NUOVE FRONTIERE DELLA MEDICINA

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  • giuspino
    Partecipante
    Post totali: 8

    Grazie, Mandragola, per la bella notizia! È confortante, per chi come me di mezz’età, viveva nel terrore di sapere sempre più depauperati i propri neuroni ed è un’importante conferma delle prodigiose capacità rigenerative dell’organismo umano.

    Buteo
    Partecipante
    Post totali: 218

    Vorrei condividere alcune riflessioni dal film d’animazione Inside out, del 2015, che ho visto il mese scorso in tv. Nel film ogni essere, animali compresi, appare sotto l’egida di 5 emozioni primarie: Gioia, Tristezza, Paura, Ira, Disgusto, tutte alla consolle di comando della personalità, una di loro con la prerogativa di capo. Dalla loro combinazione armonica deriverebbe una vita equilibrata e serena.
    Come sappiamo, le emozioni si generano nella parte più antica del cervello, il sistema limbico, in reazione agli stimoli provenienti dagli organi di senso o per attivazione di aree del ricordo.
    Sappiamo che l’ambiente o mondo esterno è percepito tramite i recettori sensitivi, nei quali si originano le sensazioni e che tutte, olfattive escluse, afferiscono al talamo, centro di raccolta, d’interconnessione e di ricetrasmissione fra periferia, aree paleocorticali e neocorteccia.
    Alla nascita, delle aree cerebrali, a essere pienamente attiva è quella ancestrale, là dove si generano le emozioni e le reazioni connesse alla sopravvivenza, che sono innate, cioè presenti in tutti gli esseri e riscontrate in tutte le popolazioni. Nella prima infanzia vi afferiscono gli stimoli senza l’intermediazione della neocorteccia, che sappiamo strutturarsi sugli accadimenti dall’epoca prenatale in poi, in risonanza con le emozioni provate e con le esperienze vissute dal bimbo.
    Ogni evento, quindi, è percepito tramite i sensi, trasferito al talamo e da qui al sistema limbico dove sorge l’emozione, o un susseguirsi di emozioni in relazione alla modalità di percezione dell’evento stesso nel suo svolgersi fino alla conclusione, allorquando l’evento sarà incasellato nel circuito della memoria, tinto di quella emozione che alla fine sarà stata la predominante (la palla di un certo colore nel film).
    Alcuni eventi saranno d’importanza tale da diventare ‘ricordi base’, quelli cioè che fungeranno da ‘traccia’ alla capacità di sentire e di agire della personalità, condizionando il nostro modo di recepire gli eventi e le nostre reazioni agli stessi. Questo perché successivi eventi, assimilabili a quelli già occorsi, troveranno la matrice in quel primo ricordo a cui è associata quell’emozione, che sarà automaticamente richiamata alla memoria e che farà vivere la nuova situazione sotto la tinta di quella prima (o prime) emozioni. In questo modo si struttura, o sovrastruttura, la nostra modalità di porci al mondo. Il meccanismo, di difficile esposizione, è ben evidente nel film, che invito pertanto a vedere.
    Da queste premesse, ciò che vedo importante e ben posto in luce nel film è la funzione di Gioia.
    La vediamo affacciarsi per prima alla neonata Riley e subito innamorarsi di lei. Innamorarsi che vuol dire averne cura, proteggerla, seguirla e sostenerla negli accadimenti perché ogni evento, qualsiasi esso sia, si strutturi in esperienza positiva. Vediamo con quanta cura agisca sui ricordi base, affinché si stabilizzino nel color della Gioia: su questi si costruiranno le isole della personalità, che sono i piedistalli nel percorso della vita, cioè le risorse interiori che si attiveranno per affrontare tutto ciò che accade. E vediamo come protegga questi ricordi dalla contaminazione, dalla distruzione…
    Ma chi è Gioia? Non certo un’emozione. L’emozione è solo una reazione che si manifesta sul piano fisico e psichico. La Gioia rappresentata nel film è Volontà di Gioia. È l’essere interiore, attivissimo e combattivo. E tutta la sua irrefrenabile e disperata battaglia è ben espressa nel film. Non dimentichiamo che noi vediamo Riley e Gioia dalla nascita fin alle soglie della pubertà. Vediamo Reily crescere e strutturarsi. Gioia è già. Gioia è sempre attenta e pronta. Eppure assistiamo a quanto sia impotente, a quanto il suo affannarsi, correre, lanciarsi non preservi le isole della personalità dalla distruzione e Riley dalla disperazione. E questo perché Riley è una bambina, non ha ancora un bagaglio attrezzato per agire autonomamente con efficacia nel mondo. Gioia non può agire sull’ambiente esterno. Ad agire perché Gioia prevalga in Riley spetta ai genitori, ovvero a chi la Natura ha posto a tutela e cura dei nuovi esseri. Nel film si vede bene come siano essi a far sì che ogni evento sia ‘presentato’ alla bimba, cioè filtrato attraverso loro, che saranno barriera alle sue paure, conforto alla sua tristezza, capaci di consolarla con amore, rassicurarla e così rinforzarla affinché poco per volta Riley acquisti in sé la capacità di trovare quelle vie d’uscita in ogni evenienza sfavorevole e sappia godere appieno e gioiosamente di quelle favorevoli. Ed è ben evidenziato come il ritorno dell’attenzione e della cura dei genitori permetta il riattivarsi efficace di Gioia e la costruzione di nuove e più numerose isole della personalità a disposizione di Riley.
    Il film mi riporta alla necessità che ha il bimbo della presenza della madre, della sua amorevole presenza, e del sostegno del padre. Infanzia che sia né borotalco e batuffoli né trascuratezza o violenza, ma infanzia cui sia consentito vivere la vita della madre, il che vuol dire per il bimbo star con lei, assorbire da lei, dai fatti che quotidianamente le accadono e dalle emozioni che lei vive, l’esperienza di vita, così come è per tutti i cuccioli in Natura.
    E mi riporta alla fatica di vivere, adulto, su ‘isole della personalità’ traballanti o buie o gelide o violente o spaventose. Noi che sentiamo il richiamo alla ristrutturazione delle nostre isole e alla loro rigenerazione e trasformazione, possiamo trovarci di fronte a un lavoro immane, soli e senza genitori come siamo, se non fossimo accolti nella Fratellanza dove sono i Maestri a esser per noi quei genitori che con cura e Amore ci donano gli strumenti perché riattiviamo in noi la Volontà di Gioia, che in virtù di un benessere nostro da noi si diffonda alla materia tutta.

    ondina
    Partecipante
    Post totali: 80

    Le osservazioni di Buteo mi fanno pensare a quanto sia importante cercare di riportare ogni cosa al nostro percorso miriamico. Tutto può essere spunto di riflessione e confronto … anche un film per bambini !!!
    Grazie Buteo e un saluto a tutti i naviganti

    ondina
    Partecipante
    Post totali: 80

    A tale proposito riflettevo sul l’importanza del ruolo di genitori sulla responsabilità che si ha nei confronti dei propri figli, soprattutto nei primi anni di vita, quando appunto gli trasmettiamo ogni nostra emozione o filtriamo le loro!
    Quanti danni che involontariamente si possono fare….

    holvi49
    Partecipante
    Post totali: 112

    Partendo dal presupposto che: “Le ricerche scientifiche degli ultimi anni hanno definito i geni del DNA come delle antenne che si attivano o si disattivano in base alla tipologia di informazione inviata”, riporto alcuni brani da interessanti, credo, articoli su quella che viene definita Nuova Omeopatia.
    Negli anni ’80 l’ingegnere elettronico Erich Koerbler sosteneva, in accordo a molte tradizioni antiche, che: ” La malattia si origina a seguito di un disturbo dell’equilibrio del sistema energetico”. Ecco perché l’uomo non può essere curato solo con farmaci chimici, dato che il corpo è composto di energia in permanente scambio di informazioni con l’ambiente.
    In ” Geometria della Guarigione”, Petra Neumayer e Rosvita Stark sostengono che: ” si tratti di pietre, colori, microorganismi, medicinali, esseri umani o segni geometrici – tutto ciò che esiste possiede una vibrazione, invia informazioni ed è in perpetua comunicazione con il mondo circostante. Se ipotizziamo un paragone tra un organismo malato e uno strumento scordato, potremmo dire che la giusta vibrazione sarebbe in grado di riaccordarlo.
    Simile è la teoria di molti metodi che curano con l’informazione e le vibrazioni e che hanno lo scopo di riportare in armonia un organismo malato, per esempio sulla scorta di colori, suoni, frequenze, “codici geometrici”.
    In questo modo le dis-sonanze vengono sciolte, e al posto della dis-armonia si va a pizzicare la “corda” armonica della nostra cassa di risonanza, cioè il nostro corpo: l’energia torna a fluire e l’organismo acquisisce nuova forza utile a governare le proprie capacità di autoguarigione.
    Su questo principio si basa anche la Nuova Omeopatia, che interviene sulle vibrazioni disarmoniche con l’aiuto di segni geometrici.
    Ogni segno tracciato agisce infatti come un’antenna, e va a modificare la vibrazione esistente: se questi segni geometrici con effetti a livello biofìsico vengono disegnati per esempio in corrispondenza dei punti dell’agopuntura, producono stimoli indolori che attivano le capacità di autoguarigione.
    I segni geometrici possono inoltre essere utilizzati per la preparazione di “acque curative informazionali”.
    La trasmissione di informazioni all’acqua è una tecnica semplice, efficace e per niente esosa, tra l’altro descritta all’interno di questo volume: bevendo acqua dotata di potenziale informazionale è possibile inviare segnali positivi alle cellule del proprio corpo”.
    Ora, immaginiamo dei segni, o cifre, tramandati da millenni e potenziati per uno scopo specifico, perché non pensare, alla luce di quanto esposto, ad una reale efficacia se tracciati su parti dolenti, o magari per informare un qualsivoglia liquido per una funzione specifica? Vi ricorda qualcosa tutto questo?
    Un caro saluto

    garrulo1
    Partecipante
    Post totali: 458

    E sì, caro Holvi, il Tuo post, nelle righe di chiusura, ci ricorda che, nella Scienza Sacra, Cifre e Segni, all’atto pratico sono una combinazione di forze espresse attraverso linee o altri caratteri, Jeros – Glifici del Divino, cariche di una intensità vibratoria tale da compensare le distonie che in campo vibratorio ogni patologia si porta dietro ( in perfetto accordo, mi pare, con la Geometria della Guarigione messa a fuoco dagli studiosi che hai citato), e che rispondono a finalità predeterminate dall’opera di Chi le ha poste in essere, rafforzate dall’utilizzo sistematico e direzionato nel tempo ad opera di tutti coloro che le hanno adoperate per i fini determinati.
    Un caro saluto ed una buona domenica a tutti.

    tanaquilla9
    Partecipante
    Post totali: 782

    Cara Buteo non ho visto il film ma, sì, la gioia di vivere è essenziale. Ci è sempre consigliato di non incupirci, e di affrontare la ricerca cruciale del contatto con se stessi e con la Vita con impegno, ma non con ostinazione severa, perseguendo il Bene in ogni sua forma possibile e che possa essere alla nostra portata. L’amore di un Maestro, che vede ben oltre ciò che un genitore può vedere, è un Bene non misurabile e non concepibile appieno per noi esseri in itinere, e ciò che possiamo fare al proposito è cercare di ricambiarlo in modo sincero e restituirlo intorno a noi a chiunque. La vita e la natura offrono occasioni di gioia e di sorpresa continue. Bisogna accorgersene. Invece spesso ci facciamo sopraffare dalle complicazioni e dalle difficoltà e dimentichiamo di essere tutti sullo stesso cammino. Siamo gli eterni ricercatori di noi stessi e ciò che cerchiamo è parte dell’Unità. “Oggi ti chiami VITA, ieri MARIA, e tanti altri nomi già portasti, quasi Mirionima sembra che tu sia… E tutto ciò tu lo dimenticasti! (dal Somnium di Ninnia)

    catulla2008
    Partecipante
    Post totali: 244

    Credo che il nostro sia un percorso nel quale parole comuni come ‘Amore’ e ‘Volontà’ acquistano valenza diversa a mano a mano che si va avanti. Per quanto traslato di piano, è un po’ ciò che avviene nella prospettiva delle cose col passare degli anni. Porto un esempio: da bambina, quando sentivo la parola ‘Amore’ pensavo si parlasse di me, date le tante attenzioni di cui ero oggetto da parte dei famigliari; poi la parola Amore è diventata tormento ed estasi, il sogno adolescenziale e il romanzo della mente: mai finito eppure sempre tinto di assoluto; in seguito alla maternità ecco l’amore totalizzante, quello per cui la creatura neonata e poi infante, parafrasando una canzone della Nannini, “prende tutta la tua vita”. Ma nella Schola…
    Cammin facendo appare una diversa idea di Amore, sfuggente eppure più a fuoco curva dopo curva: l’Amore di cui parla Buteo, quello che- gioisce della vita per la vita; quello che viene riflesso dai Maestri in modo tanto più limpido quanto più il Maestro è integrato; quello che in (rari!) momenti, rende paccottiglia tutte le altre idee di Amore pari al Sole che sorge e confonde lampadine potentissime solo la notte.
    Dunque l’Amore si impara. O meglio si ‘ap-prende’ se il percorso iniziatico è vero e ortodosso e se, altrettanto, lo specchio-Maestro è cristallino.
    Il Maestro non è un genitore.
    Non solo per funzione – il Maestro educa ma non insegna, non corregge ma evidenzia l’errore, non condiziona ma mette in luce i condizionamenti, ecc. ecc. …e non “in teoria” ma nella pratica che posso testimoniare FUNZIONA così! -… dunque non solo per FUNZIONE ma per CONDIZIONE il Maestro nella Schola è diverso dal genitore. Infatti nella Schola bisogna essere adulti, consenzienti, consapevoli quel tanto che basta per iniziare il percorso che parte DOPO l’aver sistemato ‘i propri affari’. Insomma, autonomia finanziaria, iter sentimentale compiuto, ambizioni lavorative incanalate, sono il basamento di quell’anzidetto ‘percorso’ da cui comincia la de-strutturazione: ed è sempre volontaria (a differenza del bambino che è ‘cresciuto’ dagli altri, ‘grandi’ per sola età anagrafica e/o modello sociale e culturale).
    Anche la Volontà si impara.
    Destrutturarsi non è facile. All’inizio tutto sembra difficile, pure bere e mangiare a volontà, astenersi da impulsi e/o abitudini, ecc. Poi l’asticella si alza…si alza… e si riesce fare a meno di cose che sembravano essenziali.
    Chissà, visto che si è parlato anche di segni geometrici, magari sono i nostri percorsi cerebrali a ridelinearsi secondo tracciati differenti, articolandosi secondo modalità più efficaci e/o richiamando le mille altre modalità funzionalmente simili in Natura.
    Sta di fatto che arrivare al proprio principio vitale è un cammino e non credo sarebbe possibile destrutturarsi se prima non ci fosse stata, comunque sia, una crescita nel seno della famiglia o società ad accompagnare quella povera corteccia cerebrale che deve filtrare l’animale uomo e comandarlo (il figlio più piccolo, Mercurio “mette in catene il genitore e lo comanda” vedasi Kremmerz, SM, vol. III, pag. 58).
    Insomma, la Scienza Ermetica non è la psicologia o la psicanalisi, anche se forse le comprende e, come tutte le scienze, le ha precedute. La Scienza Ermetica è la Scienza dell’Essere Umano, della sua costituzione e del suo possibile divenire; l’arte di diventare simili agli dei? mah, forse l’arte di allinearsi alla Loro voce e materializzarla.
    Ed è questo che si prova a fare nella Schola, tornando e ritornando e facendo la spola in mille, diecimila, centomila pezzetti di esistenza UNA nella lunga curva del Tempo e per come è giusto che sia.

    m_rosa
    Partecipante
    Post totali: 574

    Ho visto il film di cui si parla, qualche anno fa, e sono d’accordo con Buteo, è una bellissima storia animata su come nascono le emozioni nella mente umana e di come ne influenzano la Vita.
    Non è un film da bambini, ma per gli adolescenti, e anche per gli adulti, va benissimo, da la possibilità di capire come l’aver paura (dei cambiamenti come nel caso di Riley, o delle novità, o di non essere amati, ecc.) è cosa del tutto normale nella vita; inoltre il film indica anche una strada per uscire dalla confusione, cioè tornare a quelle che sono le convinzioni, i sentimenti più profondi e positivi che ci portiamo dentro (Ridley, infatti, ripensando agli affetti e alle cose belle che la sua famiglia le ha dato decide di tornare a vivere di nuovo la sua vita avendo però imparato a superare le difficoltà e ad accettare i cambiamenti). E questo assomiglia al consiglio che ho ricevuto dalle Superiori Gerarchie, nei momenti più bui di crisi, tornare con la memoria e col cuore ai momenti di entusiasmo di quando ci siamo iscritti alla Schola, fa si che ritroviamo tutto intero quell’anelito al Bene alla Vita e alla Luce che ci informava e che ci informa.

    GELSOMINO
    Partecipante
    Post totali: 141

    Il post di Buteo mi ha fatto subito pensare alla grandiosità dell’opera Miriamica , perché qui viene data a chiunque , qualunque sia il suo passato e non importa quanto siano fragili , traballanti o segnate le sue “isole della personalità “, la possibilità di cambiare veramente. E qui ,anche se abbiamo sofferto, se non abbiamo avuto l’affetto o i genitori che avremmo voluto,troviamo tutto quello che occorre ad un essere in sincera ricerca di se stesso .

    wiwa70
    Partecipante
    Post totali: 367

    Interessante lo spunto fornito da Buteo che induce a pensare su come impieghiamo metà della Vita a costruirci un’identità necessaria e quindi con essa, ahimè, una serie di sovrastrutture allegate, finchè un giorno,per caso(si fa per dire!), generalmente “nel mezzo del cammino”, c’è la possibilità di incontrare un Maestro e una Schola,in cui ci viene suggerito con parole sapienti, che dobbiamo tornare alla nostra Sorgente Primordiale e quindi destrutturarci, smontando gradualmente tutte le impalcature e le corazze che ci si era laboriosamente costruiti e in più ti aiutano a capire che in tutta questa necessità, che ci circonda e in cui siamo immersi, esiste un ambito di Libertà e quindi di Amore, incondizionato e puro, in cui poter intervenire per andare a trasformare e integrare ciò che si può,con la pratica costante e attiva e gli strumenti virtualizzati allo scopo. Che sollievo! Difatti,lo stato di necessità comincia col primo respiro e fino a nove anni, la pedagogia e psicologia evolutiva dicono, che i genitori sono tutto per noi, poi, fortunatamente, cominciamo a vedere il mondo con occhi diversi, cercando un aggancio, in modo embrionale, con quella scintilla divina che abbiamo dentro. L’adolescente poi arriva persino ad esasperare questa ricerca, chiedendo agli altri, tutto ciò che lui non si spiega, per testare la onestà intellettuale di chi li circonda….guai a fallire diventano implacabili, ma chiedono in fondo semplicemente sincerità e trasparenza! Per portare un esempio: in seguito a collaborazione in un progetto scolastico di arte grafica, bisognava trovare un titolo ad una bella immagine in cui due mani grandi porgono un germoglio in dono a due mani più piccole sottostanti, il tema era la Reciprocità, che aveva fatto sorgere subito una domanda: “Ma quando dài solo per ricevere qualcosa in cambio, si può ancora parlare di reciprocità o diventa manipolazione utilitaristica dell’altro?” Il gruppo di lavoro si arrovellava da un po’,quando è balenato il concetto del “Do ut Des” (Do affinchè tu dia)…dopo un attimo,si sono illuminati, esclamando: “Eureka!Geniale, grazie!” Ho risposto:”Lo è nel vero senso della parola”mentre ringraziavo la Miriam..forse aiutando a migliorare se stessi si può riuscire a volte persino ad aiutare gli altri in modo più consapevole? Questa credo sia la forma di Amore più grande che abbia mai incontrato! Grazie ai nostri Maestri che ci aiutano ad affrancarci dalle mere necessità dell’esistenza e alla Miriam che ci dona a piene mani una Vera opportunità di Bene. Un caro saluto a tutti

    mandragola11
    Partecipante
    Post totali: 658

    Sì, Gelsomino, sono d’accordo col tuo slancio di gratitudine perchè vi troviamo anche solidarietà, affettuosità e soprattutto non pregiudizi! In questa vita di ora che è senza mezzi termini come un mare in tempesta, anche per i cambiamenti epocali che il passaggio da un millennio all’altro si porta con se, la Schola è un’ancora di salvezza, un porto sicuro in cui sentirsi finalmente, nuovamente a casa. E di questo sono infinitamente grata anch’io. A presto!

    tanaquilla9
    Partecipante
    Post totali: 782

    Un invito da poco ricevuto, per una visita alla Reggia di Portici e al suo Orto botanico dedicata alla memoria di Domenico Leone Cirillo (Grumo Nevano, 10 aprile 1739 – Napoli, 29 ottobre 1799), mi ha fatto ricordare di aver già sentito nominare questo scienziato. Medico alla corte di Ferdinando IV di Borbone, e professore di patologia medica e botanica all’Università di Napoli e all’Ospedale degli Incurabili. Naturalista ed entomologo, fra i più grandi del suo tempo, si occupò dell’uso delle piante in campo medico e veterinario e ci ha lasciato delle bellissime tavole botaniche, rigorosamente scientifiche. Patriota e promotore della repubblica napolitana del 1799. Tanti i suoi meriti medici. Ce li menzionano – se ricordo bene – Raimondo di Sangro Principe di Sansevero e Giuliano Kremmerz quando descrive i medici che, come veri artisti, eccellono nell’intuire e penetrare l’esame clinico e le prescrizioni curative, al di fuori del razionalismo ordinario, cioè gli ermetisti. “Si racconta di Domenico Cirillo che, sentito lo starnuto seguito da uno sbadiglio del carbonaio che scaricava la sua mercanzia, gridò: va a coricarti e cavati sangue, perché corri pericolo immediato di morte. L’altro rise e la sera morì”. (SM,II,172 nota 1). Questo senso ermetico, accoppiato alla scienza e alla conoscenza tecnica, è una vera benedizione.

    BELL
    Partecipante
    Post totali: 79

    Su una pubblicazione specialistica, la mia attenzione si è soffermata sui recenti risultati di un gruppo di ricercatori che hanno studiato il rapporto esistente tra il diametro della pupilla e il meccanismo di riconoscimento degli oggetti.
    Il suo diametro non dipende solo, come si pensava fino ad oggi, dalla luca presente nell’ambiente, ma anche dal ricnonoscimento degli oggetti. Lo ha verificato un’equipe Giapponese che è andata oltre la sua funzione di diaframma che si apre quando c’è poca luce e si chiude in presenza di una luce intensa.
    Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, la dimensione della pupilla dà una misura del nostro livello di comprensione. Una squadra di ricercatori giapponesi si è “divertita” a misurarne il diametro e a metterlo in rapporto alle immagini contenute in un filmato. Sorprendentemente si dilata un attimo prima di capire quali oggetti stiamo vedendo. Durante la ricerca è stata analizzata la dinamica pupillare per chiarire i meccanismi di riconoscimento di oggetti ambigui.
    Ai partecipanti sono state presentate una serie di immagini composte da punti, che potevano essere interpretate in diversi modi; dopodiché è stato chiesto loro se riconoscessero qualcosa, precisando il grado di certezza della loro affermazione. I ricercatori della Toyohashi University of Technology hanno concluso che – persino quando i volontari non riuscivano a riconoscere nei filmati un singolo oggetto – la loro pupilla si dilatava in un secondo momento, non appena stavano per capire ciò che avevano visto.
    Quindi la pupilla che è la porta di entrata delle immagini visive risponde in un senso di apertura nel momento in cui stiamo riconoscendo un’immagine, un carattere ecc.

    mandragola11
    Partecipante
    Post totali: 658

    Caro Bell, il ruolo della pupilla che si apre e si chiude, compenetrando e accogliendo in relazione al riconoscimento e alla familiarità di ciò che viene in nostro contatto offre numerosi spunti di riflessione e approfondimento, anche attingendo alle pagine di questo sito in relazione alla funzione dei 5 sensi e alla purificazione degli stessi che ne consenta un uso finalizzato al meglio, secondo l’intelligenza della natura.
    Leggo in un recente studio compiuto fra l’università di Pisa, Firenze e la onlus Stella Maris un riscontro scientifico al detto “l’occhio è lo specchio dell’anima”, infatti nella pupilla vi sarebbero i caratteri della nostra stessa personalità, al punto di poter prevedere l’autismo, quindi con risvolti diagnostici e di prevenzione enormi.
    È vero poi che esiste una pupilla in entrata e una pupilla in uscita nel meccanismo della visione, ad esempio quando si deve scegliere uno strumento per guardare il cielo notturno, diverse per dimensione e comportamento?

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