LA PANDEMIA DA CORONAVIRUS TRA DATI OGGETTIVI E OPINIONI SOGGETTIVE

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  • kridom
    Partecipante
    Post totali: 177

    wiwa70, ma certo che la pastiera c’è anche per te! come dice la canzone: aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più 🙂


    @Angelo
    , il rispetto della vita è una cosa che dobbiamo cercare di avere tutti noi, e noi Miriamici ancor di più per il cammino che liberamente abbiamo scelto, concordo con te pienamente. Parimenti, il maestro Kremmerz ai fratelli che partirono per la prima guerra mondiale diede un talismano per proteggerli dalla morte in battaglia, suppongo che alcuni di quei fratelli abbiano dovuto imbracciare un fucile e abbiano svolto il loro dovere, sebbene non sarei mai voluto essere al loro posto per un compito così spiacevole. Allo stesso modo, nella prima ondata della pandemia, molti medici rianimatori hanno dovuto scegliere chi mettere in terapia intensiva e chi no, e anche lì non sarei voluto essere al loro posto. Se ne potrebbero fare altri di esempi, compresi altri farmaci che sono autorizzati ma possono avere effetti collaterali fatali, ma il tema è che chi deve fare delle scelte deve considerare i costi e i benefici. E’ facile scegliere solo nel caso in cui ci siano benefici ma non ci siano costi, ma non è sempre così. In questi casi, come ci si comporta?

    m_rosa
    Partecipante
    Post totali: 574

    Certe scelte sono obbligate o obbligatorie, ma per le altre è sempre la medesima cosa, ci si comporta secondo scienza e coscienza del proprio essere è più ci conosciamo più le scelte saranno coerenti col nostro Io più profondo. Ciò non vuol dire che debbano essere le stesse, ciò che fa bene a uno non è detto faccia bene anche a un altro

    Alef2006
    Partecipante
    Post totali: 222

    Al momento non sussiste alcun obbligo vaccinale e in ogni caso le dosi sono così poche che non avrebbe neanche senso imporlo. Dubito fortemente (ma potrei sbagliarmi) che questo obbligo sarà imposto in futuro (io spero vivamente che si lasci libero ciascuno di scegliere). Ciò che ritengo più plausibile è che sia introdotta una sorta di scheda vaccinale che possa consentire ai vaccinati alcune attività e precluderne ai non vaccinati altre.

    Trovo tuttavia strano che ci si focalizzi sempre molto sulla libertà di rifiutare un vaccino e poco sulla libertà complementare: perché un soggetto che vuole vaccinarsi deve ritardare la propria vaccinazione a causa della paura dei soggetti che temono le conseguenze del vaccino? Che ciascuno operi la propria scelta sulla base di ciò che ritiene giusto e utile, assumendosi le responsabilità della propria decisione.

    Tutti questi discorsi chiaramente hanno una valenza di breve periodo perché immagino che altre cure si affacceranno all’orizzonte nel medio periodo e magari chissà il Covid potrebbe mutare diventando meno “cattivo”: lo speriamo tutti ma non possiamo esserne certi.

    Chiudo facendo notare che in Israele la vaccinazione di massa sta portando notevoli benefici e che sempre grazie ai vaccini tantissime malattie letali sono state debellate anche in Italia nel corso dell’ultimo secolo.

    Un Abbraccio

    Alef

    Eris
    Partecipante
    Post totali: 30

    Caro Alef penso che hai colto il punto nel nervo cruciale non ci rendiamo conto dei benefici ottenuti negli anni dalle varie campagne di vaccinazione , quelli della mia eta si sono fatti il vaccino del vaiolo e del servizio di leva militare e non sono stati uno scherzo , oggi grazie alla grande informazione/disinformazione siamo diventati vittime dell’indecisione ,quindi io cerco di stare con i piedi radicati a terra e di salvaguardare la mia persona e quella delle persone che mi circondano al momento è una mia libera scelta.
    tornando al famoso Vaiolo siamo stati tutti vaccinati ed ha funzionato questo dovrebbe far riflettere un abbraccio a tutti

    tanaquilla9
    Partecipante
    Post totali: 782

    Il punto secondo me non è la libera scelta se fare o meno il vaccino che è sacrosanta. Qui si discute sul rispetto per l’essere che la Schola ci insegna, che sperimentiamo ogni giorno e cui non possiamo mai abdicare. Ognuno farà come meglio ritiene. Secondo me è Angelo che ha centrato la questione. A fronte della somministrazione del vaccino bisogna essere informati dal proprio medico di base o da altro, in relazione alle proprie patologie, se è conveniente o meno, quali sono le eventuali controindicazioni e quali i sintomi precisi cui fare riferimento in caso di somministrazione. Perché è stato chiarito che seppure i benefici superano i rischi degli effetti collaterali, questi ultimi anche se rari, nn vanno dimenticati.
    Il paragone coi farmaci che abbiamo in casa, accompagnati da bugiardini da far rizzare i capelli, non vale perché lì siamo informati e ci assumiamo l’eventuale rischio consapevolmente e, conoscendolo, possiamo valorizzare il farmaco perché non noccia.

    Alef2006
    Partecipante
    Post totali: 222

    Cara Tanaquilla, quando ci si reca in un centro di vaccinazione (che io sappia) è sempre presente un medico proprio per assolvere alla funzione da te sottolineata. Si può chiedere di parlare con il medico e spiegargli le proprie patologie croniche e pregresse. Il medico sulla base di queste informazioni potrà decidere se rinviare la vaccinazione. In ogni caso sulla base del consulto anche il paziente può decidere di non vaccinarsi. Conosco persone a cui è stata rinviata la vaccinazione proprio in seguito al colloquio con il medico nel centro di vaccinazione. Sta a noi chiedere e pretendere maggiori informazioni dai medici (e non parlo solo dei medici del centro vaccinale) prima di decidere in modo consapevole ed equilibrato. Se però si ha paura a prescindere (paura del tutto legittima sul piano soggettivo) allora tanto vale ammetterlo a se stessi e cercare un altro modo per affrontare la situazione. Ciò che io stigmatizzo è la voglia di rendere oggettive le paure soggettive: perché sul piano soggettivo una paura può anche manifestare un meccanismo di protezione che per qualche motivo mi vuole portare lontano da una vaccinazione rischiosa per il mio proprio essere ma la mia paura soggettiva vale per me e non devo in alcun modo propagarla agli altri perché se trasmettessi la mia paura ad altro individuo (che magari potrebbe trarre solo benefici dalla vaccinazione) potrei esporlo al Covid e questo non credo sarebbe rispettoso per il suo essere. Scusa per il ragionamento un po’ arzigogolato. Ti voglio tanto Bene. Alef

    Buteo
    Partecipante
    Post totali: 218

    (9) Ritorniamo alla terapia in corso di Covid-19. Se, nel trattamento delle forme severe, la somministrazione di plasma iperimmune non offre vantaggi rispetto al plasma normale, avranno un significato le immunoglobuline specifiche o iperimmuni o neutralizzanti il SARS-CoV-2?
    Le immunoglobuline iperimmuni sono il concentrato di anticorpi specifici, ottenuti per estrazione industriale dalle donazioni di sangue di migliaia di soggetti convalescenti con alto titolo dell’anticorpo che si sta ricercando (v.7); sono molto efficaci nelle fasi iniziali di infezioni, per fermare la progressione in malattia.
    Ritorniamo alla metafora della piazza (v.5) quando incominciava l’invasione dei terroristi. Consideriamo un soggetto, non immune, né per malattia naturale né per vaccinazione, che inizi a essere infettato dal SARS-CoV-2: non ha anticorpi specifici, quindi non dispone di corpi speciali armati con proiettili ad alta precisione, ma, stavolta, un paese amico invia un plotone di paracadutisti perfettamente equipaggiati, che inizia con successo a colpire i terroristi in sua vece. Però i proiettili vanno esaurendosi e altri terroristi continuano ad arrivare… e, intanto che i paracadutisti sparano, si affanna senza sosta ad assemblare i ‘propri’ proiettili, in dura lotta contro il tempo, perché siano pronti prima che si esauriscano i rinforzi… Dipenderà dalla quantità di terroristi (carica virale) e forse occorrerà anche l’intervento della fanteria con bombe a mano (risposta immunitaria innata) e i conseguenti danni, che probabilmente rimarranno limitati, perché il sistema è molto efficiente a costruir proiettili per i propri corpi speciali (risposta immunitaria specifica). Non appena è assemblato il giusto prototipo (Ig neutralizzanti), la produzione è prontamente avviata e procede lesta e inarrestabile. E adesso, che arrivino pure in quanti terroristi vogliano, qui ormai si è ben equipaggiati.
    Tutto molto bello! Possiamo vantaggiosamente servircene per combattere il SARS-CoV-2?

    Buteo
    Partecipante
    Post totali: 218

    (10) Vediamo una situazione di utilizzo di Immunoglobuline specifiche nella profilassi di una patologia infettiva, l’epatite nel neonato figlio di portatrice del virus dell’epatite B (HBV).
    L’HBV è trasmesso nell’adulto per contatto con sangue infetto e con secrezioni genitali o saliva. Nel bambino, invece, la trasmissione più comune avviene nel periodo perinatale, in linea verticale dalla madre infetta durante il parto o appena dopo. Poiché il virus non si trasmette al feto in gravidanza, è possibile profilassare il neonato somministrandogli, entro 12/24 ore dalla nascita, una dose di immunoglobuline specifiche anti-virus epatite B (HBIG) intramuscolo, contemporaneamente alla prima dose del vaccino anti-epatite B, il cui ciclo sarà completato secondo il calendario vaccinale.
    Perché Immunoglobuline specifiche anti-HBV più vaccino anti-HBV?
    Il bambino nasce senza anticorpi contro il virus, quindi sfornito dei proiettili ad alta precisione: le HBIG sostituiscono questi proiettili. Potrà infettarsi al parto e anche successivamente, perché succhierà al seno e nel latte potranno esserci tracce di sangue per ragadi al capezzolo e perché, in ogni caso, la stretta simbiosi che vivrà con la madre comporterà, anche nei mesi successivi, un rischio di trasmissione del virus, ad es. per scambi di saliva. Se le HBIG (i proiettili ad alta precisione dei paracadutisti -v.9) lo supportano nell’immediato, il vaccino attiva le cellule di difesa a produrre gli anticorpi, quei proiettili che lo proteggeranno dagli ulteriori contatti col virus, rimpiazzando le HBIG che vanno progressivamente a esaurirsi.
    Una parentesi: più del 90% dei bambini che si infetta alla nascita diventa portatore cronico, mentre il rischio scende al 25-60% per l’infezione contratta in età prescolare e al 5% nelle età successive, come per l’adulto. Pur evolvendo in generale in forma benigna, perché pochi sono i casi particolarmente gravi, i portatori cronici sviluppano nel tempo gravi danni al fegato e facile progressione in cirrosi ed epatocarcinoma, a distanza di 30-40 anni. Il rischio quindi è tanto più grande quanto più precocemente è avvenuto il contagio, pertanto è massimo negli adulti che hanno contratto l’infezione da neonati. Nonostante la corretta profilassi alla nascita un piccolo numero di neonati di madri portatrici croniche di HBV s’infetterà comunque; tuttavia la vaccinazione anti-HBV, obbligatoria in Italia dal 1991, ha ridotto del 70% il rischio di cancro al fegato.
    Anche sapendo che le immunoglobuline, nonostante il miglioramento dei processi di produzione, rimangono, in quanto plasmaderivato, un possibile veicolo di infezioni e abbiano un rischio di reazioni avverse, pensiamo accettabile non profilassare quei neonati, con immunoglobuline e vaccino, facendoli incorrere con grande probabilità, in cirrosi o cancro al fegato intorno ai 40 anni?

    m_rosa
    Partecipante
    Post totali: 574

    Ho letto un articolo che ho trovato interessante perché esplora nuovi modi per combattere il COVID,estraendo il vaccino dalle piante, mi sembra un po’ meno invasivo, soprattutto in termini di impatto ambientale. Lo riporto più o meno per come l’ho letto.
    Con le piante possiamo produrre il vaccino.

    Un gruppo di ricercatori di Enea, delle Università di Verona e Viterbo, Cnr e Iss ha pubblicato – a metà dicembre 2020 – sulla rivista scientifica Frontiers in Plant Science uno studio in cui ipotizzano che il vaccino anti COVID si può produrre con le piante nelle quantità necessarie a soddisfare le esigenze del piano di vaccinazione nazionale, a costi molto più bassi, e con tempi più brevi
    Ad oggi ci sono tre principali metodi per produrre un vaccino. Si può iniettare nel paziente direttamente il virus indebolito o inattivato completamente così che l’organismo avvii la risposta immunitaria – quindi la produzione di anticorpi contro il virus – ma senza che si scateni la malattia. È il caso del vaccino contro il morbillo, la parotite, la rosolia, la varicella. Un secondo modo consiste nell’iniettare soltanto una componente del virus, detta antigene.
    È l’antigene a scatenare la risposta immunitaria. Questi vaccini sono chiamati a sub-unità e ne sono esempio i vaccini contro l’epatite B, l’influenza stagionale e il papilloma umano. O ancora, una terza strategia che ha preso forma negli ultimi anni riguarda iniettare non la proteina antigene già pronta, bensì il materiale genetico che, una volta dentro l’organismo, andrà a sintetizzare la proteina, scatenando le difese immunitarie. È il caso dei vaccini contro il Covid sviluppati da Astrazeneca, Pfizer e Moderna (questi ultimi con la tecnica dell’Rna messaggero).
    Il vaccino proposto dagli scienziati italiani s’inserisce nella seconda strada. Con le piante si otterranno dei vaccini a sub-unità. “Le piante vengono modificate geneticamente per far loro esprimere la proteina di nostro interesse, proteina che normalmente non produrrebbero”, illustra Lico, “è importante sottolineare che la modifica viene indotta solo in maniera temporanea, non permanente”. Infatti, “la nuova istruzione genetica viene fornita solo alle foglie poiché è dal tessuto fogliare che si estrarrà la proteina e non riguardando l’apparato riproduttivo delle pianta e quindi manco i semi è una modifica che non si può trasmettere alla progenie”.

    Mercurius3
    Partecipante
    Post totali: 191

    Buongiorno a tutti. Condivido Tulipano. Io credo che ogni frangente della nostra esistenza, dalla piu’ bella alla piu’ paurosa, sia una carta da giocare, secondo cio’ che siamo. E cio’ che siamo non s’inventa in un momento, solo perchè c ‘è una pandemia, Cio’ che siamo è molto piu’ indietro ed il percorso fatto in tempi di pace serve soprattutto in tempi di guerra. Il myriamico ha alle spalle un percorso , fatto di esperienze, opportunità che generosamwnte non ci sono mai mancate di ricevere, fatto di ritualità, di consapevolezze, di impegni presi al fine di migliorare ed evolversi…sono cose che non s’inventano dall’oggi al domani. Per cui in questa situazione critica, noi siamo quello che siamo: persone serie, vere, solide, soprattutto consapevoli.
    Quanti cosi? Basta uscire sul balcone, o peggio uscire dal portone

    Buteo
    Partecipante
    Post totali: 218

    (11) Abbiamo visto come l’efficacia delle Immunoglobuline specifiche, somministrate tramite Plasma iperimmune o concentrato di Immunoglobuline iperimmuni, sia massima in prevenzione (profilassi dell’epatite B) o nelle fasi primissime della malattia. Questo vale per tutte le malattie infettive per le quali ne sia approvato l’uso, come per il Covid-19. La motivazione è facilmente intuibile riallacciandosi alla modalità di azione degli anticorpi (v.9-10 e prec).
    La normale produzione anticorpale del sistema immunitario, contro microrganismi tossine cellule modificate quali le tumorali, è policlonale, consiste cioè in una miscela di anticorpi aptene-specifici. Ogni anticorpo è prodotto da un clone, una colonia di cellule formatasi per replicazione di un unico linfocita B, che si è differenziato nella produzione di copie di quel solo specifico anticorpo. Avendo la maggior parte degli antigeni numerosi apteni, in circolo troveremo tanti specifici anticorpi per quanti cloni cellulari si saranno generati in risposta ai diversi determinanti antigenici. Alcuni anticorpi saranno poco efficaci, altri invece molto: i cosiddetti anticorpi neutralizzanti, quelli che ricerchiamo a scopo terapeutico. L’affollamento dei molti anticorpi nel plasma, potendo interagire anche con differenti sostanze, può dare reazioni indesiderate, sia in fase di somministrazione, che deve avvenire in ambiente ospedaliero, sia successivamente (trombosi, insufficienza renale). Inoltre complica il procedimento di estrazione delle dosi di Immunoglobuline iperimmuni dal sangue delle donazioni, perché occorre eliminare tutti gli anticorpi non voluti.
    La soluzione sarebbe isolare e replicare in laboratorio quei linfociti che si sono specializzati nella produzione di quell’anticorpo, per ottenere grandi quantità di anticorpi uguali fra loro, monoclonali perché prodotti da un clone di cellule. Ma i linfociti B, coltivati in vitro, hanno vita breve e non sono inutilizzabili per la produzione industriale. La soluzione arriva nel 1975, con l’invenzione dell’ibridoma (Premio Nobel nel 1984), che permise di produrre in laboratorio anticorpi monoclonali, uguali fra loro, che riconoscono e reagiscono con un solo specifico aptene (= porzione di antigene). Il primo monoclonale fu approvato nel 1986 dalla FDA, per prevenire il rigetto dei trapianti. Oggi il loro utilizzo è in molti campi, sia a scopo terapeutico, dove si sfruttano le azioni immunosoppressiva o antinfiammatoria o antitumorale, sia a scopo diagnostico.
    Isolato il SARS-CoV-2 nell’inverno 2020, la ricerca si è indirizzata agli antigeni maggiormente responsabili dell’invasività del virus e agli anticorpi neutralizzanti nel sangue di soggetti convalescenti da Covid-19, sia per utilizzarli come emoderivati, sia per produrre anticorpi monoclonali, perché, pur essendo il procedimento complesso e costoso, consente di ottenere grandi quantità dell’anticorpo voluto. Tuttavia, il trattamento con monoclonali non ha dato i vantaggi sperati a malattia conclamata e il loro utilizzo rimane raccomandato alle sole fasi iniziali (possibilmente prima che si manifestino i sintomi e soprattutto prima che siano evidenti i segni di interessamento polmonare) e limitatamente ai soggetti più fragili, che, per mancanza di disponibilità di vaccini, ancora non siano stati vaccinati.
    Vediamo come si producono gli anticorpi monoclonali.

    Buteo
    Partecipante
    Post totali: 218

    (12) La produzione di anticorpi monoclonali (mab = monoclonal antibody) avviene attraverso una serie di passaggi:
    1. s’immunizza un topo, iniettando (come un vaccino) l’antigene verso il quale vogliamo ottenere anticorpi. I linfociti del topino reagiranno contro l’antigene, differenziandosi nella produzione degli anticorpi necessari a eliminarlo;
    2. si prelevano i linfociti così attivati dalla milza o dai linfonodi, sacrificando l’animale; si pongono in terreni di coltura perché si fondano con una linea cellulare ‘immortalizzata’. I partners di fusione migliori per i linfociti B sono le cellule di mieloma umano (tumore del sangue), perché trasmettono la loro capacità di sopravvivenza, dando ibridi stabili.
    3. solo le cellule ibride (ibridomi) potranno sopravvivere e produrranno anticorpi. Si semina un ibridoma per pozzetto, si selezionano i pozzetti positivi (contenenti l’anticorpo della specificità voluta) e si clonano queste cellule.
    Con questo procedimento i cloni di ibridoma crescono in colture su larga scala e forniscono grandi quantitativi di anticorpi. Tuttavia, essendo costituiti da sequenze proteiche murine, sono riconosciuti dal sistema immunitario dell’uomo, che reagisce, formando anticorpi umani anti-topo. La rapida eliminazione dal circolo che ne consegue, non solo ne riduce l’efficacia, ma è causa di possibile tossicità per il paziente.
    Per ovviare al problema, si ricorse a strategie di DNA ricombinante nell’intento di ottenere anticorpi monoclonali più umanizzati e meno reattogeni. Le prime modifiche portarono alla realizzazione di un anticorpo chimerico, con una regione murina e le porzioni restanti umane, riducendo ma non eliminando totalmente il rischio di immunogenicità. Il passo successivo fu produrre anticorpi umanizzati, nei quali le sequenze murine fossero sostituite da sequenze umane ad eccezione di quelle che si trovano all’interno delle regioni, che determinano la complementarità di legame con l’antigene.
    La produzione di anticorpi totalmente umani, non reattogeni, fu possibile con lo sviluppo di tecniche che utilizzavano fagi e, più recentemente, topi transgenici. Di seguito i passaggi:
    1 – In cellule staminali embrionali di topo, sono stati inattivati i geni preposti alla sintesi delle catene degli anticorpi murini. Con queste cellule sono stati generati topi omozigoti (a) che avevano perso la capacità di formare anticorpi di topo.
    2 – In altre cellule staminali embrionali di topo sono stati introdotti i geni per la sintesi degli anticorpi umani. Con queste cellule sono stati generati topi transgenici (b) in grado di produrre sia anticorpi umani sia anticorpi di topo.
    3 – I topi (a) che avevano perso la capacità di produrre gli anticorpi di topo sono stati incrociati con i topi transgenici (b): da questo incrocio è stato selezionato il ceppo di topi (c) capaci di produrre anticorpi completamente umani e incapace di produrre anticorpi di topo.
    4 – I topi (c) vengono immunizzati, iniettando l’antigene verso il quale si vuole produrre l’anticorpo. Successivamente, dalla milza si prelevano i linfociti B che si sono differenziati nella produzione degli anticorpi voluti, per fonderli con linee cellulari rese immortali (da mieloma umano) ottenendo gli ibridomi. In questo modo si ottengono dall’ibridoma anticorpi monoclonali completamente umani.
    La tecnologia degli ibridomi è particolarmente vantaggiosa dal punto di vista produttivo, perché ogni ibridoma può essere selezionato per la produzione di anticorpi con la specificità, l’affinità e l’attività desiderate, può essere coltivato indefinitamente e produrre grandi quantità di anticorpi identici.
    Possiamo facilmente riconoscere la tipologia degli anticorpi monoclonali leggendone i suffissi: -mab = monoclonal antibody
    murini (-o-mab), interamente derivati da anticorpi di topo. Altamente reattogeni.
    chimerici (-xi-mab), in cui alcune parti sono derivate da anticorpi di topo e altre sono di origine umana. Possono causare allergia.
    umanizzati (-zu-mab), in cui la struttura deriva in preponderanza dagli anticorpi umani, ad eccezione della parte che si lega all’antigene bersaglio, ancora murina.
    umani (-u-mab o -mu-mab), in cui la struttura dell’anticorpo è interamente umana, nonostante a produrla sia sempre un ibrido uomo-topo.

    mandragola11
    Partecipante
    Post totali: 658

    Cara Buteo, grazie per le tante informazioni scientifiche, ma a me mancanmo le tue considerazioni sullo stato dell’arte. Che ne pensi ad esempio sull’UK che dalle stalle ora è alle stelle? E del prof Galli che critica la riapertura post pasquale delle scuole?
    Dice che proprio i bambini saranno i colpiti e i portatori delle varianti…Insomma non c’è una voce scientifica del CTS univoca!
    Personalmente insisto col testimoniare che non è affatto vero che all’interno delle scuola non c’è pericolo a iniziare dal fatto che i ragazzi gioco forza si avvicinano e quando mangiano o bevono (cosa che non puoi impedire) stanno senza mascherine e parlano.
    Per non parlare degli autobus che continuamente caricano più alunni del consentito.

    Buteo
    Partecipante
    Post totali: 218

    “Regno Unito, zero morti dopo mesi di Lockdown con scuole CHIUSE!
    Francia, boom di contagi e morti dopo mesi di Lockdown con scuole APERTE!
    Italia, tutta rossa e arancione, scuole APERTE e… 500 morti al giorno”
    Un collega scriveva così ieri. Mi sembravano sufficienti queste 3 righe, Mandragola. Poi leggo che il 19/03 il Primo Ministro del Belgio dichiarava che ′′Dalle analisi dei contatti, possiamo vedere che le scuole sono luoghi chiave dove si verificano molti contagi. I bambini s’infettano lì, portano il virus a casa, possibilmente infettano i loro genitori…”, che in Svezia risalgono contagi e livello di occupazione nelle Terapie Intensive, che nel sud del Brasile si sta registrando un improvviso aumento della mortalità dei casi di COVID-19 tra giovani e adulti di mezza età, probabilmente correlato alla circolazione di un nuovo ceppo.
    E avevo letto invece che il nostro governo riapre le scuole avendo a riferimento uno studio a nome di S. Gandini et all., edito su ‘The Lancet Regional Health’, che non è affatto The Lancet, ma una nuova rivista collaterale del Lancet Publishing Group, facente parte del colosso dell’editoria scientifica Elsevier, che accetta publication free, senza peer-review e anche con esborso economico da parte degli autori. Lo studio riferisce dati raccolti dal 12/09 al 08/11/20, quindi a inizio 2° ondata, in epoca pre-variabili, e opinabili in quanto un contact tracing in Italia non è mai stato fatto correttamente.
    Se devo riferirmi all’esperienza nella bassa Lombardia, dove ora le varianti rappresenterebbero il 70% delle infezioni, posso dire che, nei mesi di febbraio e inizi marzo, in piena apertura delle scuole, le classi, dai nidi in su, si andavano svuotando per il rimpallo dei contagi fra bambini/ragazzi, personale e insegnanti. E che ora riscontriamo, in bambini o ragazzini peraltro asintomatici, positività del tampone di controllo al 14mo giorno di isolamento dal contatto con il caso positivo, in accordo con l’aumentata infettività dei ceppi circolanti.
    Come potrebbe non essere che il virus circoli in scuole e asili per quanto circoli nella società fra le persone e viceversa? Non è così per i vasi comunicanti?

    catulla2008
    Partecipante
    Post totali: 244

    Il problema credo stia nel ruolo (totalmente distorto) che la scuola ha assunto negli anni: non è più un luogo di e-ducazione, di cultura, di arte, ma un collocamento indispensabile per famiglie dove gli adulti tutti vanno a lavorare. E anche laddove si riconosca alla scuola un qualche ruolo nello sviluppo della prole, i docenti sono sovente chiamati a operare affinché quei giovani riscattino speranze, delusioni e proiezioni dei genitori, a prescindere da quanto si portino dentro il bozzolo dell’io. Come una volta accadeva per le bottiglie di vetro del latte che si compravano piene restituendo il vuoto, qyeste creature ingombranti vanno riempite da chi è pagato (si pensa!) per farlo. Insomma, hanno la vita segnata e devono stare nella casella che la società ha riservato ai bambini e ai giovani: e questa casella è la scuola.
    Ecco perché – virus o non virus – la scuola non può stare chiusa. Perché – fuori da quella casella – non si sa più dove mettere bambini e adolescenti, né di cosa e cone riempirli.

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