Se lo stato di infermità è una condizione ingrata del nostro essere (organismo saturniano e corpo sensibile mercuriale centrale) la nostra personalità pensante (sensibile, delicato ricettacolo di tutto l’insieme delle nostre impressioni) può essere il centro guaritivo di emanazione degli elementi equilibranti il corpo vivente e malato. Traducendo in lingua povera: se l’arrivo del disordine corporeo ci è segnalato dal centro fisico della sensibilità della nostra persona, da questo centro stesso devono partire i mezzi, direi i rimedi psichici, che agiscono come medicazione sullo stato di infermità… Le droghe medicali sono il più delle volte punti di partenza dell’azione immaginativa e volitiva dell’individuo infermo, ed anche i tossici, che agiscono come dissolventi gli elementi chimici componenti le cellule animali, sotto la potestà energica dell’immaginazione pura diventano sanatori. Le famose virtù delle erbe, e dei così detti semplici, dovettero in origine essere scoperti per rapporti immaginativi, analogia di forme, rapporti di sapore, di contatto, di azione che ne hanno determinate le virtù terapeutiche, virtù in molti casi smentite e discreditate nella terapeutica contemporanea. Perciò sentite parlare di rimedi cervellotici del tale o tale altro che fa una cura ermetica: tappezzate i vetri della vostra finestra con carta rossa, mutate le vostre lampadine in vetro rosso, vivete tre giorni in questa luce rossa. Voi guarite. Il rimedio per la via degli occhi è disceso al male, ha ridonato l’equilibrio. Il biochimico vorrebbe sapere come è avvenuto questo mutamento. La medicina ermetica, se ha ottenuto questo risultato, ha per principio che le risultanze di una cura non hanno bisogno di essere esaminate né chimicamente né al microscopio, tanto meno come procedimento stabile per ottenere altre guarigioni…ciò che nell’Ermetica si deve conoscere è il modo come guarire con rimedi che mutano a uomo a uomo, e quindi inutile il controllo dei mezzi…La nostra terapeutica non ammette formulari per far ricette, comincia col contatto della mano, di un dito, e arriva al bagno di acqua di cisterna e a una formula complicata di medicamenti ordinariamente innocui…Rimedi e specifici fabbricati a serie, come le automobili e le calzature, nella nostra ermetica non esistono…Siamo l’avanguardia di una idea ridotta dall’empirismo mistico a principio scientifico…Noi siamo precursori della presa in considerazione e in esame di un principio nuovo nella terapeutica odierna, l’azione personale guaritiva del medico che modifica, valorizza e rende potente ogni sua prescrizione, dandovi una forza sanatrice che ordinariamente le ricette non hanno. E mentre il medico e la sua scienza non arrivano da loro a questa preparazione, non vi è niente che si oppone a che un ammalato sia curato da un medico e che una catena di anime, una corrente di forze psichiche, o un umile e disinteressato cultore della nostra medicina aiuti, coi mezzi di cui può disporre, ammalato e medico. (D,118 a 120) – (Noi) vorremmo che ogni medicina prescritta in dosi regolamentari, vi portasse aggiunto un grammo di buona volontà per ogni milligrammo di mercanzia farmaceutica, o viceversa…La buona volontà non è il semplice desiderio di veder riuscita una cura, è la coscienza della certezza dell’azione di un medicamento sull’organismo dell’infermo, in modo non solo da non dubitare della efficacia, ma di essere a priori sicuri del risultato…La buona volontà non è un sentimento poetico dello spirito umano, è una materia vibrante vita e bene che i centri psichici o mentali di un uomo esercitato ed educato ad irradiarla, può dirigere ovunque vi è uno squilibrio organico e farlo ritorcere alla primitiva pace. (SM,II,14-15) – Nella medicina ermetica l’autoguarigione di tutte le infermità e di tutti i morbi arriva inesorabile, come l’ora del sonno e dell’appetito, se l’immagine curativa, al di là di tutte le teorie delle scuole mediche, è fatta bene. La volontà di guarire si conferma nell’intelletto del male da scacciare. Vi è uno sponsale interiore tra il principio Sole luminoso e la Luna opaca; il Mercurio, figlio, rapporta a Saturno il comando divino. La guarigione arriva…Amore (con la lettera maiuscola) è il vecchissimo fanciullo che ha provocato il miracolo della ricostituzione…se tra il malato e il suo guaritore non corre amore, se il guaritore non prende in un amplesso dolcissimo l’anima del suo malato, e nell’unione perfetta il potere della sua vitalità solare non inonda il corpo sofferente, il piccolo miracolo non avviene…Chi si sente voluto bene, cioè amato, si sente attratto, come da una calamita, dall’amoroso. La sua anima è un fiore che si apre…Il medicamento ermetico che è spirito, intenzione, efflato, immagine, è distillato nel lunare dell’infermo. Arriva il piccolo miracolo di una cosa sola. (D,92-93)- I rimedi, le fedele, le pillole, i balsami, i succhi di erbe, le decozioni, acquistano poteri se dati con amore, diventano tossici se dati e presi senza amore… Il terapeuta, cioè qualunque uomo che ama il suo simile è un medico amoroso per sola virtù del magnetismo d’amore. (SM,II,379) – Allopatici, omeopatici, isopatici, e tutti i singoli scopritori di metodi nuovi e di medicine portentose, in terapeutica si equivalgono. Arrivano dove un elemento misterioso lo permette, si arrestano dove lo stesso elemento – padrone della vita e della morte – si arresta. Tutti gli ingredienti che la natura ci offre, sono messi in moto per arricchire la farmaceutica e colpire l’immaginazione del paziente. Minerali, metalli, vegetali, veleni, prodotti organici, bagni di luce, acque di ogni specie, elettricità, vegetarianismo, sieri, tutto l’umanità prova. Quando tutto è insufficiente il condannato dalla scienza ricorre – ultima speranza – alla fede in un aiuto divino o se ne muore…Stando così le cose, oggi come ieri, sorge un antico aforisma ermetico che è stato tutto un rompicapo degli alchimisti del secolo XVII: la vita comanda alla vita, tutte le scuole di terapia sono buone o false secondo che il medico che adopera un rimedio qualsiasi, dall’olio di oliva allo stramonio, dal sale di cucina alla stricnina, abbia o no il potere, la virtù, la forza di infondere al medicamento la vitalità che compensa le energie disperse nel corpo infermo; in altri termini il medico che compie il miracolo dà parte del suo principio vitale all’infermo che ne manca. Così il principio terapeutico ermetico è lo stesso principio vitale, la cui deficienza determina lo stato morboso. (SM,II 7-8-9) – Nel gran numero dei casi in cui l’azione terapeutica della nostra Associazione Sperimentale (Fratellanza e Scuola) dà risultati meravigliosi, è nelle cure a distanza, senza medicamenti dati da noi, solo che l’infermo chieda e stia in contatto con uno dei nostri, oppure che esegua una pratica semplicissima che gli si dà, pratica di forma quasi religiosa, per dirigere su di lui la corrente della batteria di pile umane…All’ammalato che chiede aiuto domandiamo: Hai il tuo medico? Generalmente si risponde – l’umanità è ancora superstiziosa – che nel proprio medico o nei medici ordinari non si ha fiducia. E noi spieghiamo: il tuo è un errore. Il medico che tu chiami, viene riconosciuto dalla società dotato di quella scienza e di quella pratica che manca agli altri per riconoscere i mali che colpiscono l’uomo, o seguirne il corso e modificarlo in bene, con aiuto di quei medicamenti che l’esperienza ha dimostrato migliori. Quindi saresti uno sciocco a non chiamare un medico e a non seguire il consiglio. Mentre egli ti cura, mentre tu prendi le sue medicine se te ne ordina, interviene a te – per nostro mezzo – una cosa che tu sentirai, che aumenterà di mille il valore dei medicamenti che prendi…solo che tu pensi all’amico cui hai rivolto la tua domanda di aiuto. E succede proprio così, se l’ammalato obbedisce alle brevi pratiche consigliate: che la cosa nostra si manifesta in lui, interviene in modo determinato e appariscente, fino a meravigliare il medico, il quale quasi sempre ignora l’esistenza in Italia di gente che si occupa del rimunerativo mestiere di spendere tempo e denaro per far bene agli altri senza chiedere niente. (SM,II,97-98) –L’ammalato di forma comune ha il medico. Se ricorre a voi, consigliate che chiamasse il medico e lo ascoltasse con fede e ne seguisse i consigli. Il nostro medicamento passa attraverso il medico e le boccette o le polveri prescritte, perché è più sottile dell’aria e più penetrante dell’etere – è etere imponderabile, invisibile, più veloce della luce, più attivo del calore, perché è vita. Un medicamento ha la virtù che l’esperienza gli ha data. La nostra catena può dargli la vitalità che non è tra le virtù di nessun composto di codice farmaceutico – poiché la forza che è vita in noi, è vita nell’universo – e attinge la sorgente e il centro vitali di qualunque droga e composti di speziali, e può guarire o alleviare le pene dell’uomo.(SM,III,202-203) – La scienza umana è imperfetta. Dove arriva la clinica, l’esame chimico e microscopico, non arriva il potere terapico: tante le scuole, tante le imperfezioni. Similia similibus e contraria contrariis sono due vie che portano alla vittoria quando la Natura (un simbolo astratto che sa di paganesimo) est optima medicatrix. Quando no, le due vie conducono inesorabilmente al camposanto…le forme tormentose di certi sfaceli organici, si chiamino tubercolosi, diabete, morbo di Adison, malattia di Brigh, si chiamino semplicemente isterismo ed epilessia…trovano la terapia impotente….Dunque io non denigro la scienza e la conquista progressiva della mente umana, e parlo al cuore generoso di quanti medici sanno che l’arte è manchevole anche quando la scienza della cattedra è profonda – e domando il loro ausilio intelligente a partecipare a questo tentativo di psicurgia e taumaturgia rosacruciana o ermetica… Dove il medico cura le nostre forze, se tali le nostre elaborazioni psichiche possono chiamarsi, coadiuveranno alla riuscita. Aiuteremo il medico e costui l’ammalato, o coadiuveremo le medicine prescritte affinché diventino intelligenti al punto di obbedire all’idea e alla buona volontà del terapeuta. (SM,II,267-268).
Dice Kremmerz: “Chi si sente voluto bene, cioè amato, si sente attratto, come da una calamita, dall’amoroso. La sua anima è un fiore che si apre…”.
Ed è vero sempre, e forse proprio questo intendeva Dante quando faceva dire a Francesca dell’Amore “che a nullo amato amar perdona”.
Perché è bello essere amati e tutti lo cercano, benché a modo proprio.
Solo, il nostro ‘amare’ è spesso oscurato dal bisogno, dal desiderio, dall’orgoglio, ciò che ci impedisce di godere veramente e fino in fondo non solo dell’essere oggetto di amore ma, anche e soprattutto, nell’esserne tramiti.
E credo di capire, a distanza di tanti anni, che quando Kremmerz propugnava l’amore materno come il più alto possibile forse non intendeva solo l’amore della mamma per il bambino ma l’Amore della materia vivente per la materia vivente, creata, in senso magnetico: ciò che è dell’artista per il proprio quadro o del musicista per l’ultima sua opera; o del cuoco per il piatto che serve in tavola; o dello scrittore e del poeta per la felice trasposizione di una o l’altra idea, e così via.
Poi, ognuno di noi decide di ‘essere’ qualcosa e lo decide in base a cosa nutre e a cosa non nutre di sé. E, a volte, un’immagine di noi stessi diventa tanto forte da creare un individuo nuovo, così come un’abitudine crea un carattere.
Però, su tutto, l’abitudine a essere amati – così come ho sperimentato nella Miriam – educa al meglio di noi: e forse è per questo che, piano piano, ci si trasforma e si fiorisce.
E ci si guarisce.