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giuspino
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Sono d’accordo con tanaquilla, sul privilegiare gli alimenti di produzione locale, i cosiddetti km.0, ma guardo sempre con sospetto gli attacchi, anche se velati, a chi ha scelto un’alimentazione vegana. Per questo apprezzo l’articolo di Galimberti, che, da par suo, fa un’analisi lucida del fenomeno, ma c’è qualcosa che non mi convince. Mi sembra che inquadri solo un aspetto del fenomeno. Essere vegani/vegetariani può essere per molti una presa di consapevolezza, in cui le motivazioni sono strettamente intrecciate, e inoltre non darei una connotazione così negativa all’attenzione per la salute, che non deve essere necessariamente vista come un’ossessione o una sostituzione della religione. Mi sembra, anzi, che per noi miriamici sia vero proprio il contrario, se è vero che consideriamo la salute del corpo non slegata dalla totalità dell’essere umano. Mens sana in corpore sano. Io personalmente ho adottato da alcuni anni un’alimentazione prevalentemente vegana, ma, nemico giurato dei dogmi di qualsiasi tipo, faccio spesso e volentieri eccezioni, in occasioni particolari e conviviali. Quali sono le mie motivazioni? Sicuramente tutte quelle elencate da buteo, ma forse, soprattutto, auspico una sorta di ritorno a una certa sobrietà. Alcuni anni fa, mi colpì il titolo di copertina di una rivista francese: Trop de tout! Troppo di tutto…è proprio così, siamo sommersi dai nostri oggetti, nel nostro opulento e sovrabbondante mondo occidentale, e tra questi oggetti rientrano anche i cibi. E qui torniamo alla motivazione ambientale, è risaputo quanto sia devastante l’impatto ambientale derivante dalla produzione di alimenti carnei e ittici, immessi sul mercato per soddisfare i “bisogni” dell’umanità, ormai non più solo occidentale. Concludo ricordando le parole del prof. Veronesi, che, provenendo da una famiglia contadina, ricordava come si mangiasse carne tre volte all’anno. Del resto il piatto quotidiano dei nostri contadini, al sud, era fave e cicorie…e qui torniamo al km.0…

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