Prossimo appuntamento a Napoli…

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    Originariamente Postato da m_rosa59
    Il 18 Maggio 2012 alle ore 16:50

    per holvi, quanto tempo hanno impiegato per carbonizzarsi? su fuoco di legna o su carbonella? grazie

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    Originariamente postato da holvi49
    Il 18 Maggio 2012 alle ore 23:39

    Buonasera. Per m_rosa59 e tutti gli interessati: su fuoco di carbonella, con la griglia, circa un’ora. Un caro saluto.

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    Originariamente postato da catulla2008
    Il 24 Maggio 2012 alle ore 00:21

    Diceva Giuliano Kremmerz ai Dodici supremi Vecchi Maestri del Collegio Operante: “…io vivo in una società della terra, la piccola e orgogliosa terra che è una cellula pensante dell’Universo, tra uomini che ricercano la divinità perduta, ancora assonnati dalla schiavitù cieca dei sensi più gravi. È questa una società in cui l’assoluto non è concepito né nell’espressione artistica del Bello, né nell’immagine del Vero nell’enigma delle prime cause; insofferente di ogni attesa, avvicenda corse pazze e furiose per trovare il segreto della vita…”.
    Ebbene, queste parole di Luce mi sono venute in mente qualche giorno fa quando pensavo a tutta la fatica che spesso si fa per tenere in piedi situazioni o modi di essere distorti, confusi, nocivi. Ricordavo pure, sorridendo dentro, quella barzelletta anteguerra per cui un tipo si rivolge ad un sarto incapace e ne ricava un abito che gli cade male da una spalla… E allora, per bilanciare, comincia a camminare storto, e una gamba del pantalone tocca terra… E dunque, per livellare le due gambe dei pantaloni, inarca la schiena… E poi, per ovviare all’asimmetria della giacca, irrigidisce il braccio, e così via… Fino a quando il sarto, compiaciuto per il consiglio finale, lo congeda. Ma un ragazzetto di strada, guardandolo, non può trattenersi dal commentare: “Poveretto! Che disgraziato! Ma ha un vestito che gli cade a pennello!”.
    Così, confrontando questa storiella buffa alla sfolgorante evidenza della SALUTE – intesa alla kremmerziana maniera quale concordanza magnetica – ho riletto la dedica della Pragmatica Fondamentale ai Maestri Supremi. In quella il fondatore della Schola parla di una scienza che è amore e carità, senza per questo impantanarsi nel misticismo. E sebbene sian passati cento anni da allora, nonché duemilacinquecento dal pitagorismo, e questa sia ancora una società cieca e insofferente, che avvicenda corse pazze e non concepisce l’assoluto…
    “Non importa” – ho risolto fra me – “Siamo sullo stesso pianeta. Sostanzialmente umani, siamo fatti della stessa carne. Se comincio a raddrizzarmi io, cambierà anche quello che mi circonda. Mal che vada, butterò via il vestito di un orgoglio incapace”.
    Forse è questo il segreto della Vita.

    Anonimo
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    Originariamente postato da sannitica2011
    Il 24 Maggio 2012 alle ore 16:58

    Le parole di Catulla mi hanno fatto venire in mente la differenza fra la sapienza antica e quella moderna, così ben delineata da Hahajah nel capitolo “Silentium”, sulla Rivista Ibis del 1950 (nella cui introduzione Harahel, che l’aveva pubblicata, e che la fece ripubblicare nel 1979, esponeva quanto Hahajah avesse tradotto mirabilmente il pensiero di Benno), ove egli menzionava anche “la sorgente solare a cui gli antichi iniziati rapirono la favilla della loro vasta, indistruttibile dottrina”. Le sue precise e incisive parole mi sembrano tutt’oggi molto attuali. E’ vero che oggi si propagandano pseudo idee, martellando con una infinità di parole vuote, e modelli fasulli. E’ vero che non si sa riflettere… e fare il necessario silenzio affinchè non ci si giochi “disinvoltamente” il proprio destino presente e futuro, incapaci di dirigere la rappresentazione a proprio profitto, come sempre su Ibis scrive Hahajah. E’ perciò con gratitudine che ringrazio la “Schola” di esserci, e ringrazio Coloro che l’hanno difesa e traghettata, come il Bene più prezioso. Le regole della Schola che ci vengono affidate per sperimentarle,a difesa della Vita e della presa di coscienza, a distanza di tempo, ci trasformano. Non perché si diventi altro da se stessi, ma si modifica lo stato di coscienza e di conseguenza i centri sensori, il sentimento e la percezione del reale divengono più limpidi. Un caro saluto a tutti.

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    Originariamente postato da catulla2008
    Il 26 Maggio 2012 alle ore 12:34

    In questo sito, cercando sotto KREMMERZ ne “LA PAROLA DEL MAESTRO”, al 3 marzo 2011,
    “Il simbolismo del Sole e la filosofia del fuoco”, si trova una vera e propria miniera di idee, esperienze, tradizioni attinenti la sorgente solare. Dice infatti Kremmerz: “…il Sole dei cieli è l’obiettivo apparente, il sole dell’individuo nostro occulto è il vero Dio” e specifica che la materia radiante e pensante dell’individuo integrato è il Sole cui tende l’iniziazione. E, sempre nello stesso, si legge che “l’ostia che si consacra ha rapporto per la forma al Sole e per la sostanza alla Cerere antica”.
    La forma circolare è quella del ciclo vitale, da sempre in relazione con l’evaporazione, come ci ricorda il Maestro. E se la materia radiante diventa materia pensante è perché ciascuno di noi ha in sé un’attività solare-vitale che nel cervello si condensa come pensiero. Da qui l’osservazione, lo studio e la sperimentazione dei e sui fattori che condizionano il pensiero: la nutrizione, l’ambiente, le informazioni variamente acquisite – fra l’altro con la lettura e la ricerca – e la memoria del corpo. Nella Schola, come rileva Sannitica, c’è un tesoro di regole che si riferiscono alla coltivazione e che rispondono all’idea di ‘iniziazione per riti’ statuita dal Fondatore della S.P.H.C.I. La sostanza che si coltiva è analoga a quella trattata da Cerere antica, che regalò agli uomini la scienza della coltivazione del grano e della fabbricazione del pane, traghettando la conoscenza scientifica di come far germinare mediante la forza solare e di come lievitare e consolidare mediante l’energia del fuoco.
    Credo che proprio qui stia il nodo cruciale, spesso incompreso, di una tradizione ortodossa. Nella presunta sapienza moderna, infatti, si è formata la convinzione che le informazioni siano di per sé sufficienti a modulare, forgiare, strutturare: e non è così. Tra leggere il manuale di come si coltivano i pomodori e coltivare i pomodori c’è un abisso, specie se non si tratta di pomodori da coltivare ma di ‘materia radiante’. Sperimentare una via davvero ‘magica’ è un po’ come essere incinta: non puoi chiudere la porta e cambiare stanza se sei stufo, non puoi fare finta che il tuo corpo sia quello di prima, non puoi scendere in corsa, non puoi adattare il bambino a te ma devi tu adattarti al Bambino. Certo, a differenza di una gravidanza, puoi congelare il tempo e non proseguire: ma nulla e nessuno cancelleranno dall’intimità dell’io il raggio di Luce che si è liberato, che ti ha reso madre, e che resta latente sotto l’instabile crosta terrestre delle quotidiane abitudini.
    Così, Coloro che hanno difeso e traghettato l’arte di Cerere non possono essere paragonabili a dei bibliotecari, allo stesso modo in cui avere in casa un oggetto di Murano non vuol dire essere capaci di soffiare il vetro.
    In cammino verso la divinità perduta e alla ricerca del segreto della vita, toccherà comunque convincersi che la transitoria vita umana non è che una scena della rappresentazione e che, per poter afferrare l’Idea della trama, occorrerà in ogni caso armarsi di pazienza. Per questo, incapace di intuire il senso della mia rappresentazione, mi son detta che tanto vale concentrarmi sulla scena che sto vivendo e renderla la migliore possibile: nella certezza che il mio evaporante pensiero, prima o poi, guidato nella pratica quotidiana dall’ortodossia di Chi detiene la scienza della coltivazione, farà (o rifarà?) il mio Mondo.

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    Originariamente postato da mercuriale2011
    Il 28 Maggio 2012 alle ore 16:39

    Mi hanno molto colpito gli ultimi post, in cui tra le altre cose, è messa in risalto l’importanza della sperimentazione pratica nella tradizione ermetica.
    Qualche giorno fa ho preparato il carbone con la lingua di agnello secondo le istruzioni consigliate da Holvi 49, però è capitato anche a me come a Sannitica, che il carbone non ha perso completamente l’umidità.
    Lo sto provando comunque e spero sia ugualmente efficace!

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    Originariamente postato da segezia810
    Il 03 Giugno 2012 alle ore 18:05

    Ho sperimentato quanto indicato dalle Lunazioni del III ciclo.
    A giorni di distanza ripenso a quella lucerna-di-creta e mi dico che già nelle tre parole sta l’idea di una materia adatta a coagularsi per umidità (Adamo non era di argilla?) e modularsi per tenere-trattenere il combustibile, uno stoppino e la fiamma.
    E lo stoppino? “lucignolo di cotone lana e seta” (a proposito: non pareva un serpente?) …
    Cotone…: è il filo vegetale.
    Lana…: è il filo di un animale.
    Seta…: è il filo della metamorfosi, del mutamento di stato, del passaggio ad ‘altro’.
    Nell’accendere quella lucerna siamo tutti diventati creatori di un particolare lume.
    Poi, mi dico che l’olio, a differenza dell’alcolico vino, è un combustibile dolce, che non si dilegua nella vampata di un momento ma si consuma in un ardore dolce, adatto a nutrire la fiamma ma anche a lasciare il tempo di significarla con la preghiera.
    Non so a quale intento gli antichi magi legassero i salmi 148 e 112 ma il primo mi è sembrato un inno all’Uno che tutto in sé contiene e per cui si richiamano tutte le forze del creato mentre il secondo, ritagliato sull’essere umano, pare discendere dall’Immenso al Relativo, dal Creatore alla Creatura.
    Questa sperimentazione, dunque, mi ha lasciato un senso di impalpabile maestosità nel cuore, come se la Vita, in me, scorresse fino alle dita che richiamavano il fuoco, lo trasmettevano allo stoppino, alle parole, alla vibrazione luminosa e sonora insieme…: fino all’infinito.
    Quando la lucerna si è spenta le parole erano silenzio e l’intenzione era compiuta.
    In fondo, un po’ come nascere: una luce, il filo che le è offerto, la carne che lo avvolge: e, in un istante, si passa ad altra dimensione. Chissà quale preghiera ci ha causato?

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    Originariamente postato da sannitica2011
    Il 04 Giugno 2012 alle ore 08:31

    Riporto alcune testimonianze antiche che mi sembrano interessanti.
    Dal Giuramento di Ippocrate: “Giuro per Apollo medico e per Asclepio e per Igea e per Panacea e per tutti gli Dei e le Dee, chiamandoli a testimoni, che adempirò secondo le mie forze e il mio giudizio questo giuramento e questo patto scritto…. Sceglierò il regime per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, e mi asterrò dal recare danno e offesa. Non compirò mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente e non consiglierò l’assunzione di rimedi letali o la somministrazione alle donne di farmaci abortivi. Giuro di vivere e prestare la mia opera con rettitudine e moralità. Giuro di non operare persone che soffrono di calcoli, ma di affidarle esclusivamente agli specialisti di quest’arte. In qualunque casa sia invitato ad entrare, giuro di entrare per il bene del malato e di astenermi da ogni atto volto a danneggiare intenzionalmente e da qualunque atto di circonvenzione sessuale nei confronti di donne,uomini liberi o schiavi. Giuro di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’esercizio della mia professione o in ragione del mio stato…”.
    Certo il giuramento rispecchia il costume di vita del IV secolo a.c., ma tuttavia, riflette ancora il comportamento professionale e morale, corretto o meno, dei medici d’oggi.
    E ancora la Promessa di Alessandro il Grande: “ Ora alla fine delle guerre io desidero essere felice nella pace. D’ora in poi tutti i mortali vivano come gente armonizzata e unita per la comune prosperità. Considerate il mondo il vostro paese con leggi comuni dove governeranno gli uomini migliori indipendentemente dalla razza. Io non separo gli uomini in Greci e Barbari…Considerate Dio non come un autocratico governatore, ma come il padre di tutti… e vorrei che voi non siate solo cittadini della mia Common-wealth ma partecipanti e parteners”.
    Già nel III secolo a.c. il sogno di un mondo unito si faceva strada…ma di strada ce ne vorrà ancora moltissima.

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    Originariamente postato da catulla2008
    Il 10 Giugno 2012 alle ore 23:40

    Se tornassimo al tempo di Roma antica, in questi giorni si festeggerebbe Vesta: non con un simulacro statuario, ma rendendo onore al fuoco della Terra.
    Solo le donne, per tutta la settimana precedente le Idi di Giugno, avevano accesso al tempio della dea per renderle omaggio. Tolti i calzari, benché non sacerdotesse, era loro consentito l’ingresso nel luogo di culto per tutti e sette i giorni. Poi, le sacerdotesse ripulivano il tempio e cominciavano un nuovo anno.
    Kremmerz, ne La scienza dei Magi vol. II p. 261, ci racconta che “Il fuoco sacro era mantenuto acceso dalle Vestali vergini e dovevano conservarsi tali se no il fuoco si spegneva. Rea la madre comune degli dei e degli uomini era una Vergine, Cibele frigia, piena di mammelle come l’Astarte…”. Così, a me viene di pensare che questo fuoco sia un po’ come il latte delle nutrici, che sparisce se non viene “tirato/attizzato” costantemente.

    Guardandomi intorno, in queste città di solo cemento dove “la parola ha preso la possanza dell’artificio” (e mica solo quella!), dove anche il mare sembra prigioniero e i parchi sono cintati come animali in gabbia, viene malinconia nel pensare che un tempo la Natura dovette essere sovrana e l’accesso alla sua Legge sensibile per tutti. Fruibile per tutti.
    Oggi, non resta che aggrapparsi alle mammelle di una tradizione generosamente resa accessibile anche alle masse, e pensare che è una fortuna inestimabile l’esistenza di questa Schola…

    Anonimo
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    Originariamente postato da mandragola11
    Il 14 Giugno 2012 alle ore 00:44

    Sono d’accordo, catulla2008!
    Mi rendo conto di questa fortuna sempre di più ogni giorno che passa !
    Da miriamica sperimento costantemente l’aiuto della Schola. Un aiuto insostituibile, sostanziale. Concreto per le piccole pur grandi cose del vivere quotidiano.
    Che la natura Mater sia in una fase di rivoltamento (ribellione ?) e di trasformazione è sotto gli occhi di tutti. Ma come affrontare questo cambiamento in modo collaborativo
    se non sintonizzandoci alle forze naturali e al principio vitale, luminoso intelligente, secondo il metodo miriamico?

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    Originariamente postato da gelsomino3
    Il 15 Giugno 2012 alle ore 15:47

    Non posso che associarmi e lo faccio con grande piacere , contento che ne sia spuntata l’opportunità sul Blog , in quanto è da tempo che volevo manifestare e condividere la mia gratitudine nei confronti della SCHOLA e delle sue Gerarchie .
    La grandezza di questa Opera di Amore offerta liberamente a tutti è inarrivabile e mi si riverbera con sempre maggiore frequenza nel cuore e nella mente.
    Vorrei che molti più esseri si avvicinassero e si agganciassero a questa I-DEA ,perchè il bene che se ne riceve , gia anche nei circoli esterni , è tale che non se ne trova simile altrove!
    In un momento storico come questo , più che mai , è una vera ancora di salvezza !

    Anonimo
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    Originariamente postato da catulla2008
    Il 20 Giugno 2012 alle ore 10:51

    Ero di passaggio lunedì da Roma Tiburtina e riflettevo sul Nome dei posti e delle cose: dare un nome, avere un nome, è definire un luogo anzitutto della mente ed è sempre un atto creativo. Diceva il Maestro Kremmerz ne La Scienza dei Magi, vol.III, p. 537, “logica, parte della sofia umana che imita l’ordine immutabile dei cieli…”.
    Nello spazio indistinto, il nome crea i contorni, sostanzia la forma e la rende assorbibile e gestibile dalla memoria.
    Anche il nostro nome è così: ci abituiamo fin da piccoli a legarci ed essere legati da un suono – prima – e una grafica – poi – e sappiamo che quelli ci ‘identificano’, diventano cioè la cosa stessa che noi siamo… O piuttosto noi diventiamo la cosa stessa in relazione a quel ‘dato’. Infatti, col tempo, ognuno rende il nome ‘proprio’ davvero tale: con abbreviazioni, vezzeggiativi, addirittura storpiature che di fatto sono trasformazioni. E il nome finisce col somigliarci, come noi a quello.
    In questo sito, ne “La Parola al Taumaturgo” di febbraio, si parlava della virtù trasmutatoria della Parola e, ancora da Kremmerz, sgorgavano in serie tanti preziosi in-segnamenti a questo proposito. Uno soprattutto mi è parso illuminante, là dove si dà la spiegazione di come debba intendersi il ‘dio padre’ cui sovente si fa appello nella vita quotidiana: “matrice universale e cielo etereo, onnipotente e sottilissimo generatore di ogni cosa”.
    Ho osservato come, nella nostra tradizione, ai gradi più alti sia riconosciuto un nome da realizzare e cui integrarsi, il quale nome determina il luogo spazio temporale e l’immagine dell’Essere che comincia a manifestarsi ed è, in effetti, un nome ‘nuovo’ rispetto a quello volgarmente attribuito alla nascita.
    Dunque, senza Nome non è possibile la conoscenza, e la conoscenza è una cosa che ‘si fa’…
    Sono riconoscente al trenino che a Roma Tiburtina per venti minuti non ha voluto saperne di andare avanti: quante belle cose mi ha suggerito quella stazione!

    Anonimo
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    Originariamente postato da segezia810
    Il 25 Giugno 2012 alle ore 00:19

    Ho letto il nuovo ‘pezzo’ da La Parola al Taumaturgo che è stato inserito al 21 giugno: Prassi terapeutica, certo, ma soprattutto Amore.
    E penso che certe frasi sono davvero un toccasana, e fanno stare bene così, senza bisogno di altri fronzoli. Diceva Kremmerz: “Non trovo parole per rendere un sentimento che è pietà, compassione, commiserazione, carità, che è tutta la scala cromatica del senso di amore, dal bisogno di proteggere all’impulso di solidarietà che dovrebbe cementare l’unione tra esseri della stessa famiglia…”.
    Ecco, anche oggi, come sempre del resto, ci vorrebbe di tornare nudi, senza la maschera del sociale e la necessità fasulla di un io inutile, e sentirsi davvero fratelli, dignitosi come gli animali quando difendono la propria specie e intelligenti come i fanciulli quando convibrano insieme con il sole.
    Speriamo in questa Estate: che porti un Bene comune, grande e rinnovato alla radice per tutta questa società sbattuta dai venti del malcostume. Speriamo che quell’eco lontana eppure eterna, immutata e radiosa della Miriam purissima, ci restituisca il profumo dell’Amore che lega in una corrente di Bene: per tutti noi e per quanti entreranno in contatto con noi, Fratelli di un ideale e numeri di una catena infinita.
    Come disse una volta il Maestro e come spero le Gerarchie continuino a dire: che Amore sia!

    Anonimo
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    Originariamente postato da mara329
    Il 26 Giugno 2012 alle ore 08:36

    Anch’io ho letto e riletto l’ultima parola al taumaturgo. Preparare degli essere umani ad essere responsabili e solidali verso l’umanità sofferente; avviarli all’idea del bene e della giustizia più assoluta; sottrarli alla tirannia degli egoismi; educarli alla concezione della più candida semplicità; e tanto altro ancora…Questa preparazione mi ha ricordato un passo della Pragmatica Fondamentale della SPHCI (art. 57) che mi ha sempre colpita: “La Fratellanza Ermetica…tende a formare di ogni suo numero un uomo integrale, cioè un individuo completo nella famiglia umana, prototipi di cittadini della città civile umana, dominatori delle passioni bestiali, correttori dell’asprezza nei conflitti delle idee umane, pionieri di quella pace fra i popoli che deve preparare il simbolico avvento di un giorno di giustizia e di paradiso senza limiti di ore…”. Bisognerebbe ricordarsi spesso di queste parole dorate e farsi continuamente, in ogni occasione della propria giornata, un’autocritica… Bisognerebbe sperimentarsi sempre…poiché le occasioni della vita in cui si offre il peggio di se stessi sono frequentissime e in agguato ogni momento. Ma, per fortuna, nella Schola ci sono i mezzi per educarsi e migliorare.

    Anonimo
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    Originariamente postato da catulla2008
    Il 03 Luglio 2012 alle ore 00:12

    Il sole era un po’ pallido l’altro ieri mattina: una coltre di umidità ne velava i contorni. E l’acqua non era propriamente tersa… (siamo riusciti a pasticciare dappertutto noi umani!). Eppure, laggiù, lungo la riva, cercando fra i ciottoli quello più adatto per scriverci la mia richiesta di Bene per me e la mia stirpe, sembrava che il tempo avesse sollevato il sipario sul passato e sul futuro. Ho rivissuto l’atmosfera un po’ tumida e inquieta di quei convegni a Montemonaco, quando la Sibilla Sciamana popolava cartelloni e i cuori e tingeva di mille colori le possibilità del divenire: che begli anni…!
    A volte si cerca la magia nei libri di qualche viaggiatore peruviano, nel deserto di Sonora o fra le dune dell’Africa; si insegue il guru indiano e si invidia chi è ammesso alla presenza del maestro andino; si guarda con ammirazione all’aborigeno autentico che vive in contatto panico con la natura là in Australia… Tutto altrove. E invece qui, nella nostra generosa, anzi, generosissima Terra Italica, lo sciamanesimo è a portata di mano, senza fila verticale, senza anticamera d’importanza.
    La magia del Bene a portata di ciottolo, la salute a portata di preghiera.
    Come da Lunazioni di giugno-luglio, pubblicate in questo sito, ho fatto la mia richiesta con il sorriso a quella faccina dipinta che volava nell’acqua… Tutto gratis: in senso etimologico, s’intende. Per grazia.
    Ma la grazia già ricevuta è stata quella di incontrare la Schola di Kremmerz : ed il suo Amore.

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