Carissimi tutti, sto seguendo con sentita partecipazione i vostri interventi in questo thread il cui tema, il “do ut des”, è parte del nostro essere Miriamici. A esso avete ricondotto, giustamente, quello dell’Amore (anch’io voglio scriverlo con l’A maiuscola) e questo mi ha indotto a qualche riflessione che desidero condividere con tutti voi.
È vero, Amore è donare e il donare è un dare, ma non può essere un dare indiscriminato, sia nel modo (a chi si dona), sia nella sostanza (cosa si dona). Sono convinto che il dare sia indissolubilmente legato alla legge di Giustizia: si dà quando è giusto dare e ciò che è giusto – e necessario – dare. Noi Miriamici, consapevoli della nostra condizione di ‘esseri in itinere’, dunque in evoluzione, siamo anche consapevoli di non poter avere della Giustizia se non una concezione approssimativa, perciò parziale, dipendentemente dal tratto di percorso compiuto. Ecco allora che il nostro ‘dare’, perché resti circiscritto nei limiti invalicabili della Giustizia e resti pertanto al riparo dal rischio di diventare prevaricazione, non può che ricondursi a un ‘restituire’, nelle sole forme ortodosse, quanto dalle Superiori Gerarchie si è ricevuto e si è stati in grado di effettivamente integrare nel nostro essere. Pensare di poter dare di più sarebbe un non senso: si può dare quello che non si ha? Forse sì, ma a condizione di contrarre debiti, che però andranno poi ripianati, magari con gli interessi.
Un grande abbraccio a tutti e un grazie per avermi dato l’opportunità di mettere a fuoco un punto cruciale del nostro procedere insieme.