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    Questa sera su IRIS alle 21:00 proiettano “Room”, film del 2015. Claustrofobico, sì, ma non per il figlio, il cui mondo, nei suoi primi anni di vita, è la madre. La madre, una giovane madre, la si vedrà, guidata dall’intelligenza e cura sgorganti dall’amore per la sua creatura, presentare il mondo al bimbo, con una perfezione irraggiungibile per qualsiasi titolato specialista. Prova ne sarà il crollo psico-emotivo che, alla fine, subirà ella, ma non il figlio, la cui interiorità si è andata forgiando nel reciproco amore con la madre. Una presentazione, questa, totalmente controcorrente al pensiero comune, alla ‘paideia’ oggi imperante…

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    Ho rivisto ieri ‘Don’t look up’: spesso scelgo i film in base all’interprete. E Di Caprio è una garanzia.
    L’ho rivisto perché in una recensione leggo che ci sarebbe stata una corsa da parte degli attori al film, per le tematiche ambientalistiche sottese, ora molto in voga. Che abbia perso qualcosa?!? Boh, non trovo tematica ambientalista in una cometa che nella sua orbita si trova a centrare la Terra… Invece ciò che mi appare tristemente meraviglioso nel film è la fotografia sulla nostra società: quelli siamo noi, siamo noi oggi. Perché solo 40 anni fa eravamo diversi: banalmente non avevamo accesso, se non limitato, alle informazioni e ai dati e non eravamo commessi all’universo social, dove trovare ed esprimere ogni pensiero o elucubrazione della mente. Ci illudevamo allora che, se avessimo saputo e conosciuto, ci saremmo liberati dalle catene di sottomissione, ignoranza, manipolazione…

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    Riguardo al collegamento che fai, M_Rosa, tra vaccino e omeopatia, sappiamo che quest’ultima (OMEOPATICA, TERAPIA in “Enciclopedia Italiana” (treccani.it) vide l’origine nel successo che ebbe E. Jenner (1749-1823) contro il vaiolo, quando iniziò a inoculare, in soggetti non ancora contagiati, pus prelevato da pustole vacciniche. La virtù di Jenner fu di mettere a frutto un’antica conoscenza diffusa nelle campagne inglesi, dove si sapeva che le mungitrici guarite dalle lesioni su mani e braccia, contratte per aver munto vacche le cui mammelle presentavano pustole simili a quelle vaiolose, erano protette dallo sviluppo della malattia e non sviluppavano il vaiolo. Ebbe così l’intuizione di attuare la tecnica che segnerà l’inizio delle vaccinazioni (vaccino = di vacca) e una svolta nell’approccio di malattie infettive gravi. Il successo che il metodo andava riscuotendo portò molti medici, tra i quali l’inglese G. Hunter (1728-1794), a rispolverare l’antico assioma ‘similis similibus curantur’, di cui si ha testimonianza in testi sanscriti del 1200-600 a.C., per il quale si ammetteva che due malattie dello stesso genere non possano coesistere nello stesso organismo. Si ipotizzò che un farmaco esercitasse effetto terapico quando avesse provocato i sintomi della malattia che deve guarire. Siamo nel XVIII secolo. In quegli anni la medicina ‘ufficiale’ disponeva di pochi, per non dire nulli presidi terapici (perlopiù salassi e clisteri) con scarso beneficio, quando non danno, per i pazienti. Il successo di Jenner stimolò la ricerca empirica e Samuele Hahnemann (1755-1843) osservando che la somministrazione di chinino, utilizzato nella terapia della malaria, causava una febbre simile a quella malarica, ipotizzò che proprio in questo effetto stesse la risposta terapica. Da lì la sua copiosa ricerca di sostanze che provocassero sintomi simili alla malattia che si voleva curare e la sperimentazione con diluizione, dinamizzazione ecc. Hahnemann ebbe il merito di rifiutare ‘terapie’ decisamente fallimentari e di ricercare nuove vie terapiche, ma il suo metodo non è mai stato oggettivato.
    Non sapeva Hahnemann, come non sapevano Hunter e nemmeno Jenner, che l’efficacia della inoculazione con pus prelevato da pustole di mungitrici, stava nel fatto che dette pustole contenevano il virus del vaiolo vaccinico, simile a quello del vaiolo umano, ma con capacità patogenetica decisamente inferiore. La ‘somministrazione’ del virus zoonotico poco virulento per l’uomo, proteggeva contro il vaiolo umano, frequentemente mortale: l’assioma ‘similis similibus curantur’ si dimostrava vero. Nel corso dei decenni, numerosi agenti infettivi sono stati individuati e riconosciuti responsabili di malattie e sono stati indagati e compresi sempre più i meccanismi di reazione dell’organismo, con conseguente costante e progressivo affinamento delle metodiche di prevenzione.
    In realtà, non solo il ‘vaccino proteico’ ma ogni vaccino agisce proprio perché trasporta o ‘presenta’ una parte antigenica (= un insieme di proteine) di un virus (o altro agente infettivo) verso il quale si vuole stimolare la risposta immunitaria nell’organismo ricevente. L’enunciato ‘similis similibus curantur’ nasceva verosimilmente dalla consapevolezza, almeno empirica, che già si aveva nell’India e Cina del 2° millennio a.C., dell’efficacia delle tecniche di ‘variolizzazione’ allora in uso contro il vaiolo. L’omeopatia è altro.

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    In effetti, Wiwa, il podcast è ancora in fieri.
    Riguardo alla domanda di M_Rosa, i vaccini ‘proteici’ sono in uso da decenni (es. antiepatite e anti-influenza) e ne contiamo circa 50 antiCOVID-19 in sperimentazione nel mondo. Sanofi e GSK sono in fase III in Africa, Asia e America Latina; Novavax e la cinese Clover sono in attesa di autorizzazione e l’Indonesia è il primo paese ad aver autorizzato Novavax agli inizi di novembre.
    Al link seguente possiamo avere un’idea sulle caratteristiche di questo, a base di proteine ricombinanti, rispetto ad altri 2 tipi di vaccino.
    https://www.swissmedic.ch/swissmedic/it/home/chi-siamo/pubblicazioni/video/different-types-of-vaccine.html

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    Chi volesse avere un’idea di come evolve la Medicina, può ascoltare il podcast di Osservatorio Terapie Avanzate, patrocinato dalla Fondazione Telethon, a scopo divulgativo. La modalità espositiva semplice agevola la comprensione di argomenti di per sé complessi, sui quali potremo tornare per approfondire ciò che risulti di comune o maggior interesse.
    https://www.spreaker.com/show/reshape-ota.

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    Interessante lo studio che citi e mi dispiace forse intaccare l’entusiasmo che esprimi, ma la farfalla, o meglio, il bruco, non muta il DNA nella metamorfosi da bruco a crisalide a farfalla.. I processi avvengono per attivazione/disattivazione epigenetica (a quanto oggi si conosce) e questo sì merita la nostra meraviglia! E’ da non credere come i processi di distruzione, costruzione e trasformazione s’intersechino in perfetta sincronia e sequenzialità nelle cellule del piccolo (relativamente alle nostre dimensioni) e complesso esserino. Così come in tutte le cellule in Natura. Il risultato dello studio è una conferma: il DNA ha memoria, eccome se ha memoria, forse non da intendersi nel senso comunemente attribuito al termine… Diventata ormai farfalla, depone le uova: se sarà stata fecondata, per corteggiamento e accoppiamento, ogni uovo conterrà DNA, nuovo DNA, per la successiva generazione di bruchi e, poi, farfalle. Nel mentre essa muore. Il suo ciclo vitale si conclude, il DNA delle sue cellule si ‘sgretola’, ma molecole o parti di esse e atomi non muoiono: si aggregheranno, nei tempi e nei processi necessari, in ‘vita nuova’.
    Se si vuole, si può leggere al link divulgativo: http://www.edscuola.eu/wordpress/?p=73554 “GENES, EPIGENES, ECOSYSTEM”

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    Anch’io ringrazio Admin per il richiamo che mi ha fatto: quando si parla, e ancor più quando si scrive, sono da soppesare le parole nel loro significato. Aver definito ‘assolutamente’ improbabili gli effetti collaterali a lungo termine dell’mRNA vaccinale è scorretto: ciò che si conosce di volta in volta in ambito scientifico, con i mezzi di ricerca disponibili, non assume valore assoluto, ma necessita di conferme o smentite per successive osservazioni. I dati che si vanno raccogliendo sui vaccini a mRNA fanno ritenere oggi, agli scienziati, improbabili gli effetti avversi a lungo termine, perché l’mRNA presente nel vaccino si degrada in tempi brevi, e perché, come già riportato, si imputano gli effetti post-vaccinali (micro-trombi, miocarditi) alla porzione della proteina Spike, sintetizzata per stimolare la risposta immunitaria, che eserciterebbe un’azione lesiva simile a quella rilevata in corso di infezione naturale, anche se in misura molto meno grave. Se queste sono a oggi le ipotesi accreditate, chi si occupa di scienza sa che le stesse potranno essere riviste e corrette in tempi anche brevi, avendo la ricerca sul SARS-CoV-2 ‘vampirizzato’ l’attenzione di ricercatori in tutto il globo. Come riporta Alef nel post del 20/08, gli scienziati sono consapevoli che ogni risultato è temporaneo e necessita di valutazione per conferme o smentite attraverso osservazioni e studi successivi. Se ciò è vero in tutti i campi scientifici, ancor più lo è in Medicina, dove ogni azione terapeutica o preventiva comporta sempre incertezza e dove è costantemente necessaria una stima del rischio-beneficio. Importante è aver presente che il metodo scientifico comporta la discussione e la verifica dei dati e che gli stessi sono confutabili non dalle opinioni, anche se illustri, ma dai dati che di volta in volta emergano da studi seriamente condotti. Se è lecito e giusto esprimere ipotesi e opinioni, è importante che le stesse siano riportate per tali e non spacciate per certezze, nel rispetto delle norme che la comunità scientifica si è data. Tutto ciò al fine di evitare confusione o false aspettative o paure nel pubblico che legge o ascolta e che difficilmente saprà dare il giusto peso alle parole, non avendo di base una formazione scientifica. In riferimento a questo tema, vorrei precisare che, nei miei post di questi mesi relativi Covid, ho cercato di presentare, nei limiti delle mie capacità e in modo possibilmente ‘asettico’, quanto emergeva dalle conoscenze che si andavano via via accumulando nella ricerca ‘profana’. Nulla a che fare con la ricerca ermetica, che è personale e alla quale sono deputati i Maestri.
    Mi accorgo di come il mio approccio alle ‘cose’ di scienza, e alla Medicina in particolare, si fondi sulla fiducia direi non nella ‘Scienza’ in sé (cui non saprei dare significato e che si configurerebbe probabilmente in misticismo scientifico), quanto nella mente e nelle opere degli uomini di scienza. Fiducia che molti di noi non nutrono o non nutrono più. È mia convinzione che, pur negli interessi dei gruppi economici, molti siano i ricercatori che si applicano con entusiasmo e onestà nel lavoro, consapevoli che ogni risultato sia un passettino in più nella conoscenza, sempre soggetto a conferma e revisione.

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    Il vaccino a mRNA (RNA messaggero) è identico in ognuna delle 2 somministrazioni previste. Le dosi sono 2 perché una sola dose può non conferire una risposta immunitaria adeguata.
    L’mRNA non può integrarsi nel DNA per legge di natura: non ha la struttura per farlo. Nella vita di una cellula, lo sdoppiamento di un tratto di DNA, contenuto nel nucleo che è delimitato (e protetto) da una membrana, consente la formazione a stampo di un mRNA, il quale è esso stesso l’informazione che oltrepassa la membrana nucleare per raggiungere nel citoplasma le componenti cellulari deputate alla costruzione di proteine. Ogni tipo di mRNA contiene l’informazione necessaria per la costruzione di una proteina. Quindi tanti mRNA per quante sono le possibili proteine prodotte in quella cellula. Non può avvenire il percorso in direzione opposta, ovvero l’mRNA non può dal citoplasma passare al nucleo, come è vero che gli asini non volano. La materia è intelligente, compie quell’azione prevista dalla sua struttura e non altro. E la natura non ha previsto che l’mRNA penetri nel nucleo, perché lì non ha azione da compiere. Possono invece i virus avere la capacità di entrare nel nucleo e integrare parte del proprio DNA o RNA nel nostro, ma non si deve confondere l’RNA virale con l’mRNA.
    Un virus, che si integri o meno nel nostro DNA, una volta penetrato nelle nostre cellule, utilizza le strutture citoplasmatiche per produrre i propri mRNA, portatori delle informazioni per replicare se stesso e diffondersi nell’organismo ospite. L’mRNA presente nel vaccino é invece una piccola frazione dell’mRNA prodotto in laboratorio a partire dall’RNA del SARS-CoV-2, che trasporta l’informazione per la costruzione di parti antigeniche della proteina spike, necessaria al virus per agganciare le nostre cellule. Quindi solo l’informazione riguardante la costruzione di tratti della proteina spike, assolutamente nulla del corredo genetico del virus.
    Perché l’mRNA possa entrare nelle cellule muscolari nel sito di iniezione, è veicolato in un guscio lipidico che, capace di fondersi con la membrana cellulare, rilascia l’mRNA nel citoplasma. Qui, raggiunte quelle strutture deputate alla costruzione delle proteine, dà l’input per l’assemblamento di porzioni mirate della proteina spike, che saranno emesse nel liquido intercellulare e quindi in circolo, dove le cellule del nostro sistema immunitario, riconoscendole estranee, si attiveranno per produrre gli anticorpi specifici, secondo un processo già descritto in post precedenti.
    Gli effetti collaterali gravi, che, benché molto rari, si sono riscontrati con la vaccinazione, sembrano scatenati da proprietà lesive intrinseche alla proteina spike. Sono le stesse lesioni che si possono verificare nell’infezione da SARS-CoV-2. Con il vaccino, però, la produzione delle spikes si autolimita perché l’mRNA vaccinico si degrada in breve tempo. Per questo motivo sono assolutamente improbabili effetti a lungo termine attribuibili all’mRNA vaccinale, mentre frequenti sono i danni a medio-lungo termine dopo infezione.

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    Una sola annotazione all’articolo che riporti, Mandragola: il ‘nostro’ virus se ne sta ben protetto all’interno delle cellule nel nostro corpo saturniano, dove i raggi solari proprio non giungono… Però, gli stessi autori riconoscono che sarà consolante quell’aspetto sano e bello che avremo per effetto abbronzante delle ‘macchinette’ che da qui a poco vorranno invitarci ad acquistare…
    Vorrei invece condividere con voi, perché ne ha dato il consenso, le riflessioni che Angelo Bianco, Chirurgo Generale, La Spezia, ha postato sul gruppo FB, dove i tanti colleghi coinvolti nel dramma Covid si sono scambiati in questi mesi osservazioni e informazioni, ipotesi e proposte, sfinimento e speranze. Ciò che scrive non fa notizia, non solletica la stampa al pari di tutto quanto accade ‘normalmente’…
    <<Succede solo quando lavori di notte in pronto soccorso, quando va in scena la rappresentazione del dolore più intima che è quella dell’anima, il dolore che ha paura del buio, quando la solitudine degli anni fa più pesante ogni cosa tranne le palpebre.
    “Mi sono svegliata perché ho il cuore che batte forte, adesso mi fa male” e mi indica il punto preciso sul torace anche se poi non è sempre lo stesso “adesso però non mi fa più male, che strano, prima si”. È così tutta la notte, è una cronaca minuto per minuto, tra il dolore peregrino, i racconti dell’orto e del figlio che lavora a Milano, perché parlare è il suo bisogno, ed è la mia migliore terapia.
    Penso a mia madre, 84 anni, nella sua casa giù al Sud, ancorata alle sue cose ma fragile nelle sue paure, penso a tutti i nostri anziani che sono stati costretti alla dimora di un letto senza un affetto, penso alla cura della malattia che non ha curato la loro notte insonne, penso a quanti sono morti senza un ultimo abbraccio.
    Questa notte faccio compagnia alla paura degli anni, non è solo tutto Covid, la sua mano mi stringe forte e le accende il sorriso, quieta il dolore e tra qualche ora tornerà nel suo orto, il cuore non le fa più male, adesso è il mio che batte forte, succede quando lavori di notte in pronto soccorso, quando forse non serve fare solo il medico, quando sei solo ancora un figlio, quando un po’ stanotte nei ricordi siamo soli anche noi.>>

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    ahahahhh… anche questo ci devono insegnare!!!!

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    in risposta a: Biblioteca on-line #30628

    Anch’io riflettevo su come mi sia impossibile cogliere un significato nella Trinità cristiana, rappresentata da Padre Figlio e Spirito Santo. L’assenza del femminile ne travisa la sostanza. Se linguaggio e simboli dei testi ermetici continuano a rendermi difficile la lettura, più riconoscibile è l’espressione della manifestazione del divino nella Trinità negli Egizi, con Iside Osiride e Horus, come nelle antiche religioni. Quindi Madre Padre e Figlio, dove la Madre, Iside o Maria, nel Cristianesimo è stata soppressa e sostituita col Padre, e così non si capisce più nulla.
    L’osservazione dei processi naturali rende l’analogia, perché, in Natura, il femminile è fecondato dal maschile e genera il figlio. La Terra è la Madre, è fecondata dal Sole e il Figlio è la Natura tutta. Nell’utero della Madre (Maria), la cellula uovo, completa in sé come il seme (la semenza) ed essenza della Madre stessa, necessita solo l’atto fecondante dello spermatozoo (Padre) per trasmutarsi nel Figlio, come i semi nella Terra fecondati dal raggio del Sole, si trasmutano nella vegetazione, che è la prima manifestazione complessa della materia, detta organica. Così Maria, la Madre (e non il Padre) riceve lo Spirito Santo (l’atto fecondante del Padre) per generare il Figlio.
    Questo penso sia il significato, o uno dei significati, della Trinità.

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    Sono belle le parole che esprimono amore nei post di molti Fratelli e Sorelle. Per me rimane un sentimento difficile da definire, aldilà della connotazione profana cui usualmente ci si riferisce. E ogni volta che vi leggo, desidero sapere e mi chiedo, ad esempio, quando e come si percepisca? E soprattutto cosa sia. È un sentimento che travalicando spazio e tempo, si estende a tutta l’umanità, configurandosi in uno status del proprio essere? o è verso quelle persone che s’incrocino in strada o in qualsiasi altro luogo, delle quali si percepisca magari anche solo la presenza? o verso coloro coi quali s’intessa anche solo una minima casuale relazione? oppure occorre che siano conoscenti, colleghi? o che siano amici? o è verso coloro che chiedono aiuto alla Miriam? E in concreto, se può esser difficile descrivere cosa si provi, è possibile dire come si manifesta? Ad esempio, se a un angolo della strada che si percorre usualmente, dimora un senzatetto che non ha cibo ha freddo è sudicio ha ginocchia e caviglie tumefatte e dolenti e chiede aiuto, si prova amore verso lui?

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    Segnalerei il link a un’intervista del 14 aprile:
    Barbara Gallavotti ci spiega perché il covid è diverso tra bambini e adulti (la7.it)
    Una scorsa gentile che, dalle alterazioni cellulari virus-indotte e dai rilievi patogenetici che fanno sperare in nuovi farmaci, mostra le inaspettate complicanze post Covid in bambini e adulti anche giovani, con ricadute su infanti e adolescenti per decesso del genitore; si sofferma sulle modalità del dilagare e del recepire le notizie spurie nella popolazione, oggi come già nella peste del 1300, sulla mansione, tutta femminile, di raccolta delle erbe medicali per gli speziali di allora e osserva come all’ecatombe abbia fatto seguito l’impulso di rinascita che sfocerà nel Rinascimento italiano. Su un’annotazione non concorderei: arte, simbolismo e rituali funebri di accompagnamento del defunto, secondo la Gallavotti, sono esclusivi dell’essere umano. In molti documentari traspaiono non solo sensazioni di dolore negli animali, ma anche atteggiamenti di cordoglio e lamento funebre, come nei ‘funerali degli elefanti’. E l’arte? non sono manifestazioni artistiche i preparativi per l’accoppiamento, le danze e i richiami d’amore? Non è uno spettacolo teatrale la scenografia e coreografia della Paradisea postata da Mandragola in La Natura, la Madre, la Miriam – Schola Philosophica Hermetica Classica Italica <sup>®</sup> (kremmerz.it)? Non sono opere architettoniche i nidi, le dighe, le tane? E se neghiamo l’uso del simbolo nell’animale, in realtà dovremmo ammettere di non sapere. Penso che non possiamo negare né affermare, finché non abbiamo acquisito la capacità di vedere.

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    Invece, Wiwa, non ho ben capito, ma forse devo precisare che il colosso farmaceutico Pfizer, mentre prosegue assolutamente nella produzione del vaccino, che auspico vada sempre più a perfezionare, ha recentemente avviato la sperimentazione di un nuovo farmaco antivirale, che non sarà in sostituzione del vaccino.
    Una cosa che fatico a comprendere è perché, pur essendo noi ermeticamente invitati ad agire sempre in prevenzione, molti nel forum accolgano con entusiasmo ogni annuncio di nuovi farmaci. Ricorderei che, per definizione, il farmaco non si somministra in prevenzione, ma a malattia avviata, e, nel caso di Covid-19, a malattia seriamente avviata; che ogni farmaco avrà effetti collaterali, che la sua efficacia sarà variabile da individuo a individuo e che non garantisce la restitutio ad integrum dell’organo o organi colpiti.
    Se io contraessi, nonostante il vaccino o non avendolo ricevuto, l’infezione, sapendo di avere 8 probabilità su 10 di superarla senza o con fugaci sintomi, non assumerei nessuno dei farmaci attualmente proposti, anche per i possibili effetti collaterali potenzialmente importanti. Vorrei, invece, disporre di un farmaco che sia efficace, ma da assumere solo nel momento in cui la mia situazione virasse all’aggravamento, perché solo a quel punto il mio rischio di proseguire in forma critica, potenzialmente invalidante, se non letale, si fa veramente alto. Peccato che, a oggi, non abbiamo ancora individuato quale o quali azioni il farmaco debba esercitare per fermare il processo, quindi, in soldoni, non sappiamo verso quale categoria di farmaci indirizzarci. I monoclonali, dei quali tanto ora si parla, devono essere infusi endovena in ambiente ospedaliero, possibilmente entro 3 giorni (!) dall’infezione. Come precocemente devono essere somministrati tutti gli antivirali. I monoclonali ad azione antinfiammatoria (es. tocilizumab) che avrebbero un razionale d’impiego in fase di aggravamento, non hanno mostrato efficacia. Si può obiettare che l’utilizzo precoce di questi farmaci sarebbe riservato alle categorie a rischio. E ciò mi sembra corretto. Ma nel momento in cui io, non appartenente a una categoria a rischio, mi infettassi, non riceverei alcun farmaco. Devo essere consapevole, quindi, che, qualora virassi all’aggravamento, non avrei, a oggi, alcun farmaco di significativa efficacia su cui contare.
    Mi farebbe piacere poter leggere e avere i rimandi agli scritti del M.to Kremmerz, che Fr+ e Sr+ ritengano significativi e di guida nella situazione attuale.

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    Non saprei, Dafne, non ho le informazioni né le competenze per penetrare l’argomento. Posso dire che non potevo credere alla nostra inerzia a inizio pandemia, all’assenza d’interventi in estate quando non ci si preparò alla seconda ondata, all’insulsaggine delle misure adottate per i settori in sofferenza, quasi da lasciar ipotizzare un doppiogiochismo, come per svendere la nostra Italia… Mi resi anche conto come per alcuni non ci fosse più il problema, o, forse, non ci fosse mai stato. Oggi vedo come si prosegua in un non programma, si riapra senza aver modificato situazioni e approntato sicurezze. Non siamo sufficientemente immunizzati: circa il 70% degli Italiani resta suscettibile al contagio. Gli effetti registrati in Israele e nel Regno Unito sono stati ottenuti con un lockdown molto duro che ha accompagnato la campagna vaccinale, che a metà aprile ha raggiunto quasi il 50% della popolazione in UK e quasi il 60% in Israele, percentuali cui aggiungere un altro 12-15% di soggetti immuni per aver già superato l’infezione. Stiamo giocando la partita puntando su un ‘rischio ragionato’ (?) Forse stiamo puntando sull’ipotesi di un minor numero di decessi, perché a rimaner scoperta sarebbe soprattutto la popolazione under 80 e forse 70?
    Già sta circolando in Europa, e anche in Italia, la ‘variante indiana’, della quale ancora poco sappiamo, se non dell’impennata dei casi in alcuni degli stati Indiani, che coinvolge una popolazione ben più giovane.
    Intanto, a oltre un anno dall’inizio pandemia, oggi ho il primo lattantino di 3 mesi, anzi, devo dire il primo bambino, ricoverato in reparto Covid… Mi sembra sia stato Ippogrifo a scrivere qualcosa tipo ‘non possiamo che assistere a quel che succede, ne prendiamo atto’. E anche per me, come diceva Kridom, importante sarebbe cercare di fare bene il proprio lavoro, per quel che ci compete (riporto, per entrambi, a memoria).
    Non posso che unirmi alla perplessità tua e di Mandragola, che ha appena postato le riflessioni di Crisanti.

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