catulla2008

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  • catulla2008
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    Trovo molto interessanti le informazioni riportate da Buteo.Infatti, se l’Etologia oggi asserisce “che non esiste alcun carattere (comportamentale o altro) che non sia frutto di un’interazione tra fattori genetici e fattori ambientali” questo rimette al centro il fattore discrezionale di ciascun individuo e anche la possibilità di rendere consapevole tale azione fino alle nostre molecole e, perché no?, ai nostri geni.
    A differenza dell’approccio orientale verso un karma ineluttabile da scontare, la Scuola Filosofica Italica ha sempre rivendicato la possibilità di agire fino nel più profondo dell’individuo (e difatti così è intesa la terapeutica ermetica). Oggi lo conferma pure la scienza che i geni possono essere attivati o restare inattivi a seconda dell’ambiente… Ma qual è il primo ambiente? Non è forse il nostro stesso corpo? Non sono forse i nostri stessi pensieri, emozioni, sensazioni? E, dunque, procedere a ritroso verso il quid che detiene la capacità di disporne dentro di noi, non significa anche riacquistare le chiavi della salute e dell’equilibrio?
    Credo che l’operatività e le pratiche tradizionali proprie della Schola, sotto la guida di Chi ci è già passato, portino a rendere attivo e consapevole il contatto con il proprio principio vitale e, in un graduale esercizio a prendere e lasciare di tutto (dai cibi, ai pensieri, alle ondate emotive) fino alla capacità di impugnare il famoso karma o disposizione genetica che dir si voglia in modo da sanarsi ‘fino nel profondo’.
    Ecco perché il cammino nella Schola è davvero un’opera mirabile di salute e di luce.

    catulla2008
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    Quello che scrive Mandragola mi ricorda quando nel linguaggio si dice che una persona è ‘assorbita’. Normalmente si associa al lavoro (es. assorbita dagli impegni, dalle faccende, ecc.) ma il termine vale anche per i pensieri. Quindi osservo che tutti noi sperimentiamo o abbiamo sperimentato, magari inconsapevolmente, uno stato per cui tutto si silenzia intorno, ‘presi’ come siamo da ciò che annulla ogni altro stimolo. Il bambino sovente vive tale condizione mentre gioca (magari non con i video-game ma con i normali giocattoli, trenini o bambole che siano!). L’adulto mediamente è così quando fa qualcosa che gli piace (lettura, partita di calcio, pratica di un hobby). Mi sembra perciò facile per tutti capire ‘cosa’ sia il silenzio; più difficile, credo, evocare tale condizione a volontà nel momento in cui ci si predispone al contatto con la catena o, semplicemente, la si richiama alla bisogna.
    Inoltre penso che, a seconda del livello evolutivo dell’essere, la condizione di ‘assorbimento’ (ma andrebbe approfondito il termine per sapere sostanzialmente COSA avviene nella materia vivente) si allinea a funzioni sempre più raffinate: nella chioccia sarà la cova, nello scienziato la descrizione di una legge della Natura, nell’Ermetista della Fratellanza il rimedio atto a restituire salute ed equilibrio.

    catulla2008
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    Pensare per immagini: dunque la scienza sta arrivando a questa conclusione sulla base, com’è ovvio, delle ultime evidenze. A questo proposito, e riallacciandomi a quanto appena scritto da Wiwa, ho sempre pensato che il biblico ‘e diede un nome a tutte le cose’ attribuito ad Adamo nascondesse proprio questo salto compiuto dall’umanità nel momento in cui il cervello si strutturò in modo da ‘separare’ e ‘ordinare’ le informazioni. Dare un nome, infatti, signiica richiamare alla mente una entità, sia esso cosa o persona. E se prendiamo a guida il percorso che fa il cervello infantile nel suo sviluppo, dalla figurazione nominata (appunto di cose o persone) il passo successivo è probabile sia stato quello della rappresentazione di sentimenti.
    Quando cose e persone si legano in sequenze specifiche noi li chiamiamo fatti: e sono i ‘fatti’ che il cervello umano, sempre prendendo a modello le tappe del bambino, si fa capace di de-costruire e ri-costruire a misura che cresce e si sviluppa. Così, a seconda dell’ordine preso dagli eventi, il cervello diventa capace di astrarre e identificare, e quindi di dare ‘nome’, all’energia che li ha caratterizzati. In breve, dopo il nome, che definisce l’entità, e l’aggettivo, che ne specifica contorni e relazioni, arriva il VERBO.
    Questo meccanismo, una volta afferrato, diventa autogeneratore e tende a moltiplicarsi all’infinito.
    Osservo ad esempio gli EMOTICON, le famose ‘faccine’, le quali rapidamente diventano linguaggio in una sorta di futuro remoto. Le faccine sono oggi per la massa umana quello che sono i cartoni animati per i bambini: un modo internazionale, sovralinguistico e comune a tutti gli esseri umani, di comunicare sentimenti, emozioni, ma anche intenzioni e, alla fine, di dare ‘nome’: ancora una volta per immagini.

    catulla2008
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    Appena sentita al TG2: “…Patrizia, santa patrona di Napoli, versione cristiana di Partenope, la dea che ha fondato la città”. Evviva! Finalmente si rende giustizia alla storia! A quanto pare dopo la fiction (di cui ci ha parlato Cozza e che ci ha stuzzicato a guardare le cose da un’altra prospettiva) ora anche i mezzi di informazione si occupano di una città che andrebbe restituita alla dignità che non ha mai smesso di avere a livello internazionale e che invece è stata misconosciuta per anni se non per decenni proprio da noi italiani. Mi sorge però un dubbio… Non sarà che si vuole anticipare la stampa internazionale, solitamente ben più libera e incisiva di quella nostrana, che in queste ore si focalizza sul capoluogo campano in virtù del riconoscimento alla pizza?!?!? Sia come sia, W Napoli e la sua bellezza antica, alle fonti del Sebeto!

    catulla2008
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    Leggendo i post mi è tornato alla mente un vecchio episodio della serie fantascientifica Star Trek in cui il medico del futuro passando in incognito accanto a un paziente in dialisi gli somministrava una pilloletta che induceva il rene a guarirsi e frattanto mormorava ” barbari”. Ecco credo non dovremmo mai dimenticarci che la scienza medica è in itinere ed è più arte che verità assoluta. A differenza della scienza ermetica che in sé è già completa e perfetta grazie a quegli esseri che nella storia hanno potuto e saputo portare al massimo grado l’evoluzione della nostra umana specie. Ecco allora che, proprio guardando a tale patrimonio sapienziale in atto e in carne, mi viene da dire che la medicina cammina verso la capacità ermetica di attivare in sé e per sé le difese immunitarie che oggi passano per il vaccino. (Ciò che vale pure per il cellulare rispetto alla telepatia). Nondimeno vedo la strada ancora lunga e comunque non massificabile. Se guardo alla mia famiglia, la zia è stata contagiata dalla poliomielite all’ età di due anni ed è vissuta e vive da invalida. Mia madre, sua sorella, è diventata asmatica cronica dopo una vita passata a vaccinarsi (contro il raffreddore cosiddetto da fieno e per la sua allergia ai pollini). Chi sa dove sta il vero? Non ci può essere la ricetta per tutti ma non c’è ancora in società il collegamento volontario al proprio principio vitale. Forse fra millenni ne disporremo come delle nostre braccia e mani e chiameremo barbari coloro che non hanno tale facoltà guardando a loro come oggi si guarda alle antenate bertucce. L’importante è non dimenticarci mai che la scienza ufficiale è in cammino mentre quella ermetica (quantomeno nella Schola nostra) ha già tutto ciò che serve all’essere umano che vuole tentarne la realizzazione vivente.

    catulla2008
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    Voglio intervenire in questo discorso così scientifico di materia e antimateria partecipandovi alcune riflessioni. Secoli di cristianesimo ci hanno inculcato la stramba idea che la nostra anima sia come l’acqua in un bicchiere, contenuta ma separata dal corpo. Così, ogni squilibrio, malattia, sofferenza che ci punzecchia siamo lì a preoccuparci di eliminare o tacitare quella che viene percepita come ribellione dell’organismo. Oppure, di contro, specie se siamo acculturati con qualche infarinatura di psicanalisi, ci mettiamo a indagare sul passato e l’inconscio e la parentela fino alla terza generazione convinti che la nostra indagine scioglierà senz’altro i nodi di ogni imperfezione…in virtù della concezione di perfezione finalmente (?!!!) acquisita.
    Ma il nostro corpo siamo noi, e i suoi dolori il risultato di tutto quello che abbiamo fatto, detto, accumulato in ogni istante: dalle abitudini alimentari a quelle del pensiero; dai sussulti emotivi che ci sbattono nella giornata a quelli sensoriali che ubriacano di stimoli con odori, sapori, colori, rumori magari inutili quando non dannosi.
    Insomma è vero che siamo UNO all’interno della circolarità della nostra catena, ma prima ancora siamo UNO all’interno della circolarità del nostro corpo dove ogni cosa – fatto, opinione, idea fugace – è noi e diventa noi continuamente. Siamo felicità e sofferenza prima ancora che questa diventi patologia. E siamo vizio e stortura prima ancora della malattia. E possiamo essere balsamo e salute prima ancora di ogni medicina.
    Forse dunque la prima antimateria inafferrabile è davvero il pensiero: quello che si fa parola e poi opera, sia esso cosciente o inconsapevole.

    catulla2008
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    Se ci concepiamo come corpo unico dobbiamo pensare che la comunicazione fra noi è come quella che avviene nel cervello fra i vari neuroni che lo costituiscono.
    Lì, ogni collegamento fra i neuroni è detto sinapsi e ogni comunicazione innesca una modifica che si riverbera nel cervello tutto.
    (Il fisico Carlo Rovelli faceva notare che ogni essere umano, a prescindere dal fatto che ne sia consapevole o no, E’ il processo formato da tutti i legami e le combinazioni dei suoi neuroni).
    Così, analogamente, credo di intendere che il CORPUS di questa nostra Fratellanza di Miriam SIA quanto emerge da tutti i legami e le combinazioni in cui si possono trovare i suoi componenti, a prescindere dal fatto che ne siamo consapevoli o no.
    E poiché appare ovvio che lo spazio di questo sito, e questo FORUM, magistralmente concepiti e auspicati dal Centro della SCHOLA, non possano che essere in pro salute populi (di Miriam e NON) e in pro della Schola stessa, se prendiamo coscienza dell’importanza della comunicazione fra noi diventando consapevoli della nostra unità, possiamo non ostacolare l’intento del Centro e rendere fruttifero quanto da Esso propiziato per una sempre maggiore intelligenza nell’unità.

    catulla2008
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    DO UT DES = do affinché tu dia
    Quando abbiamo visto il film AGORA’ in sede accademiale, raccogliendo l’invito a riflettere sul concetto di ‘schola’ inteso all’originaria maniera, siamo stati tutti colpiti dal personaggio di Ipazia. Filosofa, assetata di conoscenza, certamente pioniera per il suo sesso e per il suo tempo, non poteva contare su una tradizione completa. Nondimeno, pur camminando in solitudine, ‘quell’aculeo che spinge e che sprona’(VEDI NOTA) la spingeva a diffondere ovunque quanto sapeva perché la condivisione della conoscenza era per lei come un respiro che restituisce all’ambiente quanto dall’ambiente prende.
    Ma lei, a differenza di noi, era sola, così come sono stati soli i maestri delle tante schole filosofiche che, ciascuno secondo le proprie peculiarità, hanno portato avanti il sapere e i germi delle conquiste scientifiche a venire.
    Noi non siamo soli. Noi siamo una Fratellanza. In tale prospettiva ci siamo soffermati sul concetto di gerarchia, intesa come ricaduta a cascata delle nature più ricche e più evolute a partire dal Centro della nostra Rosa, Capitolo non a caso definito ‘operante’.
    Ebbene, ripensando dunque a quanto detto nella riunione, osservo che noi, oggi, possiamo contare su un corpus di conoscenze che non solo è Schola ma è Catena intesa secondo la magistrale definizione data in questo stesso sito: “…Come in aritmetica le frazioni sono ridotte a un denominatore comune per farne la somma, gli elementi della stessa catena si equilibrano in una fisionomia comune e in una somma di vibrazioni omogenee, che danno ai meno abbienti il superfluo delle nature più ricche, senza pertanto squilibrarle e/o impoverirle…”.
    Noi abbiamo il conforto di sapere che le nostre domande più intime e profonde potranno trovare risposta e stimolo ulteriore grazie ai Maestri che hanno incarnato e reso materia viva e vivente quel corpus di conoscenze così ‘classico’. Intero. Perfetto. Luminoso come è naturale a qualsiasi stella il brillare.
    E nel nostro piccolo pure noi, italici, pratici, concreti, per cui Amore non è solo fantasia sterile, innamorati di questa Idea non possiamo non sentire spontaneo il parlarne, il condividerne i progetti, il difenderne l’essenza.
    Così penso si possa tradurre il concetto di quel DO UT DES = ti amo così che tu pure amerai

    Nota-Kremmerz dà questa definizione dell’Amore nell’iniziato a pag. 331 del Volume II de la Scienza dei Magi

    catulla2008
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    Mi fa piacere questo discorso sulle Sirene perché è un discorso sull’importanza della voce: non intesa come di solito accade, per complimentare o criticare un cantante o un attore o uno speaker, ma per parlare dell’importanza che ha nell’essere umano. Dar voce è fare uscire in maniera comprensibile da tutti un’emozione, un pensiero, un sentimento, un’idea. La voce può cullare, come quella della madre per l’infante, può consolare e ammonire, può sferzare o bloccare, può sollevare o abbattere. Neppure ci rendiamo conto di quanto è importante la voce in quest’epoca dove tutto spesso passa per una fila di lettere sullo smartphone… Lettere che diventano la nostra voce e solo la nostra, perché è con quella che leggiamo nella mente e con quella che facciamo nostre le parole scritte.
    Quando non si vuole sentire la voce di qualcuno è perché si teme la sua interiorità, la sua materia che ci arriva vibrando e scuotendo la nostra.
    La voce feconda continuamente, anche in un’epoca di rumori come quella attuale (e nella fiction c’è anche questa denuncia).
    Una voce amica può scaldarti anche nei momenti di gelo relazionale o sociale.
    Del resto l’essere umano è l’unico animale in grado di dare forma alla propria voce, quindi di ‘scolpirla’.
    La voce è una scultura in movimento.
    Kremmerz diceva che “il Pontefice rituale dalle mani pure pronunziava le magiche parole per aprire la bocca della mummia. Dall’ istante in cui queste parole dal gran sacerdote erano dette con voce giusta e l’intonazione che arriva la Mummia mutava di condizione”(Tarocchi dal punto di vista filosofico LA MORTE). E altrove il Maestro dice “la preghiera è l’incantesimo, è la ninna-nanna che culla l’anima” (Lettera a una Madre che ha perso il figlio).
    Quindi mi trovo d’accordo nel restituire dignità alla voce, anche per rintuzzare tutti quelli che sostengono che ‘quello che conta sono i fatti e non le parole’ perché io credo che le parole possano essere FATTI e vengano vissute come fatti da chi le percepisce, le ascolta e, talora, le subisce.
    Poi mi domando: ma la radice della parola ‘sirena’ non sarà assimilabile anche a ‘seiros- Sirio’ che ha dato il nome alla stella? Dopotutto il significato di splendore che indicava il sole potrebbe attribuirsi anche alle sirene…

    catulla2008
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    Sì cozza, ci va un Maestro e non basta la scuola. Perché dire ‘scuola’ significa dire ‘tradizione codificata’ ma poi occorre che quei ‘semi’ della tradizione diventino carne viva perché è la mela matura che fa maturare le altre mele, non il sacchetto dei semini.
    Un Maestro non va inteso come quello che ti propina una materia a scuola (più o meno spiegata bene) e poi ti interroga. E nemmeno come quello che ti guarda dall’alto e con modi benevoli ti impartisce la lezioncina o, peggio, con fare di superiorità gode a farti vedere quanto sei piccolo e misero tu che hai tutto da imparare.
    Qui si parla proprio di altro.
    E soprattutto bisogna dare il giusto valore alla parola ‘Maestro’ perché non è un’etichetta ma proprio un modo di essere che è diventato strutturale, profondo, immutabile nella sostanza anche se adattabile nella forma.
    Un Maestro, in questo cammino, è quello che non ha bisogno di nessun allievo perché la sua vita è tutta un’attività, anche ….verso il fattorino che consegna un pacchetto e che non si interesserà mai di Ermetismo!
    Un Maestro è qualcuno che ha trovato dentro di sé quell’aggancio tale da non essere più influenzato dalle onde delle passioni, dei sentimentalismi, delle ambizioni e si vive la propria santa vita emanando solidità, sicurezza, forza…pur continuando a mantenere il suo carattere, le relazioni sociali, gli affetti.
    Io ho visto, sentito, toccato e posso testimoniare per il Maestro che ho visto all’opera nella Schola e nella vita.
    Anch’io pensavo che bastasse la Schola e che fosse automatica la presenza di uno o più Maestri: ma non è detto. Perché quella Tradizione codificata e ortodossa poi bisogna farla diventare ciccia della propria ciccia, e allora ti rendi conto che quelli che più ne parlano sono quelli che meno l’hanno incarnata.
    Solo quando vedi quello che puù fare la pratica di decenni e decenni su un essere (che evidentemente già aveva fatto il suo bel lavoro nei secoli avanti, ma questo lo puoi solo supporre per logica) ti rendi conto che le parole – scritte o dette – della Tradizione da sole non sarebbero mai bastate.
    Il Maestro è un essere umano come Te, diverso da Te, che può parlare alla Verità dentro di Te perché ha trovato e vive la Verità dentro di sé.
    Credo sia da esseri come questi che poi sono nate le religioni perché è facile esserne attratti fino a chiamarli dei e profeti: ma la Schola insegna che l’Ermetica è scienza sperimentabile da tutti gli esseri di buona volontà, e allora intendi che è il caso di tirarti su le maniche e cominciare a fare per quanto puoi e più che puoi.
    Per questo l’incontro con un Maestro è un incontro che non ha prezzo. Infatti è tutto gratis (in senso etimologico vero, per grazia).
    Per questo un Maestro nella Schola è un faro che non acceca la tua intelligenza in un mistico asservizio ma ti insegna a metterti al servizio di ciò che vale e può dare senso: oggi alla VITA tua individuale, domani – chissà! – a tutta la tua esistenza.

    catulla2008
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    Caro cozza, arrotondare gli spigoli è un obiettivo, non sempre percepito e non sempre facile da attusre anche quando lo si è percepito… Non per nulla le linee curve sono quelle delle forme più evolute delle quali è impossibile non riconoscere il profumo fino dai primi boccioli…
    La pratica nella Schola aiuta a smuovere il terreno, la Tradizione magistrale a seminarlo, la vita accademiale a…coltivarlo. E chi abita lontano? Beh, dipende da quanto si innamora di questa strada! Sai, ci sono quelli che vivono con trasporto, e allora mettono lo stesso trasporto nel cetcate sentire toccare le cose che si possono fate insieme e si viaggia, si scrive, si chiama, si videochiama: oggi i mezzi non mancano. E ci sono – come sempre e da sempre – i più tiepidi, cui basta la parola ogni tanto e il fare ogni tanto. Come in montagna ognuno prende il passo che gli si addice in piena libertà.
    In merito alle Sirene io sapevo che sono donne particolari, capaci di camminare come di cangiare il proprio corpo in squame vischiose che le rendono uno con le acque. Mi pare però che per originare la vita serva un doppio circolo:quello dell’evaporazione e delle piogge seguenti, nonché quello più interno dato dal filtro della roccia stessa. Forse le Sirene possono essere partecipi di entrambi data laloroduplice natura ?

    catulla2008
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    A distanza di tanti anni è difficile ricordare come si viveva da non-miriamici ma… Ecco, credo sia importante questa testimonianza per raccontare – a chi è oggi come eravamo noi un tempo – il nostro presente, così normale e così diverso da chi miriamico non è.
    La nostra vita somiglia un po’ a un dialogo costante con le cose del quotidiano e con le forze che possono gestirle. Ad esempio, il figlio si sveglia con il mal di testa e chiede se puoi fargli ‘qualcosa’: lui è abituato che papà ‘fa’ e dopo un po’ passa il mal di testa. La figlia ha una interrogazione ed è agitata: chiede un ‘pensiero’, mamma ‘fa’ un pensiero e la figlia si calma e l’interrogazione andrà bene. Esci con la macchina e nel traffico del mattino un pazzo ti taglia la strada senza mettere la freccia ma… hai un talismano che ti protegge e miracolosamente freni prima di sfondargli la fiancata e, altrettanto miracolosamente, quello dietro di te non si infila come un lego nel tuo portabagagli.
    Arrivi sul posto di lavoro e il collega si lamenta di nuovo della sua insonnia. Gli rivolgi un sorriso e gli chiedi se ha trovato il tempo per andarsi a fare un controllo dal medico così da avere una diagnosi. Poi, alla pausa caffè, gli domandi se ha scaricato il modulo dal sito della Schola che gli hai indicato (dove si può chiedere aiuto terapeutico) ma lui dice che non l’ha ancora guardato ma che dal medico ci deve proprio andare. Guardi le mail e a distanza di due anni c’è chi ringrazia perché il figlio diabetico sta facendo il liceo e ha stabilizzato la propria salute con le cure adeguate. Esci dal lavoro e come al solito non trovi dove hai messo le chiavi e al terzo smoccolamento ti decidi a fare il salmo per ritrovare le cose scomparse e finalmente ricordi di averle messe nell’altra borsa.
    Vai al supermercato per una spesa veloce e vedendo le mele pensi che forse il catarro che non ti sta passando con lo sciroppo prescritto dal medico certo passerà con l’odore di mele carbonizzate come suggerito dalle Lunazioni trascritte da Kremmerz (139,1): anche se la Luna non è quella buona, perché non provare? Tante altre volte ha funzionato lo stesso.
    Arrivi a casa piuttosto stravolta e con lo scoramento incipiente. ‘Fai’ anche qualcosa per te stessa e lo scoramento passa. Così, magari, prima di andare a dormire, per rafforzare l’opera delle mele carbonizzate, prendi anche una tisana, su cui magari hai ‘fatto’ un pensiero e finalmente hai la certezza che domani andrà meglio.
    Miriamica è… un modo di essere, di vivere, di sentire. Difficile da spiegare a parole ma, certo, più facile da sperimentare, caro Cozza!

    catulla2008
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    Mi fa un grande piacere trovare questo nuovo filo più informale e fluido come le conversazioni da salotto che un tempo avvicinavano le persone più disparate, dagli artisti agli intellettuali, dagli spiantati creativi ai raffinati professori. Ebbene ne approfitto per lanciare un argomento apparentemente lontano da ogni idea di scienza e di ricerca ma imprescindibile quando si parla di Natura. La Provvidenza, il concetto di Provvidenza, come viene vissuto da chi pratica il cammino ermetico tradizionale? Si sa ad esempio che nelle religioni sì prega e si attende la grazia. Nella tradizione magica invece si prega con la consapevolezza del risultato ma questo risultato deve comunque rispondere a un disegno di Giustizia che diventa chiaro nellla sua totalità solo agli esseri che si sono integrati alla propria ragione di esistenza. E per gli altri? quelli in cammino? Anche loro si affidano e sperano nella Provvidenza. La verità è che concepire la divinità e i suoi disegni è possibile solo agli Dei…

    catulla2008
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    La convention è stata molto densa di significati e di comunicazione autentica. Fra i tanti vorrei ricordare due momenti che mi hanno particolarmente toccato. Nel primo giorno, l’approccio al tema intitolato “La Tradizione in Rete o la Rete della Tradizione?”quando si sono evidenziati con lucida semplicità sia il linguaggio archetipico dei timbri delle Accademie che l’idea di rete loro sottesa; nel secondo giorno, l’excursus compiuto dai relatori in merito alle arti e alle scienze nel loro divenire storico e in relazione alla Tradizione Ermetica, quando si è riproposta all’uditorio la sintetica figura dell’elicoide. Di fatto, i fili della scienza che ha per nume Hermes paiono in grado di collegarsi sempre e comunque ad ogni attualità, pur restando ancorati alle proprie radici mediterranee, italiche e, in ultima analisi, alla Terra Mater. Così, ripescando dalla memoria quella felicissima sintesi di Giuliano Kremmerz in cui si diceva che “nella materia unica non intuiamo le differenze che per variazione dispositiva di atomi”, si è rinnovato lo stupore per la meraviglia della natura e del corpo umano, tempio e scrigno dove è custodito il gancio, o uncino, che nel cielo stellato legge il percorso per accendere in noi “l’intelligenza arcana che dà all’essere la coscienza del vero”. Una fortuna aver potuto fare questa nuova esperienza con la S.P.H.C.I. e con il Museo del Sigillo.

    catulla2008
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    E’ una luce che si accende nell’autunno imminente questo evento speciale. Come tutti quelli organizzati dalla S.P.H.C.I. sarà foriero di stimoli, di semi, di idee, di input impensati e impensabili, occasione di scambio, pietra per chi già vive nel suo seno generoso un percorso di ricerca e di operatività. Tanta attesa, specie perché giunge dopo i corsi che hanno accompagnato la curva discendente dell’estate e che hanno sollecitato tanti a una prospettiva nuova sulla Tradizione Magica e alla sua applicazione a una terapeutica dell’essere.
    La grandezza della Miriam, e la sua distanza dalla paccottiglia chiacchierona che annaspa fra pezzi di carta e patacche, sono come sempre all’evidenza di qualunque osservatore lucido. E dati i tempi in cui viviamo non si può che sperare ed auspicare che tanto sforzo di diffusione trovi un terreno massimamente fertile in tutte quelle persone di buona volontà pronte ad attivarsi per rendere migliore il mondo…: a partire da sé stessi e per un’Opera di salute e luce che vada oltre.

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