Il Carnevale

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  • anima critica
    Partecipante
    Post totali: 31

    Diogenonn mi va sul difficile e Tanaquilla afferra al volo, dispiega, spiega e semplifica… Scherzo (in linea col Carnevale) ma vi ringrazio.
    Intuisco che dal vostro modo di vedere viene fuori una rappresentazione della vita che è come una rappresentazione teatrale. Che poi sulla scena si rappresenti una commedia, un dramma, una tragedia o una favola poco cambia, perché la scena è popolata di personaggi, cioè di maschere, cioè dei ruoli nei quali ci infiliamo e dai quali usciamo nel nostro quotidiano – mi pare che qualcuo abbia già detto qualcosa di simile in un commento precedente. Insomma, siamo in pieno Carnevale! Però, mi chiedo, in ogni teatro vi è un “dietro le quinte”; allora, anche il palcoscenico della vita ha un “dietro le quinte”? È questo che vuoi dire veramente, Diogenonn?
    Io ho appena cominciato a seguire i corsi on line e mi pare di capire che tutto ruoti intorno a un punto fermo che voi chiamate Tradizione iniziatica; ma non so se ho capito bene e perciò evito di spingermi oltre. Comunque, ancora grazie e a presto.

    Sal
    Partecipante
    Post totali: 23

    Credo che il primo passo sia rendersi conto che siamo in un teatro e che poi solo allora si arrivi a concepire l’esistenza del due aspetti: il palcoscenico – appunto – e le quinte.
    Infatti, il ‘dietro le quinte’ presuppone la consapevolezza che c’è un luogo dove lo spettacolo viene organizzato, dove si scelgono i costumi a seconda della bisogna, e dove si approntano le maschere in funzione dell’effetto che si vuole sortire sul pubblico. È lì, nel luogo di regìa che si dispongono l’inizio o la fine, in misura tanto più volontaria quanto più si è divenuti padroni delle tecniche di rappresentazione e delle esigenze dell’uditorio cui è diretta.
    Ecco allora che proprio là dove si crea l’intento e dove l’intelligenza lo raccorda al target da raggiungere, là fluisce la Tradizione Iniziatica. Così, se è vero che tutti recitiamo una parte, solo gli attori imparano a farlo a volontà e nel modo migliore, curando la posa, la voce, la mimica. E quando l’attore è diventato bravo, per un verso il ruolo se lo sceglie, per l’altro – e come è giusto – gli viene assegnato dai Chi ha fatto da levatrice per la coltivazione dello specifico talento. Comunque è ovvio che i bravi attori siano sempre meno preda degli spettacoli che attraversano.
    Così è pure per la carne che rifiorisce sullo scheletro di un nuovo essere e che riveste combinazioni diverse di memorie antiche (DNA in riproposizione e chissà quanto altro risorge per imparare e migliorare!).
    Un’ultima riflessione. Pare che anticamente i mesi di gennaio e febbraio fossero considerati come ‘fuori’ dal resto dell’anno, e assimilati ai fabbri che vivevano fuori le mura della città. E proprio in tali mesi si colloca il Carnevale che si dice derivi etimologicamente dal ‘levare la carne’.
    Noto quindi che il periodo coincide con la prima ascesa del Sole il quale, tuttavia, ancora infante, non riesce a colmare il giorno tanto da fargli superare la durata della notte, benché tutto l’inverno sia significato da una tensione crescente della Luce verso l’alto. Germoglio sotto terra, embrione di nuova vita, l’individualità che sarà nuova persona non può essere ciò che è stato il frutto genitore: deve essere altro e oltre. E per farlo deve spogliarsi di ciò che fu. Nondimeno ogni embrione e ogni germoglio trattengono e attingono a una sintesi vitale che funge da nutrimento.
    Beato CHI, dopo tanto lavoro e tanta fatica, da spettatore e attore è passato a essere regista, magari scoprendo che esiste un calendario degli spettacoli in ogni luogo del sistema solare e forse dell’universo. E che anche come Regista è soggetto all’eco della Dea, Natura Mater, che incessantemente presiede alle forme a venire.
    Credo che occorra riflettere sul fatto che, secondo la Tradizione, l’Eco della DEA vive nel mondo…

    admin Kremmerz
    Amministratore del forum
    Post totali: 1008

    Dietro le quinte? Una quinta è un pannello verticale che si frappone tra lo spettatore e il resto del palcoscenico per delimitare l’area della rappresentazione scenica.
    E noi cosa dovremmo delimitare?
    Per la mia esperienza la prima cosa che mi viene in mente è il costante tentativo, contrario a delimitare e circoscrivere, di riuscire a far fluire.
    Poi, sempre per la mia esperienza, è anche vero che del campo d’azione bisognerebbe avere sempre più consapevolezza… come il contadino che mette a dimora semi appropriati in terreni preparati con modalità “dedicate” agli specifici semi…
    Però non vorrei andar fuori tema … meglio iscriversi ai corsi, vero anima critica? che in modo impeccabile rendono l’Idea della finalità e operatività della Schola! (raccontaci, raccontaci)
    Qua intanto siamo in pieno carnevale: e allora viva il caos, come una meravigliosa centrifuga in cui avere il coraggio di perdersi totalmente per ritrovarsi un giorno a brillare nella Luce di un novello Sole.
    Viva il carnevale!!!
    P.S. Per alcuni il medievale “carne levare” fece seguito al “carrus navalis” (il navigium isidi) di cui è già stato detto.
    P.P.S. Gli iniziandi ai culti misterici indossavano maschere totemiche di animali mediatrici di un’alterità, molteplicità e coscienza unitaria insieme, tutta in divenire …

    seppiolina74
    Partecipante
    Post totali: 270

    Pensavo…Chissà se poi,proprio il mettersi una maschera e lasciarsi trasportare dalla caotica vita, frenetica e tutta protesa all’esterno, non sia un’indicazione del fatto che,nelle alterne vicende della vita,lo scopo sia giusto quello di togliersela, perché, in fondo,parla di noi solo in parte e che va riposta nel cassetto da cui è uscita! Capisco oggi di averne sovrapposte parecchie nella mia vita. Povera me!Capire in quale direzione andare,però, è importante e necessario.Gli strumenti che la Miriam offre mi aiuteranno ogni giorno di più!

    m_rosa
    Partecipante
    Post totali: 574

    Non dimentichiamoci neppure che il carnevale è una festa legata alla luna, infatti è festeggiata sei settimane prima della Pasqua, che a sua volta cade sempre nella prima domenica dopo la luna piena di primavera e dunque, entrambe rientrano nelle feste mobili del nostro calendario, a differenza di quelle fisse che cadono sempre nello stesso giorno.
    Ecco di seguito un’altra interpretazione del Carnevale, non mia. L’Autore fa derivare il Carnevale dai Saturnali romani dei quali dice “per scherzo, gli schiavi diventavano padroni ed i padroni schiavi, sono tra i primi documenti in cui si può scorgere una traccia di quel desiderio di inversione del mondo che, in fondo, è alla base del Carnevale (Centini M.,1989

    anima critica
    Partecipante
    Post totali: 31

    Mi è difficile accettare l’idea esposta da Sal, ammesso di aver compreso quello che intende dire, che da qualche parte vi sia un copione già scritto, che vi sia chi quel copione l’abbia scritto a priori e che addirittura assegni le parti. Se così fosse, la vita tutta – tragedia, commedia, dramma o farsa grottesca che sia – diventerebbe un inutile susseguirsi di quadretti scenici e i ruoli, regista, attore o semplice comparsa, si ridurrebbero a recitazioni prive di significati concreti. Voglio davvero sperare che non sia così; io preferisco pensare che ciascuno può diventare regista e attore consapevole della propria vita, su questo pianeta e in questo sistema solare. A proposito, la fantascienza mi sa tanto di evasione e ho il sospetto che sia portato a evadere chi è o si sente prigioniero. Personalmente, preferisco stare agganciato al concreto e al concreto dell’esperienza quotidiana, dove c’è già da pensare alle tante maschere che indossiamo per abitudine o per necessità. Ecco, forse liberarsi dalla schiavitù della necessità sarebbe un risultato niente male.
    Caro Diogenonn, sono proprio ai primi passi e non ho ancora nulla da raccontare; devo però dire che l’impostazione degli argomenti mi intriga e sto imparando ad apprezzarne il senso pratico. Mi ha colpito molto il passo che trascrivo: «La Schola Italica rifugge dalle filosofie parolaie, dalle critiche sterili e incentiva una ricerca laica e disincantata che predispone alla sperimentazione». In questo mi riconosco e mi sta bene così. Un saluto a tutti.

    tanaquilla9
    Partecipante
    Post totali: 782

    Meglio operare, fare, sperimentare, studiare, lavorare su se stessi e per il bene altrui che pensare al “dietro le quinte”, secondo me, giusta o sbagliata che sia la locuzione. Noi siamo senz’altro i protagonisti delle nostre vite, a volte ci pregiudichiamo da soli, a volte ci mettiamo nelle giuste condizioni per migliorare. Abbiamo il compito di conoscerci profondamente e di sottrarci alla “nebbia della convenzione umana”.
    Impossibili mete se non ci si “libera dalla schiavitù della necessità”, come tanto giustamente ci dice anima critica.
    Senza la Schola, ciò, per quanto di mia esperienza, sarebbe impossibile da realizzare.
    Questo Carnevale ci sta producendo un bene, mi pare…

    mandragola11
    Partecipante
    Post totali: 658

    …e sottrarci all’influenza pesante della pubblica opinione del sistema sociale, che per l’appunto nel teatro vede la sua metafora di vita!
    WIWA la centrifuga (bravo diogenonn!) del carnevale che abbattendo le barriere delle differenze in qualche modo spersonalizzando eguaglia e riconducendoci a un linguaggio vitale basico – di gioia, allegria e riso – ci ritrova simili.
    Mentre l’inverno muore, muore il vecchio dentro di noi e il bimbo avanza con i suoi scherzi e dispetti! e allora, giù chiacchiere, cenci e frittelle … ahimè!

    ippogrifo11
    Partecipante
    Post totali: 165

    Anima critica ci ricorda, trascrivendola fedelmente, un’indicazione metodologica fondamentale della nostra Schola Italica e fa bene. Il carattere sperimentale che contraddistingue il nostro metodo, che si sintetizza nel “cavare la teoria dalla pratica”, ci richiama all’importanza di parlare di ciò di cui si ha riscontro diretto, così da tenere nettamente distinta la conoscenza, acquisita per esperienza soggettiva e oggettiva, dalle opinioni e dalle credenze che sostengono i nostri convincimenti, per altro tutti da passare al vaglio impietoso della verifica probante. Per impegno assunto, ciascuno di noi tende a diventare strutturalmente finalizzato al Bene e perciò ogni nostra azione e parola, orale o scritta, dovrebbe porsi come obiettivo il Bene, nostro e altrui. In tal senso – e qui porto la mia personalissima esperienza – prima di agire o dire sto imparando a chiedermi: ciò che sto per fare o per dire a cosa e a chi è utile? E se sorge qualche dubbio, mi astengo, perché mi sto convincendo che un’azione non finalizzata, non utile, finisca per alimentare il caos. É pur vero che in tema di Carnevale, come si è detto e come ci ricorda la Direzione nel link in riferimento, il caos “preludia l’ordine nuovo e idee e creazioni sempre più perfette”, ma si tratta, in questo caso di un caos funzionale al rinnovamento e non fine a sé stesso. Il Carnevale ci riporta alle mille maschere che indossiamo per convenienza, per ruolo, o per necessità come ci ricorda ancora anima critica, e ci richiama allo sforzo per liberarcene e far prevalere la semplicità sostanziale del nostro Essere. In assenza di questo lavorìo continuo di spoliazione di sé si finirebbe per sottostare giocoforza all’esercizio di un ruolo fittizio che, sul cammino da noi intrapreso, configurerebbe il rischio enorme – e le tante chiesuole che si richiamano al nome di Kremmerz stanno a dimostrarlo – di appiccicarsi al viso n’altra maschera, quella dell’Iniziato. E qui la cosa, oltre che la maschera, finirebbe davvero per diventare paradossalmente grottesca.
    Un caro saluto ai naviganti del sito.

    • Questa risposta è stata modificata 5 anni, 2 mesi fa da ippogrifo11.
    Sal
    Partecipante
    Post totali: 23

    Mi rendo conto di non avere espresso le mie idee con sufficiente chiarezza e ci riprovo. Non credo che ci sia un copione della vita già scritto. Anzi.
    Credo invece che spogliandoci delle maschere e identificandoci sempre più con quel principio vitale che ci muove possiamo (alla lunga!) identificarci con la nostra ragion d’essere e – a quel punto – rientrare nel disegno degli eventi con altra consapevolezza e a ragion veduta (è il caso di dirlo!).
    E Coloro che tale condizione hanno raggiunto si muovono quindi per missione e non per il soffio delle emozioni o la spinta delle variopinte correnti.
    Aggiungo anche che non vedo in questo una mera teoria filosofica ma l’opera costante (e magari dolorosa) di Chi educa sé stesso ogni giorno e ogni momento ad allinearsi alla parte più profonda e vera di sé. Educazione che non può farsi da soli mancando come è ligico il riferimento in alto a Chi è più avanti nella salita.

    anima critica
    Partecipante
    Post totali: 31

    Bene, avevo frainteso il pensiero di Sal e perciò… viva il confronto!
    Mi rimane però un interrogativo, che finora non ho espresso perché mi restava in odore di astruseria ed è legato al fatto che ogni maschera ha due lati. Allora, ecco l’interrogativo: le maschere rispondono soltanto al significato che se ne è dato fino a ora, cioè di fisionomie posticce da riporre nel cantuccio delle cianfrusaglie, oppure possono avere una funzione diversa? Nel post-post scriptum Diogenonn parla di «maschere totemiche… mediatrici di un’alterità, molteplicità e coscienza unitaria insieme, tutta in divenire». E ti pare poco! Qui si sta adombrando una funzione attiva che pare saltar fuori dal frullatore… Qualcuno mi aiuta a diradare le ombre? Grazie e felice week end.

    m_rosa
    Partecipante
    Post totali: 574

    Qualche giorno fa parlando con dei colleghi mi trovavo ad esprimere il seguente concetto, cioè che noi ci portiamo sulle spalle i secoli e i millenni di storia che ci hanno preceduti attraverso la trasmissione genetica del nostro DNA (oltre alle influenze più marcatamente visibili), però, allo stesso modo, in una corrente di reciprocità, possiamo modificare la sua influenza cambiando noi stessi per diventare artefici della nostra vita. In questa ottica la maschera assume una “funzione diversa”, quella, forse, a cui alludeva Anima critica riferendosi anche a Diogenon. Nell’ottica di questo lavorio di liberarci dai condizionamenti atavici o contingenti che siano, la maschera diventa un mezzo per esteriorizzare, quindi rendete concreto un aspetto della nostra personalità sul quale vogliamo lavorare , per liberarcene, perché del tutto posticcio o per recuperarlo . E in questa ottica mi viene da guardare con occhi diversi a quella famosa esperienza che avevamo vissuto a Montemonaco in cui ognuno portava una maschera…
    E’ pazzesco ogni volta scoprire come le vite di noi miriamici, siano un continuo dipanarsi di un lungo filo…
    Non voglio togliere nulla ai non miriamici, penso, infatti,che tutta l’umanità sia sulla stessa barca, ma per noi è come se la vita fosse un susseguirsi di esperienze tutte finalizzate a una maggiore presa di coscienza del nostro essere e della realtà che ci circonda.
    Grazie alla Vita evviva il Carnevale !!!

    mandragola11
    Partecipante
    Post totali: 658

    Caro anima critica, aiutiamoci insieme a diradare le ombre e riconoscere la funzione della maschera. Intanto è antichissima perché rimonta alla preistoria, dove pare avesse una funzione rituale di collegamento col divino, forse era una forma per comunicare col divino. Nelle varie civiltà la maschera era in rapporto alla sfera della morte, come principio di una nuova vita, vedi presso gli Egizi e a Roma dove mascherarsi in un determinato modo significava morire iniziaticamente. Quando nel Medioevo si sentì forte l’esigenza di ribaltare tutto, mascherarsi fu un modo per rimettere anche le cose a posto nei confronti di una paganità derubata e negativizzata.
    Venendo alla tua osservazione sui due lati della maschera, mi sembra sensata: in sostanza, abbiamo un positivo e un negativo come facce opposte l’una all’altra, ma simbolicamente rappresentanti un’unità concreta, che ha una funzione comunicativa duplice, verso l’esterno e di rimando in un feedback di ritorno verso l’interno.
    Ora se di esperienza rituale vogliamo parlare, allora bisogna farla all’interno di uno spazio sacro, come talvolta abbiamo sperimentato nella Schola. M_rosa ricordava proprio l’esperienza della maschera totemica, una sperimentazione particolare propedeutica agli studi di una ricerca mirata. Ma, se stai facendo i corsi on-line, vedrai che troverai risposte soddisfacenti a molte delle tue domande.
    Buon week end anche a te!

    tanaquilla9
    Partecipante
    Post totali: 782

    Stranamente la maschera nasconde ma allo stesso tempo rivela.

    anima critica
    Partecipante
    Post totali: 31

    È vero, Mandragola,di risposte me ne stanno arrivando dai corsi, ma le domande restano ancora tante e devo ammettere che la difficoltà maggiore, per come sono fatto, sta nel cambio di mentalità richiesto per affrontare prospettive che non mi sono familiari. Comunque vado avanti.
    È curiosa la sperimentazione con le maschere totemiche di cui hai parlato; si tratta della stessa occasione che cita m_rosa? So che le maschere totemiche sono usate in molti riti tribali, ma, detto francamente, che c’entrano con il cammino indicato dalla vostra scuola?
    Scusate se il tono sembra poco rispettoso; un cordiale saluto a tutti.

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