ECCE QUAM BONUM ET QUAM IUCUNDUM HABITARE FRATRES IN UNUM

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  • Buteo
    Partecipante
    Post totali: 218

    Nelle immagini del video postato da Guglielmo Tell il 7 maggio, c’è qualcosa di conosciuto ma non più compreso. Sono segni antichi che si affacciano all’artista che li compone seguendo forse un inconsapevole impulso interiore. Sono spirali vortici cerchi concentrici raggi girandole lune stelle-fiore stelle… elementi della nostra tradizione. Parlano un linguaggio antico, che i nostri avi lasciarono impresso su rocce e disposto in pietre, e ripeterono poi nei santuari e sulle case. E come quelli nascevano dalla terra, qui ora dalla sabbia si espandono al cielo al sole all’aria all’acqua al vento alle onde alla luna alle stelle… La loro transitorietà è divenire, si compongono e si distruggono per ricostituirsi in forme e colori che evocano cose che non sappiamo più ricordare… in un continuo nascere e morire. E più la forma è semplice, più fluisce e affascina, tanto più libera è da sovra-strutture, tanto più è pura e segue il movimento della vita. Così se le composizioni più complesse possono farsi ammirare per difficoltà di elaborazione e precisione, è nella loro scomposizione e riduzione alle forme semplici che si manifesta il linguaggio vero, anche se non compreso…
    E l’artista che si raccoglie in feto, come vede Macrobio, all’interno dei cerchi raggiati e concentrici esplicita la mandorla mistica o cerchio in cui schiere di artisti medioevali involsero il Creatore, dipingendolo su più e più pareti e volte nelle chiese.

    Alef2006
    Partecipante
    Post totali: 221

    mi riaggancio, con un po’ di ritardo, ad alcuni post di Tanaquilla e Gelsomino sulle mutate condizioni di vita di questo lungo periodo di distanziamento sociale. Mi rendo conto che in molti avranno potuto sperimentare un maggiore contatto con il proprio Io grazie al distanziamento sociale ed avranno goduto di un nuovo punto di vista su ciò che è realmente importante per la nostra esistenza. Tuttavia, in molti altri casi, la necessità di lavorare in smart working ha completamente liquefatto le nostre esistenze: prima del Covid le nostre giornate avevano una struttura ed un ordine all’interno dei quali erano allocati diversi tipi di attività. Oggi, ogni singolo istante è potenzialmente uguale al precedente, e chi lavora da casa si ritrova assorbito in un multi-verso telematico all’interno del quale deve trovare il proprio assetto mentre partecipa a tantissime riunioni online, affronta le contingenze della quotidianità domestica e si fa carico di piccole e grandi responsabilità. Noi miriamici abbiamo la grande fortuna di poterci agganciare al Centro per orientarci in questa nuova realtà iper-dimensionale e tuttavia non è semplicissimo tenere testa a queste nuove condizioni alienanti in cui ogni singolo istante raccoglie un’intera giornata. Non so quali possano essere sul lungo periodo le ripercussioni psico-fisiche di questa nuova realtà dove tutto è vicino e tutto è lontano allo stesso tempo e si ha l’illusione di essere ovunque senza essere in alcun luogo: in queste condizioni il distanziamento sociale rischia di allontanarci anche da noi stessi…

    tanaquilla9
    Partecipante
    Post totali: 782

    Si, caro Alef, le difficoltà ci sono sempre in tutte le situazioni. Ma non lavoro in smart working e quindi non ne ho esperienza. Per ogni cosa c’è il tempo giusto. Anche chi fra noi ha tentato di vivere questo ultimo difficile periodo con più attenzione al mondo della Natura, o con minore distrazione da se stesso, deve trovare un nuovo equilibrio. Le situazioni di vita cambiano in continuo e la ricerca di nuovi equilibri è parimenti continua. Vale per tutti. Come per tutti è negativa la passiva ripetitività delle azioni. Sicuramente ciò che ci aiuta in questo è la Schola.

    • Questa risposta è stata modificata 3 anni, 11 mesi fa da tanaquilla9.
    ippogrifo11
    Partecipante
    Post totali: 165

    La quale Schola, per riagganciarmi al post di Tanaquilla9, non è, come ben sappiamo, un’entità astratta bensì è concreta e operativa nella quotidianità di ciascuno di noi, quando, indotti dalla mutevolezza delle contingenze della vita, siamo chiamati alla revisione delle nostre convinzioni, alla verifica del grado di consapevolezza che poniamo nelle scelte, alla messa in gioco della nostra capacità di adattamento, al riallineamento della nostra volontà all’esigenza primaria di trasformare, come ci ricorda il Maestro Kremmerz e come è nella finalità che abbiamo abbracciato, il male in Bene e dunque i problemi e i disagi in opportunità di crescita. Infine, è concreta e operativa nel riscontro alle oggettivazioni del nostro essere e nelle conferme e/o nelle indicazioni correttive che ne seguono. La Schola è nella nostra vita, così come la nostra vita è nella Schola, tenendo però sempre ben presente una condizione fondamentale: la Prima non ha bisogno della seconda, mentre è la nostra vita ad avere bisogno della Schola e a non poterne più fare a meno non appena se ne intuisce la grandiosità dell’Opera.

    tulipano
    Partecipante
    Post totali: 83

    Grazie Buteo, le tue riflessioni danno la giusta interpretazione alle emozioni che le immagini del video mi hanno suscitato e che non sono riuscita a focalizzare ed a concretizzare facendo il giusto collegamento con ciò che provai tempo fa nel vedere i sigilli del neolitico al Museo del Sigillo a La Spezia. La loro simbologia semplice ed essenziale, senza fronzoli ed orpelli, rende i sigilli stessi immediatamente leggibili se paragonati a quelli delle epoche successive di cui, se pur fregiati di qualche universale simbologia, non si coglie subito il significato.

    Alef2006
    Partecipante
    Post totali: 221

    Grazie Ippogrifio, Tanaquilla e tutti: leggerVi mi consente di recuperare l’equilibrio in questa nuova fase di vita iper-connessa. Bellissimo il passaggio “La Schola è nella nostra vita, così come la nostra vita è nella Schola… la Prima non ha bisogno della seconda, mentre è la nostra vita ad avere bisogno della Schola e a non poterne più fare a meno non appena se ne intuisce la grandiosità dell’Opera.” E’ una frase di una esattezza ineccepibile. Vi abbraccio. Alef

    seppiolina74
    Partecipante
    Post totali: 270

    In occasione della notte di san Giovanni, mi sono imbattuta in diversi articoli su internet, più di tipo amatoriale che altro, ma alcuni erano più divertenti perché parlavano degli usi e costumi della tradizione popolare. Una notte magica, insomma. Una tradizione popolare racconta che le ragazze in cerca di “buon partito”, possono mettere 3 fave sotto al cuscino: una intera, l’altra scorticata a metà e l’ultima totalmente senza buccia. Al mattino, infilando la mano sotto il guanciale, si dovrebbe pescare la fava del destino! Uomo ricco ( fava intera), uomo benestante( fava a metà) e uomo povero in canna ( fava nuda). Inutile dire che avrei fatto carte false per beccare almeno la benestante….ah ah!
    Altre leggende sono legate al buon raccolto dei contadini o, curiosa questa, alla depilazione! Si dice infatti che, se ci si depila (strappando alla radice il pelo), in quella determinata zona la peluria non ricrescerá più…Mah! Infine, pare sia un concentrato di bellezza e salute, la rugiada raccolta sui fiori tenuti tutta la notte alla luce della luna. Un’acqua profumatissima….A presto!

    m_rosa
    Partecipante
    Post totali: 574

    Ehi Seppiolina, sembra che oggi siamo io e te in casa!
    Ricordo che il Maestro+++++ Iah Hel, nella prima riunione plenaria diede le indicazioni su come preparare l’Acqua di San Giovanni, la si trova nella “Relazione sui lavori collettivi della prima riunione plenaria (aprile 2018)”
    Il rileggere quel documento ha scatenato una profonda nostalgia…Beh! se anche dobbiamo pazientare ancora un pò, sento che questo tempo sarà utile per ritrovarci, quando sarà il momento, tutti un pò “cresciuti” (non solo nel peso!)

    mercuriale2011
    Partecipante
    Post totali: 164

    Grazie Sorelle, menomale che avete parlato dell’acqua di san Giovanni…mi ero distratta e stavo per dimenticarmene!
    …a domani Buona notte

    seppiolina74
    Partecipante
    Post totali: 270

    Cara M Rosa, ricordo di aver preparato l’acqua di San Giovanni l’anno scorso e di essere rimasta piacevolmente colpita dal profumo spiccato che l’acqua aveva assorbito, tanto che,sull’onda dell’entusiasmo, mi ero ripromessa di cominciare a produrmi da sola tonici per il viso! Ad esempio, quello al rosmarino,dalle proprietà antinfiammatorie e depurative; oppure il tonico ai petali di rosa e hamamelis, addolcente ed idratante… Poi, ovviamente, presa da mille cose, non ho più tentato e il tonico me lo sono andato a comprare già fatto!! Comunque, è stato interessante accorgersi che il fare qualcosa con le nostre mani, un po’ come si faceva una volta, genera pensieri creativi. Oggi non siamo più abituati a farci le cose da soli ( almeno la maggior parte delle persone), ma credo davvero che ne varrebbe la pena. Ritenteró! Un abbraccio a tutti i fratelli e ai Maestri!

    Buteo
    Partecipante
    Post totali: 218

    Qui, nel luogo ormai riconosciuto come il nostro salotto, voglio raccontare di un film, che ho visto ieri sera: ‘Lettere di uno sconosciuto’. È del regista cinese Zhāng Yìmóu, prodotto nel 2014 e ambientato ai tempi della Rivoluzione Culturale. C’è un filone di film orientali che mi piace molto. Hanno il movimento lento delle scene di vita nella loro quotidiana e apparente banalità, senza commenti, senza elucubrazioni mentali. Ognuno vi legge ciò che vede, forse nulla. Per me sono poesia: lasciandomi condurre da immagini e trama, posso giungere a sfumature e significati di arrendevole semplicità, eppure difficili da cogliere nel ristagno del gorgo dei pensieri abituali. Il film di ieri mi ha portato all’invisibile, a ciò che c’è, ma che non vedo. Tralasciando significati esoterici o sottili, che pur ci sono, mi chiedo quanto, proprio nel quotidiano, terra terra, quanto ‘desidero’ e ‘aspetto’ eppure è lì, e inesorabilmente io non vedo… E quanto invece vedo, e non esiste? Mi è tornata agli occhi la giraffa che Jep Gambardella vide tra le rovine delle Terme di Caracalla, ne ‘La grande bellezza’, e che altro non era che un trucco da illusionista. Eppure da sembrar reale… Così, mentre vedo giraffe là dove non ci sono, non vedo che, ciò che aspetto e che vorrei, è disponibile ed è proprio qui. Com’è stato per la protagonista in tutto il film e, ancora, nella scena finale, amara, se non fosse per la disarmante dolcezza.
    Già. E poi, preso coscienza che non vedo, inizia il lavoro per ‘vedere’ ‘cosa’ non vedo…

    mandragola11
    Partecipante
    Post totali: 658

    Cara Buteo, credo sia tutta la vita che mi interrogo se quello che vedo a volte sia vero. Ad esempio mi hai fatto piacevolmente ricordare di un episodio da bambina, avrò avuto 9-10 anni, in estate a Viareggio. Dopo pranzo era abitudine per tutti il momento del relax prima di tornare nuovamente in spiaggia e mentre stavo placidamente sdraiata sul letto nel buio della stanza, da un foro della serranda (di quelle di plastica con dei forellini che usavano una volta, non so se ancora) un raggio di luce inizia a proiettare sul soffitto quello che stava succedendo in strada: la macchina che parcheggia, il cane che arriva, qualche bambino con adulti e altro, in modo così dettagliato e preciso che sembrava di assistere a un film in bianco e nero. Io che guardavo in alto sul soffitto e vedevo quello che succedeva in basso in strada. Sono stata a guardare il “film” almeno una mezz’ora. In quel momento mi sono sentita in uno spazio tempo magico e come se da quel forellino uscisse proiettato il mondo…
    Ora che me l’hai fatta ricordare questa “visione” particolare e strana, cara Buteo, mi rendo anche conto di non averne mai seriamente assodato scientificamente il perché.
    Forse, un po’ come dici, ci sono momenti del quotidiano da vivere senza commenti o elucubrazioni mentali. Perchè forse a volte si ha paura indagando troppo di perdere quel che di metafisico e di magico che sta dietro alla visione dell’esistente?

    Angelo
    Partecipante
    Post totali: 178

    Quanta “verità” nelle parole di Buteo. Se penso ai miei momenti di serenità nell’arco della giornata, mi rendo conto che li raggiungo quando chiudo gli occhi, quando stacco il collegamento con ciò che mi circonda. La dipendenza dai nostri sensi, ci svia dal vedere, o meglio, sentire, dentro di noi quella parte di invisibile che “vive” intorno a noi. Come disse il Maestro, bisogna vedere, sentire ed amare con il cuore, non con il cervello, in quanto i nostri sensi sviano le nostre percezioni.
    E’ difficilissimo, ma credo che se vogliamo veramente vedere, dobbiamo farlo a occhi chiusi, fino a quando non saremo riusciti a comprendere come il filtro dei sensi sia ingannevole. Quante persone amano, odiano, disprezzano, sono caritatevoli, ma tutti in modo diverso, in un modo legato alla loro percezione del “sentimento”. Scoprire il vero “Amore”, quello con la A maiuscola, potrebbe già essere la piccola chiave che apre al mondo dell’invisibile, invisibile per non lo vede, e visibilissimo per pochi. Quanta strada mi aspetta davanti a me. Con profonda umiltà, con consapevolezza che non sono solo, con la forza di voler essere un “uomo di buona volontà”, la percorro piano piano, giorno dopo giorno, apprezzando anche i piccoli cambiamenti della mia vita che mi danno conferma che la strada, anche se lunga, è quella giusta.
    Certe situazioni, certi momenti, legati a nostre intime riflessioni su quanto accade intorno a noi, ci aiutano a comprendere, a volte solo a percepire, la grandezza di quello che ci circonda.
    Ho sempre pensato che una vita non sarebbe mai bastata a comprendere, a sentire, a vedere quella che poteva essere la ragione di un’esistenza su questa terra. Adesso non ho più questo pensiero. Se una vita non basta, le altre ci aiuteranno a raggiungere “quell’obiettivo” che ci siamo prefissati.
    Non posso che continuare a ringraziare Voi tutti per le parole che scrivete in questo forum.
    Un abbraccio a tutti voi e che questa vita sia per tutti un grande viaggio di Bene e di Amore.

    Macrobio
    Partecipante
    Post totali: 63

    Cara mandragola11, se non ho capito male e se la memoria scolastica non mi gioca un brutto tiro, direi che quel giorno di cui racconti hai sperimentato l’effetto camera oscura. Infatti se un oggetto viene fortemente illuminato e la luce penetra attraverso una piccola apertura in un luogo buio, l’immagine di questo viene proiettata sulla superficie colpita dal raggio di luce. Probabilmente, essendo quel giorno il sole molto forte, il raggio passò attraverso quel forellino e ti trovasti proiettato sul muro quanto avveniva in strada. Nel link seguente un disegno che può aiutare molto più delle mie parole:
    Detto questo mi pare ora di aver rotto l’incantesimo legato a quel tuo momento con una spiegazione scientifica ma forse questo potrebbe aprire ad altre investigazioni dato che spesso il Maestro Kremmerz cita come esempio la camera oscura nelle parti dove parla ad esempio dell’immaginazione in terapeutica oppure del campo astrale.
    Un caro saluto a tutte/i!
    https://www.goccediperle.it/fotografia/la-camera-oscura-e-la-formazione-dell-immagine/

    • Questa risposta è stata modificata 3 anni, 9 mesi fa da admin Kremmerz.
    • Questa risposta è stata modificata 3 anni, 9 mesi fa da admin Kremmerz.
    mandragola11
    Partecipante
    Post totali: 658

    Caro Macrobio, anzi, la spiegazione scientifica che riporti, molto interessante anche per i collegamenti a Kremmerz, ha fatto aumentare di molto l’incantesimo del fenomeno, con gli occhi di oggi. Infatti approfondirò. Grazie

    p.s. manca il link?

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