13) In alcuni post si notava che l’interesse dell’industria farmaceutica sembra indirizzato alla ricerca e produzione di vaccini per il SARS-CoV-2, piuttosto che a farmaci per la cura.
Su AIFA possiamo leggere quali molecole siano oggetto di ricerca, quanti e quali studi siano in corso in Italia, quali in collaborazione internazionale, quali siano stati interrotti o conclusi, quali i risultati preliminari.
In altri post, da media e internet, si riprendono esempi di successi nella cura precoce del Covid-19, dai quali emergerebbe una non velata denuncia di mancato o ritardato intervento medico, responsabili di progressione drammatica della malattia. Più medicina del territorio, più cure subito al domicilio e, così, nessun ricovero! Già, molto accattivante! Sarà davvero così?
Innanzitutto, uno sguardo, anche veloce, a quella che è l’evoluzione naturale della malattia dal suo inizio, quindi dal contagio, perché l’intervento medico deve, ovviamente, rapportarsi alla patologia nelle sue fasi e alle condizioni di base del paziente, con attenzione al rapporto costo/beneficio, dove il costo non è solo da intendersi in termini economici, ma in potenziali effetti avversi dei farmaci.
Il contagio: nel caso del SARS-CoV-2 quasi mai conosciamo quando l’infezione avviene. Potremmo venire a sapere di essere stati in contatto un certo giorno con un soggetto risultato poi positivo, oppure potremmo iniziare a manifestare sintomi, senza avere idea della tempistica del contagio. Però sappiamo che appena il virus raggiunge le vie nasali, inizia a replicarsi nelle cellule della mucosa e sappiamo che subito il sistema immunitario attiva prontamente i fattori della risposta immunitaria, sia ‘innata’ sia ‘ritardata’ (v. post precedenti). E qui, da subito, entra in gioco la variabile individuale: se consideriamo tutti i soggetti attualmente infetti, un’altissima percentuale di loro risponderà così efficacemente da evitare la comparsa di qualsiasi sintomo: è importante sapere che tutti, quindi sempre il 100% degli infetti, presentano un periodo d’incubazione asintomatico di 5-7 giorni, durante il quale il virus si replica e il contagio si trasmette.
Tolti coloro che resteranno asintomatici fino alla completa eliminazione del virus, nei successivi 5-7 giorni tutti gli infetti inizieranno a manifestare sintomi, secondo lo spettro della malattia, che saranno lievi e tali da non consentire, né i sintomi, né la visita medica, né le eventuali indagini di laboratorio o strumentali, di prevedere per il singolo l’evoluzione. Ma, sicuramente, entro i successivi 5-7 giorni, almeno l’80% di tutti coloro che hanno contratto il virus, o persiste asintomatico o va incontro a risoluzione spontanea della Covid-19.
Nel restante 20% dei casi, verso la fine della settimana in cui sono comparsi i sintomi, si osserva aggravamento per progressione dell’infezione alle vie polmonari o ad altri organi. La malattia evolve in quella che è detta fase moderata, con comparsa di tosse, generalmente senza affanno e auscultazione toracica da parte del medico facilmente silente, nonostante possano esserci iniziali lesioni al polmone. L’ossigenazione del sangue, misurabile con gli ormai noti ossimetri, inizia a scendere, ma a livelli non ancora preoccupanti e può esserci un po’ di affanno col movimento fisico, oltre ad altri sintomi associati alla malattia. Tuttavia, circa un altro 15% del totale di quei contagiati iniziali, nei successivi 5-10 giorni al massimo, andrà in remissione spontanea.
In genere, solo quando saranno trascorsi circa una quindicina di giorni dal contagio, quel restante 5% inizierà a presentare desaturazione di ossigeno e peggioramento clinico, entrando nella fase grave della malattia. A questo punto, se vogliamo avere una speranza di non perdere il paziente, dobbiamo tempestivamente procedere al ricovero. Non è possibile curare il paziente a casa, sia perché non disponiamo di farmaci utilizzabili al domicilio, sia perché occorre non solo somministrare ossigeno, ma monitorare e mantenere stabili i parametri vitali, con mezzi strumentali e laboratoristici, supportare l’equilibrio metabolico e fornire attento e adeguato apporto terapeutico, pur in assenza, a oggi, di farmaci che abbiano dato sicura prova di efficacia, anche per uso ospedaliero. E, di nuovo, importanti saranno le risorse proprie di ogni organismo.