Ad ogni accademia storica miriamica è stato assegnato dalla Delegazione Generale un indirizzo e un programma di studi speciali, ispirato al suo specifico appellativo. All’Accademia Pitagora, così chiamata dal Kremmerz, perché il pitagorismo italico fu il seme di ogni templarismo posteriore, è stato affidato il tema del Pitagorismo. Pitagora – come scrive il Maestro Kremmerz – era un greco divenuto italico in Magna Grecia per trasformazione del suo spirito ellenico, e tutta la filosofia ermetica, magica e cabalistica, si riduce alla sua numerica. La formulazione del concetto di Megàle Hellàs (Magna Grecia), anche se non tutti gli studiosi concordano, è proprio dovuta all’espansione della Scuola di Pitagora, che si diffuse come un incendio nell’Italia meridionale, e che seppe influenzare anche la normalizzazione dei sistemi politici delle città italiote, abitate da emigranti greci, chiamati dagli Elleni della madre patria Italioti, e ben inseriti nelle popolazioni locali. D’altra parte l’espatrio degli Achei verso l’Italia non ebbe carattere d’invasione o di civilizzazione, ma fu la fortunata ripresa di più remoti rapporti tra le genti di dirimpettaie sponde, rinnovanti gli antichi viaggi dei Micenei nel mare italico e che apportò un generale e crescente risveglio in tutti i campi. Si può pensare alla Magna Grecia e alla sua Scuola Pitagorica come alla sede privilegiata di una civiltà che precorse i tempi, ove rifioriva lo spirito antico delle scuole iniziatiche nel terreno propizio. L’età arcaica fu per il Mediterraneo l’epoca della mescolanza delle etnie, della circolazione individuale e di gruppi, delle dinamiche intellettuali, della ricerca scientifica, della floridità economica e delle tecniche. La penisola italica, al centro del Mediterraneo, godeva di una posizione incomparabile e nei secoli dall’VIII al V a.C., quando appunto fiorì la civiltà e la cultura della Magna Grecia, divenne il centro di ogni sapere che richiamava uomini da ogni dove. Intenso era infatti all’epoca lo scambio commerciale e culturale tra l’Italia e le isole e la terraferma greca, Malta, l’Egitto, la Libia, Cartagine e l’Iberia.
Il programma cui l’Accademia Pitagora è chiamata è dunque recuperare la fonte originaria del pensiero pitagorico, unito in intima fusione con la scienza, che Kremmerz assimilò nella sua Schola Italica : “Scuola italica che ricorda le astrazioni integrali di Pitagora coi valori dei numeri, astrazione di valori indipendenti da ogni forma mistica”, e che ripetutamente richiama ai suoi discepoli: “Il buon senso italico, il buon senso della schietta filosofia della pratica Magna Grecia, maritata a quell’occulto giudizio di inflessibile temperanza che fu dell’Etruria e di Roma. Io credo alla resurrezione della potenzialità del pensiero pitagorico – la Pizia, il Pitone, la Spira elicoidale che prende nascenza nell’astrale dell’Italia vetusta e assurge all’imperio della coscienza universa e credo a questa missione pitagorica italica come il segno di un rinascimento filosofico, scientifico e artistico, impossibile nelle mani che ancora stringono la ferula scolastica del medio evo”. Ecco perché il destino dell’Italia antica e il pitagorismo sono indissolubili e quando si crea una coscienza italica essa è pitagorica.
Le ricerche dell’Accademia Pitagora sono partite, prima di iniziare lo studio vero e proprio del pitagorismo, dall’analisi delle più antiche tradizioni iniziatiche e religiose del bacino del Mediterraneo (egiziana, caldea, italica, etrusca, greco-cretese), rintracciandone i punti di contatto e le tematiche comuni e tenendo ben presenti due concetti basilari: 1°: L’Unità-androgina da cui tutto ha avuto origine, esaminata attraverso i miti cosmogonici e le divinità legate ai culti agrari. 2°: L’Unità materia-energia che si manifesta nel reale come forza, esaminata attraverso i simboli, i riti e la terapeutica magica. I miti e i simboli hanno una valenza straordinaria nel cogliere i rapporti tra il divino e l’umano, tra micro e macrocosmo. È chiaro però che ci vuole una chiave di lettura per leggerli e ben interpretarli il lavoro accademiale ha condotto a considerarli come le varie fasi di un processo di rigenerazione alchemica e di conoscenza.
È venuta alla luce primariamente una differenza sostanziale tra le religioni strutturate e consolidate da secoli di tradizione (come l’egizia o l’assiro-babilonese) e quelle più naturali ed arcaiche, quali la cretese e le italiche, delle quali peraltro si conosce ben poco se non attraverso i reperti archeologici. Quindi i Fratelli, divisi in gruppi di studio, hanno lavorato il primo gruppo su: Religione egizia, ebraica e caldeo-babilonese, il secondo su: Religione cretese e italica arcaica. Il mistero della creazione è stato visto e raffigurato diversamente nelle varie tradizioni, ma tutte riportano che prima che iniziasse il tempo, prima di qualunque contrapposizione e complementarietà, vi era un’unica Potenza: il Caos indefinibile, al di fuori di ogni nozione di spazio e di tempo. Il passaggio dall’invisibile al visibile sarà realizzato dalla Potenza Unica che, polarizzandosi, produrrà i molti.
N.B. L’Accademia Pitagora continua a svolgere a tutt’oggi con le sue molteplici attività il suo ruolo ortodosso di Accademia Miriamica della S.P.H.C.I.