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BELL
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Stasera vorrei condividere con voi la mia esperienza professionale.
Nella mia pratica clinica e soprattutto chirurgica in circa 20 anni ho operato tante persone che attraversavano un momento di vita estremamente difficile: persone disabili, affette da tumori, bambini mutilati fisicamente e visivamente dalle mine anticarro ecc.
Ebbene la mia esperienza mi ha consentito di affrontare tutte queste situazioni non facendomi trascinare da atteggiamenti di compassione, di sentimentalismo che potessero gratificare il bisogno di trovare conferme per il mio ego. Per me in quel momento esiste un essere che è affetto da una patologia indipendentemente dalla sua condizione, dal suo stato sociale, dalle aspettative sue e dei familiari.
Il chirurgo deve rimanere freddo di fronte a tutto ciò se vuole effettivamente riuscire ad operare al meglio per la salute di colui che in quel momento è ammalato; in caso contrario è meglio che lasci il bisturi sul tavolo operatorio e vada a fare un giro.
In ogni paziente nel momento chirurgico ho visto solo la patologia che dovevo curare; il mio pensiero è stato quello di agganciarmi alla forza terapeutica con tuti gli strumenti in mio possesso cercando di fare il meglio che potevo e sapevo per la salute di chi avevo di fronte.
Forse è una visione fredda, forse spoetizzata, ma per me è l’unica strada per avere un atteggiamento terapeutico costruttivo.

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