La terapeutica ermetica della SPHCI di Giuliano Kremmerz e la medicina ufficiale

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La terapeutica ermetica della SPHCI di Giuliano Kremmerz e la medicina ufficiale

Gli ordini di origine magica occulti o palesi in gran parte sono conosciuti nella loro influenza sulla umana società in politica ed in religione. Manca una Fratellanza spiritualista magica, modesta per quanto utilmente pratica che si occupi della sola esplicazione delle forze e dei segreti della magia in pro di tutti i sofferenti che ad essa ricorrono. Così io restauro la Fratellanza terapeutico-magica di Miriam ad esempio delle antichissime sacerdotali isiache egiziane di cui più recente e nota è imitazione la Rosa Croce…l’occulta medicina sacerdotale non ha influenza che sulla infermità del corpo fisico quando l’ora sua di separazione dal corpo spirituale non è arrivata – in altri termini l’occulta medicina magica non salva dalla morte quando l’ora è sonata della nascita dell’uomo al mondo invisibile, ma impedisce le morti premature alla evoluzione dell’anima, e allevierà le sofferenze o sanerà i dolori e le infermità di chi ad essa ricorre. (C,I,163n.1)- Scopo di questa Scuola è:… l’allenamento alle pratiche per conquistare possibili attività dell’organismo mentale e psicofisico tali da spiegare col proprio controllo gli effetti e  fenomeni non comuni. L’applicazione di queste forze alla medicina, alla terapeutica e alla psicurgia e taumaturgia. (P+F+ art.1) – La Scuola Ermetica Fr+Tm+ di Miriam proibisce ad ogni iscritto, di qualunque grado, di tentare realizzazioni fuori l’unico intento di curare o sanare infermi…(P+F+ art. 53) – Si fa obbligo a tutti gli iscritti di non modellarsi su alcune scuole di empirismo medico che denigrano tutti gli studi moderni e le investigazioni dei pazienti scienziati glorie contemporanee, col pretesto che, non essendo credenti nelle leggi dello spirito, non sono giovevoli alla società umana come dovrebbero. Essi ascritti devono invece considerare che la Scienza Umana è il risultato dei contributi di tutte le intelligenze… essi ascritti, più che vedersi in conflitto con un medico che cura un infermo, devono comprendere che l’opera del medico non manca mai di intenzione benefica accoppiata ad una osservazione sperimentale chiara, imperfetta solo nel rendere il rimedio virtuoso; essi quindi comprenderanno ancora che se a donare questa virtù concorrono coi mezzi psichici che sono loro a disposizione, faranno bene egualmente a chi si ha il dovere di soccorrere. (P+F+ art. 54) – La nostra Scuola (S.P.H.C.I.) onde nei suoi discepoli si determini un movente di azione e un controllo di esperienza, non si occupa che di sola Medicina Ermetica.  Questa medicina ermetica o divina (cioè di origine dei poteri divinizzanti dell’uomo) esiste? Può esistere, è un’utopia? Una favola? Un simbolo? Dobbiamo ricercare e provare, praticamente e scientemente, con metodo positivo. Le scienze mediche hanno fatto negli ultimi due secoli dei progressi immensi. Giorno per giorno ingegni di primissimo ordine e sperimentatori indefessi, nei laboratori, nelle università, negli ospedali, danno prova mirabile della potenzialità critica dell’ingegno umano che tenta di rapire alla Natura il secreto mai raggiunto della vita sana, col fine nobilissimo di combattere il dolore e far rinculare la morte. Quando un medium scrivente indovina un rimedio o un magnetizzatore riesce a sollevare un corpo egro per poi cantare un inno di disprezzo alla scienza ufficiale, si commette un’ingiustizia grossolana contro coloro che ci hanno dato un complesso stupefacente di osservazioni precise, che concorrono alla formazione di un’arte infallibile che è l’ideale scientifico del domani…Allopatici, omeopatici, isopatici e tutti i singoli scopritori di metodi nuovi e di medicine portentose, in terapeutica, si equivalgono. Arrivano dove un elemento misterioso lo permette, si arrestano dove lo stesso elemento – padrone della vita e della morte – si arresta…oggi come ieri sorge un antico aforisma ermetico che è stato tutto un rompicapo degli alchimisti del secolo XVII: la vita comanda alla vita, tutte le scuole di terapia sono buone o false, secondo che il medico che adopera un rimedio qualsiasi, dall’olio di oliva allo stramonio, dal sale di cucina alla stricnina, abbia o no il potere, la virtù, la forza di infondere al medicamento la vitalità che compensa le energie disperse nel corpo infermo; in altri termini il medico che compie il miracolo dà parte del suo principio vitale all’infermo che ne manca. Così il principio terapeutico ermetico è lo stesso principio vitale, la cui deficienza determina lo stato morboso. Dato e non ancora concesso che tale enunciato sia possibile, la Medicina Ermetica concepita come una trasfusione di vita a vita non sarebbe un paradosso, né una favola, né un simbolo, né un sogno di mente poetica. Se il principio vita fosse una cosa concreta come l’acido carbonico o l’estratto di camomilla, la logica non si opporrebbe ad accettare una ipotesi come tante altre in terapeutica… Se non che questo principio vita tutti sanno che esiste o dovrebbe esistere, come sanno che esiste l’amore, il dolore, il piacere, ma nessuno l’ha potuto ridurre a cosa concreta… Facciamo a meno di definirlo. Osserviamo semplicemente: il principio vita si manifesta sinteticamente nella sintesi di ciò che ci circonda, uomini, piante, animali, minerali e presiede a tutte le combinazioni e a tutti i fenomeni chimici e fisici. Analizzando è lo stesso fenomeno che si presenta alla nostra osservazione in ogni organismo o corpo specifico in modo differente e seguendo un processo egualmente specifico e differente. Se il materialista l’indaga deve risultare che la vita è una modalità (o stato di essere) della materia – che la materia vivente è irritabile perché risponde a certe eccitazioni da cui, agendo sui sensi, si converte in immagini e pensiero. Se l’osserva un filosofo amico delle astrazioni, lo considera come un elemento sui generis intelligentemente energico e separato dalle cose, che egli immedesima o anima. Nei due casi questo principio di vita, come in tutto ciò che ci circonda, come in tutta la materia che vive, l’uomo non ha bisogno di studiarlo fuor di sé, perché egli stesso è un principio di vita individuato. E’ l’enunciato alchimico che espongo sotto forma intelligibile al secolo nuovo. Studiare il principio di vita in noi, separarlo se è separabile, integrarlo se è integrabile, portarlo all’apice della sua potenzialità, renderlo atto di arricchirsi della massima energia dalla fonte del principio vita universale, fino a poterne disporre e nutrirsene e nutrirne gli organismi che ne difettano – è educazione ermetica. (SM,II,6-10) – Noi siamo una schola philosophica  che richiama l’attenzione degli uomini di buona volontà, dei medici, dei dotti, degli sperimentatori su di una forza ermetica e una intelligenza omonima, che finora non ha trovato posto in nessun trattato di terapeutica…La morte è un fenomeno naturale come l’appetito e la digestione. Si dovrebbe morire di morte naturale, non già che s’intenda per tale quella a 80 anni nel letto di piume per esaurimento della carcassa, ma per insufficienza alla lotta per la vita ogni volta che la lotta determina la vittoria degli ostacoli contro la conservazione dell’individualità animale. La malattia è già l’indizio di una lotta impegnata e portante il disquilibrio nell’organismo che vuol conservarsi integro. La natura dell’organismo piglia il sopravvento sull’ostacolo? E l’individuo vince e guarisce, diversamente soccombe…La medicina è la scienza sperimentale che coadiuva le energie vitali nella lotta. Non è la medicina scientifica che guarisce, è la natura dell’organismo in lotta che si agguerrisce di un’alleanza col medico per vincere. Nella pratica la materia medica è un alleato. Ma l’ermetismo, scavando nel sacco, trova un coadiuvante che tutti i medici moderni dimenticano, nello spirito o vitalità intelligente e profonda dell’ammalato, sul quale spirito non si agisce con droghe ma con la quintessenza di tutte le droghe dei tre regni, che è sintetizzato nello spirito o vitalità intelligente del medico che cura, cioè che aiuta l’ammalato a vincere. (C,I,168-170) – Noi siamo precursori della presa in considerazione e in esame di un principio nuovo nella terapeutica odierna, l’azione personale guaritiva del medico che modifica, valorizza e rende potente ogni sua prescrizione, dandovi una forza sanatrice che ordinariamente le ricette non hanno. E mentre il medico e la sua scienza non arrivano da loro a questa preparazione, non vi è niente che si opponga a che un ammalato sia curato da un medico e che una catena di anime, una corrente di forze psichiche, o un umile e disinteressato cultore della nostra medicina aiuti, coi mezzi di cui può disporre, ammalato e medico. Vedete che non vi è niente nella nostra pratica che possa offendere il principio di garanzia che la laurea in medicina conferisce ai medici accettati dallo Stato. Credete che tra i nostri seguaci non vi siano medici che studiano queste nostre teorie e che non se ne servano spesso?…avverrà che gli studi psicologici, i progressi della metapsichica e questo nostro ermetismo non mistico, prepareranno importanti modificazioni alla cultura del medico, nel senso di medico sanatore perfetto. (D,120) – Nel gran numero dei casi in cui l’azione terapeutica della nostra Associazione Sperimentale (Fratellanza e Scuola) dà risultati meravigliosi, è nelle cure a distanza, senza medicamenti dati da noi, solo che l’infermo chieda  e stia in contatto con uno dei nostri, oppure che esegua una pratica semplicissima che gli si dà, pratica di forma quasi religiosa, per dirigere su di lui la corrente della batteria di pile umane…Questo sistema nostro lo chiamiamo teleurgia, e le cure le chiamiamo teleurgiche. All’ammalato che chiede aiuto domandiamo: Hai il tuo medico? Generalmente si risponde – l’umanità è ancora superstiziosa – che nel proprio medico o nei medici ordinari non si ha fiducia. E noi spieghiamo: il tuo è un errore. Il medico che tu chiami, viene riconosciuto dalla società dotato di quella scienza e di quella pratica che manca agli altri per riconoscere i mali che colpiscono l’uomo, o seguirne il corso e modificarlo in bene, con aiuto di quei medicamenti che l’esperienza ha dimostrato migliori. Quindi saresti uno sciocco a non chiamare un medico e a non seguire il consiglio. Mentre egli ti cura, mentre tu prendi le sue medicine se te ne ordina, interviene a te – per nostro mezzo – una cosa che tu sentirai, che aumenterà di mille il valore dei medicamenti che prendi…solo che tu pensi all’amico cui hai rivolto la tua domanda di aiuto. E succede proprio così, se l’ammalato obbedisce alle brevi pratiche consigliate: che la cosa nostra si manifesta in lui, interviene in modo determinato e appariscente, fino a meravigliare il medico, il quale quasi sempre ignora l’esistenza in Italia di gente che si occupa del rimunerativo mestiere di spendere tempo e denaro per far bene agli altri senza chiedere niente: professione così inverosimile che un giorno o l’altro ci sentiremo dire che o si  è pazzi, o gatta ci cova. (SM,II,97-98) – Essere un terapeuta non significa diventar medico e presumere di far diagnosi o consigliare medicamenti. La teleurgia è la sola via terapica della scuola e fratellanza nostra. La nostra scuola deve formare il terapeuta in base ad un’anatomia diversa di quella che studiano degnamente i medici e contribuire alla guarigione delle infermità di chi ricorre a lui con un solo, solissimo alexifarmaco elaborato nel laboratorio mentale e occulto che ha preso tanti nomi fantastici: il telesma, l’azoth, la quintessenza, la polvere di proiezione, il mercurio dei filosofi, la rugiada cattolica (rosada), la panacea, insomma con un medicamento che si aggiunge a milionesimi di grammi ai prodotti farmaceutici prescritti dai medici, per telegrafo senza fili che, quando l’ammalato è in contatto con uno dei nostri, funziona benissimo. (C,1,55-56)- Quindi la nostra Fratellanza non è un medico o un’accademia di medici nel senso profano della parola, perché nel mondo profano non ci sono più medici che studiano l’organismo occulto umano. Noi dobbiamo dare agli infermi una forza interiore nostra che il medico profano non può dare; noi possiamo dare alla vita indebolita, sofferente di un uomo, un principio vitale che tutti quanti noi, come in genere tutti gli uomini, possediamo e che sotto determinate leggi possiamo trasmettere o aggiungere alla forza vitale dell’individuo che ne manca. Come una trasfusione del sangue, la nostra è una trasfusione di fluido della vita animale e psichica. (SM,III, pag.195-196) – (Noi) vorremmo che ogni medicina prescritta in dosi regolamentari, vi portasse aggiunto un grammo di buona volontà per ogni milligrammo di mercanzia farmaceutica, o viceversa…La buona volontà non è il semplice desiderio di veder riuscita una cura, è la coscienza della certezza dell’azione di un medicamento sull’organismo dell’infermo, in modo non solo da non dubitare della efficacia, ma di essere a priori sicuri del risultato…La buona volontà non è un sentimento poetico dello spirito umano, è una materia vibrante vita e bene che i centri psichici o mentali di un uomo esercitato ed educato ad irradiarla, può dirigere ovunque vi è uno squilibrio organico e farlo ritorcere alla primitiva pace. (SM,II,14-15) – Quando orate negli intensi minuti del vostro rito, non prefiggetevi alcuna meta egoistica…Non un ombra passi sul terso cilestre della vostra anima che offuschi per un attimo lo splendore di una donazione senza compenso mercantile. Non vi è voluttà più seducente che di sapersi pronto a far cosa utile agli altri senza impurità mercenaria, come anonimo fattore di gioia in cui vi mutate nei brevi momenti rituali…Al sofferente che vi chiede date in larga misura, senza lesinare, senza pesare, il vostro contributo di pensiero e di forza. Chi vi chiederà la sanità non intende domandarvi una droga o una medela. E’ il medico e il farmacista che danno, approvati dalle università statali e poi dalle leggi, medicamenti e pozioni. Noi diamo per niente…senza domandare compenso o elemosina…L’ammalato di forma comune ha il medico. Se ricorre a voi, consigliate che chiamasse il medico e lo ascoltasse con fede e ne seguisse i consigli. Il nostro medicamento passa attraverso il medico e le boccette o le polveri prescritte, perché è più sottile dell’aria e più penetrante dell’etere – è etere imponderabile, invisibile, più veloce della luce, più attivo del calore, perché è vita. Un medicamento ha la virtù che l’esperienza gli ha data. La nostra catena può dargli la vitalità che non è tra le virtù di nessun composto di codice farmaceutico – poiché la forza che è vita in noi, è vita nell’universo – e attinge la sorgente e il centro vitali di qualunque droga e composti di speziali, e può guarire o alleviare le pene dell’uomo. (SM,III,202-203) – La medicina non è una industria, è una scienza che prescinde dalle botteghe, e i medici sono o devono sentirsi sacerdoti innanzi al dolore che travaglia un corpo infermo. A questo sacerdote, fatto e preparato nelle scuole esperimentali, manca in mille momenti, mille volte in un giorno, l’anima di sentirsi in possesso di uno spirito vivificante e creatore, eminentemente ermetico, che possa ridare la salute a un organismo che si sfacela. La scienza umana è imperfetta. Dove arriva la clinica, l’esame chimico e microscopico, non arriva il potere terapico…Dunque io non denigro la scienza e la conquista progressiva della mente umana, e parlo al cuore generoso di quanti medici sanno che l’arte è manchevole anche quando la scienza della cattedra è profonda – e domando il loro ausilio intelligente a partecipare a questo tentativo di psicurgia e taumaturgia rosacruciana o ermetica. L’uomo ha delle forze in sé che sono terapiche per eccellenza. Sono emesse da noi, nello stato sano, delle invisibili, imponderabili correnti di vita animale che possono in molti casi donare all’organismo dolorante quel tanto di complemento di attività molecolare da determinare una convalescenza. Proviamolo. Mettiamoci al servizio dell’umanità. La scienza dei laboratori se ne impadronirà dopo…Io affermo che ho sempre ottenuto dei miracoli dove la terapia comune era insufficiente e dei risultati rapidissimi nei casi opposti. Ho detto miracoli: non si creda che io voglia fare il Dulcamara dell’Elisir d’amore. Io non ho risorto dei cadaveri…non ho ordinato a un paralitico per emorragia interna di vincere una corsa podistica, non ho dato la vista a due orbite vuote…ho fatto delle piccole, piccolissime cose che non hanno diritto di essere chiamate miracoli dal pubblico ansioso di spavalderie, ma che sono veri miracoli, per quanto piccoli, per chi pratica la medicina. E’ il piccolo tentativo della pila per arrivare all’illuminazione elettrica. E’ il coperchio che il vapore di una marmitta solleva e che dà l’idea della macchina a vapore. Ed ero solo. Ora siamo parecchi. Credo per certi miei calcoli, non so se giusti o meno, che se io solo, come unica pila, ho potuto far suonare un campanello, molte pile faranno suonare una campana a stormo… La nostra scuola farà questo e, sulla sua opera disinteressata e generosa di fratellanza ideale e umana, domanda la benevolenza di tutti gli sperimentatori di buona volontà…Non rubiamo clienti a nessuno. Dove il medico cura, le nostre forze – se tali le nostre elaborazioni psichiche possono chiamarsi – coadiuveranno alla riuscita. Aiuteremo il medico e costui l’ammalato, o coadiuveremo le medicine prescritte affinché diventino intelligenti al punto di obbedire all’idea e alla buona volontà del terapeuta. C’è tanta gente che prima non credeva alle forze psichiche o nervose esteriorizzate e oggi vi crede – forse di qui a pochi anni si crederà anche a questo che ora è un paradosso. I grandi uomini verranno dopo di noi. (SM,II,267-268)

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Un commento

  1. coralreef 3 Ottobre 2014 al 21:16 - Rispondi

    “La materia vivente è irritabile perché risponde a certe eccitazioni da cui, agendo sui sensi, si converte in immagini e pensiero”. Questo assunto di Giuliano Kremmerz è incontrovertibile e – a mio parere – costituisce il cuore del bellissimo intervento del Taumaturgo riproposto dal sito web della Schola a proposito del binomio terapeutica ermetica / medicina ufficiale.
    C’è da chiedersi, anzitutto a partire da sé stessi, quante volte al giorno siamo influenzati da ciò che pensano gli altri, anche senza parlare e solo per il fatto di stare loro accanto: su un autobus, in un negozio, al lavoro, in una strada trafficata… Là, in mezzo alla gente, respiriamo inconsapevoli le molecole della loro ansia, tristezza, paura, rabbia, e le digeriamo in lunghi sussulti di malumore che non sappiamo dove abbiano tratto origine e che magari motiviamo con le ragioni più disparate.
    E così accade pure con gli affetti, le amicizie, le frequentazioni che avviciniamo ‘per rilassarci’ in completo abbandono e nella convinzione di stare meglio: senza accorgerci che – del tutto inconsapevolmente e lungi dal costituire un sollievo -spesso appesantiscono un cuore già pesante… Non per colpa loro. Tutti noi cerchiamo sollievo benché si finisca spesso con lo scambiarsi solamente la parte più grave dell’anima.
    Forse davvero dovremmo fare attenzione a essere ‘positivi e carichi’ quando ci avviciniamo agli altri e imparare a riparare alle nostre debolezze aggrappandoci alla parte più intima e luminosa di noi stessi: se ne gioverebbe pure il prossimo che non riceverebbe il peggio della nostra giornata in nome dell’amore che ci porta o dell’affetto che ci lega.
    E non c’è da stupirsi che anche il medico – essere umano esposto alla sofferenza per definizione – a lungo andare sia costretto a crearsi una corazza che lo estranea dai pazienti che va a curare. Scrive il Maestro: “A questo sacerdote, fatto e preparato nelle scuole esperimentali, manca in mille momenti, mille volte in un giorno, l’anima di sentirsi in possesso di uno spirito vivificante e creatore, eminentemente ermetico, che possa ridare la salute a un organismo che si sfacela. La scienza umana è imperfetta. Dove arriva la clinica, l’esame chimico e microscopico, non arriva il potere terapico…”.
    In sovrappiù nel medico non si ha fiducia (diceva Kremmerz: “l’umanità è ancora superstiziosa…”). Ma il medico ha comunque studiato quello che la scienza di tanto tempo ha costruito e che – vivificata da un’apertura alla Luce – può tradurre nel concreto quel ‘fare bene’ di vaga aspirazione. Un po’ spetta anche al malato il cercare la Luce nel medico di là dal medico stesso. E poi, certo, con i mezzi che la Schola generosamente e gratuitamente offre a tutti…
    Ma non è facile accettare l’idea non già che il Dio si è fatto uomo bensì che a farsi Uomo è l’animale in quanto attratto, incantato e – alla fine, magari dopo secoli di lavoro – integrato al Dio

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