I Luoghi del Sacro, della Magia e della Tradizione ermetica

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  • ippogrifo11
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    Mi unisco nel benvenuto ad Alessandro e nel contempo mi piace evocare l’esperienza, unica, che provai quando, per la prima volta e insieme con tanti amici, alcuni dei quali stanno scrivendo questo tema, ci si stava recando in autobus verso le terre della Sibilla. Avevamo appena superato il Monte Vettore e si stava scendendo rapidamente verso la Piana di Castelluccio e già qualcosa si era mosso nel sentire comune: l’atmosfera, a bordo dell’autobus, era mutata d’un tratto: il vociare confuso, spesso gioioso, che aveva accompagnato il viaggio era cessato, per lasciare il posto a un raccoglimento denso di intime sensazioni. Appena giunti all’inizio della piana l’impressione fu netta: il tempo sembrava sospeso, fermo, come se fossi stato avviluppato in una sorta di bolla di eterno e immutabile presente. Non voglio addentrarmi nella descrizione del mio stato d’animo, percorso da emozioni e pensieri troppo intimi, posso però dire che fu un’esperienza sconvolgente: il contingente, l’accessorio, il sovrastrutturale evaporavano nell’improvvisa consapevolezza del Vero, per quanto ancora non decodificatile e meno che mai razionalizzabile.
    Un caro saluto a tutti.

    tanaquilla9
    Partecipante
    Post totali: 782

    Chiedo venia se passo dai nostri cari Monti Sibillini ad altra località che mi è tornata alla mente. Parlo dell’isola di Malta visitata qualche anno fa per i suoi templi megalitici. Le isole dell’arcipelago maltese, che distano dalla Sicilia solo 95 km (Gozo, Comino, Cominotto e Filfla) custodiscono su un territorio abbastanza ristretto una straordinaria concentrazione di siti megalitici, dai disegni architettonici così particolari e fra loro uniformi da rappresentare un unicum nella preistoria mediterranea. I templi risalgono al Neolitico, la loro costruzione inizia nel 5000 a.C., la loro fattura coniuga meravigliosamente aspetti pratici e funzionali a quelli concettuali e ideali. Le decorazioni bellissime sono spirali, meandri, animali, stelle.
    Ne descrivo due vicini, orientati a sud-est, Hagar Qim (da cui proviene la Venere di Malta) e Mnajdra, che affacciano sul mare, di fronte all’isolotto di Filfla, e sono inseriti in uno scenario incantevole, specie al tramonto, quando i monoliti si tingono d’oro e di rosa (alcuni pesano 20 tonnellate e sono alti 5 mt.). Ricordo ancora l’atmosfera pacifica e sacrale che li pervade, che sospende il tempo, che induce rispetto e fa pensare all’età aurea della Madre. Di fatto notissime sono le statue femminili, alcune colossali, provenienti da Malta, né sono state trovate fortificazioni difensive, o armi particolari oltre quelle per la caccia, come fa notare la Gimbutas.
    Il primo dei templi è composto di diverse stanze circolari con altari ed elementi ornamentali. Si tratta sempre di costruzioni con pareti curvilinee. A 500 mt. di distanza, il secondo, con pianta a trifoglio, si compone di 3 edifici distinti. Fra questi, quello meridionale è costruito in modo tale da essere attraversato all’alba dai raggi solari durante gli Equinozi che, passando dall’ingresso, illuminano un punto preciso dell’altare. Durante i Solstizi invece il sole entra nel tempio e illumina una grande pietra a destra dell’altare in inverno, altra a sinistra dell’altare in estate.
    Si pensa che quelle antichissime genti avessero grande interesse per l’astronomia e i cicli solari, lunari e stellari. Ad esempio un frammento di vaso ivi trovato è inciso con una ruota solare, mentre un grande blocco di pietra trovato nel tempio di Tal-Qadi è decorato con molteplici stelle ad otto punte e un crescente lunare. Vi sono poi megaliti che hanno una serie di buchi che si pensa fossero usati per l’osservazione dei corpi celesti. L’area intorno ai templi è densa di reperti e si riceve l’impressione che la vita nel circondario fosse pulsante: cave, cisterne, approdo marino, resti di villaggi. Sono testimonianze preziose che non dimentico e che spero di poter rivedere un giorno.

    mandragola11
    Partecipante
    Post totali: 658

    Nel leggere le parole beneauguranti di Admin Kremmerz anch’io mi sono commossa, Alessandro, e benvenuto! Anche dalle tue parole traspaiono gentilezza e sensibilità d’animo.
    Il nostro è il coro all’unisono di viaggiatori assidui, innamorati di queste terre centrali in tutti i sensi, punto di raccordo dove ci siamo tante volte incontrati e ancora ci ritroviamo con gioia. Terre da amare, ma soprattutto da rispettare. Anche per me la nostalgia di Castelluccio è grande e ancor di più delle nostre salite su Monte Sibilla ad ammirare tramonti e albe incomparabili ricche di un’energia benefica, capace di trasformare le cose più semplici in tesori preziosi.

    m_rosa
    Partecipante
    Post totali: 574

    Leggevo ultimamente che molti nomi relativi a monti, laghi, valli, nel territorio italiano, furono artatamente imposti dal clero per scoraggiare la frequentazione di luoghi “non graditi” in quanto, in passato, sedi di culti pagani. Se così è, sarebbe interessante seguire i nomi “paurosi” per avere una mappe dei luoghi, o ex luoghi magici sparsi sul nostro territorio. Sulle Alpi Marittime ad esempio c’è il monte Cappelletti diventato cima del Diavolo, oppure la valle dell’Infernetto che in passato si chiamava, se ho capito bene, Valle Corbera. Lo stesso uso di toponimi simili lo abbiamo riscontrato anche nella zona dei Sibillini con le gole dell’Infernaccio e il lago di Pilato, chissà in quanti altri posti sono presenti tali nomi emblematici!?

    tanaquilla9
    Partecipante
    Post totali: 782

    Esemplare è il noce di Benevento, presso il fiume Sabato, passato alla storia quale luogo ove le streghe celebravano il loro sabba, e quindi maledetto. Alle origini delle maldicenze, prima di tutto, ci fu il fatto che non fu facile convertire al cristianesimo il Sannio. Poi pare che quest’albero fosse stato sacro ad una comunità di Longobardi, a Benevento sin dal VI secolo,e che questi vi appendessero una pelle di capro e vi celebrassero loro rituali. Inoltre in precedenza Benevento era stata sacra ad Iside, associata localmente ad Ecate e a Diana, e nella città ancor oggi si trovano obelischi, statue e reperti egizi.

    tanaquilla9
    Partecipante
    Post totali: 782

    Di passaggio per Ischia condivido alcune notizie su questa bella isola vulcanica, ricca di sorgenti termali e verdissima. Verde per la rigogliosa vegetazione, e per il tufo verde del monte Epomeo. Questo tufo, presente dappertutto in enormi blocchi, ne racconta la storia evolutiva dall’epoca terziaria e pare debba il suo colore al contatto con l’acqua sottomarina. Scavando internamente i massi di tufo gli Ischitani nel passato hanno costruito, tra l’altro, cisterne per la raccolta dell’acqua piovana. La più famosa è chiamata “pietra dell’acqua”. Al verde è legato un fenomeno naturale, frutto della rifrazione della luce solare da parte dell’atmosfera, che si vede in certe circostanze e per pochi secondi ad Ischia, specie a Forio: un raggio verde che parte dalla sommità del sole all’alba o al tramonto.
    Ischia ha nomi antichi: Omero e Plinio la chiamarono Eèa, dagli Etruschi era conosciuta come Inarime; Pitecusa fu detta probabilmente per l’industria dei vasi di creta, Enaria per aver dato rifugio ad Enea, e per la lavorazione del ferro; Eliso la chiamò Virgilio. Per la sua posizione fu terra d’incontro dei locali con svariate culture. I Fenici, prima ancora dei Greci, vi soggiornarono, portandovi l’eredità sapienziale egizia. Secondo alcuni studiosi, e non solo locali, Ischia è Scheria dell’Odissea, la terra dei Feaci, cioè dei Fenici. L’isola è legata ad arcaiche tradizioni e a figure mitiche: prima di tutto le Ninfe, in particolare le Nitrodes, dalle acque terapeutiche. Sono state ritrovate numerose tavole votive con dedica ad Apollo debellatore dei mali e alle Nitrodi, peraltro legate alla Sibilla da una leggenda. La Sibilla avrebbe profetizzato che per sfuggire ad una pestilenza era necessaria, per gli Ischitani, l’intercessione di una Ninfa.
    Al di là dei tanti miti, come l’altro di Tifeo imprigionato nelle viscere dell’isola, e dei reperti arcaici testimonianze delle antiche culture, Ischia ha continuato ad essere cenacolo di cultura nei secoli successivi, avendo come fulcro il Castello Aragonese.

    tanaquilla9
    Partecipante
    Post totali: 782

    Stamattina passeggiando lungo le sponde del Lago d’Averno (Pozzuoli) non ho subito capito cosa stesse accadendo a branchi di piccoli e grandi cefali. Questi, quasi allineati in file ordinate, si dirigevano verso la riva, alzando la testa dall’acqua e boccheggiavano a bocca spalancata, come affamati d’aria. Poi qualcuno mi ha detto che capita nei mesi di Novembre e Gennaio che l’attività vulcanica sottostante l’acqua del lago si risvegli provocando emissioni di fumarole, le quali, complice il freddo, fanno condensare più velocemente l’idrogeno solforato in superficie, creando un ambiente anossico per i pesci. Se tale attività perdura le acque del lago divengono giallastre colorate dallo zolfo. L’Averno è salato perché collegato al mare vicino da un canale ed è – come si intuisce – la bocca di uno dei tanti crateri dei Campi Flegrei. Duemila anni fa fu chiamato Averno, lago senza uccelli, perché le esalazioni solforose del vulcano molto più attivo che non oggi, li uccidevano e questi evitavano di volare sul lago. Omero ne fece la sede del popolo oracolare dei Cimmeri, forse Opici Fregrei, ricordati anche da Plinio e Strabone. Certo stamattina ho capito perché un lago apparentemente pacifico, quasi idilliaco, possa essere divenuto nell’antichità un mito delle forze più profonde della Madre Terra. “Una spelonca profonda, protetta da un cupo lago e dalle tenebre dei boschi, sopra la quale nessun volatile poteva impunemente avventurarsi ad ali spiegate”:così ne scrive Virgilio ideandolo quale porta degli Inferi, regno della Regina Persefone e di Ade.

    catulla2008
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    Post totali: 244

    Grazie Tanaquilla per avere condiviso questa tua passeggiata! Hai dato modo anche a noi di respirare il mito, di sentire il brivido dell’Averno, di viaggiare all’interno dell’anima e dei pensieri… E mentre mi univo a Te nella visita in questo magico sito ho concluso una volta di più che in una Fratellanza vera l’esperienza di uno diventa quella di tutti.
    Come le api. E – forse – come in ogni specie anche di là dalla nostra consapevolezza.
    Da qui la necessità di amare il nostro…prossimo!
    Buonanotte a tutti i naviganti.

    tanaquilla9
    Partecipante
    Post totali: 782

    In questo periodo dell’anno alcuni di noi viaggiano. Un viaggio è anche un modo per entrare un po’ più a contatto con se stessi, specie se fatto in autonomia e non in gruppo. Si esce fuori dalla consuetudine e dalle abitudini. Si scopre, ci si misura. E poi, almeno a me, capita che più mi allontano più faccio sogni particolari e veritieri.
    In un contesto fuori dal consueto può capitare di recepire quei segni che la Natura incessantemente invia, senza che noi di solito ce ne accorgiamo, specie se si vive in città dove quasi tutto è artificiale.
    Per raccontarne una, ultimamente in un’isola del mediterraneo mi è capitato sulla spiaggia, in una giornata molto ventosa, di veder cadere dal cielo, quasi ai miei piedi, sulla battigia, una pallottola che subito, arrivata a terra, ha cacciato testa ed ali. Era un pennuto, un uccello selvatico, forse un fagiano (che vola solo per brevi distanze) che non solo non s’era fatto nulla (meno male!) ma ha alzato la testa, piuttosto fiero, guardando a destra e sinistra, e ha cominciato a camminare fra i lettini e fra le gente stupefatta per cercare una via e allontanarsi. A me è parso strano ma un buon segno: poteva essere morto e invece no. E’ caduto dal cielo, in un posto dove volano gabbiani e non certo fagiani, forse a causa di un malore o del vento. E’ stata una sorpresa che non m’aspettavo.

    tanaquilla9
    Partecipante
    Post totali: 782

    Pochi giorni fa in un borgo dell’Appennino cilentano alcune anziane donne sedute a prendere il fresco, cui mi ero rivolta per una informazione, mi hanno raccontato che nel loro paese quando arriva un forte temporale basta suonare le campane della chiesa di santa Lucia per rimandarlo indietro. Tanto sono famose queste campane che gli abitanti dei paesi vicini chiamano al telefono perché suonino, se il temporale passa dalle loro parti. Quando sono tornata a casa ho cercato sul web e ho visto che è una pratica molto diffusa anche in altre località del centro e del nord Italia.Suonare le campane a distesa e in tempo utile serve a richiamare dai campi i contadini, a invitare tutti alla preghiera perché il cattivo tempo non rovini le coltivazioni e infine a “rompere col suono il campo magnetico in atmosfera, attenuando in questo modo l’intensità dei fulmini”. Cosa ci sarà di vero? In ogni caso è sempre un bene lo spirito di solidarietà e l’unione delle forze per il bene comune.

    catulla2008
    Partecipante
    Post totali: 244

    Quanto scritto da Tanaquilla in merito alle tradizioni popolari mi ha ricordato la sinossi di un testo che mi ha molto colpito dell’autrice Michela Murgia e che mi sono ripromessa di comprare attratta dal contenuto. Si chiama “Accabadora” e riporta la descrizione di una figura tanto comune quanto millenaria (pare…) in Sardegna, portatrice di vita e di morte poiché da un canto levatrice ma – appunto – dall’altro ‘accabadora’, cioè strumento di morte pietosa qualora non vi sia più nulla da fare per lenire le sofferenze del moribondo.
    Va anche detto che questa figura risalta in modo particolare sullo sfondo della cronaca odierna in cui molto si va parlando di vita e di morte e del diritto all’una e/o all’altra. Mi sono riproposta quindi di approfondire la conoscenza di “Tzia Bonaria Urrai che cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture”. Questa Accabadora intrigante mi pare rifletta una concezione primigenia della Natura quasi in uno con i suoi ritmi e i suoi cicli e con un sentimento arcaico verso la funzione del femminino.
    Bah, vedremo. Cercherò di procurarmi il libro.
    A tutti, buon pomeriggio!

    m_rosa
    Partecipante
    Post totali: 574

    A proposito di tradizioni, ho acquistato un libro, ultimamente, dal titolo Guaritori di Campagna. L’autrice, Paola Giovetti, intervista vari guaritori, ma più spesso guaritrici, in alcune regioni d’Italia e tutte/i al di la dei metodi che usano, delle malattie che curano e delle zone in cui vivono, presentano dei caratteri comuni. Innanzitutto la guaritrice diventa tale solo se un’altra, spesso una parente, ma non necessariamente, le confida il “segreto”, a volte è lei stessa, che fin da bambina dimostra una curiosità o propensione per certe pratiche ed altre, invece, viene scelta dalla più anziana dopo che ne è stato valutato il carattere e la bontà d’animo. La trasmissione del segreto è sempre orale (solo in un caso la guaritrice, non avendo trovato la persona adatta, ha lasciato una lettera scritta -che, per inciso, è andata poi nelle mani giuste-). La trasmissione può avvenire solo alla mezzanotte del 25 dicembre, e si tratta di “segni” e formule dove appaiono nomi relativi a personaggi sacri della religione cattolica, un modo questo già usato nel lontano passato, per non incorrere negli strali della Chiesa. Ognuna cura determinate malattie e solo quelle.
    Conoscono anche l’uso terapeutico delle erbe del territorio e curano indifferentemente uomini e animali. In molti casi le operazioni seguono l’andamento della luna e quasi tutte curano anche il “malocchio”

    tanaquilla9
    Partecipante
    Post totali: 782

    Sapete, mi sono riletta i post sulle terre della Sibilla. Che ricordi meravigliosi quando si saliva sulla Sibilla tutti insieme col Maestro a guidarci.
    Quante esperienze uniche. Vi ricordate della fiaccolata in discesa notturna dalla Sibilla? E le salite a piedi lungo i tornanti pietrosi per arrivare alla vetta della montagna sciamanica, e percorrerne il crinale in fila, uno dopo l’altro? Come un popolo silenzioso d’altri tempi… in una atmosfera materna, sapiente, naturale e cosmica.
    Il sole, le stelle, la luna e Venere nel cielo sulle nostre teste. La terra rossa della Sibilla. La concordia e l’unione. Rileggere questi post mi ha fatto bene.
    Sono stati anni che non scorderemo. E sento di ringraziare per questa opportunità così speciale.
    Ora, visto che siamo tutti in casa e non ci muoviamo per il momento almeno, mi tornano alla memoria altri viaggi.
    Si dice che nell’arcipelago delle Azzorre in Atlantico si ravvisino le cime emerse dell’Atlantide scomparsa. Ci sono stata e ricordo che allora non era una meta turistica molto conosciuta, sicché il mio compagno di viaggi ripeteva “ahi ahi ahi turista fai da te”… (era un spot dell’epoca).
    Sono isole con alti vulcani che formano laghi, montagne ricoperte da ortensie blu, boschi di sequoie e una vegetazione mista mediterranea e tropicale. Sono termali e crocevia della migrazione delle balene. Se ne guardate le foto sul web vedrete che sono spettacolari.
    Vi è una leggenda, quella delle 7 città che narra che le Azzorre sono ciò che resta di un’isola meravigliosa in cui un re e una regina non avevano figli. Una notte una stella scese dal cielo e divenne una donna. Con una voce che era musica la donna disse al re che avrebbe avuto una figlia bellissima come il sole a patto di costruire un palazzo circondato da sette città protette da mura di bronzo invalicabili (età del bronzo?). La figlia sarebbe rimasta all’interno delle mura per 30 anni senza essere vista dai genitori. Ma trascorsi 28 anni il re fu preso dall’impazienza e scaricò con la spada la sua furia contro la muraglia. In quel momento la terra tremò, si alzarono lingue di fuoco e il mare ingoiò la terra. Rimasero solo le 9 isole delle Azzorre e il palazzo della principessa, trasformato nella Laguna delle Sette Città divisa in due: la verde e l’azzurra.

    m_rosa
    Partecipante
    Post totali: 574

    che bella la tua storia, tanaquilla, ci ha fatto sognare e anche riflettere. La prima riflessione che ho avuto, molto terra terra, è stata che dobbiamo saper frenare l’impazienza, soprattutto in questo periodo, quando la primavera è fuori dalle nostre finestre e sembra chiamarci…Ma ancora una volta dobbiamo riconoscere la nostra “fortuna”, essere miriamici vuol dire anche poter vivere la Primavera dentro di sè. Grazie alla Miriam

    garrulo1
    Partecipante
    Post totali: 458

    Il post di Tanaquilla mi riporta a ricordi molto forti. Quando, nel descrivere un viaggio fatto a suo tempo, fa riferimento all’arcipelago delle Azzorre nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico, dove si dice, si ravvisino le cime emerse dell’Atlantide scomparsa. Ebbene ogni volta che si cita in qualche modo questo mito, la memoria corre immediatamente ad una serie televisiva, che da bambino guardavo senza perderne un episodio alla TV dei ragazzi, si intitolava: “Atlantide Continente perduto”, rigorosamente in bianco e nero, il colore era di là a venire. Non so ancora adesso perché cotanto interesse a questa serie, in casa mia certi discorsi erano sconosciuti, era la fine degli anni sessanta, l’attenzione era decisamente proiettata su lavoro e “lunario”, ma a sfondo economico. L’argomento molti anni dopo lo ritrovo, con immenso piacere, nella lettura dei Dialoghi sull’Ermetismo del Maestro Kremmerz. Più o meno alla metà del Quarto Dialogo, il Maestro incalzato dalle sempre più pressanti domande del Discepolo, scrive: ”Chi vi dice che il culmine della progressione umana non sia stato raggiunto in epoche lontanissime? E che la tradizione religiosa di un peccato di origine o di una prevaricazione, non sia la tipica accusa a questi lontanissimi progenitori che inabissarono il loro mondo, ignorando la distruttibilità della loro onnipotenza per la incoscienza del loro orgoglio? Le acque dell’Oceano che si chiusero sulle terre della Atlantide sparita, dovrebbero saperne qualche cosa e dircela (mi viene il dubbio: Le cime emerse al largo delle Azzorre come sopra menzionato??? chissà). Gli Egizi e i popoli del Messico e della Columbia, profughi di quel continente scomparso, portavano con loro parte o tutto il corredo scientifico di quella civiltà che noi supponiamo culminante?”. E ancora nell’Ottavo Dialogo :”Io non dico che Ulisse ed Enea siano giunti in battello a motore dal Canadà o da New York. Dico che potrebbe darsi che i viaggiatori o gli invasori siano venuti dall’Occidente, quando un’ipotesi storica e non poetica ci fa anche oggi sospettare che un grande misterioso continente atlantico intermedio tra l’America e l’Europa, sia esistito e scomparso. Di enigmi storici ve ne sono tanti!”. Infine, nella parte terminale del Nono Dialogo :” Io richiamo l’attenzione su questa possibilità; e se il passato dell’umanità non fosse infanzia ma residuo storico di ricche civilizzazioni ignorate?” Gli enigmi sono tanti, il Maestro Kremmerz nei suoi scritti ha aperto “portali” di riflessione su cui ogni tanto, magari alla luce di qualche nuova scoperta sul piano scientifico, vale la pena di tentarne la comprensione fin dove possibile.
    Un caro saluto ed una buona serata a tutti.

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