IL CARNEVALE

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WIWA WIWA IL CARNEVALE

WIWA IL CAOS CHE PRELUDIA L’ORDINE NUOVO

E IDEE E CREAZIONI SEMPRE PIU’ PERFETTE!

Vogliamo parlarne?

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15 Comments

  1. Cingallegra 7 Marzo 2014 al 11:04 - Rispondi

    L’albero di Natale io lo terrei tutto l’anno: mi piacciono gli addobbi, le luci e anche il fatto di avere un alberello al centro del salotto quando rientro a casa. Così alla fine, da anni, gli addobbi natalizi non vanno via – come i commercianti impognono – all’epifania, bensì il giorno della Candelora!
    Quando mi chiedevano perchè a fine gennaio, l’albero fosse ancora lì, e rispondevo che, per le tradizioni popolari (e non solo) le feste “si chiudono” il 2 Febbraio, lo sguardo perplesso si trasformava in uno alla Jim Carrey! Così, quest’anno mi sono documentata (l’enciclopedia Treccani: la bibbia del credente, il passepartout del miscredente!) e ho spiegato ai miei amici, perchè ripongo gli addobbi, come le armi, a Febbraio e perchè loro, i “fedeli” avrebbero dovuto saperlo meglio di me! Il vecchio proverbio predice il meteo agli agricoltori e canta:
    “Per la santa Candelora
    se non nevica e non plora
    dell’inverno siamo fora”
    Secondo il cattolicesimo il 2 Febbraio si celebra la presentazione di Gesù al tempio, nonchè la purificazione di Maria, occasione in cui si benedicono le candele dei fedeli. Questa usanza, però, deriva dal fatto che in altre tradizioni, anche – e sopratutto – precedenti il cristianesimo, si utilizzava il simbolo della candela che illumina il buio dell’inverno con la luce della primavera.
    Inoltre, siccome i Romani seguivano il calendario orientato sulle fasi lunari – calende sta per luna nuova, da cui deriva il termine “calendario” -, i riti in onore di Giunone, per la purificazione (Febrarius significa purificare) venivano celebrati nel mese di Febbraio. Il mese di febbraio era quindi, per i Romani, un mese un po’ caotico: si preparava la terra per le nuove coltivazioni e si chiudevano i riti invernali, caos poi defluito nel Carnevale. La chiesa ha poi adottato la festa di Giunone purificata con la presentazione del neonato al tempio e della purificazione di Maria, mantenendo sostanzialmente il medesimo significato.
    Quindi, da quest’anno, sui miei addobbi natalizi conservati fino al 2 Febbraio, nessuno ha avuto più nulla da ridire. E il Carnevale ha ritrovato – almeno nella mia comitiva – il caos che meritava!

  2. mercuriale2012 4 Marzo 2014 al 21:08 - Rispondi

    A proposito del carnevale rileggevo un interessante articolo sul Pulcinella pubblicato dall’Editrice Miriamica in “Tradizioni e culti pagani di primavera”, dove viene tracciato un profilo dettagliato di questa particolare maschera di origine campana, che ancora oggi viene festeggiata.
    Pulcinella, cioè piccolo pulcino, dal sesso indefinito, ha una maschera nera sul volto a forma di becco di uccello e una veste di colore bianco. L’autore mette in evidenza la simbologia alchemica, e associa la figura del Pulcinella a quella di Hermes : “Pulcinella è il Mercurio dei savi, o, se si preferisce , l’Hermes psicopompo guida delle anime dei morti …….Di Hermes ha l’ermafroditismo e gli attributi dei gallinacei”.
    Una figura carnascialesca che simboleggia attraverso la morte un passaggio di stato, un cambiamento, che prelude alla rigenerazione primaverile.
    Un augurio di buon Carnevale a tutti, e soprattutto di arrivare il più concentrati possibile al prossimo “Rito di Primavera”!!

    Ps: Sempre nello stesso volume ho riletto quanto scriveva il Maestro Jah Hel in “La nostra festa di Primavera”. Rileggere quelle parole mi hanno fatto rivivere quei momenti emozionanti e meravigliosi toccandomi nel profondo del cuore…….spero che ci siano altre occasioni del genere!!!!!

  3. garrulo1 8 Febbraio 2014 al 19:59 - Rispondi

    L’invito alle riflessioni ad opera della Direzione del Blog, è l’occasione per soffermarsi su di un momento dell’anno che tende altrimenti a sfuggire tra un’allegoria e l’altra, e tentare una sintesi seppur approssimativa, dove il live motive credo consista proprio nella dicotomia tra apparenza e sostanza, tra forma ed essenza. Infatti, dietro il luogo comune del mascheramento, probabilmente si cela l’analogia con l’elemento di rottura consistente nel tentativo di frantumare le abitudini, e quindi, all’opposto, il Carnevale è l’inno alla destrutturazione dalle innumerevoli maschere o meglio inverniciature sociali, che nella quotidianità, in dosi differenti, tutte le persone portano addosso. Dal punto di vista astronomico, è un periodo dell’anno decisamente augurale, anticipa la primavera che ha le sue tappe rituali, quindi in questo Caos integrale di maschere che rovesciano la realtà apparente, vi è racchiuso il germe del preludio a nuove creazioni più perfette delle precedenti, possibili solamente con l’ingresso del Sole nell’Ariete Astronomico, dove, seppur con tanto di velo ad arte o perché incompreso, tutte le tradizioni tendono alla sintonia con l’esplosione radiosa della Natura che si riveste a nuovo. Mi viene spontaneo dire, che non vi è e non vi può essere quiete, senza prima aver sperimentato la tempesta.
    Un saluto a tutti

  4. holvi49 5 Febbraio 2014 al 23:00 - Rispondi

    Auguro davvero che si possa sperimentare il Caos

    • corolla 7 Febbraio 2014 al 08:43 - Rispondi

      Siamo alla nascita occulta della primavera. C’è già più sole nelle nostre giornate. Tante coincidenze energetiche e tante forze si organizzano per farci ricevere importanti spinte e impulsi. A Carnevale ci mascheriamo per sperimentare il nostro opposto, la nostra natura nascosta. I simboli del Caos prima della trasformazione rimandano al viaggio di trasformazione, per cui anche da parte mia tantissimi auguri alchemici!!!

  5. catulla 5 Febbraio 2014 al 21:52 - Rispondi

    Diceva il Maestro Kremmerz: “Un anno solare, da marzo a marzo, segna un giro completo nelle apparenze cicliche della natura. Tutto ritorna e tutto finisce; la legge fatale dell’eternità nella ellittica solare è una dipintura dovuta all’artefice dell’universo”.
    Così il Carnevale, Navigium Isidis di cui parlava Diogenonn, è l’atto conclusivo del giro in procinto di andare a compimento.
    C’è il Caos e il Cosmos. C’è un Principio Femminile che è Amore e un Principio Maschile che è Ordine. Ci sono una Energia Oscura e una Materia Oscura nell’universo e sebbene la prima appaia immensamente più grande – (quanto lo è in proporzione un ovulo rispetto a uno spermatozoo? Quanto lo è la femmina nelle società animali strutturate in colonie?) – alla nostra percezione di infimi spettatori è dato solo osservare la fase in cui viviamo e, laddove preparati, partecipare alla “Spira elicoidale che prende nascenza nell’astrale dell’Italia vetusta e assurge all’imperio della coscienza universa”.
    Così anche WIWA è data dal congiungimento di WI (tutto ciò che si muove in natura per effetto dell’energia/calore) insieme a WA (scibile spirituale e materiale).
    La proporzione tra i due Principi e tra Caos e Cosmos determina il teatro delle forme che trova nel Carnevale il momento suo più molteplice e variegato dell’anno: una esplosione di cristalli, una scomposizione fino all’origine della stessa luce quando gli aspetti dell’energia radiante si fanno colore dai toni infiniti.
    La bocca aperta della maschera è segno di stupore: e lo stupore è all’origine della conoscenza. Per il tramite di quella che appare come caverna oscura è spalancato l’accesso alle viscere del corpo, all’intimo fornello dove avvengono la separazione dell’aria e del cibo e dove l’essenza da universale si fa individuale. L’infante prova stupore, il fanciullo prova stupore, e lo stupore è rimescolamento di quanto c’era, sovvertimento di valori e forme costituite, ribollio…
    Si dice che quando l’acqua bolle bisogna buttare la pasta, che quando le zolle sono state rivoltate bisogna seminare …: non è un caso. Al rimescolamento segue la fecondazione, la creazione di un ordine nuovo, l’integrazione di elementi ‘altri’.
    Senza Carnevale non c’è nuova semina e non c’è resurrezione.
    E – d’altra parte – il Carnevale dalla veste mirionima è il primo atto del Sole, ancora infero, dopo avere ripreso il suocammino verso il punto più alto. Nella tradizione popolare, si accendono i ceri e inizia il conto alla rovescia che dalla Candelora condurrà alla Primavera, all’equinozio, all’uscita dalle tenebre.
    Fra le tante esperienze attraversate negli anni sotto la sapiente guida di Chi è preposto alla Direzione della Schola, tanti sono stati i momenti di Ritorno alla Sorgente Primordiale (fra l’altro titolo del Primo Seminario Sperimentale a cura S.P.H.C.I. vent’anni orsono). Come rievocato da M_rosa, ognuno di questi ha sempre ricondotto all’Ordine in modo diverso: dinamico, attuale, adattato ai tempi…
    Per Terapeutica Ermetica e Coscienza Acquariana, sempre si è ricreato un piano rispondente alla Fondamentale Pragmatica (dedicata allo studio e alla ricerca e alla sperimentazione terapeutica pro salute populi): e su basi di volta in volta nuove, e più alte e consapevoli.
    Dunque grazie ai Maestri, grazie alla Tradizione ortodossa, grazie alla Natura: e, sì, certo,WIWA!!!

    • Buteo 3 Marzo 2014 al 23:03 - Rispondi

      Martedì Grasso, maschera tragica e maschera comica che rimandano a tragedia e commedia, la cui origine è culto di Dioniso.
      È il Carnevale l’estremo rigurgito di antichi riti sepolti sotto il peso dei 2 millenni di pensiero giudaico-cristiano?
      Nel libro IV delle Metamorfosi, Ovidio ci narra della sorte occorsa alle tre sorelle, figlie di Minia. Mentre le donne di Beozia, conosciuta l’atroce morte, profetata da Tiresia, inferta al sacrilego Penteo (Le Baccanti- Euripide) per il rifiuto di riconoscere il nuovo dio (Dioniso),‘ripongono tele e canestri lasciando a metà il lavoro, e bruciano incenso e invocano Bacco.. fanciullo in eterno, bellissimo e ammirato in alto nel cielo.. il cui corpo, quando si presenta senza corni, è quello di una vergine’. Dioniso che ha ‘conquistato l’Oriente fino all’estremo punto, dove l’India è bagnata dal Gange…ti seguono Baccanti e Satiri e il vecchio ebbro Sileno…’
      Solo le tre sorelle ‘restano a casa a violare la festività, con inopportuno lavoro, … impegnate nelle attività di Minerva, dea migliore.. disprezzando Bacco’, continuano ‘a lavorare ai telai con accanimento’ finché sul far della sera sono raggiunte dall’ira tremenda del dio che ‘con rochi suoni.. un profumo di mirra e zafferano..’ penetra nella casa e trasforma le tre sorelle in pipistrelli che emettono ‘sommessi squittii e prendono nome dall’ora vespertina’.
      Ma chi è questo potente Dio? Chi è questa divinità arcaica, inquietante?
      Soprattutto chi è per noi, che non abbiamo accesso ai riti e al mito antico, libero da sovrapposte riscritture?
      È l’invito del Centro al Carnevale l’invito ad aprire al Dioniso (‘il dio di cui tu neghi l’esistenza’- Le Baccanti) che è in noi? Al dio che ci ordina di sospendere attività e occupazioni in cui, acciecati, passiamo la maggior parte della vita?
      E intanto un brindisi alla vittoria della metafisica ‘Grande Bellezza’ che incredibilmente sta facendo breccia nell’interiorità di pur forse inconsapevoli occidentali.

      • mara329 4 Marzo 2014 al 09:57 - Rispondi

        Le immagini e la comunicazione per immagini riescono ad entrare in profondità, e vi rimangono scavando sentieri , oggi come ieri. Le scritture geroglifiche avevano questo scopo così come le raffigurazioni pittoriche simboliche. Una immagine contiene una sconfinata potenzialità perché non circoscrive e limita e, se originale, dovrebbe richiamare contenuti collettivi archetipali. Oggi un buon cinema può fare molto e, anche se raro, sono contenta anch’io che La Grande Bellezza, film italiano, abbia vinto l’oscar. Per liberarsi di una “Babilonia disperata” (definizione di Natalia Aspesi) l’unica via è la ricerca delle radici e dell’altrove che possono portare a una reale semplicità ove si comunica e si è tutt’uno con la natura pantea. Questo è quanto ho recepito dalla visione del film che stasera sarà dato in TV.

  6. A.Detommaso 5 Febbraio 2014 al 18:34 - Rispondi

    Il Carnevale serve anche per sovvertire l’ordine morale costituito, determinatamente al periodo del suo svolgimento; tra le tante sue caratteristiche possiede anche quella di concedere ai partecipanti la possibilità di esternare gli istinti più nascosti che nell’ambito della festa possono facilmente profilarsi all’orizzonte. Non poche volte, come facilmente riscontrabile, si registrano episodi spiacevoli che portano alla commissione di ingiurie, molestie o violenze. Durante certe pubbliche cerimonie i partecipanti, approfittando del temporaneo travestimento, adottano tutti quei comportamenti, che altrimenti non avrebbero avuto il fegato di compiere.
    E’ anche vero che la maschera artificiale è la meno pericolosa poiché quella naturale può risultare la più reiteratamente insidiosa nella quotidiana e diuturna recitazione, dove i protagonisti tutto interpretano, tranne che la parte più’ autentica di se; qualche volte imitando se stessi o una parte felice della vita che più non si riesce a vivere e che di certo non si riuscirà a far ritornare con l’imitazione.
    Mi fermo qui per non risultare prolisso e rischiare di annoiare i gentili amici di questo rispettosissimo territorio interattivo che mi ospita.
    Con il wiwa della Direzione auspico un rinnovamento atto a promuovere sempre e in ogni circostanza l’emergere della parte Migliore …

  7. m_rosa 5 Febbraio 2014 al 18:23 - Rispondi

    Molti di noi, grazie alle innumerevoli iniziative della nostra Direzione, hanno potuto provare, in più occasioni, esperienze collegate ai concetti di Festa e di Maschera; mi vene alla mente, ad esempio, il seminario “Tradizioni e culti pagani di primavera” del 1996, oppure “La danza delle gru” eseguita in occasione dell’Agape del 2005.
    Ciò che torna vivido alla mente, ripensando a quelle esperienze, è il senso di unità, di coesione, di collegamento che si veniva a creare tra tutti i partecipanti, che travalicando i canali canonici della razionalità e di un linguaggio verbale e non verbale, sempre più spesso prosciugato dai convenzionalismi e dalle frasi ripetitive e vuote, di ogni significato profondo, permetteva di esperire una sorta di “ipercomunicazione” dove ad emergere era il meglio, il Buono che c’era in tutti noi.
    Non vorrei sembrare melensa o romantica, ma credo veramente, perché così le ho vissute, che il compiere certe esperienze con una Guida Sicura e Indirizzata al Bene abbia prodotto questo risultato, chi c’era si ricorderà sicuramente il filo che teneva collegati tutti gli animali…e le mani in cui si raccoglieva! Grazie!
    Ciò, però, non significa che dobbiamo tenere nascosto nel profondo del nostro essere ciò che non ci piace o che ci fa paura, la Maschera permette alla jungiana “Ombra” di non doversi mostrare, di rimanere celata agli altri ma visibile a noi che con tenacia e coraggio tentiamo di trasmutarla.
    Dopo tutto questo anch’io dico VIVA IL CARNEVALE

  8. ulisse 5 Febbraio 2014 al 12:12 - Rispondi

    Eccomi presente a pronunciare quel wiwa insieme alla direzione e a tutti i cari utenti del blog. E a porgere alla direzione un grato pensiero per il messaggio di letizia e vitalità che ci sottrae ai gravami e alla monotonia del quotidiano. Il concetto di maschera è molto interessante. Oggi si interpreta la maschera come sinonimo di falsità: “Togliti la maschera” è l’imperativo che smaschera l’individuo bugiardo. Ma così non era nelle società arcaiche ove questo strumento usato in teatro (il termine che i Latini adoperavano, con grande chiarezza e senza ambiguità, era per-sonam, cioè suona attraverso), non indicava un inganno, ma contribuiva alla rappresentazione creativa della vita o del rivivere, pur se tutta concentrata in quel momento. Furono architettate le maschere non per ingannare, ma al contrario per rivelare. Rivelare cosa? La preoccupazione costante delle società arcaiche era la relazione col divino: dunque attraverso la maschera si credeva dare spazio all’altro da sé, e poter creare tale relazione, perché “suonasse” lo spirito della divinità. Si trattava di una proiezione verso l’esterno, raggiunta però attraverso una profonda interiorizzazione frutto di pratiche cultuali. Parimenti per la maschera dell’animale o del personaggio; dipendeva solo dalle situazioni. Sulla maschera sacra scriveva Titus Burckhardt: “il suo scopo è suggerire un tipo cosmico atemporale”, mentre Jung asseriva che: “…del contenuto della persona dobbiamo dire, tutto sommato, quanto dicemmo dell’inconscio collettivo; …essa è solo una maschera della psiche collettiva”. Un cortese saluto a tutti.

  9. fulva11 5 Febbraio 2014 al 01:13 - Rispondi

    Grazie. Aggiungo il mio WIWA!

    Semel in anno licet insanire, una volta l’anno è lecito impazzire, dicevano i latini che, sapendo come convogliare le energie dei momenti dell’anno, in questo periodo si ingraziavano i favori del dio Saturno, il grande regolatore della vita e della morte. Era lo scongiuro della morte perché ciò che germinava nell’oscurità si preparava alla nuova vita manifesta e alla nascita.
    Un caotico fermento… un vibrante movimento… un rimescolio di tutti gli elementi…come il mazzo dei tarocchi che proprio nelle abili e intelligenti mani di quel femminile cui allude Diogenon faceva e fa la trama del nuovo ciclo annuale…
    Un grande ventre pieno di tutti gli elementi vitali pronto a generare meraviglie!

    Ora in pratica, a carnevale è particolare la maschera posta in evidenza dalla Direzione che diviene lo strumento fondamentale non per mascherarsi, ma al contrario per mettersi a nudo: scardinando le resistenze della propria immagine precostituita dal ruolo sociale qualunque esso sia in famiglia nel lavoro eccetera, fa assumere una non fisionomia, uno stato di essere magmatico e totipotente, in sintonia con il fine della Mater-ia e della prossima Prima-Vera.

    Quindi ben venga lo spirito del carnevale che nel sovvertire e capovolgere dà un bel giro alla ruota!

  10. sannitica2011 4 Febbraio 2014 al 21:14 - Rispondi

    Le feste carnevalesche sono simili alle antiche in onore di Dioniso. Entrambe comportano l’uso della maschera. E forse proprio la maschera le fa risalire a tempi assai più antichi. Sono feste di rovesciamento di ogni aspetto, forse di un possibile contatto con le forze più primordiali, attraverso adeguati rituali. La maschera è il segno esteriore di una metamorfosi, provocata dalla divinità, in cui l’individuo e la divinità si fondono. La maschera spinge ad uscire da sé, nasconde e rivela, abolisce il tempo consueto e mostra quello delle origini. Appunto in tempi più remoti era legata allo sciamano, alle forze della natura associate a figure d’animali e al mondo degli spiriti, cioè al mondo di quanto di più profondo si cela dietro la maschera. Non può essere considerata una maschera l’involucro coriaceo che inviluppa la crisalide, facendola sembrare immobile, mentre in realtà in essa si stanno attuando le incredibili fasi della sua metamorfosi? E’ sorprendente vedere come, pur cambiando i tempi, le date di alcune sacre cerimonie che scandiscono l’anno e le stagioni si rinnovano: i ritmi naturali non possono essere sostituiti né l’eterna ricerca dell’essere umano delle sue Origini.

  11. Diogenonn-- 4 Febbraio 2014 al 15:13 - Rispondi

    Sin dall’Ottocento alcuni studiosi fanno discendere il termine carnevale da carrus navalis meglio conosciuto come Navigiun Isidis, il carro a forma di nave che precedeva la processione mascherata ben descritta da Apuleio nelle metamorfosi. Festa che nell’antica Roma si celebrava per alcuni studiosi il 25 Marzo, per altri con data mobile corrispondente alla luna piena dopo l’equinozio. Nel Rito del Navigium Isidis con molta partecipazione di maschere si ritrovano i tratti fondamentali che caratterizzano il complesso rito pasquale (e quello che lo precede) di purificazione/rinascita e non poteva non essere così restituendo ad Iside, Mirionima nei millenni, il compito di rigenerare tutto in natura.
    Nel Medioevo e Rinascimento il carnevale in molte contrade d’Europa prese il nome di festa dei folli o “nave dei folli” in ricordo della nave d’Iside quando in alcune chiesa del nord Italia un Asino vestito da prete veniva condotto all’altare. Era lo stesso Asino d’Apuleio? E perché i chierici in quei giorni entravano in chiesa vestiti da donne? Forse erano tentativi maldestri di ricongiungersi ad un principio femminile che la dottrina tentava in ogni modo di occultare e strumentalizzare senza riuscirci appieno.
    Come si fa infatti a rinnegare la vita ed il principio rigenerativo che la governa?

    Ed ecco ritornare il tempo di Carnevale che precede l’Ariete. Quindi, un grazie di cuore alla direzione per l’input a viverlo al meglio.
    Con gioia: Wiva WIva il carnevale …

    • mandragola 5 Febbraio 2014 al 01:57 - Rispondi

      Mi collego a diogenon che ricorda l’asino d’oro per far notare che in questo periodo di carnevale si incontrano nella tradizione popolare diversi elementi che riguardano gli animali. Nel centro Italia l’inizio del carnevale coincide con la festa di S.Antonio Abate protettore degli animali, cani, gatti, pecore, cavalli, uccelli che in questa ricorrenza si portano a benedire. E forse non a caso nel medioevo la parola carnevale significava “carne-levare”, non mangiare carni, in riferimento all’inizio della quaresima pre-pasquale e quindi all’esigenza di una purificazione e forse anche al fatto che gli animali – animale, anima, animare – incarnino lo stadio più primitivo e animico dell’essere umano.

      Con tanto affetto buone frittelle e un WIWA a tutte/i!

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