La Scienza Ermetica nelle Arti

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  • Seppiolina74
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    Post totali: 112

    Non so se è questo il luogo dove parlare di geroglifici ma pochi giorni fa, nella nota trasmissione ” il Paese delle Meraviglie” condotto da Alberto Angela, hanno intervistato il giovane direttore del Museo Egizio di Torino. Premesso che sono rimasta molto colpita dalla ricchezza del museo, dalla quantità di reperti e dalla varietà di ambienti ricreati ( c’è persino una tomba egizia interamente riproposta nelle sue dimensioni originali), la cosa che è risultata nuova per me è il sentire leggere i geroglifici fluentemente, come si potrebbe leggere un antico testo latino. Pare occorra un corso di studio apposito lungo cinque anni, con esami difficilissimi,per poter dire di sapere l’antica lingua egizia! Il suono me l’ero immaginato più duro, quasi meccanico, e invece è estremamente melodioso e dolce,quasi “sensuale”. Ricordo due cose in particolare: c’erano delle ” H ” aspirate, tipiche della lingua mediorientale, e delle parole che terminavano in ” H ” dura, come un suono che si blocca all’improvviso…Difficile da spiegare, insomma,ma mi ha ricordato il suono del nome divino del Tetragrammaton,ripreso dagli ebrei in seguito. Sarà mio desiderio visitare quanto prima il Museo, sono sicura che sarà un’esperienza bellissima. Un abbraccio fraterno a tutti voi!

    Vitriol
    Partecipante
    Post totali: 17

    Buonasera a tutti i naviganti!
    Il post di Seppiolina74, che ringrazio per il suggestivo collegamento tra i suoni della lingua Egizia e il Tetragrammaton, mi ha dato modo di riflettere su come vengono visti i geroglifici dagli studiosi moderni.
    Premetto che ho visitato più volte il museo Egizio di Torino, l’ultima volta quasi un anno fa, ed è un esperienza meravigliosa che consiglio vivamente a tutti.
    Il Museo è uno dei migliori al mondo per quanto riguarda la civiltà Egizia, raccoglie migliaia di reperti in un percorso davvero affascinante e istruttivo.
    Per quanto riguarda i geroglifici e la lingua egizia, ho notato che gli archeologi e gli storici, si sono concentrati solo sulla grammatica, la pronuncia e il significato dei vari geroglifici come fonemi per comporre frasi.
    Indubbiante su questo argomento negli ultimi 100 anni sono stati fatti passi da gigante e ad oggi è possibile tradurre qualsiasi testo si possa ritrovare su papiri, oggetti e monumenti.
    Al contrario, mi è sembrato molto poco considerato, il significato simbolico dei geroglifici in quanti ideogrammi.
    Tanti studiosi del passato quali Orapollo (sacerdote Egizio del V secolo), Athanasius Kircher, Francesco Colonna e molti altri, hanno cercato di tramandare anche la lettura simbolica/ermetica ma i loro scritti sono stati giudicati come assolutamente inaccurati.
    Questo, in mia opinione rende meno “reali” i moderni tentativi di comprendere la grande civiltà Egizia; e vedere “bollata” come souvenir egizianeggiante la bellissima Mensa Isiaca (esposta come primo reperto visibile nel percorso del museo di Torino) mi sembra un enorme perdita.
    Interessanti tentativi per riuscire a comprendere il significato della Mensa sono stati fatti, per esempio, sia dal Kircher che dal Levi, ma quanto questi tentativi siano esatti, non so dire.
    Quello di cui sono certo è che quando la si guarda con attenzione, è come se parlasse al cuore….
    Voi cosa ne pensate?
    Un abbraccio a tutti voi!

    g_b
    Partecipante
    Post totali: 102

    Caro Vitriol, come in altre occasioni dicevamo, forse anche oggi (di certo nella scrittura giapponese) ma sicuramente anticamente scrittura e disegno coincidono sempre, sono istanze primarie del linguaggio visibile.
    Nel palinsesto dei graffiti, le sovrascritture, incise e dipinte sulle pareti delle grotte dell’Europa paleolitica, ci mostrano questo processo in atto, portato avanti per una lunga catena di generazioni. E non fa eccezione a mio avviso anche la scrittura egiziana.
    Nel caso della “dame Blanche” delle grotte della Namibia, un dubbio simile a quello della mensa egizia è emerso dagli studi dell’abate Henri Breuil, archeologo, antropologo e geologo Francese ( 1877-1961) lo stesso che osservando il “santuario” delle grotte di Les Trois Frères in Francia, vi scorse i semi della narrativa.
    Buona notte a tutti !

    mandragola11
    Partecipante
    Post totali: 658

    Mi collego a te G_B: condivido che sia più facile scorgere “i semi della narrativa” “leggendoli” in situ dove sono stati fatti, ad esempio nella grotta, ma molto meno facile nei musei, dove come giustamente dice Vitriol sono ridotti a souvenir come la Mensa isiaca. Del resto ogni seme vuole il suo terreno, il suo habitat, affinchè viva e possa “raccontare” il suo messaggio, no?

    g_b
    Partecipante
    Post totali: 102

    Eh si, mi trovi d’accordo mandragola11, il luogo li fa vivere nella pienezza dell’intenzione o della necessità originaria. Condivido.

    Vitriol
    Partecipante
    Post totali: 17

    D’accordo con Mandragola11, sicuramente l’ambiente circostante aiuta tantissimo nella trasmissione e nella giusta contestualizzazione del messaggio originale.
    Ad ogni modo il punto a parer mio non è tanto il modo come la mensa sia stata esposta, ma quanto sia stata sottovalutata da storici e archeologici.
    Nella didascalia che l’accompagna viene detto che dovrebbe essere “semplicemente” una tavola di fattura romana con dei geroglifici senza senso ad imitazione dei reali manufatti Egizi, negando il valore dei segni geroglifici in quanto veri e propri disegni, capaci di trasmettere concetti.
    Che come ci ricorda g_b in realtà sono istanze primarie del linguaggio visibile e contengono i semi della narrativa, anche moderna, vedasi i fumetti di oggi.
    Sempre collegandomi al discorso di g_b, dobbiamo ricordare che per gli uomini del Paleolitico il disegno è stato il primo modo di comunicare e ricordare concetti ai posteri.

    Nico
    Partecipante
    Post totali: 26

    Proprio oggi stavo leggendo Fedro di Platone, leggendolo mi è proprio venuto in mente questo topic e credo che l’argomento trattato sia il medesimo, ne riporto gli aspetti più salienti cosicchè chi non lo conosca lo possa leggere per la prima volta e chi invece già lo abbia letto lo possa richiamare alla mente. Socrate parlando con Fedro della questione dell’opportunità e inopportunità dello scrivere racconta il mito di Theuth:

    “A Naucrati d’Egitto dimorava uno dei vecchi dei del paese, il dio a cui è sacro l’uccello chiamato ibis, e di nome detto Theuth. Egli fu l’inventore dei numeri, del calcolo, della geometria e dell’astronomia, per non parlare del gioco del tavoliere e dei dadi e finalmente delle lettere dell’alfabeto. (E’ proprio il nostro caro Ermete!) Re dell’intero paese era a quel tempo Thamus, che abitava nella grande città dell’Alto Egitto che i Greci chiamano Tebe egiziana e il cui dio è Ammone. Theuth venne presso il re, gli rivelò le sue arti dicendo che esse dovevano esser diffuse presso tutti gli egiziani.”
    “Quando giunsero all’alfabeto:’Questa scienza, o re – disse Theuth – renderà gli egiziani più sapienti e arricchirà la loro memoria perchè questa scoperta è una medicina per la sapienza e la memoria’. E il re rispose:’ O ingegnosissimo Theuth, una cosa è la potenza creatrice di arti nuove, altra cosa è giudicare qual grado di danno e di utilità esse posseggano per coloro che le useranno’. E così ora tu, per benevolenza verso l’alfabeto di cui sei inventore, hai esposto il contrario del suo vero effetto. Perchè esso ingenererà oblio nelle anime di chi lo imparerà: essi cesseranno di esercitarsi la memoria perchè fidandosi dello scritto richiameranno le cose alla mente non più dall’interno di se stessi, ma dal di fuori, attraverso segni esterni: ciò che tu hai trovato non è una ricetta per la memoria ma per richiamare alla mente. Ne tu offri vera sapienza ai tuoi scolari, ma ne dai solo l’apparenza perchè essi, grazie a te, potendo avere notizie di molte cose senza insegnamento, si crederanno d’essere dottissimi, mentre per la maggior parte non sapranno nulla; con loro sarà una sofferenza discutere, imbottiti di opinioni invece che sapienti”.

    Ora, forse starete pensando, si bellissimo questo mito, ma cosa c’entra tutto questo con le arti?
    Ecco, poco dopo Socrate dice: “la scrittura è in una strana condizione, simile veramente a quella della pittura. I prodotti cioè della pittura ci stanno davanti come se vivessero; ma se li interroghi, tengono un maestoso silenzio. Nello stesso modo si comportano le parole scritte: crederesti che potessero parlare quasi che avessero in mente qualcosa; ma se tu, volendo imparare, chiedi loro qualcosa di ciò che dicono esse ti manifestano una cosa sola e sempre la stessa. E una volta che sia messo in iscritto, ogni discorso arriva alle mani di tutti, tanto di chi l’intende tanto di chi non ci ha nulla a che fare, nè sa a chi gli convenga parlare e a chi no. Prevaricato ed offeso oltre ragione esso ha sempre bisogno che il padre gli venga in aiuto, perchè esso da solo non può difendersi ne aiutarsi.”

    Per quanto mi riguarda credo che appunto che la scrittura, la pittura e l’arte in genere non siano in grado di trasmettere la vera scienza ermetica, questo si può fare solo attraverso un insegnamento orale e appunto ‘seminando parole con scientifica consapevolezza’ in un anima adatta.
    Dico che per me non può esserci movimento dell’Ermes nell’arte comune ma solo nella tradizione orale questo credo sia confermato sia da Platone che da Kremmerz!

    Un saluto e buona domenica!

    ippogrifo11
    Partecipante
    Post totali: 165

    Prima di intervenire nel merito, do’ un benvenuto a Nicolò nel forum del nostro sito. Mi permetto poi di sollevare qualche dubbio circa la non idoneità dell’arte di trasmettere la scienza ermetica: le tante testimonianze incise nella pietra e pervenute sino a noi, le rappresentazioni allegoriche codificate nelle arti figurative e nella letteratura, solo per citare qualche esempio, starebbero a dimostrare il contrario e lascerebbero intravedere invece la proteiforme capacità della scienza ermetica di veicolare sé stessa nelle modalità che appaiono di volta in volta più acconce alla bisogna. Stesso discorso mi pare possa farsi per l’Ermes e il suo modo di manifestarsi: al riguardo basterebbe leggere quello che scrive il Maestro Kremmerz. Il problema credo che stia nel significato che si è soliti attribuire alle parole, tanto più quando si pensi che tale significato sia univocamente determinato e in linea con quello dettato dal senso comune. Ma in ermetismo non funziona così; il metodo ermetico ci rammenta costantemente che la scienza si acquisisce per sperimentazione diretta e dunque per sapere cosa sia per davvero l’Ermes, quale ne sia il moto e i modi di azione, bisognerebbe sperimentare la condizione che ne renda possibile la manifestazione nella sua pienezza o, almeno, nelle sue gradazioni, condizione che è strettamente correlata al grado di purificazione in atto; in altri termini, al tratto di percorso evolutivo-iniziatico compiuto, per il quale diventano indispensabili – e qui devo dare ragione a Nicolò – l’insegnamento orale e la preaenza di Chi sappia seminare “parole con scientifica consapevolezza”.
    A tutti un caro saluto.

    garrulo1
    Partecipante
    Post totali: 458

    Il post di Nicolò sul Dialogo tra Socrate e Fedro, davvero interessante per i Sacri contenuti, mi riporta alla mente un paio di cose che tento di esprimere. Più di una volta ho voluto ricordare e soprattutto ricordarmi che molti studiosi della civiltà e cultura dell’Antico Egitto, hanno affermato che con ogni probabilità la massima Conoscenza era patrimonio delle Prime Dinastie, in cui la Classe Sacerdotale si esprimeva con pochi Ieros Grafici che, credo, racchiudessero simbolicamente “in Nuce” le corrispondenti Idee Madri, forse le stesse Massime che Platone (nel famoso dipinto di Raffaello) ritratto con l’allievo Aristotele, suole indicare con il dito verso l’Alto, mentre Aristotele che gli è di fianco, rivolge la mano verso il basso forse per testimoniare che, comunque, per essere comprese tali Idee, queste vanno poi metabolizzate nelle esperienze quotidiane, terra terra. Tornando a bomba sul post, riprendo la citazione attribuita al Re che si rivolge a Theut : ”Ne tu offri vera sapienza ai tuoi scolari, ma ne dai solo l’apparenza perchè essi, grazie a te, potendo avere notizie di molte cose senza insegnamento, si crederanno d’essere dottissimi, mentre per la maggior parte non sapranno nulla; con loro sarà una sofferenza discutere, imbottiti di opinioni invece che sapienti”. Ecco lo spartiacque di sempre: il potenziale della parola e quindi del linguaggio, in origine forse utile solo ad esprimere concetti chiave necessari per garantire appunto il potenziale evolutivo in coloro che ne erano degni, perde appunto di potenza man mano che subentra l’abbondanza dei vocaboli ma ci si distacca dal significato originale di ogni termine, al punto che, ad esempio per quanto riguarda l’avanzata nel tempo delle Dinastie Egizie, l’unica cosa che pare certa, è un aumento esponenziale della Grafia cioè dei Geroglifici, credo però con altrettanto distacco dai contenuti originali. Il Maestro Kremmerz, ha scritto se ben ricordo che il linguaggio umano nacque per esprimere le Idee Madri, finendo poi per tradirle per sovrabbondanza di linguaggio (Babele docet), credo per i motivi perfettamente descritti nel post di Nicolò, e la stessa cosa penso valga per l’estro artistico, che non appena intaccato dal raziocinio perde la sua componente Sacra. Così si esprimeva R.A. Schwaller De Lubicz nel “Tempio dell’Uomo” Volume primo, inizio pagina 58 e termine pagina 59: ”l’Occidente ignora quella serenità di cui tutto l’Antico Egitto porta l’impronta” e anche “L’aver osato fondare un impero sull’espressione puramente simbolica della sua scrittura testimonia una saggezza insuperabile. Ogni grafismo formato da un sistema arbitrario, alfabetico convenzionale può, attraverso il tempo, perdersi e diventare incomprensibile. Invece l’uso di immagini, come segni di espressione del pensiero, lascia il senso di questo scritto, vecchio di cinque o seimila anni, altrettanto chiaro e accessibile del giorno in cui fu intagliato nella pietra; perché un seggio, un falco, un avvoltoio, un tessuto, una placenta, una gamba, un’attitudine umana, non cambieranno mai finchè vi saranno uomini sulla terra. Questo per quanto riguarda la scrittura sacra o geroglifica”.
    Un caro saluto ed una buona giornata a tutti, da queste parti, Torino e hinterland, temporaloni permettendo.

    mandragola11
    Partecipante
    Post totali: 658

    Benvenuto anche da parte mia Nicolò. Mi sento di condividere pienamente i chiarimenti di Ippogrifo. Per quanto riguarda la tradizione orale mi sento di dirti, per esperienza personale diretta, che un Maestro può anche spiattellarti una verità, ma se una/o non è purificata ed evoluta alla bisogna, nè coglie nè comprende, anzi.

    Angelo
    Partecipante
    Post totali: 184

    Benvenuto Nicolò in questo splendido gruppo. Se ritorniamo indietro nei tempi, nei veri gruppi iniziatici, nulla veniva trasmesso attraverso lo scritto, anche perchè credo si ritenesse che la parola fosse comunque legata ad un alto concetto di magia dei suoni. Nel “Tempio dell’Uomo”, si tratta moltissimo anche della perfetta assonanza tra forme aechittetoniche e forme naturali, dove proprio in natura si trovano architetture completamente riconducibili a forme matematiche “perfette” o a formule costruttive costanti (pensiano al pi greco aureo). E’ splendido riconoscere in strutture costruite dall’uomo, un richiamo quasi poerfetto all’anatomia umania, laddove le proporzioni tra costruzione e uomo sono corrispondenti a regole immutabili in natura.
    I suoni stessi, emessi in determinati modi ed utilizzando determinate armonie matematiche, sembrerebbero in grado di produrre effetti particolari se usati in modo sapiente e cosciente da parte di coloro che hanno raggiunto un alto grado di comprensione delle leggi di natura (da qui, credo, il grande potere intrinseco alla musica).
    Tutto sembra riportare alla questione dell’esatta riproduzione di ciò che in natura è gia perfetto o perfettibile, come l’ascesa dell’uomo ad un più grado alto di consapevolezza della propria natura.
    Un abbraccioa tutti Voi.

    tanaquilla9
    Partecipante
    Post totali: 782

    Un benvenuto anche da me, Nicolò. Credo che ciò che emerge da quanto hai riportato è in linea con la Tradizione ermetica. Ogni verità proveniente da una tradizione fissata nella scrittura, cosa necessaria a tramandare nel tempo certe antiche conoscenze, acquista valore per se stessi solo se diventa carne della propria carne, se diviene parte della propria esperienza e della propria interiorità. Quando cioè non è ripetuta pappagallescamente e secondo uno schema imitativo, ma è frutto della propria pratica sperimentale all’interno della Schola, e della Sua organizzazione gerarchica, come ha ben precisato Ippogrifo. Al di fuori di ciò non vi può essere conoscenza reale (quindi che ti trasforma) nel campo iniziatico o ermetico. Né nei passi, peraltro interessanti, da te riportati, mi pare, ci sia un rifiuto dell’Arte come veicolo di trasmissione ermetica.

    kridom
    Partecipante
    Post totali: 177

    Nicolò benvenuto su questo verde prato fiorito. In merito a come Platone vedeva l’arte, per quello che ricordo egli riteneva che il mondo sensibile sia una brutta copia del mondo delle Idee, per cui l’arte – in quanto copia della natura, cioè del mondo sensibile – diventa la brutta copia della brutta copia; pertanto difficilmente Platone poteva avere una visione positiva di un dipinto o di una scultura o di un componimento poetico. Eppure anch’egli ha scritto molte opere che sono arrivate sino a noi, al contrario di Socrate che non ha mai scritto nulla.
    Non saprei darvi personalmente un chiaro significato, ma ricordo che alcune cattedrali gotiche (penso a Chartres e ad Amiens, in quanto citate da Fulcanelli) o i disegni presenti in alcuni libri alchemici, ad esempio l’Atalanta Fugiens di Maier, hanno un valore che non è solo di testimonianza ma anche di indicazione di un percorso per chi sa leggere il messaggio. Poi, come scrive Ippogrifo, tutto ciò non basta perchè ad un certo punto ci vuole un Maestro che trasmetta un insegnamento e oggettivizzi i passi compiuti. Un abbraccio a tutti i naviganti

    garrulo1
    Partecipante
    Post totali: 458

    Lo stesso Giordano Bruno, Maestro dell’Arte a tutto tondo, se ben ricordo in più scritti, sosteneva che l’Arte nelle sue innumerevoli sfaccettature, altro non è che manifestazione del Divino che si trasmette attraverso una qualsivoglia opera o modalità. Credo il Maestro intendesse che, in ragione al livello di evoluzione raggiunto dall’artista all’atto dell’esecuzione dell’opera, la stessa risultasse più o meno portatrice di un messaggio e di un potenziale aggancio con il Mondo delle Cause o delle Idee Madri in “Originale” per dirla alla Platone, con il fine di garantire, fin dove possibile, la comprensione di quanto racchiuso nell’opera a tutti coloro che in qualche modo, a loro modo, riuscivano ad entrarne in sintonia, tenuto conto, oso ipotizzare, che l’estro (sacro in questo caso), sia sì una prerogativa di chi “confeziona” l’Opera, ma parimenti anche di chi è in grado di coglierne l’essenza senza distonie.
    Un caro saluto ed un buon sabato a tutti.

    Nico
    Partecipante
    Post totali: 26

    Un buongiorno a tutti! E un ringraziamento per le vostre risposte!
    Rileggendo la mia conclusione effettivamente è poco chiara e fonte di equivoci quindi proverò a spiegarmi meglio (anche se oggi ho un forte mal di testa che non mi permette molto di concentrarmi!) innanzitutto intendevo per ‘arte’ tutto ciò che rimandi all’oggettistica come dipinti, scultoria o componimenti scritti, non considerando il suo significato come aggettivazione di un qualcosa “fatto a regola d’arte”. La mia deduzione che l’arte non può essere espressione ermetica probabilmente è vera solo in parte o comunque solo in alcuni casi e necessita di chiarimenti.
    Quando si ha l’ermes? Quando si realizza? Credo quando svolga la sua funzione principale di messaggero tra le altre divinità, fungendo da intermediario, da un mezzo, questi messaggi non li crea lui però. Mi vengono in mente due esempi presi dalla letteratura, il primo è nell’Asino d’oro quando Venere si reca da Giove per “valersi della voce stentorea del dio Mercurio” e della sua funzione di banditore. L’altra è nell’Odissea quando Ulisse nell’isola di Ogigia viene visitato da Mercurio che gli reca un messaggio da parte di Giove. Sarebbe interessante un confronto tra Ermete e Mercurio, ricordo di aver letto in un commento nel quale si diceva di non confonderli, sinceramente non saprei in cosa si differenziano! Ma comunque dai due commenti scritti sopra, Ermete o Mercurio da solo è insufficiente ed ha bisogno di altre divinità che lo comandino.

    Tornando all’arte, può allora esserci espressione ermetica in un oggetto? Prendiamo un esempio interessante, quello che Kremmerz chiama la lettera-lumi, per esempio quella che ha scritto datata 1908. Qui si ha una parte scritta che è la lettera e poi un’altra che è “lumi”, quindi è sia tradizione scritta ma anche luminosa, allora quando si verifica e si può ottenere? Credo che la risposta sia nel conoscere i soggetti cui è rivolta con le relative modalità utilizzate e le finalità volute. Se difatti il messaggio è arrivato ai destinatari a me è arrivato ben poco!
    Prenderei un altro esempio, parlando per immagini mi è venuto in mente il Chorus Philosophorum (pag. 249 vol.3 S.M.), qui abbiamo in parte una figura che viene definita mercuriale, si tratta di un disegno con molte scritte latine quindi c’è tutta l’arte di cui scrivevo, disegno e scritti. Ma quando si realizza la trasmissione dell’Ermes? Non forse quando un maestro lo spieghi? Forse anche attraverso il “nosce te ipsum” si può raggiungere questo metodo ermetico appunto, ma quanto lontana sembra essere!

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