NUOVE FRONTIERE DELLA MEDICINA

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  • BELL
    Partecipante
    Post totali: 79

    Ringrazio Mercuriale per la sua domanda che ci riporta ad uno dei temi di partenza di questa discussione; cercherò di essere sintetico portando due esempi di alimenti a noi vicini.
    Prima vorrei in estrema sintesi dire cosa intendiamo per Sistema Immunitario.
    Esso comprende svariati organi, tessuti, tipi cellulari e glicoproteine; insieme, tutti questi elementi compongono un Sistema deputato ad attivarsi e aggredire qualunque cosa venga riconosciuta come una potenziale minaccia per l’organismo.
    Tra i tessuti e gli organi costituenti il Sistema Immunitario, rientrano la Milza, le Tonsille, il Midollo Osseo, il Timo, e i Linfonodi mentre a livello cellulare ricordiamo i Globuli Bianchi (Linfociti, Monociti, Granulocit); infine, tra le glicoproteine si ricordano gli Anticorpi.
    Come esempi di effetti dell’alimentazione su questo sistema prendiamo due esempi: gli Zuccheri e la Vitamina C,
    Studi pubblicati sull’American Journal of Clinical Nutrition and Dental hanno rivelato che il consumo di 100 grammi di zuccheri come il fruttosio, glucosio, saccarosio, succo d’arancia e miele pastorizzato, inibisce la capacità dei globuli bianchi di fagocitare e distruggere microrganismi nocivi e particelle estranee all’organismo. La compromissione della funzione immunitaria inizia meno di 30 minuti dopo l’ingestione di zuccheri e rimane così per più di cinque ore. Al massimo picco della soppressione immunitaria, che ha luogo circa due ore dopo il consumo di zucchero, questa importante funzione dei globuli bianchi si è ridottadel50%.
    Il digiuno a breve termine può dare al sistema immunitario una stimolazione positiva mantenendo livelli bassi di zucchero nel sangue (questo ci deve far riflettere sulla valenza fisiologica del digiuno); il prolungato digiuno ha un effetto opposto. In particolare bisogna fare attenzione a quei prodotti alimentari trasformati che contengono zuccheri raffinati.
    La Vitamina C che ritroviamo in molte verdure e frutta fresche come gli agrumi, melone, anguria, frutti di bosco, peperoni, asparagi, cime di rapa, broccoli, cavoli, patate, spinaci e pomodori ha un effetto stimolante sul Sistema Immunitario. In corso di infezioni la quantità di questa vitamina nel Plasma e nei globuli bianchi diminuisce ed un’assunzione di VIT. C aumenta la produzione e la funzione dei Fagociti che sono i globuli incaricati di inglobare o produrre enzimi per aggredire gli agenti patogeni.
    Un abbraccio a tutti

    garrulo1
    Partecipante
    Post totali: 458

    Mi stimola a nuova riflessione su un argomento già trattato anni fa il posto di BELL, sulle modalità di funzionamento dell’impianto immunitario. Difatti, come scientemente affermato, tutto il sistema risente del consumo di zuccheri in generale, con relativa compressione delle capacità attive per tempi decisamente lunghi, fino alle 5 ore, in particolare interferendo gli zuccheri sulle funzioni fagocitanti dei globuli bianchi, deputati al riconoscimento e conseguente annientamento di qualunque fattore estraneo all’organismo quando identificato come nocivo. Questa massima, riporta l’attenzione all’argomento dell’autofagia cellulare, che, come dimostrato dal Nobel per la Medicina dell’anno 2016 se ben ricordo, il Prof. Yoshinori Ohsumi, esiste un‘intelligenza intrinseca a tutto il telaio cellulare, costituente un meccanismo di base che consente alle singole unità di autoeliminarsi scremando le parti inutili nell’economia globale dell’intero organismo, a garanzia di un continuo rinnovamento, o meglio ancora di un costante equilibrio tra costruzione e distruzione. Un errato o distonico funzionamento di tale automatismo, può portare alle più svariate conseguenze patologiche. Ricordo a tale proposito studi portati avanti su roditori che hanno dimostrato la diretta corrispondenza tra costrizione alimentare e immunocompetenza con conseguente longevità, in contrapposizione con sovralimentazione e deficit di salute. Difatti, l’iconografia di apertura della discussione postata dalla Direzione del Blog era quella dell’Uroboros, sembra proprio, tra le tante chiavi analogiche di tale Simbolo, estrema sintesi del meccanismo in questione, ed i digiuni rituali comuni a molte tradizioni, Ermetica compresa, tra le varie implicazioni, probabilmente hanno tenuto in debito conto di tale meccanismo stimolante un processo di purificazione in tutto l’organismo.
    Una buona domenica a tutti

    BELL
    Partecipante
    Post totali: 79

    Ricollegandoci al post dell’Accademia Sebezia del 14 Gennaio u.s.abbiamo cercato di approfondire la figura di Parmenide che è il rappresentante principale della Scuola Eleata.
    Seguendo l’Imput della Delegazione Generale abbiamo scritto questo primo post che risulta il frutto della collaborazione di Wiwa, Seppiolina e Bell.
    Innanzitutto bisogna considerare il contesto culturale nel quale Parmenide si mosse che era fortemente influenzato dal Pitagorismo e Orfismo. Si ipotizza che Parmenide fosse a conoscenza delle ricerche condotte, in quegli anni, nella non lontana cittadina di Crotone, sede di una importante scuola di filosofia e medicina, la cui fama aveva da tempo superato i confini della Magna Grecia. Parmenide più che medico in senso stretto (laddove il concetto di medico era ancora quello di filosofo\fisiologo della Natura) fu considerato, Naturalista Risanatore come emerge nella traduzione di un’epigrafe a lui riferita. Per capire meglio il suo contributo ci aiuta l’analisi della sua Opera Sulla Natura (di cui purtroppo abbiamo solo 150 versi) in cui Parmenide sente, in primo luogo, l’esigenza di chiarire e giustificare la sua volontà di ricercare la verità sottolineando l’importanza della scelta del metodo come elemento discriminante. Nella tradizione Epica antecedente il poeta dava un fondamento di verità al suo racconto presentandolo come espressione diretta di un’ispirazione divina; con Parmenide e altri Filosofi assistiamo ad una emancipazione dei vari “saperi” rispetto al divino per cui ogni teoria può ammantarsi dell’etichetta di “verità”, avendo ogni uomo eguale diritto ad affermare la legittimità del proprio “credo”. Parmenide con la sua Opera vuole sancire che la differenza tra il suo credo, corretto e vero, e quello degli altri, sta nell’assunzione di differenti e migliori criteri di ricerca; cioè egli afferma che la sua strada è quella giusta e nel suo percorso sono posti precisi e riconoscibili segnali. Appare significativo che nell’Opera egli sia accompagnato solo da giovani donne immortali e c’è l’incontro con la Dea (non compaiono figure maschili).Importante è l’indicazione fornita dalla Dea nei versi finali del Proemio, quando prospetta l’esposizione di quello che definisce il “cuore della verità”, e non semplicemente la verità o una serie di contenuti assunti dogmaticamente come veri.Un impegno di questo tipo assunto dalla Dea appare tanto più rilevante se si considera anche il fatto che due autori “vicini” allo stesso Parmenide, (Senofane e Alcmeone), in quegli anni andavano affermando da un lato che all’uomo è precluso l’accesso alla verità (poiché questa è prerogativa esclusiva degli dei), dall’altro che egli può procedere nella conoscenza solo per indizi. L’oggetto della ricerca per entrambe le metodiche sarebbe lo stesso, ovvero il cosmo, la natura, l‟uomo, e la differenza sarebbe data solo dai criteri logici scelti. Per questo il discepolo che vuole essere veramente “edotto”, deve in primo luogo conoscere il cuore della verità, per poter giudicare gli errori delle credenze/doxai degli uomini, nelle quali non ci può essere “verità”, e solo dopo conoscere la vera spiegazione della realtà. L’immagine del carro trainato da cavalle (notiamo sempre il femminile) viene messa a confronto con la letteratura orfica coeva: la dea che parla è da identificare con Persefone, mentre il flusso ininterrotto di immagini ed il suono ripetuto simile ad un fischio provocato dal carro che lo trasporta ha una precisa funzione trascinatrice e alienante, lontana dalle costruzioni letterarie convenzionali e vicina a quelli che nelle fonti antiche sono “i sogni inviati dagli dei”, cioè quei sogni in cui l’uomo entra in contatto con il divino, e da questo riceve verità o anche rimedi terapeutici. Collegata a questa lettura del proemio è anche l’interpretazione di alcuni studiosi del frammento 8 , nel quale il flusso di suoni e immagini pronunciati dalla dea travolgono il kouros (discepolo) allo scopo di fargli vivere l’esperienza dell’essere; le parole della dea procurano disorientamento, sradicano in un sol colpo tutte le opinioni comuni su vita, morte, tempo, spazio, togliendo all’ascoltatore ogni punto di riferimento tradizionale, impedendo al kouros di muoversi con la mente in altre direzioni che non siano l’Essere. Secondo alcuni studiosi Parmenide doveva conoscere bene il valore dei sogni, in particolare di quelli incubatori che venivano praticati all’interno dell’Asklepieion della città, dalla scuola di medici Pholarkoi da lui stesso fondata. Tutto ciò ha portato alcuni studiosi a sostenere che Parmenide ammettesse un monismo radicale, ovvero l’unità dell’essere, in chiave fortemente metafisica: l’essere nella sua unità infatti può essere colto solo mediante il “logos”, di conseguenza tutto ciò che si pone in contraddizione con questa verità, ovvero la molteplicità esperita mediante i sensi, deve essere rifiutata in quanto pura apparenza, puro inganno. La novità del messaggio parmenideo sta proprio nella possibilità di accedere alla verità. È molto significativo, che la Dea, nei versi programmatici del proemio, non annunci al discepolo l’insegnamento della verità, ma il “cuore della verità”. Il cuore della verità non è un contenuto specifico, ma si fonda e precede qualsiasi contenuto oggettivandolo come verità. Il cuore è quindi, la via, il metodo con cui si vede e approfondisce la realtà, gli oggetti che l’uomo vuole conoscere e spiegare.
    Quindi la domanda da cui si origina tutta la riflessione non è tanto che cosa esiste, com’è fatta la realtà, ma, come posso avere una conoscenza vera della realtà? Come posso arrivare a questa conoscenza? Che ruolo ha la divinità in questa ricerca della verità? Egli nel Proemio si presenta come il Discepolo, scelto dalla Dea per ascoltare e imparare le sue eccezionali rivelazioni; è vero che la via che lui percorre non è battuta da tutti gli uomini, ma tali situazioni vengono presentate in un contesto comunicativo tradizionale, secondo un metodo letterario assolutamente consolidato rivolto evidentemente ad un publico pronto a cogliere la continuità dei contenuti e delle forme espressive e la discontinuità del metodo del messaggio parmenideo. Per Parmenide la descrizione di un’esperienza iniziatica, il discorso sull’essere e sulle rigide leggi del pensiero, e l’indagine sulla natura dovevano rappresentare momenti coerenti e organici tra loro.
    Per oggi ci fermiamo qui, affronteremo in un prossimo post la valenza Medica dell’opera di Parmenide.

    Buteo
    Partecipante
    Post totali: 218

    Ci sono detti che appena coniati s’imprimono nell’immaginario e da lì in poi rientrano nel patrimonio della mentalità comune.
    Tale è “L’uomo è ciò che mangia”. A coniarlo a metà ‘800 fu Ludwig Feuerbach, filosofo tedesco protestante (1804 – 1872). Oppositore del dualismo anima corpo, del pensiero religioso e di ogni filosofia che non tenga conto della corporeità, affermava: ‘Io sono un’essenza reale, sensibile’ ‘Il corpo nella sua totalità è il mio io, la mia essenza stessa’.
    Sostenne che per migliorare la spiritualità di un popolo, occorresse risolvere l’indigenza, rendendo disponibile cibo in quantità adeguata. Intuì che, per l’inscindibilità di psiche e corpo, l’uomo debilitato perché affamato, difficilmente avrebbe potuto coltivare spirito e intelletto: ‘I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello; in materia di pensieri e sentimenti. L’alimento umano è il fondamento della cultura e del sentimento. Se volete far migliorare il popolo, in luogo di declamazioni contro il peccato, dategli un’alimentazione migliore. L’uomo è ciò che mangia”.
    Era consapevole che il pensiero esiste perché esiste un corpo. E il corpo, per produrre adeguata attività di pensiero deve essere sano e per essere sano deve essere nutrito. Non era assolutamente né un principio salutistico né mistico. Era affermare la necessità di un corpo sano quale ‘conditio sine qua non’ per una progressione spirituale, come è nella tradizione ermetica.
    Una differente lettura mi sembra spuria, come poco chiari gli attuali riferimenti al detto.
    Se preso alla lettera, sembrerebbe che ‘l’essenza’ di ciò che mangiamo, animale o vegetale che sia, non solo permanga in noi, ma si introduca o si sostituisca alla nostra stessa essenza. Se questa è l’ipotesi, sarebbe opportuno che sia dimostrata.
    Guardiamo cos’è il processo digestivo.
    Il sistema gastrointestinale è la via d’ingresso nel corpo di sostanze nutritive, vitamine, sali minerali e liquidi. La fisiologica digestione comporta che la materia vivente ingerita, animale o vegetale, sia sottoposta all’azione meccanica di denti e parete gastroenterica e biochimica degli enzimi digestivi, che, dalla bocca in poi, attaccano la struttura organica in toto, agendo su tutti i suoi componenti, quindi su proteine, lipidi, glucidi e nucleotidi, scomponendoli nelle loro parti elementari. Sono assorbite le vitamine, non essendo l’organismo in grado di costruirle, mentre, a grandi linee, sono scissi in aminoacidi le proteine, in zuccheri semplici gli amidi, in acidi grassi i lipidi. Solo nel neonato alcune proteine, come le IgA contenute nel latte materno, passeranno integre nel circolo, ma dopo qualche mese non accadrà più.
    A processo digestivo compiuto, nulla sarà rimasto della struttura originaria ingerita, totalmente scissa in quei ‘mattoncini’, che, assorbiti dagli enterociti, saranno immessi in circolo e utilizzati dalle cellule di ogni organo e apparato per i propri processi energetici e per la propria attività cellulare.
    ‘L’identità corporea’ o ‘essenza’ di quanto era entrato nella bocca non c’è più (salvo ipotesi da confermare).
    L’altra considerazione è che l’atto del ‘mangiare’ è di ogni organismo animale.
    Per vivere accrescersi e riprodursi, ogni animale ingerisce vegetali o animali o entrambi, a seconda di come sono andati conformandosi apparato digerente e proprietà digestive in ogni specie. L’elefante si nutre di foglie, rami, erba, fiori frutta. Il lupo di pecore, capre, camosci, conigli ecc. L’organismo animale, e noi apparteniamo al regno animale, si è andato strutturando in modo tale da poter utilizzare la materia vivente ingerita, avendola ridotta ai suoi componenti basali che sono assorbiti dalle cellule a vantaggio del proprio complesso organico. Ha un senso dire che l’elefante e il lupo sono ciò che mangiano? Aldilà del fatto che strutturalmente sono (e siamo) la rielaborazione della materia di cui si nutrono?

    BELL
    Partecipante
    Post totali: 79

    Stasera vorrei condividere con voi la mia esperienza professionale.
    Nella mia pratica clinica e soprattutto chirurgica in circa 20 anni ho operato tante persone che attraversavano un momento di vita estremamente difficile: persone disabili, affette da tumori, bambini mutilati fisicamente e visivamente dalle mine anticarro ecc.
    Ebbene la mia esperienza mi ha consentito di affrontare tutte queste situazioni non facendomi trascinare da atteggiamenti di compassione, di sentimentalismo che potessero gratificare il bisogno di trovare conferme per il mio ego. Per me in quel momento esiste un essere che è affetto da una patologia indipendentemente dalla sua condizione, dal suo stato sociale, dalle aspettative sue e dei familiari.
    Il chirurgo deve rimanere freddo di fronte a tutto ciò se vuole effettivamente riuscire ad operare al meglio per la salute di colui che in quel momento è ammalato; in caso contrario è meglio che lasci il bisturi sul tavolo operatorio e vada a fare un giro.
    In ogni paziente nel momento chirurgico ho visto solo la patologia che dovevo curare; il mio pensiero è stato quello di agganciarmi alla forza terapeutica con tuti gli strumenti in mio possesso cercando di fare il meglio che potevo e sapevo per la salute di chi avevo di fronte.
    Forse è una visione fredda, forse spoetizzata, ma per me è l’unica strada per avere un atteggiamento terapeutico costruttivo.

    m_rosa
    Partecipante
    Post totali: 574

    Caro Bell mi trovo molto in sintonia con il tuo modo di concepire la terapeutica. Come dicevo in un post precedente, quando opero per qualcuno, quella persona diventa una cellula malata dell’umanità che deve essere ricondotta alla sua giusta funzione perché la Vita trionfi, ed io sono solo un canale, uno strumento nelle mani della Miriam che il Bene e la Vita incarna su questa terra. Grazie a tutti coloro che condividono le loro esperienze di vita su questo forum.

    catulla2008
    Partecipante
    Post totali: 244

    Vorrei provare a rispondere a Gelsomino che si domanda in concreto come utilizzare l’alimentazione per purificarsi. Non essendo medico né dietologo posso solo portare la mia esperienza su quanto consigliava Kremmerz: “se siete ammalati digiunate; rivolgete lo stesso regime a passioni e desideri…”.
    Un po’ come quando smetti di fumare i primi giorni sono i più duri: astenersi da un contatto che ci turba, un desiderio che ci morde…non è facile. E quanto più abbiamo nutrito quel contatto, quella passione, tanto più diventa sofferenza non alimentarlo/a.
    Silenzio – dicevano alcuni scritti – e il Maestro silenzioso su avvicina.
    La verità è che per poter vedere il fondale le acque devono essere calme. Solo così emergono le incongruenze, i vizi, le fragilità dell’anima nostra…e riusciamo a vederli, a definirli, a combatterli riducendoli prima alla fame e, poi, col tempo, magari, all’estinzione.
    Ecco, a differenza di Bell che, come chirurgo, può tagliare perché sa dove e quanto tagliare per restituire la salute, io numero in itinere che non vedo dove e quanto grava su di me il tale o il talaltro bubbone che mi affligge, posso solo aspettare senza far nulla che non sia silenzio. E preghiera. E che il male secchi per mancanza di nutrimento fino nel profondo dell’anima.
    Questa la mia esperienza nella scienza dell’alimentazione. Pensate possa valere come purificazione?

    • Questa risposta è stata modificata 6 anni, 3 mesi fa da catulla2008.
    holvi49
    Partecipante
    Post totali: 112

    Domanda cruciale e ricca di argomentazioni a seguire quella di GELSOMINO, per la quale si potrebbero prendere come riferimento i tanti post dove si è trattato l’argomento. Buteo ha chiaramente messo in discussione il detto “siamo quello che mangiamo”, poiché, alla fine, per i processi trasformativi nell’organismo, l’identità di quanto ingerito non esiste più. Ricordando, nel frattempo, quanto detto dal Maestro Kremmerz che: “non è il tubo ingerente l’unica via della nutrizione”, ma esiste anche una nutrizione che riguarda l’apparato psichico. L’essere iscritti alla miriam comporta tutto un modo diverso nell’approccio alla realtà quotidiana, compreso un atteggiamento più consapevole nei riguardi dell’alimentazione, intesa in questo senso, come assunzione di cibo per il sostentamento. Prescindendo da periodi in cui sono da evitare particolari alimenti non confacenti agli scopi prefissati, sarebbero da tenere anche in considerazione i prodotti stagionali, questo sempre in un’ottica di allineamento ai ritmi naturali dai quali, purtroppo ci siamo allontanati. Ascoltare le necessità del proprio corpo, i ritmi di fame – sazietà, il bisogno di acqua (così importante anche per le motivazioni riportate altrove), sono tutti indici di una presa di coscienza che può portare ad una liberazione da schiavitù abitudinali che niente hanno a che vedere con esigenze reali che magari si manifestano con segnali di cui non capiamo il significato. Ma il nutrimento è anche di natura diversa, come detto. La nostra psiche, per restare nei termini di una logologia comune, si nutre di quanto trasmessole dai sensi: udito, vista olfatto, tatto e anche gusto; in più c’è l’aria che si respira, attraverso cui si nutre tutto il circolo del sangue e non solo. Si è parlato molto del silenzio, a sua volta nutrimento per eliminare le scorie di pensieri inquinanti, spesso bisogno imprescindibile richiesto come un toccasana. Nel cammino che abbiamo scelto sono numerosissimi gli esempi che possono dare contezza del modo in cui il nutrimento sia impiegato per quel processo di purificazione cui accennava GELSOMINO e credo che molti potranno intervenire sul tema.
    Un caro saluto.

    • Questa risposta è stata modificata 6 anni, 3 mesi fa da holvi49.
    wiwa70
    Partecipante
    Post totali: 367

    A proposito della purità degli organi di senso, mi sono fatta delle domande sul sistema della percezione soggettiva della realtà attraverso i sensi di cui forse si è già parlato in termini medici sul blog ma non ho chiarezza: sono gli organi di senso che percepiscono gli stimoli esterni in modo soggettivo e cioè secondo il filtro, più o meno sporco che abbiamo in dotazione fin dalla nascita, oppure è nell’interpretazione di essi a livello cerebrale che ci mettiamo dentro tutte le sovrastrutture pregresse, che non ci permettono di essere oggettivi,nella visione della realtà e quindi non riusciamo a vedere le cose per quello che sono veramente? Se è l’anima quel filtro dove rimane impressa ogni cosa, scientificamente le possiamo dare un nome? In sintesi quando diciamo che ci purifichiamo, cos’è esattamente che stiamo pulendo a livello organico\molecolare? Inoltre questo discorso dell’Anima mi ha richiamato quello dell’acqua, sede della memoria, quindi se siamo fatti il 90% d’acqua, significa anche che siamo impregnati di tante cose, antiche e recenti,e facilmente impregnabili nel presente ed è forse allora“la nostra acqua” che dobbiamo pulire attraverso la rituaria e ‘impregnarla’in modo sano? Se così fosse,saremmo approdati nel posto giusto,visto che la Miriam, si dice sia fonte e sorgente purissima di Bene! Un caro saluto

    Buteo
    Partecipante
    Post totali: 218

    Nella nostra società il cibo è disponibile in abbondanza. Se fino agli anni ’50 del secolo scorso a incombere era la malnutrizione per denutrizione, oggi il rischio è la malnutrizione per sovralimentazione. Risolto il problema dell’insufficiente quantità di cibo grazie all’industrializzazione dell’agricoltura, alle tecniche di conservazione e all’industria alimentare, l’attenzione si è spostata alla qualità dello stesso, ed è nata una nuova disciplina, la scienza dell’alimentazione, che studia le caratteristiche nutritive degli alimenti e fornisce indicazioni su come mantenersi nel miglior stato di salute possibile.
    La divulgazione dei dati sulla composizione degli alimenti, i consigli dietetici e quant’altro, hanno ingenerato l’abitudine di suddividere i cibi in ‘buoni’ e ‘cattivi’, cibi che fanno bene e cibi che fanno male. È davvero così?
    Sono trascorsi circa 30 anni dal giorno in cui giunse in pronto soccorso una mamma col bimbo di 6 mesi in stato di grave sofferenza. Bello e vivace, aveva succhiato latte in mattinata, e nel primo pomeriggio un biberon di frutta e latte. Era nell’età del divezzamento, ma rifiutava la frutta, che così fu aggiunta al latte. Reidratato, recuperati tono e vivacità, succhiò avidamente un biberon di camomilla zuccherata. Dopo di che fu di nuovo grave.
    Lo zucchero contenuto nella frutta è il fruttosio, quello di uso comune è il saccarosio, che è un disaccaride composto di una molecola di glucosio e una di fruttosio. Nell’organismo in cui difetta l’enzima necessario a metabolizzare il fruttosio, questo si accumula e diventa tossico. Non fu possibile diagnosticare la patologia al piccolo, ma il sospetto di fruttosemia consentì che la sorellina fosse tenuta a dieta priva di questi zuccheri dalla nascita, cosicché giungesse sana all’età in cui fu possibile accertare la mancanza dell’enzima.
    La frutta, universalmente considerata cibo sano, può dare malattia potenzialmente letale. La pasta, per anni demonizzata, è riconosciuta ora a pieno titolo nella dieta mediterranea. Eppure determina celiachia in soggetti predisposti. Le arachidi, una leguminosa ricca di oli e proteine, causa grave reazione in chi è allergico alla sua componente proteica; e via dicendo.
    Se è vero che l’organismo animale ha un apparato digestivo capace di estrarre dai cibi ingeriti i nutrienti di cui necessita, purché l’alimentazione sia equilibrata, ciò non significa che tutti possiamo assumere gli stessi alimenti. La predisposizione o l’insorgenza in età adulta di patologie, quali gotta o diabete, richiede diete particolari; ogni individuo ha poi un differente fabbisogno alimentare in base a struttura fisica, attività lavorativa o sportiva e ambiente in cui vive.
    Nel difficile tentativo di orientarsi fra l’alternanza di proposte dietetiche, di consigli su quale cibo togliere o aggiungere alla dieta, la riscoperta delle ricette della nostra tradizione, proposte da Bell, costituiscono un punto fermo cui far riferimento, anche per l’impiego dei prodotti della nostra terra, che sicuramente più si confanno ai nostri geni rispetto a cibi esotici.
    Sarebbe bello se anche noi, come m_rosa dice della cavalletta che “sa esattamente cosa le fa bene mangiare…”, istintivamente sapessimo di quali cibi nutrirci e come variare l’alimentazione in base alle necessità della vita.
    Penso che l’educazione ermetica, con la conoscenza sempre più precisa del sé corporeo, conduca non a un’istintiva, ma alla consapevole comprensione nel Maestro ermetico di ciò di cui necessita l’organismo per mantenersi sano o recuperare la salute.

    mercuriale2011
    Partecipante
    Post totali: 164

    Il modo di concepire la Terapeutica descritto da Bell e m-rosa, mi richiama alla mente il concetto di “Neutralità” del Tramite, fondamentale nella Terapeutica ermetica. Però, come già detto, questo è uno stato da raggiungere attraverso la purificazione dei nostri sensi. Personalmente ancora oggi mi trovo a volte ad avere coinvolgimenti emotivi che offuscano la corretta visione distaccata….Sono consapevole di doverci lavorare sopra!!
    A proposito dell’ importanza dell’alimentazione concordo con quanto dicono Buteo e M-rosa ….”sa esattamente cosa le fa bene mangiare…”, se istintivamente sapessimo di quali cibi nutrirci e come variare l’alimentazione in base alle necessità della vita”. Concordo che a ciò si arrivi attraverso l’educazione ermetica alla fine di un lungo processo di purificazione. Infatti le nostre pratiche, finalizzate all’Evoluzione/Salute dell’Essere comprendono anche indicazioni sul “nutrimento”. Altro punto importante di cui parla Buteo è il fattore “soggettività”, non è affatto detto che una dieta sia perfettamente applicabile a tutti gli individui. Anni fa ricordo che questo concetto fu evidenziato al Convegno organizzato dalla Schola a Napoli, proprio sul tema dell’alimentazione. In realtà ci vorrebbe una dieta personalizzata per ciascun individuo calibrata sulla sua struttura e le sue esigenze del momento.
    Buona serata a tutti

    BELL
    Partecipante
    Post totali: 79

    Cara WIWA ti consiglio di andare a rileggere i miei post del 12 e 24 Dicembre e sicuramente riuscirai a dare una risposta alle domande sul funzionamento degli organi di senso che ti sei posta nel precedentemente.
    Un Abbraccio

    mens.libera
    Partecipante
    Post totali: 17

    Ricollegandomi al tema dell’alimentazione, segnalo un interessante articolo apparso il 9 gennaio scorso su la Repubblica dal titolo “Sono spezie o cocktail?” sugli studi che sono attualmente condotti da vari ricercatori sulla validità dell’uso di alcune spezie in medicina. La loro riscoperta avviene da parte della ricerca scientifica in diversi ambiti istituzionali e accademici, anche in Italia. Tutto questo non deve sorprendere. Nelle Lunazioni il Maestro J. M. Kremmerz trattò ampiamente e sistematicamente in anticipo di un secolo dei medicamenti naturali, basati anche su piante comuni, che influenzate dai cicli lunari venivano potenziate nelle loro specifiche azioni terapeutiche. I rimedi riportati nel testo sono legati all’eredità della medicina tradizionale millenaria, che ascende alle pratiche mediche egizie o ancora più remote, esercitate sacralmente nei templi. Oggi, quindi, la comunità scientifica si allinea progressivamente a quanto era già stato dato per acquisito e utilizzato fin dai tempi più remoti. Piante comuni e spesso umili, di uso alimentare quotidiano quali il peperoncino, la cannella, i chiodi di garofano, l’aglio, il timo, la lavanda, il rosmarino, l’origano, il tea tree sono studiate per i benefici effetti terapeutici, e la loro azione era già ben nota nella farmacopea popolare, traccia del remoto utilizzo. Oggi gli studi scientifici sono focalizzati sulla comprensione del loro meccanismo di azione. Il successo di queste piante in campo farmacologico deriverebbe dalla presenza, negli estratti vegetali, dalla combinazione delle diverse molecole che presentano vantaggi rispetto ai singoli principi attivi. Le componenti antibatteriche in molti olii essenziali potrebbe rappresentare un efficace rimedio per contrastare l’antibiotico-resistenza, grazie alla loro struttura complessa, che contiene molteplici elementi agenti in sinergia. Diverse molecole di questi olii, inoltre, potenziano l’efficacia di altre sostanze. E’ stato dimostrato che i microbi non riescono a sviluppare resistenza all’effetto di diverse sostanze combinate. L’aglio funge da antiaggregante e aiuta a contrastare il colesterolo, mentre cannella, zenzero, e chiodi di garofano venivano usati fin dal Medioevo per riscaldare e aiutare la digestione. Le sostanze che le piante usano per proteggersi e regolare la crescita e la riproduzione, quali i terpeni, i fenoli, e altre ancora, hanno funzioni benefiche in svariate applicazioni: tonificanti, antiossidanti, antibiotiche o antinfiammatorie, in grado di stimolare l’attività del sistema immunitario, favorire l’assorbimento di nutrienti o regolare i processi digestivi e l’attività intestinale. Possono contrastare gli effetti negativi di uno stile di vita non corretto. Il pepe nero, ad esempio usato da secoli nella medicina indiana e cinese ha un effetto positivo grazie alle sue proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e digestive. Anche la cannella può essere utilizzata come antimicrobico, antiossidante, gastroprotettore e ipoglicemizzante. Il rosmarino, provato su modelli animali, avrebbe effetti nella terapia del dolore neuropatico e come neuroprotettivo. Il peperoncino esplica l’attività di gastroprotettore e stimolante del metabolismo. La capsaicina, suo principio attivo, è analgesico per trattare la nevralgia posterpetica o neuropatia dolorosa associata all’Hiv. Il consumo di spezie è anche un ottimo rimedio per ridurre l’utilizzo del sale e una dieta ricca di spezie piccanti è legata alla riduzione della mortalità. Infine, la cucurma ha qualità antiossidanti grazie alla capacità di inibire gli enzimi che favoriscono l’infiammazione e potrebbe avere effetti anche antitumorali. Abbiamo quindi un tesoro che la natura mette a nostra disposizione, che dobbiamo cercare di preservare a beneficio di tutta l’umanità presente e futura. Un saluto a tutti.

    BELL
    Partecipante
    Post totali: 79

    Proseguendo nell’approfondimento, fatto in collaborazione con WIWA e SEPPIOLINA, sulla figura di Parmenide cerchiamo, per quanto possibile, di fare il punto sul rapporto tra il Filosofo e la Medicina. La difficoltà principale è che Parmenide non parla quasi mai in prima persona delle sue ricerche mediche; come vedremo sono altri Autori a lui contemporanei o posteriori che riprendono le sue teorie. In particolare sembra sia possibile ipotizzare che Parmenide fosse a conoscenza delle ricerche condotte, in quegli anni, nella non lontana cittadina di Crotone, sede di un’ importante scuola di medicina, la cui fama aveva da tempo superato i confini della Magna Grecia, ricerche che non riguardavano solamente i meccanismi della generazione, ma la definizione dello stato di salute in generale, dello stato di sonno, e soprattutto dei procedimenti fisiologici mediante i quali si produce la sensazione. Parmenide più che medico in senso stretto (laddove il concetto di medico era ancora quello di filosofo\fisiologo della Natura come risulta da una iscrizione relativa a lui) fu considerato, Naturalista Risanatore Per Parmenide,bisogna pensare che tra pensiero e realtà ci sia una sostanziale identità, in quanto soggetti alla stessa legge, per garantire la piena trasparenza e conoscibilità delle cose. Un Medico, Ebner, fu tra i primi ha sostenere l’ipotesi dell’esistenza a Velia di una scuola di medicina, normale continuazione della scuola filosofica, e antesignana della “Schola Salerni”, matrice della tradizione medica europea. Egli inoltre ipotizzava una forte somiglianza tra la scuola eleatica e le scuole di Eliopoli, Menfi e Sais, quest‟ultima in particolare era il paragone più calzante perché era un collegio medico femminile, e permetteva di giustificare le due statue di donne rinvenute. Ebner collegò il nome oulis, assunto da coloro che diventavano ‘capi della scuola medica’, ad Apollo Ou\lio”, sanatore, il cui culto, già attestato ad Elea, era stato sempre collegato con la matrice delfica del famoso responso che avrebbe portato alla fondazione della città . Fondatore della scuola sarebbe stato Parmenide, Ouliades per l’appunto, e fusikov”, ovvero fisiologo, non in senso aristotelico, ma nel senso della fisiologia umana, e quindi medico. Quello che allo stato attuale delle ricerche si può dire è che a Velia vi fu un’attività medica collegata in origine al culto di Apollo OULIOS, e successivamente al più famoso dio guaritore Asklepio che si sarebbe innestato in età ellenistica. L’attività terapeutica era probabilmente accompagnata da quella formativa dei medici, che erano anche sacerdoti, o che forse più semplicemente presiedevano ad alcuni culti. Se si trattasse di un genos o di una corporazione è difficile a dirsi, forse si può far valere anche per gli Ouliadai quanto è stato detto per gli Asklepiadi, è quindi probabile che l’iniziale attività intra-familiare sia stata progressivamente aperta anche a praticanti esterni. Nella vita di Galeno, invece, riportata nel Codice Ambrosiano latino, Parmenide è presentato come il quarto degli otto medici più famosi dell’antichità che furono anche capi di sette, in particolare fondatore della cosiddetta scuola dogmatica‟, e iniziatore della triplice discendenza di dogmatici, empirici e maghi. La teoria della salute come “equilibrio delle forze” che costituiscono un organismo è attribuita da Aezio ai più illustri esponenti della cosiddetta scuola Crotone, e della tradizione medica italica in generale. A questa scuola Parmenide deve la teoria della sensazione e della conoscenza in generale e la teoria encefalo centrica ed anche lo studio dei principali organi di senso che si trovano nella testa (l’udito, il gusto, l’olfatto e la vista), e che potevano facilmente essere ricondotti al cervello. Parmenide non condanna i sensi in assoluto ma ammonisce verso un impiego ingannevole; ritiene che gli occhi e le orecchie sono solo i mezzi che veicolano la sensazione; le sensazioni devono essere ricondotte all’unico principio unitario che differenzia l‟uomo dagli altri esseri viventi, il noos (mente).
    In tre iscrizioni scoperte a Velia è presente una parola “Pholarchos” di cui non c’è traccia in tutta la letteratura greca e latina; essa è la combinazione di due parole Pholeos che significa signore, capo, custode e Archos che vuol dire rifugio, tana dove gli animali trovano rifugio. Nella storia della lingua greca il significato della parola Pholeos è quello di un luogo dove gli animali si rifugiano e giacciono immobili come in uno stato di letargia. Quindi i Pholarcoi erano i custodi di un rifugio che rappresentava un luogo di letargia. Questo ci riporta alla pratica dei “sogni incumbatori” che Parmenide doveva conoscere e praticare e che ritroviamo nella descrizione di Strabone che parla della caverna della Caria, regione a sud di Focea, o di Ierapoli.
    Si riteneva che la guarigione avvenisse durante l’incubazione quando l’ammalato, che era stato condotto nel tempio, giaceva in stato di sonno profondo e in sogno si trovava a contatto con un Dio o Dea; il luogo dove giaceva era custodito da sacerdoti che sapevano come aiutare il sofferente a comprendere il sogno senza interferire in alcun modo. Queste pratiche provengono dall’Asia Occidentale (Anatolia) e i Focei le mantennero quando lasciarono le coste asiatiche e dettero origine in occidente a Velia.

    Visto che siamo in ora di cena riporto una ricetta della Cucina Italica tratta dal libro del Dott. Buratto che fa bene al sistema visivo e non solo.
    SETTIMA RICETTA
    RISOTTO CON I CARCIOFI ( Ingredienti e dosi per 4 persone)

    – 300 g di riso Arbonio
    – 4 carciofi (ricco di fibre, sali minerali e ac.folico)
    – ½ limone (contiene dosi elevate di vitamina C, Beta carotene e flavonoidi; questi ultimi sopratuttto nell’albedo, sotto la buccia)
    – 1/8 di cipolla (contiene vitamina C e flavonoidi)
    – 1 litro di brodo vegetale (meglio se fatto artigianalmente)
    – 60 g di burro (composto da ac. Grassi saturi)
    – 60 g di parmigiano grattugiato (ricco di proteine facilmente digeribili, è poco grasso e contiene vitamina A e alcune vitamine del gruppo B)
    – 4 cucchiaio di olio vegetale
    – sale e pepe q.b.

    Buon appetito a tutti

    • Questa risposta è stata modificata 6 anni, 2 mesi fa da admin Kremmerz.
    Accademia Giuliana
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    Oribasio nacque a Pergamo intorno al 325 d.C. e trent’anni dopo il suo talento medico era tanto conosciuto da valergli il favore del giovane Giuliano non ancora imperatore ma già cesare in Gallia. Allievo di Zenone di Cipro, come quasi tutti i medici della sua città natale, Oribasio era seguace della filosofia greca e della religione pagana che, con Giuliano, cercò di restaurare. Benché la morte del giovane imperatore nel 363 d.C. l’avesse precipitato in disgrazia, Eunapio ci testimonia che il suo talento medico gli valse la stima delle popolazioni germaniche e, di rimando, la ritrovata stima degli imperatori romani successivi a Giuliano: questi infatti, benché cristiani, lo richiamarono in patria con tutti gli onori.
    Oribasio seguì Giuliano sino alla fine, combattendo con lui ed essendo presente anche il giorno della sua morte. Come Giuliano iniziato ai misteri eleusini, l’opera di Oribasio ne evidenzia la scuola medico-filosofica che ne ispirò la formazione: era infatti figlio di quella tradizione ispirata alla schola di Galeno secondo cui “il medico deve essere anche filosofo e praticare la logica, la fisica e l’etica”. Monumentali le Collectiones Medicae nate per istanza di Giuliano e a lui dedicate: costituiscono una vera e propria enciclopedia non solo delle conoscenze dell’epoca ma pure delle tecniche farmacologiche e terapeutiche più efficaci. Gli scritti, nel genere di quelli di Plinio il Vecchio, mostrano estratti di vari rimedi a proposito di una medesima patologia, ma soprattutto sono un compendio di conoscenze di botanica, fisica, mineralogia e meccanica.
    Per i medici della Schola e per tutti i ricercatori che conoscono il francese e volessero cimentarsi nell’approfondimento, ecco il link delle sue opere tradotte in quella lingua:
    http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k28930q/f12.item.zoom
    Invece, nonostante i rimandi in tedesco, è in inglese la traduzione di cui al seguente link
    https://books.google.ch/books?hl=de&output=html_text&id=M-2km-gwsKQC&focus=searchwithinvolume&q=oribasius

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