Il Maestro Kremmerz consigliava di nutrirsi dei frutti di stagione e della propria terra (sia personale che patria?). Essi ci saranno giudici nel moto perpetuo dettato dalla continua alternanza dei piatti tenuti dal braccio del dio. Nel proprio scorrere la Vita si fa materia visibile e invisibile in moto continuo e ogni volta si semina quanto si raccoglie e non solo si raccoglie quanto si semina.
Siamo noi a creare il seme, perché ogni tratto di esperienza e porzione di esistenza può acquistare altrettanti significati quante sono le dimensioni che l’ Intelletto riesce a intendere. Per esempio, un acino schiacciato lascia contemplare la nudità dei semi, l’odore del sangue della terra, il biancore della polpa se defluisce il succo. La bella forma ovoidale dai toni perlacei è rotta per sempre, ma le sue tre parti sono il volto cangiante del medesimo filo e sta alla coscienza di ciascuno ritenere, godere e fruire di quanto coglie.
E la Natura, che in questo spicchio di pianeta volge ora alla spoliazione, curiosamente si appresta a difendersi dai rigori del freddo depauperandosi di ogni colore e forma per ritornare all’Una. Ma protegge i semi: non le foglie e neppure i frutti.
Original author: sal