La Scienza Ermetica nelle Arti

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  • kridom
    Partecipante
    Post totali: 177

    Ricollegandomi al concetto classico di Arte come espressione del Bello e del Vero, ho difficoltà nel vedere in molta parte dell’arte moderna e, soprattutto, contemporanea tale connessione. Ad esempio, il famoso quadro “La Persistenza della Memoria” di Dalì mi comunica una sensazione di staticità, stagnazione che può avere qualche connessione con uno stato d’animo del pittore e che può empaticamente risuonare anche nell’osservatore ma in che misura è rappresentazione del Vero? Oppure, le installazioni relative agli animali in formaldeide di Damien Hirst sono Belle o solo forme di provocazione autoreferenziali? Trovo, al contrario, molto “evocative” le opere di Kandinskij o i prigioni di Michelangelo. Chiaramente il giudizio non può che risentire della mia soggettività e del mio metro di giudizio. Vorrei anche chiedere a Bell di non pubblicare solo le ricette ma anche le istruzioni operative…o quelle sono comunicabili solo a voce? :-)))

    BELL
    Partecipante
    Post totali: 79

    Carissimo Kridom il libro del Dot.Buratto da cui traggo le ricette contiene anche le istruzioni operative ma io volutamente ho deciso di non riportarle in quanto mi sembra più giusto dare libertà a chiunque di utilizzare i vari elementi secondo una sua impronta “culinaria” personale e non schematizzandoli in modo pre-definito; comunque a chi interessano le istruzioni operative di una determinata ricetta non c’è alcun problema a pubblicarle.
    Un abbraccio

    Buteo
    Partecipante
    Post totali: 218

    Rileggevo i post, i molteplici rinvii al Bello, l’auspicio a un’arte che nell’armonia di forme o colori o suoni abbia in sé l’anelito al sublime, tale che l’anima umana sia rapita al Bene… al Divino… Un senso di gratitudine che sgorga verso un ‘Dio Creatore’ all’aprirsi di paesaggi di incontaminata bellezza.. e di pace e di beatitudine..
    Sì, forse il nostro animo è rapito dallo strabordare di cotanta bellezza, forse il bimbo nell’utero si cheta e le molecole d’acqua si dispongono in composizioni armoniose…
    Sì, meravigliose sensazioni.. E tutto il resto?
    Ricordo quando al Castello di Postignano il Maestro ci rammentava cos’è Natura: la verde vallata con rivoli d’acqua e fiori olezzanti e.. il letamaio che raccoglie gli escrementi delle vacche e.. la puzzolente discarica d’immondizia, i fumi acri di ciminiere e raffinerie..
    E mi sono venuti in mente i film alla Walt Disney, dove il ‘buono’ è tutto ovatta e fiocchetti e il cattivo è scuro sporco e distorto..
    E mi è venuta l’immagine dei lattanti dalle gote paffute e dagli occhioni luccicanti che sanno di latte e che a vederli s’intenerisce e s’allarga il cuore..
    E poi… ho visto lattanti sindromici o malformati dai tratti impressionanti, fastidiosi nel loro aspetto così stonato, asimmetrico o mancante. Così disarmonici, così scostanti… da ritenersi in tempi addietro espressione del diavolo…
    E ho pensato ai genitori.. al cuore stretto.. là dove dovrebbero sgorgare rivoli di gratitudine e di amore al divino..
    Bambini definiti oggi ‘diversamente abili’, con abile e buonistico eufemismo. Bambini non ‘normali’, bambini malati, bambini per i quali s’invoca e si piange una vita spensierata e s’impreca contro una scienza avara che non produce ancora il rimedio universale o contro un dio che ha potuto castigare tanto!
    E poi… le parole del Maestro: cos’è Natura. E quindi, cos’è malattia? È una via fra le possibili tante che la Natura può imboccare, una delle infinite manifestazioni della vita? Chi giudicherà la Natura aver intrapreso una via ‘anormale’? ….
    E poi… mi è venuta in mente una mamma.. e un padre..
    Era nata la loro bimba, forse una bimba Down.
    Me la portarono in studio. Era proprio una bimba Down e… c’era Amore.
    Vennero dopo un mese. Era ancora una bimba Down e… c’era ancora Amore.
    Sono passati anni. E’ sempre più una bambina Down. E c’è sempre più Amore…

    wiwa70
    Partecipante
    Post totali: 366

    Molto intenso il post di Buteo che ringrazio perchè induce a pensare e a farsi delle inevitabili domande e comincio da loro,i miei preferiti: i Down, sono belli e simpatici, rotondetti fisicamente, ti abbraccerebbero tutto il tempo tuttavia sanno tenerti testa nello scontro fino al prossimo abbraccio, caparbi, tenaci, capaci di volontà ad oltranza e se affidi loro un compito lo portano avanti fino all’estremo…qualche studioso ha ipotizzato persino che vengano da un altro pianeta per insegnarci l’Amore! I disabili fisici, fieri e alteri,con dei bei caratterini,parecchio lamentevoli e recriminatori, ti comandano un po’ a bacchetta quasi che tendano a dare a chi sta loro vicino la colpa di ogni loro malessere, cosa insegnano? La pazienza! I disabili psichici, avvolti nel loro mondo misterico e silenzioso, ti insegnano che si può parlare con un linguaggio extra-verbale,a volte se si fa attenzione si riesce persino a sentire cosa pensano e cosa vogliono dirti…basta un gesto…si chiama linguaggio del corpo e quando avviene questo incontro di anime, ti fanno sentire un essere speciale anche quando non lo sei! La Natura che cos’è? E’ la terra dove esistono una varietà innumerevole di possibilità, per ogni seme una pianta, anche laddove il risultato non ci piace? E’ quello spazio Vergine, come una tela\trama in cui un particolare che inizialmente colpisce l’occhio e dà quasi fastidio allo sguardo in realtà alla fine dell’opera risulterà il suo leit motiv principale,originale,unico anche se sta sovvertendo semplicemente i nostri schemi mentali per cui le cose devono essere necessariamente come le vogliamo o conosciamo noi? In pedagogia agli educatori professionali insegnano che anche attraverso una crepa o qualcosa di apparentemente rotto o mal funzionante, passa la luce e che il Male è semplicemente un Bene spostato, arrivato troppo presto o troppo tardi rispetto al dovuto..la soluzione quindi può essere quella di cercare di collocare al giusto posto ciò che non sappiamo spiegarci razionalmente, laddove,in ebraico ‘mettere al giusto posto’ è un sinonimo del verbo ‘onorare’? La vittoria a mio parere non sta nel chiamare un disabile ‘diversamente abile’ ma di onorare la Vita tout cour dandole dignità, nonostante le sue apparenti contraddizioni,avendo il coraggio di guardare e chiamare per nome ciò che è e allo stesso tempo prendersene cura e portarlo avanti nella logica di un riequilibrio, per cui se l’Umanità è Una dobbiamo fare i conti con quella parte deficitaria di Essa che ci riguarda tutti, nessuno escluso, per dare al tutto un senso\significato? Forse anche questo può essere considerata Bellezza nell’ Arte? Non ho le risposte naturalmente e non so neanche se è un modo per raccontarsela,ma quando mi sono sentita parte di questo ‘meccanismo virtuoso’, sono riuscita a riconciliarmi con me stessa rispetto a tutti quei perchè senza risposta che mi attanagliavano e a sentirmi un po’ più felice.

    mara329
    Partecipante
    Post totali: 88

    Per me la realizzazione del Bene è l’Arte più grande, comunque si realizzi. L’arte di saper fare il Bene è del “Maestro di Miriam”. Intuisco che sono necessarie Scienza, Amore, Volontà e Giustizia. Non sempre è semplice fare il Bene, agire nel Bene, intuire ciò che è Bene per se e per gli altri. Spesso ho sentito – e lo capisco per le mie esperienze – che il Bene non sempre è ciò che piace. A volte è uno strazio, altre una crisi necessaria per trasmutare “l’impurità del dolore”. Forse è la Legge stessa che regola la Vita perché è una tensione innata che non si può inventare, ma solo assecondare, manifestare e possibilmente potenziare. Non ha a che fare con l’apparenza, con la filantropia, con l’ego.
    “Io credo nel Bene contro ogni strazio del dolore nei mali umani” e noi siamo numeri di un circuito di Bene che ha il potere di sanare ogni cosa venga in suo contatto. Anche questo Forum – spazio comune che mette in risonanza i nostri “neuroni” – è un Bene.
    Capisco quanto scrive Buteo e lo condivido: la bellezza non è solo una apparenza gradevole. Quando furono trovate sotto terra le realistiche Madri italiche di Capua, subitamente furono interrate e dichiarate “brutti rospi” perché non avevano neanche una delle prerogative e dei canoni estetici che hanno ispirato le Veneri greche. Solo dopo sono state apprezzate per ciò che le animava, per l’idea di cui erano portavoci e dichiarate uno dei prodotti più tipici e originali della creatività italica. Cento e più Matres, datate dal secolo IV a.C. al II d.C., che testimoniano un culto ininterrotto di un santuario italico, tutte in tufo a dimensione quasi naturale, sedute con uno fino a 12 lattanti fra le braccia. L’effige della dea del santuario è invece una donna seduta su trono recante sul palmo della mano sinistra una melagrana, e in quello della destra una colomba.

    mara329
    Partecipante
    Post totali: 88

    Avete visto il film di Luc Besson del 2005: Angel-A? E’ la storia di un uomo indebitato con la malavita che pensa di suicidarsi lanciandosi da un ponte. Nello stesso momento qualcun altro ha avuto la stessa idea: è Angela, bella e gigantesca. André si tuffa e la salva dalle acque, nell’unico atto di coraggio della sua vita. Angela diviene il suo angelo custode… se lui si interessa a lei, allora può iniziare a farlo con se stesso. Angela lo conduce ad avere rispetto di sé, a riconoscersi e infine ad amarsi. Perchè lei non è altro che il suo io più profondo. La scena più intensa del film è quando Angela porta l’uomo di fronte ad uno specchio, e mentre si trova alle sue spalle, gli dice: “Guarda nello specchio, che vedi?
    “Vedo una ragazza eccezionale.
    “Guarda meglio che vedi?
    “Non lo so.
    “Bene, prima vedevi solo negatività, ora nulla. Vuol dire che ti sei svuotato e purificato. Hai bisogno di riempirti. Cosa vedi nei tuoi occhi? C’è qualcosa che deve venire fuori.
    “Una certa tenerezza, una certa bellezza, gentilezza.
    “E Amore?
    “Si molto Amore.
    “Deve venire fuori. Dillo.
    “E’ duro da dirsi.
    “E’ duro perché nessuno te lo ha detto mai. E’ difficile amarsi quando nessuno te lo ha riflesso. Prima lo devi vedere fuori di te e poi dentro. Io ti amo André.
    “Io ti amo Angela, sin dal 1° giorno.
    “ Questo è un Bene. Ora dillo di nuovo senza nome e guarda nei tuoi occhi.
    Ora l’immagine di Angela sparisce dalle sue spalle, mentre lui dice: “Non posso”. A questo punto si sente la voce di Angela dire: “guarda il tuo corpo sofferente per mancanza di amore e fiducia. Non credi che ne devi avere cura? Egli ha sofferto per tutto questo tempo in silenzio. Dì al tuo corpo quanto è importante”.
    Una lacrima scende sul viso di André. Poi dice: “Io ti amo, André”.

    Accademia Giuliana
    Partecipante
    Post totali: 23

    A proposito dell’amore, l’Accademia Giuliana si era trovata a lavorare su uno spunto interessante dell’ultimo imperatore pagano dato dalla sua lettera a Teodoro più conosciuta come Frammento 89. In quella il filosofo affermava:
    “E trovo che prima di amare, bisogna conoscere, e che, per conoscere, bisogna praticare”.
    Si era riflettuto quindi su cosa si intendesse per amore e cosa si intendesse per praticare, ricordando quanto affermato dal Maestro Kremmerz (S.M., Vol. I, p. 14) sul fatto che l’amore è materia e che tutta la magia pratica procede per amore (…) intuito di abbraccio divino tra la materia finita e il mondo infinito (S.M. Vol. I p. 323).
    All’epoca si era notato che la memorizzazione naturale – che tutti conosciamo come ricordi – si avvale di un duplice messaggio chimico innescato dal cervello: uno, quello dell’informazione, l’altro, quello dell’emozione che all’informazione si accompagna.

    seppiolina74
    Partecipante
    Post totali: 270

    Mi riallaccio volentieri al post di Wiwa del 19 gennaio, dove si sottolinea l’importanza della dignità in relazione alla Vita stessa. Sono perfettamente d’accordo e anzi, mi tocca particolarmente questo tema, perchè credo che la vera dignità dell’Essere sia la chiave per prendere coscienza di sè, per imparare ad ascoltare la parte più profonda di noi, quella che è sempre l’ultima ad essere considerata realistica ed affidabile. In tutti i processi e tentativi di demolizione del sè, sia da parte di chi è esterno a noi, sia di conseguenza nei confronti di noi stessi, si parte dal presupposto che la dignità sia un qualcosa che si debba meritare in qualche modo, una specie di atto certificato che qualcuno ha debitamente vagliato e bollato secondo la propria libera opinione. Ma la dignità è il diritto di essere fedeli a se stessi, di sperimentare, di osservare il mondo con i propri occhi, di qualunque colore o forma; dignità è riconoscere che ognuno di noi possa alzarsi, restare in piedi sulle sue gambe e, soprattutto, possa cominciare il viaggio nella direzione che ritiene più consona alle proprie esigenze. Il Maestro Kremmerz scrisse che l’evoluzione è un diritto, ed io credo che sia stato da sempre questo il messaggio inviato a tutti coloro che volevano iscriversi alla Fratellanza di Miriam: ogni essere ha il diritto di tentare la via dell’evoluzione, e quindi possiede pari dignità di accedervi,al di là delle vicessitudini di vita incontrate.Non credo che la dignità, in questo senso, abbia molto a che fare con la mistica “compassione”, dove il “poverino” viene segnato dalla commiserazione di chi ha intorno…

    m_rosa
    Partecipante
    Post totali: 574

    Molto toccante il post di Buteo sull’amore. Probabilmente quei genitori non avrebbero mai pensato , a tavolino, cioè prima di trovarsi nella situazione concreta, di essere in grado di crescere una bimba down, però poi l’amore ha fatto il miracolo, che miracolo non è. L’amore come materia cambia chi lo prova e come diceva un’autrice a me cara, se restiamo gli stessi prima e dopo aver amato, vuol dire che non abbiamo amato abbastanza.
    Trasposto nelle cose nostre: l’amore è la chiave di ogni cambiamento

    mandragola11
    Partecipante
    Post totali: 658

    Prendo spunti da diversi post.
    Strano che proprio nelle terre di Campania, così storicamente pregne di una femminilità autentica, e un senso materno spiccato per cui “o scarrafone è bello a mamma soja”, siano così state travisate le Mater Matute di Capua. Mamma soja non sarà sempre stata perfetta come Venere! Eppure questo la dice lunga sulle convenienze sociali che creano continuamente schemi/immagini per omologare l’essere a falsi valori estetici ed etici.
    E poi, l’amore di una madre è immenso, ma il figlio di chi è? è solo di quella madre o di tutte le madri, anzi di tutte le donne indipendentemente dal fatto di esserlo, oggi, Madri?

    Il post di Buteo, mi tocca corde profonde: di ingiustizia, di prevaricazione, di bisogno di modificare l’ottica con la quale si interpreta la vita, anzi la si vive, la vita. Cosa è deforme o anormale? Il guscio o il contenuto? Riflettendo mi viene di pensare una cosa che forse sembrerà banale: quanta cattiveria e crudeltà si celano talvolta dietro aspetti belli e quasi perfetti?

    Nella fiaba che ci ha cullato da bimbi la strega cattiva, non a caso vecchia, quanto comunemente è per forza brutta la vecchiaia!, si servì di una bella, perfetta, rossa mela per avvelenare Biancaneve.
    La strega può interpretare un femminile negativizzato e deviato costruito apposta da una società in conflitto con se stessa e malata? Una società, una corrente di pubblica opinione sulle cose, dove mi pare che la mela perfetta rappresenti l’idea, anch’essa distorta, che bello e buono debbano rispondere a determinati schemi, come giustamente diceva mara329 sulle Mater Matute che sono inizialmente state giudicate rospi!

    admin Kremmerz
    Amministratore del forum
    Post totali: 1008

    Anche le elites culturali campane della metà dell’Ottocento, epoca in cui furono ritrovate nel fondo Patturelli di Capua le matres, non erano evidentemente avulse da quei riferimenti patinati al bello dell’epoca classica… che ancora dominavano le considerazioni sull’arte.
    Anche le veneri di Malta, scoperte poco prima (1839), all’inizio non trovarono grande accoglienza …dal punto di vista estetico.

    mara329
    Partecipante
    Post totali: 88

    E così le “Veneri” del Paleolitico ebbero questo appellativo quasi per gioco. Infatti per le loro forme abbondanti furono dette anche veneri steatopigie o Veneri grasse.

    tanaquilla9
    Partecipante
    Post totali: 782

    Un libricino “Il senso artistico degli animali” di Etienne Souriau suggerisce che la Vita sia la prima artista. Vi sono fenomeni estetici-artistici di cui l’animale è individualmente causa e produttore. Queste attività affondano le radici nella vita organica il cui il fatto estetico è già presente. Riporto, sintetizzando, alcune considerazioni interessanti. “Non è all’istinto artistico del pavone che bisogna rendere gli onori. Tutto ciò è opera in lui della natura, il pavone utilizza la sua bellezza come un coreografo. Con l’attività del ragno, che trae dalla propria sostanza la seta di cui è fatta la sua tela, si inaugura la separazione fra l’opera e l’artista (l’artigiano se preferiamo): il ragno è l’artista, la tela è l’opera. Il canto dell’usignolo non è innato né ereditario ma appreso e talvolta individualmente migliorato e diversificato. Esso è per funzione rivolto verso un ascoltatore reale o virtuale. Molti indizi sostengono la sensibilità dell’animale alle forme buone del ritmo, come nella corsa del cavallo, o nei giusti cerchi su una colonna d’aria ascendente o sull’appoggio del vento, della poiana; la loro sensibilità alla bellezza, all’armonia, e alla coordinazione all’opera del fare comune oltre ad un istinto alla teatralità e alla mimica, come simulazione espressiva. Il senso artistico è evidente negli uccelli sia per la realizzazione di alcuni loro nidi, sia per la costruzione di giardini. Il Ptilonorhyncus violaceus ad esempio porta nel suo giardino (spianando, nei pressi del nido, una lunga superficie di terreno) tutto ciò che trova di azzurro: piume, pezzi di carta o di vetro. Poi coi rami appoggiati o legati dalla cima intorno ad un alberello costruisce un pergolato e lo dipinge col succo di una pianta tintoria stemperato nella sua saliva, tenendo nel becco un pezzetto di scorza per guidare il colore. Fatto questo (alcuni si dipingono il pezzo di azzurro) emette lunghi fischi ed altri uccelli della stessa specie vengono al “ricevimento”, si salutano, danzano e le coppie si formano. Sembra quasi ciò che narrano i poeti dei giardini della Regina Sibilla o di Alcina”. Il libricino conclude così: “L’uomo di oggi ama ripetersi di essere divenuto non solo padrone del mondo, ma padrone del suo destino. E questo errore, questa ingratitudine verso la vita, può costargli caro. Checché ne pensi egli è profondamente e fondamentalmente tributario del modo in cui la vita, misteriosamente, agisce in lui… E’ bene che egli resti in armonia con essa”.

    holvi49
    Partecipante
    Post totali: 112

    Quanto riportato da Tanaquilla9 induce a delle riflessioni che traggono origine non dalla ricerca di una spiegazione dei fenomeni, cosa questa, che è insita nella mentalità odierna abituata al ragionamento deduttivo, che tiene esclusivamente conto della causa-effetto, ma da un tipo di approccio che implica una immedesimazione, per quanto possibile, in tutto ciò che la natura manifesta per esprimere quell’insondabile mistero che è la vita. Quando si osserva, ad esempio, uno dei comportamenti delle creature viventi come riportato nel testo dall’autore, noi cerchiamo di comprendere tale comportamento riferendo il tutto al nostro modo di interpretare la realtà secondo i canoni a noi noti: è la nostra percezione della realtà che definisce le modalità di azione, risposta, intenzionalità e scopi di attuazione di una determinata sequenza comportamentale di cui l’animale, ad esempio, si rende attore. Mi sono chiesto molte volte come vede, ad esempio, un uccello, cosa sente e come vive la realtà che lo circonda; le forme ed i colori, sono come noi li percepiamo? E il suono? E le azioni che esso compie, sono così scontate per la “sopravvivenza”, o seguono un “copione ” che per noi è sconosciuto?
    Per sapere cosa sia una cosa, bisogna essere la cosa stessa, dice il Kremmerz. Ma non si può, di certo, diventare un cavallo. Ma forse si può cercare di ristrutturarsi in maniera da avvicinarsi ad una modalità di essere che è più in armonia con la natura, in cui le altre forme viventi si esprimono in quella maniera che può in noi soltanto suscitare emozione per una bellezza inconcepibile.
    Un caro saluto.

    seppiolina74
    Partecipante
    Post totali: 270

    Sono d’accordo che occorre ristrutturarsi (destrutturarsi) per essere in sintonia con la natura ma credo che più che emozionarci per le forme, dovremmo cercare una risposta nella funzione di quell’animale o di quella pianta nell’ambito dei meccanismi naturali;cercare corrispondenze magari con il nostro essere: perchè mi devo emozionare per una cavalletta? Lei si emoziona guardando me? Non credo proprio…

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