argomento. Mi sembra però evidente che una cellula tumorale possa essere definita quale perfetto esempio di egoismo esasperato, nulla le interessa di un’organizzazione collettiva e finalizzata a benessere e sopravvivenza di un intero complesso vitale, ma solamente avviluppata all’interno di un meccanismo di autoprotezione, in completa scissione rispetto all’ambiente circostante. Aggiungo ancora una considerazione: questa estrema esaltazione della componente egocentrica, in combinazione con un’assoluta assenza di consapevolezza “in proiezione”, porterà inevitabilmente la cellula tumorale verso la distruzione, o perché l’organismo nella sua interezza, attraverso la terapia, ha reagito annientando il nemico, oppure perché, in caso di vittoria del ribelle, la casa madre, inevitabilmente crollerà in testa all’ospite indesiderato, coinvolgendolo fino in fondo nel crollo di tutto il castello. Anche da qui, pare di capire quanto siano pericolosi gli eccessi egoistici.
    Un caro saluto a tutti

    garrulo1
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    In questo spazio dedicato al “cibo filtrato dai 5 sensi e… sublimato dal sesto”, due cose le voglio dire a proposito della curcuma, altro alimento che pare abbia proprietà davvero particolari. La curcuma appartiene alla famiglia delle Zingiberaceae e comprendente circa una ottantina 80 di specie, delle quali la più utilizzata in alimentazione e in fitoterapia è la Curcuma longa. Molto utilizzata anche nella medicina ayurvedica ed in quella tradizionale cinese. Il sapore potremmo definirlo piuttosto “volatile”, mentre invece il colore si mantiene inalterato nel tempo, e probabilmente da qui si può denotare una caratteristica di inossidabilità che poi si riflette nelle proprietà del rizoma, e parimenti, proprio per questa caratteristica, molto impiegata nel settore alimentare come colorante. La radice è un grosso rizoma cilindrico, ramificato, di colore giallo o arancione, fortemente aromatico, che costituisce la parte che viene utilizzata della pianta. Il principio attivo più importante è la curcumina, che recenti studi hanno dimostrato avere proprietà antitumorali, proprio perché la curcuma, pare possa contribuire nel bloccare l’azione di un enzima (di più non so), ritenuto responsabile dello sviluppo di diversi tipi di carcinomi. Il principio attivo anzicitato (curcumina), conferisce alla curcuma anche un’azione antinfiammatoria e analgesica, e per questo motivo è impiegata efficacemente nel trattamento di infiammazioni, dolori articolari quali artriti e/o artrosi. Riconosciuta come protettiva del sistema immunitario, quindi dotata di capacità immunostimolanti o forse, meglio ancora immunomodulanti, è anche un potente antiossidante in grado di contrastare l’azione dei radicali liberi, questi ultimi responsabili dei processi di invecchiamento e di danneggiamento delle membrane delle cellule che compongono il nostro organismo (guai se non esistesse, in Natura, l’autofagia….).
    Pare che presenti ancora proprietà tipicamente depurative, quindi epatoprotettive tra l’altro come molte radici nere, stimolante delle vie biliari e fluidificante del sangue, alla faccia del colesterolo….. “cattivo”. Ottimo cicatrizzante per ferite o ustioni, ma per questa funzione, per quanto ne so, va opportunamente preparata in uno stato cremoso. In sanscrito “Kum – Kuma” etimologia affine allo zafferano con il quale ha molto in comune, entrambi contribuiscono alla formazione della miscela di spezie chiamata in “ hindi” – “masala”, meglio conosciuto come “curry”. Forse per tutte le proprietà che le popolazioni autoctone dell’India e dell’Asia più in generale conoscevano dalla notte dei tempi, questa spezia è considerata un portafortuna, in particolare in India, e le spose ne portano al collo un piccolo pezzo il giorno del matrimonio, credo a garanzia di buon auspicio.
    Un caro saluto con l’augurio a tutti di una buona serata

    garrulo1
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    Davvero interessante il link a cui ci rimanda Anima Critica circa una conferenza del Prof. Emilio del Giudice, fisico contemporaneo davvero eccezionale. Mi hanno colpito moltissime delle cose che ha detto, difficili da comprendere ma che sanno inesorabilmente di Vero. Nel 5° video dedicato appunto alle riflessioni quanto mai scientifiche sul problema dell’anima passionale, inizia con l’affermazione scontata, ma in fondo non troppo, che, “ siccome il mondo esterno è unico, se uno coglie una verità, la stessa verità la possono cogliere tutti”, a discapito dell’idea di individualità, in quanto se si afferra una qualche massima per risonanza con l’ambiente, come più volte afferma il Prof. Del Giudice, potenzialmente il dato è di tutti. Quando in chiusura di lezione fa riferimento alle modalità di approccio del dato di Realtà a cui tendeva uno dei suoi Maestri, il fisico Freilich, per quanto ho compreso, questo scienziato aveva sviluppato la capacità di astrazione dell’inconscio, prestando il suo inconscio all’oggetto di studio, dall’elettrone a qualunque altra cosa si proponesse, immaginando di essere la cosa stessa, dico io, forse “identificandosi nella cosa”. Il processo di scoperta ed il processo di descrizione della scoperta avvengono con modalità diverse. La modalità analitica di apprendimento fa sì che lo studente si concentri su come la materia in questione, supponiamo si tratti di esaminare una determinata scoperta della scienza, viene presentata dal docente. Chi invece diventa di per sé scopritore, è chi riesce, probabilmente per propria intrinseca natura, ad immedesimarsi nel processo emozionale della scoperta, quindi riesce a riprodurre dentro di sé il percorso emozionale che ha fatto lo scopritore, quando ha diciamo così, scovato quella determinata legge della natura, questa abilità la definisce il Prof. Del Giudice quale “anima passionale”, capace cioè di entrare in sintonia con il percorso che ha seguito il pioniere della scoperta, percorso che in primis è emozionale, dopodiché diventa per forza di cose analitico ed intellettuale. Il Professore chiude con una considerazione di sintesi alla base del proprio metodo e di quello di Freilich: il meccanismo di base mi pare stia prima nel domandarsi, e poi tentare di comprendere, credo però se la persona sia nella possibilità di farlo, su come un altro sia arrivato a concepire l’idea che una cosa del genere fosse possibile, a parte il fatto se poi fosse stata o meno possibile veramente. Molto, moltissimo mi hanno colpito certe affermazioni di scienziati e fisici attuali, si ritrovano sviluppate con linguaggio attuale massime contenute nella Scienza dei Magi che ha racchiuso molti, ma non tutti, gli studi e le conclusioni del Maestro Kremmerz, ormai datate oltre un secolo fa, a proposito della relatività del valore delle cose, “che sono tali per il valore ed il significato che diamo loro, non perché esse abbiano un valore”, Scienza dei Magi Volume 2°, Pagina 100, ed ancora “ la neutralità dell’uomo di fronte allo spettacolo del mondo obiettivo lo avvicina alla verità immutabile delle immagini sensazionali che lo colpiscono, perché le appariscenze neutre delle cose del mondo sono concepite attive o negative secondo lo stato neutro, attivo o passivo dello spettatore”. Quando la neutralità è scossa, comincia uno stato di interesse al risultato voluto, e la conseguente manifestazione intellettiva risulta maculata dal desiderio…….. stesso volume Pagina 225.
    Argomento immenso ed immensamente interessante di discussione.
    Un caro saluto ed una buona serata a tutti.

    garrulo1
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    Ho chiuso l’ultimo post citando le virtù del divino frutto a proposito dell’olio di oliva. Proprio nell’Orto degli Ulivi, Cristo si racchiudeva in preghiera, anche se poi finì tragicamente……. Ricordo che nel Nuovo Testamento, esistono descrizioni su come il corpo di Cristo venga ricoperto con una mistura di sostanze tra le quali risultava abbondante l’Aloe. Mi pare tra l’altro, che questo dato sia stato confermato dai risultati di laboratorio condotti sulla Sacra Sindone. Due cose vorrei dirle su questa pianta davvero particolare, la definirei in prima battuta come un Regalo di Madre Natura. Si sono riscontrate raffigurazioni dell’aloe su dipinti “murales” in Templi dell’Antico Egitto, citazioni su tavolette di argilla sumeriche indicanti elenchi di piante medicinali, come ancora proprietà mediche elencate su papiri terapeutici egizi. Lo cita poi in molti suoi versi e trattati il poeta greco Dioscoride di Samo, in particolare, pare proprio che non manchi nel “De Materia Medica”. Ma non va dimenticato Cristoforo Colombo che individua quattro vegetali indispensabili per la salute dell’uomo : frumento, vite, olivo e naturalmente aloe. Secondo l’italico ed ispirato navigatore, il grano nutre il corpo, vite e “derivati” aiutano (in ogni epoca aggiungo io) lo spirito, il divino ulivo mantiene l’armonia nell’esistenza (a volte assai difficile, aggiungo sempre io), mentre infine il mitico aloe, per sua natura, guarisce. Poi ancora Mahatma Gandhi assiduo praticante di digiuni e parimenti assiduo consumatore di aloe per le sue virtù, Rudolf Steiner padre delle tesi antroposofiche, che attribuiva alla pianta dell’aloe la proprietà di incanalare l’acqua proteggendosi e proteggendo il liquido dalla disidratazione, nonostante la crescita in luoghi assai difficili per siccità o condizioni climatiche a volte estreme. Una simile virtù secondo molti esperti in materia, non può che contribuire a rafforzare l’organismo, nella sua accezione più ampia, di chi ne fa uso. Sarà che ne sono un sincero estimatore, sarà che la mente gioca con i suoi input, ma preso a digiuno al mattino, puro quindi non dolcificato a allungato con alcuna bevanda, lo trovo anche decisamente buono.
    Ancora una buona domenica sera a tutti.

    garrulo1
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    Nulla da eccepire sul rigore scientifico a cui fanno riferimento i post di Mara329 e Anima Critica.
    Però, la Medicina Omeopatica, presa come Scienza Medica, si avvale proprio della memoria dell’acqua che, diciamo così, “pare” che questo elemento naturale ricordi le caratteristiche del principio attivo informatore, preso, a “seconda della bisogna” dai 3 Regni della Natura (minerale, vegetale o anche animale), principio che opportunamente diluito appunto in acqua o soluzioni idroalcoliche, conserva le proprietà del rimedio terapeutico di partenza. Per dovere di sintesi sul Principio Omeopatico, se ho ben compreso, il presupposto di partenza sta nel fatto che, va somministrata ad una persona che presenta una determinata patologia, una sostanza che ad una persona sana provochi sintomi simili a quelli dello stato patologico. Da qui il rimando latino al principio “similia similibus curentur”, a cui si ispirò tra la fine del ‘700 e i primi dell’ottocento il medico tedesco Samuel Hannemann, di fatto riportando alla luce le tesi mediche dell’antichità, da Ippocrate a Paracelso, mi pare anche passando dal grande dottore della Chiesa Sant’Agostino, voglio approfondire. Per tornare all’inizio del post, l’acqua risulterebbe un vero e proprio veicolo di trasmissione dell’informazione, grazie proprio alla sua intrinseca memoria attiva.
    Un caro saluto a tutti ed una buona domenica

    garrulo1
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    Le considerazioni di Ondina legate alle proprietà terapeutiche dell’elemento acqua che tutta la Natura permea, le sue possibili caratteristiche di accumulo e ritenzione magnetica di cui la Scienza di Masaru Emoto ha in parte messo a fuoco, mi portano ad esprimere un pensiero che più che altro è un augurio. Ogni Sacra Fonte ha determinate proprietà terapeutiche, quelle che agiscono sulle ossa, quelle sulle vie urinarie, altre sui visceri o ancora sull’apparato riproduttivo sia maschile che femminile e così via (e per essere il più possibile imparziale si potrebbe inserire …….. per chi ci crede), aggiungendo però che in luoghi diversi e distanti tra loro, potrebbe verificarsi che il magnetismo tipico di un determinato posto vada poi ad influenzare le caratteristiche di una determinata fonte. L’augurio cui prima ho accennato, sta nella speranza che la scienza che inesorabilmente avanza nelle sue innumerevoli scoperte, metta a fuoco con specifici strumenti misuratori, la frequenza magnetica (vibrazionale) di una precisa Fonte, alla quale la Tradizione popolare attribuisce una specifica valenza terapeutica, con il corrispondente campo magnetico degli organi fisici o sistema organico interessato, certificando di fatto, se così fosse, una precisa correlazione o meglio corrispondenza tra due frequenze o moti vibrazionali. Il dubbio che così sia mi resta, ma non ho strumenti nè competenze scientifiche per affermarlo.
    Con l’augurio a tutti di una buona serata

    garrulo1
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    A proposito di neuroni, come citato da Alef circa i sensori artefatti, questi apparecchi possono essere sì utili, ma anche dannosi se per abitudine all’utilizzo senza effettiva necessità, si va ad inibire una naturale prerogativa insita invece nell’organismo. Da ragazzo (parecchi anni or sono), amavo immaginare i neuroni come i muscoli, dicevo volentieri con gli amici che se non li utilizzi tendono all’atrofia, peggio ancora, aggiungo adesso, con una visione un po’ più ampia della vita, se vengono utilizzati in modo distorto o con modalità che invece tenda all’ipertrofia: “pericolosissima”.
    Un caro saluto ed una buona serata.

    garrulo1
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    Due cose mi fa venire in mente il post di Mercurius: il ritmo con le sue diversità si manifesta nell’unità della musica, disciplina artistica che sul ritmo si basa. In “Degli eroici furori” come citato da Frances A. Yates nel Libro intitolato a “Giordano Bruno e la Tradizione Ermetica”, il Maestro Nolano , se ho compreso almeno un minimo, individua nella vena artistica, a qualunque disciplina risponda, il tentativo dell’uomo di stendere un tentacolo verso il mondo divino, fuori e dentro sé stesso. Per Bruno, poesia, pittura e filosofia sono tutt’uno, aggiungendovi proprio la musica, tutte modalità di espressione per approcciare “la sapienza divina”. E, a proposito della fruizione del Sito, mi viene spontaneo definirla una armoniosa attrazione, e, aldilà delle impressioni soggettive, non dimentico mai una delle connotazioni palesate dai Maestri in merito alla finalità, anche di natura evolutiva che questo Spazio Informatico offre, naturalmente aperto a tutti coloro che si avvicinano con onestà intellettuale e spontaneità, come indicato da Mercurius.
    Un caro saluto ed una buona domenica

    garrulo1
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    Nel rivedere il File postato in agosto da Guglielmo Tell, che riproponeva un documentario di Rai Tre su “Piante e Tradizione: utilità pratica e significato esoterico”, mi sono soffermato sull’intervento di uno scienziato che parlava dei benefici del consumo in campo alimentare dell’olio di oliva. Il filmato, credo ormai datato qualche lustro fa, attualissimo nei contenuti, in primis, fa riferimento a eccessi e cattive abitudini alimentari quali cause di patologie degenerative o di mortalità nell’area del pianeta maggiormente industrializzata. Il modello di dieta consigliato ovviamente è quello cd. mediterraneo, a cui l’esperto affibbia la vena salutare proprio in virtù del consumo di grassi che in tale modello si concentrano perlopiù nell’olio di oliva, prova ne è la bassa incidenza di malattie cardiovascolari riscontrate in popolazioni greche, quest’ultime per tradizione (furono secondi solo ai Fenici nella coltura dell’olivo), a differenza di popolazioni nordiche dove i grassi consumati, in molti casi, provengono da altre fonti. Sappiamo oggi che l’olio di oliva aiuta a ridurre il livello di colesterolo nel sangue, fungendo da anticoagulante in quanto attacca il colesterolo “cattivo”, e che presenta caratteristiche antiossidanti, tenuto conto che la permeabilità delle cellule a tali agenti patogeni, determina l’accelerazione o meno dei processi di invecchiamento dell’intero organismo. Lo scienziato intervistato, chiudeva infine l’intervento palesando anche proprietà antitumorali in fase di studio, insite in tale olio, con l’augurio della messa a fuoco in chiave scientifica sempre più precisa delle virtù del divino frutto. Per quanto invece trattato sull’aspetto esoterico non mi dilungo, ma l’albero, con relativi rami, è presente in Mesopotamia con i Fenici, nella Mitologia Greca, nell’Antico e Nuovo Testamento, fino al Giardino dei Getsemani, tradotto Orto degli Ulivi o Frantoio, dove Cristo amava racchiudersi in preghiera, ma che fu anche luogo della sua agonia. Davvero bello ed interessante l’intero filmato.
    Ancora una buona domenica sera a tutti.

    garrulo1
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    A proposito dell’osservazione di Tanaquilla sulle varianti alle abitudini dei gabbiani. Qui il problema ha sempre lo stesso punto di partenza: l’intervento dell’uomo sull’ambiente. Negli ultimi 50 anni in particolare, ma anche prima, con il progressivo incedere del consumismo a tutto tondo, sono aumentati i bisogni se vogliamo artificiali degli esseri umani, e questo vale in primis per il cibo, ma anche per i dispositivi tecnologici sempre più sofisticati nel tempo, per i mezzi di trasporto con annessi dispositivi, con gli allestimenti nelle case dentro e fuori e via di questo passo. Sono quindi aumentate a dismisura le discariche, perché da qualche parte i residui delle attività e degli alimenti andavano e vanno stoccati, e come accade in natura, anche le specie in subordine nella scala zoografica si sono adeguate, e il comune denominatore è che, sono esplose le specie omnivore, tanto per l’avifauna che nei mammiferi, tra l’altro a discapito di altre famiglie più specializzate per loro natura e magari a loro volta subordinate. Così vediamo il proliferare dei gabbiani anche dentro Città lontane dal mare, Torino ne conta a migliaia, dei corvidi quali cornacchie e gazze, ma anche di aironi in particolare i cinerini e a momenti di cicogne di passaggio ma con lunghe soste nei dintorni delle discariche. Stessa cosa vale per volpi, cinghiali e tassi, questi ultimi però più schivi degli altri e comunque meno numerosi. Poi ci sono le varie famiglie di ratti e così via. Oltre ai danni alle colture, vi è un dato che va analizzato attentamente: prendiamo ad esempio gabbiani e soprattutto corvidi: sono specie sociali molto intelligenti per il loro status, entrambi, specialmente i corvidi, si cibano anche di uova e nidiacei. Risultato: i fringillidi che essendo subordinati nella scala animale dovrebbero essere in numero decisamente maggiore, sono invece in esigua minoranza, perché predati sistematicamente. Uno degli esempi più belli dell’armonia di colori in natura, dipinti geneticamente nel cardellino, ebbene ho notato una fortissima diminuzione di questi fringillidi in area urbana torinese. Durante i numerosi viaggi in Umbria, passando ovviamente dalla Toscana, ho notato negli anni, con stupore dapprima, che da un certo punto in poi del territorio toscano, i cardellini aumentano molto di numero. Con il tempo ho compreso la motivazione: la presenza di moltissimi cipressi, dove questa ed altre specie vanno a nidificare, e che per la loro folta conformazione rendono in pratica impossibile l’accesso attraverso la vegetazione a cornacchie o gazze. Stessa cosa vale per l’Umbria, paesaggio praticamente simile alla Toscana. Inoltre, le specie sociali citate, tendono ad avvicinarsi molto all’uomo comprendendone le abitudini, e quindi vediamo i gabbiani fuori dalle pescherie, le cornacchie nei giardini, i piccioni urbani (non assolutamente i colombacci) che entrano in bar o tavole calde, ma alla fine della “fiera”, tutti loro non hanno alcuna colpa.
    Un caro saluto ed una buona serata

    garrulo1
    Partecipante
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    D’accordissimo con Kridom, tutte le deviazioni di pensiero verso modalità assolutistiche, anche a mio modesto parere, non sono alla fine funzionali all’intero sistema, quand’anche l’ideale di partenza sia di tutto rispetto. Sull’argomento dei cambiamenti climatici, a tutte le latitudini del pianeta, la cosa è piuttosto preoccupante. La terra ha sempre fatto registrare variazioni del clima, ma per grandi periodi, su scale temporali enormi, parliamo di decine di migliaia di anni per riscontri effettivi sull’ambiente, mentre la cosa che sovente mi fa riflettere è che nell’arco di una vita, quindi con riscontro su me stesso, percepisca nettamente le differenze ad esempio nelle stagioni dagli anni ’80 ad oggi. Faccio qualche esempio terra-terra: agli inizi degli anni novanta, un vicino di casa aveva piantato in giardino una pianta di banane, cosa veramente rara in Torino e dintorni, difatti non superò il primo inverno. Ora le piante di banane non si contano più, in Città e fuori, io stesso ne lascio crescere solo 3, ormai d’alto fusto e robuste assai, perché tendenzialmente prolificano spontaneamente e a dismisura. Stessa cosa vale per gli ulivi, i lecci, l’aloe e via di questo passo, piante tipiche dei luoghi di mare, comunque decisamente caldi, che però in città si trovano ormai in moltissimi giardini. Ma voglio portare l’attenzione anche sulla modifica delle abitudini geneticamente strutturate di molte specie animali nostre, ad esempio sulle variazioni ai tempi della migrazione e credo alle rotte. Uno dei miei “amici” preferiti è il colombo selvatico, colombaccio o meglio columba palumbus, un tempo difficile da vedere, estremamente schivo, soggiornante in Italia per il solo periodo estivo di riproduzione. Ora, la specie per fortuna è di molto aumentata nei numeri, si avvicina molto agli ambienti urbani, arrivano già ad inizio gennaio anziché marzo, e ripartono solo ora, ma molti non ripartono affatto, probabilmente incontrando condizioni ambientali anche nei mesi freddi favorevoli ed alternative al punto da inibire una pulsione genetica ancestrale per la specie, il tutto metabolizzato per quanto abbia potuto accorgermene, in poco più di un ventennio. Potrei ancora fare un altro esempio di un paio di settimane fa, dalla finestra di una stanza ho notato una coppia di tortore dal collare, specie ormai stanziale da tempo, adoperarsi portando a tamburo battente ramoscelli all’interno di un grande e folto abete verde, iniziando di fatto la costruzione del nido a fine settembre. Credo sia la stessa coppia che ha già nidificato in zona in estate, in quanto li avevo visti fare “scuola di formazione volo” con due piccoli nel mese di luglio. Non ho soluzioni in mente, però molte riflessioni su questi piccoli grandi indizi sì. E’ un argomento troppo importante per non essere considerato, partendo, per quanto possibile e con tutti i supporti scientifici a disposizione, dagli elementi causali, di qualunque natura siano.
    Ancora una buona domenica sera a tutti.

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