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(1) Sul Forum si è manifestato interesse verso i monoclonali, per il loro utilizzo sia contro i tumori sia nella terapia del Covid-19. Rappresentano una delle importanti conquiste in campo medico, spesso avvolte in un alone mistificatorio, frutto probabilmente di uscite sensazionalistiche sulla stampa generalista. Per liberarsi da possibili illusioni, nel tentativo di coglierne le potenzialità attuali e future, penso siano utili alcune premesse sul meccanismo d’azione del sistema immunitario, al quale comunemente si attribuisce il ruolo di difesa dell’organismo dalle infezioni. Ruolo importante sì, ma riduttivo.
Sappiamo che tutto ciò che vive è accomunato dalla capacità di replicare se stesso e dalla capacità di riparare da sé i danni subiti: questa è l’importante funzione del sistema immunitario e, scusate se è poco! Non solo difesa dalle infezioni, dagli agenti estranei, da tutto ciò che è riconosciuto non-self, ma intervento su danni di qualsiasi natura, entità, complessità o in qualsiasi sede si verifichino.
Abbiamo scoperto il sistema immunitario avendo indagato gli eventi che seguono a un’infezione, cioè all’ingresso di microrganismi estranei. Il campanello d’allarme che dà il via è il danno che si crea, sia che si tratti di virus o batteri nelle vie respiratorie, sia di un grave politrauma da incidente stradale. È il danno, microscopico o destruente di parte dell’organismo, purché ancora compatibile con la vita, ad attivare gli attori della ‘risposta infiammatoria’, gli stessi che s’identificano nella risposta ‘immunitaria innata’.
Se consideriamo che la prima nostra difesa sono le barriere fisico-chimiche: cute che ci riveste, mucose, epiteli, secrezioni, enzimi e microflora che popola cute e mucose (naso-faringe, intestino, ecc.), possiamo comprendere come, in una qualsiasi ferita, il danno immediato non risulti solo nella lesione diretta, ma anche nel contatto o penetrazione di agenti estranei, come polveri, microbi, parassiti, sostanze tossiche, materiali vari. A intervenire sono le cellule della serie bianca dei globuli ematici: granulociti, monociti e macrofagi, linfociti natural killer, cellule dendritiche, ecc. Sono cellule mobili, accorrono, entrando e uscendo dai vasi, e causano quella che chiamiamo ‘risposta infiammatoria’, che altro non è che la ‘risposta immunitaria innata’, che elimina gli intrusi, rimuove i tessuti danneggiati, morti o anomali (tumorali) e avvia i processi di riparazione. Cellule con recettori per tratti comuni a molti microrganismi (ad es. il polisaccaride su pareti batteriche) li agganciano per inglobarli e digerirli, cioè distruggerli nel proprio citoplasma. Altre ne rielaborano frammenti per esporli sulla loro superficie e presentarli ai linfociti coinvolti in quella che chiamiamo ‘risposta immunitaria specifica’, che si attiva subito e contemporaneamente, ma i cui effetti si manifesteranno in 3-5 giorni; altre legano sostanze inerti. Secernono citochine, interferoni ecc., fattori che richiamano ancora cellule in rinforzo, con ulteriore liberazione e attivazione di sostanze, responsabili dell’aspetto ‘infiammato’ delle zone lese, macroscopicamente arrossate, gonfie, dolenti, calde, con sanguinamento in caso di lesione aperta, secrezioni e anche pus. La reazione infiammatoria è la prima attivazione verso la guarigione. Risposta infiammatoria acuta e risposta immunitaria innata sono 2 modi di nominare la stessa funzione: a seconda del tipo e della causa del danno, prevarranno alcune modalità su altre. Il fine sarà sempre il ripristino dell’integrità, se possibile, e l’eliminazione di tutti gli agenti estranei. È un sistema perfettamente funzionante già alla nascita e procede secondo uno schema ‘collaudato’, praticamente sempre uguale.
Per facilitare la lettura, suddividerò l’argomento in più post e in tempi diversi.(2) Si conoscono oggi sempre di più l’intreccio e l’interazione fra cellule e sostanze liberate nel corso della risposta immunitaria. Ricordo ancora con terrore le diapositive proiettate ai tempi della specializzazione e poi ai corsi di aggiornamento, quando scoperte si sommavano a scoperte… i fumetti di Iacovitti potevano sbiadire lì accanto! Evito anche solo di accennare alla sequenza dei passaggi.
Fissiamo invece i concetti di rapidità intervento della cosiddetta ‘risposta immunitaria innata’ e contemporaneo avvio della cosiddetta ‘risposta immunitaria acquisita’.
In caso di infezione è importante aver presente la sede: sulla cute della mano avrò un bubbone, nel naso la sensazione di ‘tappato’ per rigonfiamento della mucosa e per le secrezioni, in gola si ingrosseranno le tonsille e magari avrò ‘le placche’, ma negli alveoli polmonari avrò un focolaio di polmonite, più o meno esteso a seconda della quantità di virus/batteri che vi saranno arrivati, della loro velocità di replicazione, della loro resistenza, della quantità di cellule che avrò richiamato per eliminarli e della quantità di sostanze che avrò attivato. Focolaio o focolai di polmonite vuol dire agglomerato di cellule della risposta immunitaria innata (o infiammatoria) in una o più zone del polmone. Occorre sapere che gli alveoli polmonari sono costituiti da uno strato di pneumociti, sottile, perché sia possibile lo scambio gassoso fra capillari sanguigni e aria inspirata nel polmone: l’arrivo massiccio di cellule, per eliminare, ad esempio, il SARS-CoV-2 e riparare il danno causato dal virus, determina l’ispessimento di questa sottile membrana. L’infiammazione può essere tale da otturare di cellule gli alveoli respiratori stessi (immaginiamoli come grappoli di palloncini rigonfi d’aria, tutti vicini gli uni agli altri), ma ben prima che ciò si verifichi, lo scambio di O2 e CO2 nella zona sarà già compromesso. L’ossigenazione del sangue si farà insufficiente e il paziente dovrà ricevere un supplemento di ossigeno, finanche essere intubato, e, nonostante ciò, si potrà giungere all’exitus.
La stessa infiltrazione cellulare e le stesse sostanze infiammatorie si ritroveranno in qualsiasi organo raggiunto dall’infezione, con effetti che incidono sulla funzionalità dell’organo colpito. A livello cardiaco ed encefalico avremo focolai di miocardite ed encefalite, focolai al fegato, ai reni ecc. Non solo, le sostanze liberate in questo processo andranno in circolo e potranno manifestare i loro effetti in altre e varie sedi, indipendentemente dalla presenza dei microrganismi.
Comprendere come il sistema immunitario agisca e quale sia l’interazione col virus, potrà aiutarci a seguire, anche se non del tutto comprendere, perché un’infezione come quella del SARS-CoV-2, da banale virosi, anche asintomatica, possa trasformarsi in quadri drammatici, possibilmente letali.
Accennerò alle principali tappe che negli anni hanno portato a ciò che conosciamo sulla modalità d’azione del sistema immunitario, perché mi sembra pratico vedere come si sia evoluto e cosa sia ciò a cui noi oggi diamo un nome. Conoscere anche poco sarà comunque meglio che ignorare: le fantasie potrebbero colmare i vuoti e generare o paure o aspettative, almeno ad oggi, irrealistiche.Molto interessante cara Buteo. Aspettiamo quanto scriverai.
Ma mi sembra più chiaro cosa stia accadendo ad una mia conoscente che si trova col covid in ospedale cui, oltre l’eparina e il cortisone (antinfiammatorio), non danno antibiotico perché non vi è carica virale a carico dei polmoni, ma è comunque ossigenata perché vi è insufficiente ossigeno nel sangue.Non vorrei dire una cavolata, ma anche un “sovraffollamento” di cellule immunitarie può essere dannoso in quanto impedisce l’interscambio con l’ossigeno esterno? Funziona solo la “giusta misura”? Anche qui Mensurata durant!
(3) Grazie per il riscontro, Sorelle. Ho scritto cancellato e riscritto più volte e temo comunque di non riuscire a rendere l’argomento semplice: anche sfrondando, i molti attori della risposta immune rimangono tra loro intrecciati e interconnessi, e occorrono conoscenze specifiche per seguirne le azioni.
S’iniziò con lo scoprire l’esistenza dei microrganismi, ma non fu uno scienziato a vedere per primo i batteri, a riprova di come spesso sia l’interesse economico e pratico (quando non bellico) a far progredire le conoscenze scientifiche. Fu un mercante di tessuti nella seconda metà del ‘700 a descrivere piccoli organismi mobili, osservando la trama di un tessuto con un rudimentale microscopio. All’inizio del XIX sec, si scopre che i microrganismi sono variamente responsabili di malattie del baco da seta, della fermentazione della birra e di malattie umane. Ciò attrasse l’interesse dei ricercatori e, a fine ‘800, fra le molte novità, si sono già scoperti i virus, R. Koch può coltivare microrganismi in vitro e si indaga sull’eziopatogenesi di diverse malattie, fra cui tetano e difterite.
Si osserva che, trasfondendo in topi, che non abbiano mai avuto difterite, del siero (sangue privato delle cellule ematiche e degli eventuali batteri) prelevato da pazienti affetti, si riproduce la malattia! Allora la causa è indipendente dalla presenza fisica dei batteri, ed è da ricercarsi in qualche sostanza da loro prodotta e liberata in circolo. Infatti, a causare la malattia è la tossina difterica, metabolita prodotto dal batterio C. Diphtheriae, che ha effetto necrotizzante sulle cellule.
L’esperimento prosegue somministrando ai topi sopravvissuti una seconda dose dello stesso siero: ora la malattia non si manifesta più! E non era neanche una novità. Già Tucidide aveva osservato che, nella peste di Atene del 430 a.C., chi era guarito poteva assistere i malati senza contrarre di nuovo la malattia.
Allora l’organismo dei topini conterrà ‘qualcosa’ che ‘vince’ la tossina. A quel ‘qualcosa’ si darà il nome di ’antitossina’.
La tossina difterica è una proteina complessa, oggi sappiamo riconosciuta non-self dalle cellule del sistema immunitario, grazie ai suoi ‘antigeni’ (porzioni specifiche della molecola).
L’antitossina difterica, nel siero dei topini immuni, altro non è che l’insieme degli ‘anticorpi specifici’ prodotti dai linfociti sensibilizzati dal precedente contatto con la tossina stessa.(4) Alle scoperte fanno presto seguito i primi tentativi terapeutici. Entro breve si sperimenta una forma ‘attenuata’ della tossina: l’anatossina difterica. Iniettata in un soggetto recettivo, che non abbia cioè mai contratto la malattia, lo renderà resistente alla stessa. Potrà quindi entrare in contatto con il batterio della difterite senza ammalarsi.
Sappiamo che ciò avviene perché l’anatossina, al pari della tossina naturale, induce l’organismo a produrre anticorpi e a conservarne memoria. Quando quel soggetto venisse a contatto con quel batterio, gli antigeni della tossina prodotta saranno prontamente riconosciuti (perché identici a quelli dell’anatossina precedentemente iniettata), dando avvio alla produzione di anticorpi specifici, i quali, legandosi a quegli antigeni, inattiveranno rapidamente la tossina (neutralizzazione), contenendo il danno tissutale. Non si avvierà, se non per il minimo necessario, la reazione infiammatoria (o immunità innata) che abbiamo visto intervenire sia per riparare il danno (la necrosi cellulare prodotta dalla tossina), sia per eliminare i batteri. v. post (2). Questa modalità d’azione è importante per iniziare a comprendere cosa accade nelle nostre mucose respiratorie in seguito alla vaccinazione contro il SARS-CoV-2.
Come ci faceva notare Guglielmo Tell a proposito del vaccino del vaiolo, si tratta dell’utilizzo ‘omeopatico’ di una sostanza responsabile di una malattia, resa innocua con un processo di inattivazione. Iniettandone piccole dosi, non s’induce malattia, ma la produzione di anticorpi specifici e memoria immunologica, come in corso d’infezione naturale. Quando arriverà la tossina, in seguito all’infezione, si attiverà subito la produzione anticorpale (immunità acquisita) che, neutralizzando prontamente gli antigeni della tossina, eviterà il danno tissutale per cui non sarà necessario il contemporaneo intervento di cellule e fattori della immunità innata. Questo è possibile perché, nell’arco poche ora avremo già in circolo gli anticorpi specifici, efficientissimi nel sopprimere l’agente infettivo. È così che Tucidite potette osservare che chi era guarito dalla peste curava i malati senza più ammalarsi.
Ancora oggi ci si vaccina con l’anatossina difterica, per immunizzarci e non contrarre la malattia. Lo stesso vale per tutte le malattie prevenibili con un vaccino.
La cosiddetta ‘immunità acquisita’ è quindi la risposta di difesa che manifesta l’organismo sia quando venga aggredito una seconda o successive volte dallo stesso agente estraneo (perché ha già contratto la malattia), sia quando ne abbia avuto il primo contatto tramite il vaccino (senza contrarre la malattia). In entrambi i casi, la produzione degli anticorpi specifici sarà immediata perché se ne sono conservate in memoria le istruzioni. Scoperta la legge per la quale la natura provvede a difendere l’integrità dell’organismo, l’uomo si è messo a ripercorrerne le tracce, alla ricerca del miglior procedimento per proteggersi dalle forme infettive gravi. Impegno cui abbiamo assistito in ‘tempo reale’ in questi mesi di ricerca del vaccino contro il SARS-CoV-2.
PS: tossina difterica = tossina naturale prodotta dal batterio, capace di indurre la malattia; anatossina = forma artificialmente attenuata della tossina naturale, incapace di indurre la malattia; antitossina = anticorpi specifici prodotti dall’organismo in seguito a contatto sia con la tossina sia con l’anatossina.Buongiorno a tutte/i. Cara Buteo, innanzitutto ti ringrazio per lo sforzo e la chiarezza con cui ci esponi le cose. Quindi, a livello di sistema immunitario ce ne sono due di fattori che pilotano l’attacco esterno: uno intrinseco e uno acquisito. L’immunità si raggiunge attraverso una capacità innata e una acquisita, vivendo quotidianamente la lotta e la vittoria contro gli attacchi di virus, batteri ecc. La scienza, osservando questo meccanismo naturale, mette a punto un grande scudo difensivo contro gli attacchi di un virus mutante, il Covid. Mentre sto qui a riflettere che mi sembra un film di fantascienza, mi viene in mente il post di Dafne con Venere che domina i conflitti di Marte e allora penso alla trilogia delle Guerre degli Dei, cerco su internet ed esce l’interpretazione giornalistica di una ricerca scientifica del 2017: “Sistema immunitario: le cellule maschili vengono da Marte e quelle femminili da Venere…”.
http://www.healthdesk.it/ricerca/sistema-immunitario-cellule-maschili-vengono-marte-quelle-femminili-venere
Fantasia del giornalista? Resta però anche il fatto che sempre più spesso quando troviamo la soluzione di qualcosa di importante, è una luce che ci riporta al principio, alle origini – vedi i miti richiamati da dafne o i graffiti di grotta che ci racconta wiwa.
Tornando al sistema immunitario di Buteo, a questo punto mi è chiaro che per fare un vaccino la scienza ha seguito uno schema naturale e prodotto un risultato che segue un meccanismo intelligente. Giusto?Grazie Buteo per i post, che mi fanno capire un pò di più.
Eh si, mandragola11, direi proprio che la scienza imita la natura perfezionandola, come tentiamo di fare anche noi Miriamici grazie agli strumenti che ci vengono dati.Di seguito vi riporto il riassunto, per quel che ho capito, del preprint dell’articolo su Lancet sull’efficacia del vaccino Astrazeneca. Preprint significa che l’articolo non ha ancora passato l’esame degli esperti (la cosiddetta peer review) e quindi non può ancora essere pubblicato come articolo a valenza scientifica. Tuttavia presenta qualche novità interessante rispetto al precedente articolo che aveva dati preliminari, in quanto si includono un mese in più di osservazioni. Anche questo articolo si può considerare un interim report, nel senso che ulteriori dati permetteranno di integrare e o modificare le conclusioni dello studio che sarà in corso per tutto il resto del 2021 (almeno così pare, per quanto riguarda i tre campioni: Regno Unito, Brasile e Sud Africa).
1. fascia d’età: l’articolo dice che fino a 65 anni la copertura immunitaria c’è, ulteriori studi dovrebbero consentire di avere dati solidi anche sull’efficacia del vaccino per gli ultra 65enni.
2 efficacia del vaccino: il vaccino eviterebbe gli effetti più dannosi e pericolosi infatti in coloro che si sono presi il Covid19 successivamente alla somministrazione di entrambe le dosi, la malattia ha avuto un decorso tranquillo. Sulle percentuali di efficacia, lo studio pasticcia tanto perchè da numeri che variano in base al campione o al sottocampione preso di volta in volta in considerazione per cui direi che vale la regola del “pollo di Trilussa”.
3. efficacia della prima dose: il vaccino ha una buona efficacia già dopo la prima dose: nessun soggetto, a cui è stata somministrata la prima dose, ha richiesto infatti il ricovero in ospedale una volta passate 3 settimane dalla somministrazione.
4. efficacia della prima dose in quantità dimezzata e seconda dose in quantità normale: va ancora chiarita ma potrebbe essere meglio fare due dosi normali.
5. distanza temporale tra prima dose e seconda dose: l’aumentare di questo intervallo a 3 mesi migliorerebbe l’efficacia del vaccino portandola all’81,3% e, quindi, la scelta del governo inglese di privilegiare la somministrazione della prima dose al maggior numero di persone sarebbe una scelta giusta. La seconda dose rimane comunque necessaria perchè migliora l’efficacia e dovrebbe renderla più duratura nel tempo.L’articolo ammette l’esistenza di numerose distorsioni statistiche (bias) che si potranno eliminare col tempo e con ulteriori studi. A mano a mano che il tempo passa, i ricercatori aggiungono ulteriori domande a cui lo studio dovrebbe rispondere e questo ovviamente complica le cose dal punto di vista della solidità statistica.
Di seguito, per completezza, il link al preprint: https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(21)00432-3/fulltext
(5) Sì, Mandragola, concordo con la tua conclusione. Il nostro sistema di difesa nel suo insieme è molto complesso e ancora solo parzialmente conosciuto. Qualcuno lo definì un ‘organo diffuso’, le cui cellule si spostano passivamente e attivamente lungo i vasi ematici e linfatici, dai quali entrano ed escono, infiltrando i tessuti nella misura in cui occorra intervenire. Ecco, M Rosa, sulla ‘giusta misura’ non saprei dire, se non che ogni cellula è un ‘laboratorio’, che entra in funzione non appena intercetta microrganismi o sostanze non-self (estranei) o cellule e proteine self (proprie) danneggiate o alterate (tumorali) o invecchiate. L’attivazione è tempestiva e diretta a catturare ed eliminare il non-self, gli intrusi, o a ripulire dalle cellule morte. La ‘giusta misura’ è probabilmente quella che raggiunge lo scopo, senza danni collaterali e senza perdite.
Parli di film di fantascienza e di guerre di dei, Mandragola, e qui di vera battaglia si sta tratta, dove ‘i nostri’ devono vincere ‘i cattivi’ a tutti i costi. A far la differenza fra successo e insuccesso è la disponibilità o meno di armi di alta precisione. Come se in una piazza, sempre più numerosi terroristi si stessero frammischiando alla folla e intervenissero i corpi speciali con armi a proiettili, teleguidati da sensori presenti e riconosciuti sui bersagli. A cadere sarebbero i soli terroristi, centrati via via l’un l’altro da pallottole zigzaganti fra la folla, come in un film di fantascienza. Un intervento ‘chirurgico’, si direbbe, l’auspicato intervento ‘misurato’ che non lascia danni: così agiscono gli anticorpi specifici, classificati come ‘immunità acquisita’. Acquisita perché non li avevamo in dotazione alla nascita e celi siamo assemblati dopo aver incontrato l’antigene in seguito all’infezione, indipendentemente dall’aver sviluppato o meno la malattia, o perché ci siamo sottoposti alla vaccinazione per quel microrganismo. Conosciuto quel bersaglio, la capacità di produrre i corrispondenti ‘proiettili teleguidati’ rimane nella nostra memoria immunologica e prende il via entro poche ore, in occasione di ogni successivo incontro.
Ritorniamo alla piazza. Questa volta i corpi speciali non dispongono di proiettili teleguidati e non possono entrare in azione. La piazza deve essere assolutamente liberata dai terroristi. Interviene la fanteria con fucili, pistole, razzi, bombe a mano e armi ancor più pesanti. Dove sarà la ‘misura’? l’imperativo è: eliminare i terroristi… ma ci saranno danni alle persone e alle strutture. Questa è la risposta ‘immunitaria innata’, molto efficace sì, ma non perfettamente mirata. Inoltre, occorrono tanti soldati e la piazza sempre più si affolla di persone (infiltrati di cellule infiammatorie)
Agiscono sempre di concerto gli attori dell’immunità innata e acquisita. Le due modalità si attivano insieme immediatamente: se abbiamo in memoria il file per assemblare gli anticorpi specifici, la produzione dei proiettili teleguidati si attiva in poche ore e i corpi speciali entrano in azione mentre la fanteria si sta ancora appostando con fucili e bombe e… si ritroverà, la fanteria, in breve senza più bersagli su cui sparare. Così, molto facilmente rinfodererà le armi senza averle quasi usate.
Se invece non abbiamo il file, inizia la corsa alla programmazione, ma occorreranno almeno 3-7 o più giorni. Nel frattempo, la fanteria interviene coi mezzi in dotazione, calibrando l’aggressività dell’intervento alla quantità e pericolosità dei terroristi che ha difronte. Avrà fatto via via uso di mazze, pistole, fucili, razzi, bombe… e può essere che all’arrivo dei corpi speciali con le super-dotazioni, non rimangano che pochi bersagli su cui sparare. O che invece i bersagli non solo siano ancora molti, ma abbiano invaso strade e piazze nella città. Si affiancheranno alla fanteria e insieme proseguiranno ognuno la propria azione finché non avranno soppresso, se possibile, tutti i bersagli. Questa è l’azione, di cui sono ‘misura’ la vittoria o la sconfitta, salvo che l’organismo riesca a tollerare e circoscrivere il danno cronico da persistenza del microrganismo, cosa che al momento non si conosce nell’infezione da SARS-CoV-2.Caspita, Buteo, si capisce perché si dice che la vita è una lotta!!!
Buteo, parlando di guerra sei riuscita a spiegare in modo chiaro e scientifico l’attacco del Covid al nostro organismo!
Ma le trattative di PACE so’tanto premature?(Dalla Sorella Dafne)
Mi prenderete per pazza, ma l’idea mia è che questo sia un virus alieno prodotto in laboratorio. Poi se mi si chiede se è un umano o un extraterrestre ad averlo fatto,non saprei dare una risposta certa. Ma non mi meraviglierei, in nessuno dei due casi (qualcuno ogni tanto gli alieni li avvista). Le armi di buteo serviranno, ma non saranno solo le armi ma noi stessi a distruggerlo che siamo tendenzialmente perfetti come la natura. Noi stessi siamo l’arma a livello psicologico mentale e fisico.
Stamani su La7:
– Da Massimo Delledonne Prof.di Genetica e Immunologia dell’Università di Verona: recentemente si è saputo che abbiamo ereditato dall’Uomo di Neanderthal la predisposizione al Covid grave, per cui sarebbe importante rilevare con un’analisi genetica chi ha questo frammento genetico e le reazioni specifiche dopo il vaccino; x mappare i focolai in Italia sarebbe bastato monitorare le acque di scarico (nessuno lo ha impedito ma nessuno lo finanzia);
– in Italia solo 1.327.322 persone vaccinate completamente con le due dosi.
– in Italia in cui c’è stato il 1° focolaio al mondo ora è il 4° paese per nuovi casi Covid, rischiando di scalare la classifica e tornare primi.
Osservazioni personali:
col Covid torna attuale il Neanderthal (giorni scorsi se ne parlava qui per altre vie) mentre la genetica ci dice qualcosa di importante: tra le persone ci sono delle differenze genetiche sostanziali rispetto al coronavirus. Ma tra popolo e popolo? Perché proprio l’Italia ha questo primato così negativo e malsano? Non posso non pensare a quel “Gene italico” portato alla Salute di cui parla il Maestro Kremmerz che, seppur non limitabile da confini geografici, trova inequivocabilmente nella Penisola le sue radici, le sue origini.
Ci sto riflettendo da giorni, e mi piacerebbe tanto sapere che ne pensate…
Buonissima domenica di ☀️ a tutto il FORUM, alla DEL+GEN+ e ai MAESTRI…🖐Grazie Buteo per questa spiegazione bellica del sistema immunitario, sono ritornata un po’ bambina! Mi è sembrato di rivedere il cartone animato “Esplorando il corpo umano”. Ho già accennato forse, in qualche post ,che ho una patologia immunosoppressiva e per tutto questo tempo ho adottando le giuste misure cautelative e non ho contatti con nessuno. Non ho ancora fatto la visita semestrale di protocollo, per cui non so cosa mi dirà il medico con cui sono in cura. Ho letto che per questa categoria di persone che hanno questa patologia, ci vorrà un altro po’di tempo per un vaccino adeguato, e che comunque assumendo farmaci modulatori del sistema immunitario scorretto potremmo essere meno esposti a contrarre il Covid19! Non so cosa mi consiglierà il medico alla visita che farò a breve, ma qualsiasi cosa farà o dirà mi affiderò alla MIRIAM! Mi piacerebbe conoscere il tuo parere! Grazie, e buona domenica a tutti!
Cara tulipano, non mi è chiaro se presenti una patologia immudepressiva o se sei in terapia con immunosoppressori. In ogni caso, posto che il corretto consiglio ti verrà da chi ti ha in cura, il Piano strategico del Ministero della Salute, in linea con le raccomandazioni internazionali, individua proprio le persone con immunodeficienza o in trattamento con farmaci immunomodulanti quali gli individui più idonei a ricevere la vaccinazione anti-SARS-CoV-2 nelle prime fasi, in quanto maggiormente suscettibili di ammalarsi di COVID-19.
E Infatti il Ministero dovrebbe predisporne la vaccinazione subito dopo le categorie prese in considerazione prioritariamente, che sono gli operatori sanitari, i residenti e il personale dei presidi residenziali per anziani e le persone con età avanzata.
Non sussistono problemi di sicurezza, né controindicazioni particolari. I dati disponibili sono ancora limitati ed è possibile che i soggetti non presentino una buona risposta immunitaria al vaccino, proprio perché il loro sistema è ‘frenato’. Tenuto conto che la sola controindicazione è una comprovata allergia a uno dei componenti del vaccino, personalmente lo ritengo vantaggioso. -
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