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Con l’ormai prossimo inizio dal 17 p.v. del Carnevale, si ripropone una discussione rintracciabile al seguente link: https://www.kremmerz.it/il-carnevale/ e sulla quale forse c’è ancora tanto da poter dire.
Bello questo input di Admin a riprendere le fila di un dibattito, dopo anni, mi dà il senso di un dialogo ininterrotto, personalmente con la voglia immutata di mettermi in gioco per condividere una sintonia al momento annuale.
A dopo col Carnevale!Evviva le sfrappoleeee!! Il Carnevale è noto per i suoi dolci fritti che,in quel di Bologna, tanto per essere originali, si chiamano “tortelli”( continuando il filone culinario di Tortellini,tortelloni,tortellacci…).
Sì chiamano anche chiacchiere, ma credo abbiano tantissimi nomi diversi sparsi per l’intera penisola.Sono dolcetti che, secondo la tradizione popolare, venivano fritti per poter essere cotti in fretta e offerti a più persone possibili…Quindi c’è sempre stata un’aria di abbondanza e condivisione!Quante volte anche noi fratelli abbiamo festeggiato la fine di un rito,il ritrovarsi insieme in un unico Ideale!Il Carnevale offre sempre l’occasione per soffermarsi su un dilemma che solitamente non cattura l’attenzione più di tanto: l’intero periodo dedicato a feste mascherate, forse è lì per ricordare che le abitudini, le sovrastrutture, le inverniciature appunto, sono le forme aggiunte che per tutto l’anno ci si porta addosso, mentre, per svelare la sostanza celata nell’intimo, per forza di cose queste molteplici maschere in qualche modo bisogna romperle o almeno toglierle anche se solo temporaneamente. Dopo il caos dettato dai travestimenti, dove ogni scherzo vale, si entra nel periodo astronomico caratterizzato dall’ingresso del Sole nell’Ariete, creativo per eccellenza, tutta la Natura si riveste di nuovi abiti “a fiori”, e forse, nella radicale carrus navalis è racchiuso anche l’epilogo dell’intero periodo, che nella Roma antica si celebrava proprio dopo l’equinozio di primavera.
Un caro saluto ed una buona serata.Interessante l’etimologia della parola maschera che riporto dalla Treccani: “I tentativi di ricostruire la trafila etimologica di maschera non hanno finora prodotto risultati di assoluta certezza. Due le ipotesi principali, non del tutto reciprocamente incompatibili. La prima prospetta la derivazione da una forma preindoeuropea masca «fuliggine, fantasma nero». La seconda, invece, suggerisce la derivazione da masca «strega», voce regionale di area ligure e piemontese a cui appartengono anche i derivati mascaria «incantesimo, stregoneria, magia» e mascassa «stregona, stregaccia». Masca, a sua volta, deriva dal latino tardo masca(m), sostantivo femminile usato nel medesimo significato”.
Forse anche più interessante è l’altro etimo, quello più antico della parola. Cito sempre dal medesimo testo: “Che, assecondando le più intime inclinazioni della natura umana, la vera identità di ogni individuo sia sempre sotto una maschera celata può, forse, infine, sostenersi rammentando che il sostantivo italiano persona, usato per designare ogni «individuo della specie umana, senza distinzione di sesso, età, condizione sociale e sim.» (Vocabolario Treccani), deriva dal latino lat. persōna, voce di origine probabilmente etrusca, che significava propriamente “maschera teatrale” [ed è il Phersu, una enigmatica figura mascherata presente in tombe e vasi che in alcune raffigurazioni tiene al guinzaglio un cane che assale un uomo che ha un sacco sulla testa oppure corre con il capo rivolto all’indietro. Anche qui sarebbe interessante approfondire il senso quella figura che combatte alla cieca contro la belva aizzata contro lui da una oscura entità mascherata].
Quando nella nostra Schola di parla di im-personalità si dovrebbe anche pensare quindi alla necessità di liberarsi delle maschere che ogni persona (appunto) indossa.
Un saluto a tutti e buon Carnevale!Ringrazio la Direzione per questo nuovo spunto di riflessione riferito a questo particolare periodo dell’anno. Interessante e controverso anche il significato di maschera, usato fin dall’antichità per indicare una fase di passaggio dei tempi e ritmi naturali? Ho appreso ad esempio in un documentario che in alcune zone di montagna, in questo periodo, va in processione una maschera bifronte da una parte è travestita da vecchia dall’altra da bambino, suggerendo il passaggio dall’anno vecchio al nuovo. E poi ancora nei nostri Appennini, le maschere, poste sui muri o camini sui tetti delle case,avevano la funzione di esorcizzare le paure di spiriti maligni in modo “omeopatico” potremmo dire e quindi la paura che scaccia la paura stessa…. quasi per nascondere all’esterno ciò che all’interno va protetto? Oppure ancora le cosiddette “mummie” o “mamme”, antichissime,con la funzione di attirare la fortuna o fertilità del focolare domestico. Il teatro greco suggerisce invece la funzione quasi catartica dei sentimenti ed emozioni umane, adoperando la maschera del riso e del pianto, considerandole due facce della stessa medaglia…. chissà se è da qui che parte il concetto di sovvertimento temporaneo dei valori da cui può nascere un rinnovato ordine, un dualismo delle due facce della medaglia che deve ricondurre alla eterna e perpetua Unità di tutte le cose? Un caro saluto a tutti
Per una lettura integra, riporto i link sulle festività e arcani collegati con il mese propiziatorio di Febbraio:
Il Carnevale oggi, in pieno periodo di crisi, sembrerebbe un evento non coerente ma….la coerenza è proprio lo stesso contrasto.
Viviamo in un momento storico in cui le maschere, in senso negativo, imperano in ogni campo: la società non è arricchita da validi esempi e tutti mascherati da buoni sammaritani, sventolano ideali che odorano solo di speculazioni; perfino il web, pronto alla chiamata, mette la maschera del santo, e nasconde quella del Giuda.
Ma…il Carnevale ha anche un messaggio più profondo, e ridendo a crepapelle dice: chi vuol capire, capisca.
Pazzi da legare noi, controcorrente in un mondo in cui il denaro è il dio che comanda, in cui in tutti i settori si consente alle donne di avere un ruolo, purchè subordinato ad un capo di sesso maschile, essere dalla parte della Madre Terra,bella e nuda, pazzi da legare quando crediamo nell’amore fraterno per una Terra di pace e di giustizia, pazzi perchè noi siamo il Carnevale!
WIWA a tuttiA carnevale ogni scherzo vale perché è un break caotico precedente il rinnovamento. Potere liberatorio che dai cortei dionisiaci arriva al nostro carnevale. Una volta più sfrenato nelle vie cittadine, oggi manifestazione dell’arte delle maschere. Mi piace vedere i bambini per le vie vestiti a carnevale, fieri di ciò che indossano.
Il carnevale mi sembra un po’ come il pazzo dei Tarocchi. Arriva sempre un momento in cui ve n’è bisogno. Fare il caos… per arrivare ad un nuovo ordine.
In una società inaridita come quella di oggi dove tutto si valuta rispetto al pill, alla tripla A azionaria e allo spread (come dice mercurius), ci vuole un momento fuori da queste logiche inesorabili e che sia condiviso (come dice seppiolina).
Non è ancora iniziato, dobbiamo aspettare il 17, ma nel frattempo mi è capitato di vedere al teatro Peter Pan con le musiche di Bennato e quando Campanellino sta per morire perché i bambini non credono più alle fate, c’è stato l’invito ad alzarsi dal proprio posto e a gridare Io credo alle fate. L’ho fatto con altri pochi.Non mi sorprende, cara Tanaquilla, che ti sia trovata solo con pochi altri a gridare di credere alle fate; le fate sono il centro delle fiabe e, purtroppo, alle fiabe si smette troppo presto di credere. Forse è per questo che le fate sono scomparse dai nostri orizzonti, rendendosi invisibili a occhi che non sono più in grado di riflettere la virtù dell’innocenza. All’incirca un secolo fa, il Maestro Kremmerz osservava non senza una punta di amarezza che “per noi il mondo delle fiabe, anche delle fiabe a tinte e mezze tinte di carattere occulto, è finito per sempre”.
Buon carnevale a tutti.Mentre mi arrovellavo il cervello pensando a cosa dire sul carnevale che ancora non fosse stato detto 🤨, mi sono imbattuta in una notizia curiosa. A Chianale, un paese della Valvaraita ai piedi del Monviso,in provincia di Cuneo al confine con la Francia, lungo l’antico Chemin Royal ovvero la Strada del Sale che collegava Italia e Francia, da qualche anno è stata riesumata una festa carnevalesca che coinvolge tutto il paese e il cui protagonista è il lupo, si tratta appunto della Festa del Lupo. E’ prescelto, o si offre spontaneamente un giovane celibe del paese che viene mascherato da lupo da altrettanti giovani, tanto da rendersi irriconoscibile, il viso viene dipinto per meta rosso e per metà bianco, gli occhi coperti da una maschera, addosso una pelle di pecora (nei tempi antichi appositamente conciata per l’occasione), in vita una alta cintura di cuoio alla quale è agganciata una grossa e spessa catena la cui estremità è tenuta ben salda dagli aiutanti. Ben salda si, perché il Lupo comincia sempre più a scalmanarsi, complice il vino che gli viene offerto nel pellegrinaggio della compagnia di casa in casa (piccolo inciso: oltre al vino vengono offerte le uova, un dono altamente simbolico, visto ciò che il Lupo andrà a fare) e, soprattutto alla vista di qualche bella fanciulla, tenta in tutti i modi di afferrarla e simula di volerla possedere, mentre la malcapitata fugge tra le urla e gli strepiti di tutto il paese che segue la combriccola cantando suonando ballando e, sembra, divertendosi un mondo.
Le chiavi di lettura mi sembrano molte, soprattutto tenendo presente il ciclo agricolo/stagionale, che vede i mesi di febbraio marzo come la cuspide in cui l’inverno se ne sta andando e la rinascita primaverile arriva. La Valvaraita probabilmente,come dice l’autrice del lavoro da cui ho tratto queste notizie, essendo una valle chiusa e abbastanza isolata, ha mantenuto vive tradizioni molto antiche che altro non erano che rituali propiziatori utilizzati per connettersi e ingraziarsi la Natura, che altrove, complice il “progresso” sono scomparsi.È Natale … e tutti più buoni,
è San Valentino…e tutti a fare i cuori,
è la Festa della Mamma, dei Nonni, del Papà,
degli Innamorati, della Donna, della Repubblica,
e la vita scorre di data in data in un Carnevale fatto di mille carri su cui salire.
Eppoi devi fare il gentile con la vecchietta, il paziente coi parenti, il severo coi monelli, il sensibile con quelli in crisi, il duro con gli scocciatori, il tenace quando chiami uffici pubblici, vai in posta, in banca, in municipio…
Tutto l’anno posiamo una maschera e ne prendiamo un’altra che poi togliamo di lì a poco. Carnevale è la nostra vita di folle girandola quotidiana che solo sorella Morte spoglierà…
Oppure la terapeutica magica di Miriam …lentamente…scrosterà.Buonasera a tutti. Posso chiedere a qualcuno degli iscritti di spiegarmi perché date tanta importanza al carnevale? Capisco la metafora delle maschere di Catulla e quella del rimescolamento o del caos come presupposto alle dinamiche rigenerative della primavera, mentre capisco un po’ meno, anzi quasi per niente, il bisogno di credere nelle favole, fate comprese. Vi prego di non prendere questo intervento come una provocazione, ma per quello che è: desiderio di capire di più. Grazie e buona serata a tutti.
È proprio vero ippogrifo, le fiabe sembrerebbero aver fatto il loro tempo e anche Pan o Faunus, come sottolineava il Maestro Kremmerz, il “Dio parlatore nel silenzio”, cioè che dava responsi, apparentemente tacciono. Faunus da for faris alla radice di ogni narrazione sacra; che sia il Nume o le sibilline sententia sonantes a parlare poco cambia. Così anche per la Fata…
Certo per noi la Fata non è la fata turchina ed il mago non è il prestigiatore di turno.
“… Fata e Mago, tutti e due, che nell’ordine delle forze siete gli estremi positivo e negativo dell’umanità, …” scrive il Kremmerz, aggiungendo più avanti:
… io dirò come la donna possa aspirare a diventare Fata, come l’uomo a diventare Mago. Chi ne abbia la voglia e il coraggio provi, e riuscirà certamente.” trasmettendo nella Schola gli strumenti operativi per iniziare quel “processo”.
Carissimo anima critica, ci piace ricordare il linguaggio delle fiabe perché metaforicamente adombrano e a volte mitigano, per non spaventare, un percorso arduo, talmente arduo da appartenere al racconto degli eroi.
Allora, tornando alla fiaba … chi non vorrebbe avere la fortuna di farsela raccontare da una “Signora piacente” (una Fata?) compagna di viaggio di Myria Assira, l’eco della DEA che vive nel mondo…
E se dovesse accadere, perché nella Tradizione Iniziatica Ortodossa tutto è possibile… cosa fare !?
Ahh dimenticavo, la Signora l’aveva vista (Myria Assira) l’ultima volta al carnevale di Nizza: anche l’Eco della DEA al carnevale! … in mezzo alle maschere e all’elettrizzante, caotico e gioioso frastuono delle fanfare, dei canti e dei balli !!!
WIWA WIWA WIWATi rispondo anch’io, caro anima critica. Cos’è la favola? è mito, rappresentazione teatrale, racconto orale. Anticamente e per molto tempo brevi racconti sulle gesta di dei e di eroi, furono tramandati oralmente. Questi racconti, che alludevano a idee ed archetipi dal sapore infinito, ribelli ai limiti imposti dalle definizioni, incoraggiavano e facevano intravedere agli uomini il giusto percorso. Poiché come scrive il Maestro Kremmerz “le cose infinite, non finite, astrazioni di virtù o di poteri o di qualità, non si prestano a definizioni, cioè a determinazioni, per la loro natura stessa indefinita”. Così, come ha ben espresso Diogenonn, alle volte questi valori si ravvisano nei miti e nelle favole. Ora, come già è stato precisato, la favola è il detto e il vissuto, dunque la nostra stessa vita può essere favola e, al contempo, come scrive ancora il Maestro Kremmerz:”il trionfo del Carnevale in cui l’uomo si scappella innanzi al giudice di oggi che fu il delinquente di ieri…”.
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