Mi sono ricordato, leggendo questa storia, che da bambino, un giorno, piansi a dirotto per un corallo che avevo accidentalmente rotto e da cui ero così tanto attratto. Piansi perché mia madre, per il fatto che lo avevo rotto e forse per punirmi, lo gettò via. Ma la verità, che solo io conoscevo, è che piansi in quel modo perché credevo che, nonostante fosse divenuto a contatto con l’aria così duro, potesse essere in realtà vivo dentro…
È la vita la cosa che passa più inosservata e che forse ha il valore, o dovrebbe almeno assumerlo, più grande di tutto.
Sentire, dentro di sé, qualcosa che si forma e nasce, venendo fuori da sé, alla vita fa di certo pensare.
Da bambino ero innamorato anche della Luna, che mi faceva compagnia come un Testimone così vicino e come davanti a noi, a cui si poteva dir tutto ed assisteva imperturbata a tutto, anche gli avvenimenti più nascosti o tenuti segreti.
Per tutto questo vedo la storia illustrata nel thread come occasione eccezionale per riflettere sul senso della vita, della Natura e dell’esistenza:
la prima, data così tanto per scontata, non amata e vilipesa; la seconda, ignorata, abusata, sfruttata e meccanicizzata o strumentalizzata; la terza, ridicolizzata, bestializzata, cristallizzata… Come sulla Luna senza atmosfera, congelata.
L’atmosfera, centro probabile della questione, nell’esistenza – terrestre – la facciamo noi tutti…