AUTOFAGIA? Nihil sub sole novi!

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    Finalmente la Scienza è arrivata a disvelare all’umanità, interpretandolo a livello cellulare, il millenario e occulto simbolo dell’UROBOROS!

     

    uroboros_121026_235409

    Nel ringraziare  il nostro affezionato utente guglielmo tell per la sua puntuale segnalazione, riportiamo dal Web:

    “AUTOFAGIA: Dal greco, ”mangiare se stessi”, è un processo catabolico, uno dei meccanismi fondamentali della biologia alla base di malattie autoimmuni e degenerative che permette alle nostre cellule di riciclarsi e rinnovarsi. E’ come se le nostre cellule si ”autoriciclassero”: distruggono le loro componenti che sono diventate inutili e le trasportano al di fuori della loro membrana, giocando quindi un ruolo fondamentale nelle nostre difese. Da una parte questo meccanismo permette la pulizia della cellula (N.d.R. processo di purificazione?), dall’altro permette alla cellula di sostenersi in situazioni difficili (N.d.R. processo di prevenzione e/o auto-guarigione da squilibri e malattie?).

    Il biologo giapponese Yoshinori Oshumi, insignito del Nobel per la Medicina 2016, è riuscito a osservare i dettagli di questo processo nel lievito usato per fare il pane.

    Grazie al meccanismo dell’AUTOFAGIA  il nostro organismo è in grado di rigenerarsi continuamente. Di contro, come ha spiegato la giuria del Nobel nell’atto dell’annuncio della sua decisione di affidare il premio al medico giapponese, “Le mutazioni dei geni dell’autofagia possono provocare malattie e il processo autofagico è implicato in varie affezioni, come il cancro e le malattie neurologiche”.

    Le prime evidenze di tale processo nel corpo umano furono osservate già negli anni Sessanta, ma è solo grazie alle approfondite ricerche di Yoshinori Ohsumi che se ne è compreso il meccanismo. Attraverso delle sperimentazioni sul lievito del pane, infatti, lo scienziato ha potuto svelare i dettagli dell’autofagia, la cui disfunzione può causare l’insorgenza di tumori, diabete e Parkinson”.”.

    La direzione spera con questa segnalazione di incentivare in questo sito un costruttivo dibattito ermetico e scientifico insieme, invitando in particolare i vari medici esercenti che si celano fra gli utenti, a postare i loro contributi su un tema così all’avanguardia, e tutti gli studiosi e ricercatori del Vero ad esprimere e condividere le proprie idee ed esperienze in merito.

    garrulo1
    Partecipante
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    Credo di portata enorme lo stimolo offerto dalla Direzione del Blog, in relazione ai contenuti concernenti l’assegnazione del Nobel per la Medicina, ed il successivo rimando di Guglielmo tell al sito dell’Huffington post nell’articolo relativo al vincitore di quest’anno. Letto quanto contenuto nell’articolo in questione, emerge che questo scienziato ha affermato un principio, con basi scientifiche oggetto di test sperimentali, che già in medicina si conosceva, ma che probabilmente prima, mai nessuno era riuscito a mettere a fuoco in modo oggettivo come ha fatto Yoshinori Ohsumi. Il fondamento in questione è quello dell’auotofagia cellulare, un meccanismo di base della biologia delle cellule, che consente alle singole unità di autoeliminarsi in una costante operazione di continuo rinnovo dell’intero impianto cellulare, cioè dell’organismo nel suo insieme, eliminando, secondo un programma prestabilito, le parti dannose oppure inutili. Un funzionamento distonico di tale meccanismo, che, dotato di intelligenza intrinseca finalizzata, inizia a livello fetale ed accompagna ogni singolo essere fino alla fase finale dell’esistenza, può determinare in particolare, l’insorgenza di patologie tumorali, morbi di diversa portata, oppure diabete, patologia quest’ultima, definita espressamente dal Maestro Kremmerz quale “malattia del ricambio”, di natura estremamente silente. Il meccanismo in questione, vero e proprio procedimento di autodecomposizione, è una vera e propria forma di cannibalismo utile alla vita dell’intero organismo, garantendo un costante equilibrio tra costruzione e distruzione. Di conseguenza, assume vitale importanza, individuare i macrofattori che sembrano regolare il processo dell’invecchiamento, e cioè una determinata predisposizione genetica in combinato disposto a fattori esterni quali modus vivendi, alimentazione, stress inoculation e via di questo passo, con l’obiettivo, di là a venire, di una esatta mappatura dei fattori in gioco. Ma vi è di più: l’equipe del Prof. Bergamini, nel merito, ha attenzionato un particolare fattore: roditori da laboratorio, sottoposti a restrizione alimentare, hanno manifestato maggior salute, immunocompetenza e longevità rispetto a conspecifici, nutriti con “lauti pasti”. Quindi, pare proprio che il meccanismo del digiuno, funga da stimolo ad una equilibrata autofagia, in quanto, la cd. macroautofagia cellulare si innescherebbe prepotentemente se lontano dai pasti, rallentando, di molto, a stomaco pieno. Stessa cosa, vale anche in caso di invasione virulenta e/o batterica: probabilmente, in caso di infezione, l’imput che parte è analogo a quello in presenza della carenza calorica, per cui scatta la modalità di autoattacco funzionale alla riparazione.
    Forse, tale meccanismo era già noto nei secoli ai praticanti della Via Iniziatica, in quanto i digiuni rituali sono comuni a molte tradizioni. Lo stesso simbolo del Pellicano Sacro, di cui l’iconografia cattolica ne ha fatta l’allegoria del supremo sacrificio di Cristo, forse per il fatto che i pellicani adulti pare inclinino il becco verso il petto, per dare da mangiare alla prole i pesci che trasportano nella sacca, inducendo la credenza che i genitori si lacerino il torace al fine di nutrire i piccoli col loro stesso sangue, al punto da diventare immagine di carità. Ma alla fine, il culmine della Grande Opera, non è poi quell’Araba Fenice (che vi sia lo si dice…..), che risorge dalle sue ceneri (ove sia …allora si sa!!!), per involarsi infine in formula immortale, parrebbe l’esaltazione all’ennesima potenza del processo di macroautofagia. In definitiva, mi viene in mente che, il progressivo corso Ortodossamente guidato sulla strada dell’Opera da compiersi, vada a modificare, con criterio di specifica progressione, proprio il DNA degli Esseri in cammino, in quanto, credo, l’unico modo per purificare la materia, dallo spesso al sottile, potrebbe proprio passare da una modifica strutturale, con finalità funzionale, dell’impianto biogenetico soggettivo, alla base della regolazione della vita in tutte le sue manifestazioni. Infine, una cosa a cui non avevo pensato in primis, ma che compare con iconografia nell’apertura del Blog della Direzione, è la riflessione sul simbolo occulto e millenario dell’Uroboros, che, per quanto ne ho compreso, ora la Scienza ufficiale si è incaricata di dimostrarne in laboratorio il meccanismo del rinnovamento cellulare, che a tutti gli effetti si basa su di un effettivo circuito di autofagocitazione.
    Un caro saluto a tutti.

    admin Kremmerz
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    Avevo già visitato il sito indicatoci da Guglielmo tell, e avevo trovato la scoperta interessante ma, devo dire che solo leggendo il post della direzione mi si sono aperti gli occhi, quindi innanzitutto, e per l’ennesima volta, grazie.
    Certamente per noi che seguiamo le pratiche evolutive tramandateci dal Maestro Kremmerz, il concetto di auto purificazione novità non è, però ora sono riuscita a riportarla in un’ottica di concretezza. D’altro canto se è vero l’assioma ermetico per cui ciò che è in alto e come ciò che è in basso, tale scoperta deve per forza riverberarsi nella funzionalità dell’individuo in tutti i suoi piani. Dunque, mi sono chiesta, come utilizzarla nel nostro personale e pur collettivo percorso di Purificazione? (Mi perdonino i nostri lettori se riporto sempre tutto a un piano terra terra di estrema praticità, ma d’altronde fino a quando non avremo sanato il nostro Saturno ogni volo può essere solo Pindarico!)
    Se ho ben capito la cellula per sopravvivere mangia se stessa espellendo le parti inutili o dannose al di fuori di se (oltre la sua membrana cellulare) è giusto? Ciò’ mi porta alla seguente considerazione: visto che ognuno di noi ha delle parti dannose, malate, o semplicemente inutili, che danneggiano il proprio equilibrio omeostatico, e che nonostante i tanti sforzi non riusciamo ad eliminare, magari potremmo fare come la cellula, accettarle, inglobarle in noi affinché vengano naturalmente “digerite” con la conseguente eliminazione di ciò che è veramente dannoso per il nostro benessere.
    Beh! Adesso vi lascio vado a riflettere un po’ su cosa mi tocca mangiare!!!
    Original author: M_rosa

    admin Kremmerz
    Amministratore del forum
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    Questo tema mi ricorda la figura mitologica di Prometeo. L’eroe (termine che Kremmerz ne la Scienza dei Magi Vol. 1 pag. 121 ricorda provenire da Eros, fuoco di amore) l’eroe dunque si provvede di un bastone che utilizza a mo’ di torcia, e sottrae agli dei il fuoco che Elios-Sole fa girare col suo carro.
    Lo stesso Prometeo già aveva sottratto dallo scrigno di Atena l’intelligenza e la memoria ma, dopo questo ulteriore furto, Zeus lo punisce per aver dato agli uomini (immaturi?) ciò che apparteneva agli dei. Ci vorrà Ercole, con la sua forza tenace e la sua freccia ben direzionata, perché Prometeo sia liberato dalla punizione di un’aquila che continuamente gli mangia un fegato che poi ricresce.
    Ora, cosa c’entra tutto ciò con l’autofagia?
    Ebbene, partiamo dal fuoco: esiste un principio vitale ‘igneo’, una sorta di fuoco che porta il pane a lievitare, gli innamorati a cercarsi, il corpo umano a bruciare il nutrimento trasformato in calorie.
    Esiste una memoria: della cellula, che sa quale forma andare a riproporre; del cervello, che utilizza i ricordi per tracciare una linea di comportamento; del corpo umano, che cerca alimento per il proprio io…: dalla carne alla persona.
    Esiste una intelligenza: della materia, per cui all’idea di una sostanza corrisponde una determinata disposizione di atomi; dell’essere vivente, per cui a un bisogno corrisponde la memoria meccanica della sua compensazione; dell’essere umano, per cui in base alla propria immaginazione del bisogno futuro corrisponde la ricerca di quanto lo compenserà.
    Le malattie del ricambio e i tumori sono patologie in cui si è guastato il processo che porta a eliminare quanto non serve, processo che coincide con quello che porta a trattenere l’inutile a discapito dell’utile. Infatti il processo autofagico di un organismo sano è costantemente agganciato al servizio dell’organismo stesso in una costante interazione fra tutte le sue componenti. (Nella società odierna va da sé che non è così e il cerchio è diventato una linea di crescita infinita quanto impossibile e assurda).
    Compreso il meccanismo, oggi anche a livello scientifico, la domanda cui ricondurre il tutto è: ‘a che pro’?
    Gli uomini cui Prometeo dà la scintilla di Zeus sono infatti immaturi in quanto non possiedono la forza e la tenacia per dare una direzione alla loro intelligenza. ‘Non ha senso’, quindi non ha scopo, la memoria fine a sé stessa: diventa libidine, golosità, avidità vaga. Diventa patologia come ci insegnano le cellule impazzite delle varie affezioni.
    L’educazione ermetica è eroica: fatalmente eroica. Quindi un ardore sottomesso alla legge di causa ed effetto entro cui si può inserire il determinismo consapevole.
    Il fuoco che spinge gli innamorati a cercarsi è lo stesso che li porta a rifare la propria memoria riconducendo ogni ricordo al senso del loro incontro. Il fuoco che spinge il numero della catena, quando la sua tensione verso il centro è diventata insopprimibile, lo spinge a riconsiderare la propria vita alla luce del significato nuovo che lo sprona dal profondo. Ed è in quest’ottica che rivisita la propria terra, il famoso V.I.T.R.I.O.L.V.M. degli alchimisti acronimo di Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem Veram Medicinam cioè “Visita l’interno della terra e rettificando troverai la pietra nascosta che è la vera medicina”.
    Dunque la vera medicina non solo è autofagia, cioè nutrirsi – del cibo o della propria memoria sustanziata – ma autofagia al servizio di una unità: dell’organo, dell’organismo, di un’Idea, in un crescendo di Ordini di grandezza (UNITA’ che tutto in sé contiene…).
    Nel “Prometeo liberato” il mito narra come alla fine l’eroe accetti l’autorità di Zeus e quindi di asservire il fuoco, l’intelligenza e la memoria al Sommo Bene. Ed è in questa accettazione che l’eroe Prometeo-Ercole può accedere all’immortalità: che è identificazione divina.
    Original author: sal

    wiwa70
    Partecipante
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    Molto bella l’immagine del fuoco d’Amore di Sal, che è quello che consente la vita nei nostri processi metabolici ma anche ci fa arrossire quando ci emozioniamo, il quale, se finalizzato, può portare ad un’applicazione benefica per tutta l’umanità, come in questo caso…è sempre entusiasmante sapere che un Uomo si è avvicinato ad una Verità così importante e in attesa di trovare “pezze d’appoggio” medico-scientifiche, di chi non ne capisce nulla, per osare un’interpretazione in chiave ermetica, al mio livello, molto terra-terra,mi ha colpito intanto che il futuro premio Nobel della medicina, per arrivare a capire, non ha dovuto squartare cavie ma ha osservato semplicemente(si fa per dire!!)un processo chimico presente in Natura, che molte analogie ha con l’Uomo e la Vita in generale:la lievitazione del pane! Forse che la Comunità Internazionale Scientifica sta intuendo che la Chiave della Vita è globale e la possiamo utilizzare a tutto tondo (soltanto!) applicando la legge delle analogie come Kremmerz ha indicato in un secolo di Schola?! In ogni caso, questa scoperta messa in rilievo dalla Direzione,che ringrazio ancora, mi ha suscitato tanti interrogativi e tornando al Fuoco d’Amore suddetto, mi sono chiesta se tutto ciò che è fuoco e calore, produce energie e necessariamente scorie da eliminare, la prima forma di auto-nutrimento prevede l’introiezione di ossigeno, il quale permette tutte le funzioni metaboliche, grazie al sangue arterioso(ossigenato) e poi da qui la produzione di anidride carbonica che emettiamo poi nell’aria come scarto continuamente,(a proposito di auto-purificazione) così avviene nel pane, che da quel poco che ho capito, funziona analogamente: è l’ossigeno che, unendosi ad acqua e farina, produce la proliferazione batterica e sintesi zuccherina, causa di fermentazione (così come il mosto del vino del resto) e di produzione di anidride carbonica come scarto,al caldo e al coperto… questo nel macro…ma nel micro come funziona la cellula e quale parte avranno i mitocondri, che fungono da polmoni, addetti quindi alla funzione respiratoria, nelle funzioni di auto-pulizia cellulare? Nella panificazione ad un tratto si usa il termine “autolisi” che auto-regolamenta la proliferazione batterica…mi ha ricordato molto il nostro sistema immunitario, situato nell’intestino, grazie alla presenza di batteri “buoni”che ci consentono di combattere le malattie, e nel cervello ancora, affine all’intestino, questa pulizia cellulare avviene di notte, nel sonno,( al caldo e al coperto!!!),attraverso la produzione di liquidi che eliminano le scorie e se questo processo si mantiene sano, ciò permetterà di non ammalarsi di malattie degenerative cerebrali. Mi chiedevo quindi, se questo analogicamente può avere un parallelismo a livello della singola cellula? E infine, una considerazione a latere, ma neanche tanto, è che tutto in Natura sembrerebbe rispondere ad un criterio autofagico/risanatore e cioè ciò che scartiamo come anidride carbonica va a nutrire il mondo vegetale che ci dona contemporaneamente come elemento di “scarto”, l’ossigeno indispensabile alla nostra vita…quasi che la Natura, non facendo mai niente di inutile, recuperasse ogni elemento a 360°, secondo ciò che in parte la legge chimica di Lavoiser attestava “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, recuperando ciò che a noi ermeticamente interessa e cioè torniamo al moto ciclico del serpente e al Moto perpetuo Vitale Rigeneratore per cui si recita “Sole dei Soli, che cangia l’arena in diamante, la terra in fiore, la crisalide in farfalla, l’oscura notte in aurora lucente”. Come a dire…posso rinascere dalle mie stesse ceneri?! Buona Ricerca a tutti!

    admin Kremmerz
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    La scoperta del meccanismo dell’autofagia è avvenuta osservando il lievito del pane, quel lievito che nella tradizione iniziatica è analogicamente richiamato al “lievito spirituale”. Pensiamo all’iconografia del pane presso i popoli italici, in particolare gli Umbri che tuttora hanno un tipo di pane denominato ruota, in forma di anello che sembra schematizzare lo stesso uroboro. “Pane” ritorna nelle parole di Kremmerz: “gli alchimisti molto si servirono di soggetti e di simboli biblici in secoli nei quali il pane non doveva essere chiamato pane. La scienza allora non era libera, come oggi, di esporre le sue verità conquistate, senza temere né tratti di corde, né roghi, né fastidi.” La scienza infattti pian piano espone le sue riconquiste come se fossero una scoperta, e giustamente la Direzione sottolinea che nihil sub sole novi! Il sole stesso è un centro col serpente attorno. Al sole il serpente si ferma e si fissa arrotandosi su se stesso. Fissato dal sole/fuoco si mostra l’uroboros, la materia autofagicamente purificata e digerita, iconograficamente rappresentata anche dal disco soli-lunare dell’ostia cristiana, eco del più arcaico pane e corpo dell’intelligenza della Natura, anticamente rappresentata dal Grande Pane, il dio delle foreste e delle montagne e come dice il Maestro, anche della profondità delle grotte.
    Original author: mandragola11

    admin Kremmerz
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    Molto interessanti le vostre riflessioni.
    La scienza umana riconquista un tassello e così si oggettiva nella coscienza il senso reale di una sacralità e di una componente divina che l’educazione modellata sulle esigenze sociali ci hanno fatto dimenticare e forse perdere: ma come abbiamo potuto perdendo il contatto con l’intima nostra biologia, dimenticare chi siamo?
    Original author: mandragola11

    admin Kremmerz
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    Da INTERNET leggo:
    PELLICANO…
    Simbolo … col sacrificio di sé redime l’umanità (dalla credenza che la femmina dell’uccello si laceri il petto per nutrire i piccoli).
    2.
    In passato, per analogia con la forma del becco, nome di una specie di vaso o storta per la distillazione o anche di un uncino per l’estrazione dei denti.
    Origine
    Dal lat. pelecanum, dal gr. pelekán -ânos, der. di pélekys ‘ascia’, con allusione alla forma del becco •sec. XIII.

    Ora, mi domando: possibile che alluda solo al meccanismo della cellula (cui la nostra coscienza non partecipa) ? Non potrebbe invece riferirsi a una operatività VOLONTARIA esattamente come quella per cui si dà da mangiare ai propri figli in quanto carne della propria carne e proiezione nel futuro della nostra stessa essenza?
    Original author: Shedyet

    Accademia Pitagora
    Partecipante
    Post totali: 6

    Si è svolta domenica 16 ottobre la nostra riunione mensile, che ancora una volta si è rivelata proficua, ricca di partecipazione di tutti i presenti. Abbiamo trattato di terapeutica e di strumenti per prevenire l’influenza. Dal nostro sito istituzionale abbiamo in seguito letto e commentato l’articolo sull’autofagia, riconoscendo come le attuali scoperte non facciano che rivalutare le antiche acquisizioni della Tradizione. E’ stato ribadito l’opportunità di cibarsi consapevolmente e secondo le necessità, dando all’organismo, come affermava Pitagora, l’opportunità di osservare pause sufficientemente lunghe per permettere l’esplicazione del buon funzionamento cellulare e quindi nel suo complesso. Ci siamo video collegati con l’Accademia Sebezia e abbiamo appreso che è stato trattato lo stesso argomento, abbiamo quindi condiviso lo stato dei lavori sviluppati nel corso di ciascuna riunione. Infine, è proseguito lo studio del Timbro dell’Accademia Porfiriana, prospettando varie ipotesi sui suoi contenuti sotto diversi profili scientifici.

    Buteo
    Partecipante
    Post totali: 218

    Risale agli anni ’50 la scoperta, nella cellula eucariote, di “organuli cellulari” (lisosomi), la cui attività consiste nell’inglobare e trasportare materiale sia extracellulare, situato cioè fuori dalla cellula, sia di pertinenza della cellula stessa, destinato alla degradazione e trasformazione. La scoperta è valsa il premio Nobel per la Medicina nel 1974 a Christian de Duve. È lo stesso scienziato a coniare il termine “autofagia”, quando il processo coinvolga porzioni della cellula stessa e “autofagosomi” gli organuli a questa funzione deputati.
    Alla fine degli anni ‘80 Y.Ōsumi concentra la propria ricerca sul lievito Saccharomyces, noto fin dall’antichità per la panificazione e la produzione di birra e di vino. Appartenente al regno dei funghi, è uno dei microrganismi unicellulari più utilizzati in biologia perché facilmente coltivabile in vitro e perché, essendo cellula eucariote, come lo sono le cellule di piante e di animali, fornisce un ottimo modello nello studio della cellula umana. Se riuscirà a dimostrare, nella cellula di Saccharomyces, la presenza di autofagosomi, non visibili ai microscopi in uso, avrà a disposizione il materiale ideale su cui avviare la successiva ricerca genetica.
    E Osumi riesce nell’impresa, evidenziando in primis la loro presenza nella cellula del lievito, e ottenendo, successivamente, di identificare e caratterizzare i geni coinvolti nel processo di autofagocitosi.
    L’importanza della scoperta consiste proprio nell’aver dimostrato che l’attività autofagica è geneticamente controllata, e che si attiva o per la necessità della cellula di ‘riaggiustare’ il proprio materiale strutturale/enzimatico o perché virus o batteri, o parti di essi, sono stati inglobati nella cellula e devono essere demoliti, o quando occorra produrre energia per mancato apporto di sostanze ‘nutritive’ dall’esterno.
    Egli dimostra che l’autofagia s’innesca con l’attivazione sequenziale delle proteine atte allo scopo e si arresta se i geni coinvolti nel processo sono inattivati. In questo caso, il materiale intracellulare ‘deteriorato’ non può essere riparato e il materiale autofagocitato, che non può essere demolito né per il riutilizzo, né per la produzione di energia, si accumula all’interno della cellula. Se, in un organismo pluricellulare, la situazione di blocco si protrae per un tempo sufficiente e coinvolge un numero sufficiente di cellule, si manifestano malattie cosiddette da accumulo (genetiche o degenerative), diabete, tumori, patologie dell’invecchiamento.
    La scoperta di Osumi ha aperto la strada alle ricerche per produrre farmaci che possano intervenire sui processi di autofagia e sulle conseguenti patologie correlate. Quanto tempo occorrerà non è dato sapere, ma verosimilmente la strada sarà lunga, laddove la medicina ermetica agisce da tempo immemore, proprio perché ha la facoltà di intervenire nel ripristino di quelle funzioni, che ora, poco a poco e con studi lunghi e impegnativi, la scienza medica ci viene svelando.

    admin Kremmerz
    Amministratore del forum
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    Riceviamo da un Fratello medico dell’Accademia Vergiliana quanto segue:

    L’autofagia è un meccanismo d’azione che avviene all’interno delle cellule scoperto oltre 40 anni fa osservando la degradazione di componenti della cellula stessa nel fegato di ratti dietro lo stimolo di un ormone antagonista dell’insulina, il glicogeno.
    Il meccanismo, non ancora del tutto chiarito a livello molecolare, inizia con l’isolamento e l’inclusione di elementi cellulari da eliminare mediante una membrana chiamata “fagoforo” che li avvolge come in una bolla di sapone formando l’“autofagosoma”, il quale accoppiandosi ad una struttura contenente enzimi litici, il “lisosoma”, forma l’ “autolisosoma” in cui gli elementi da eliminare vengono degradati nei loro costituenti di base. Questi a loro volta vengono quindi re-immessi all’interno della cellula che li riusa o per costituire nuove strutture o per trasformarli in energia. Così l’autofagia può essere immaginata come una sorta di “riciclaggio” in cui composti nocivi, vecchi o danneggiati vengono disgregati nei loro costituenti minimi con produzione di nuove basi e fonti di energia.
    Da studi recenti pare che ci sia anche una sorta di interazione tra la membrana avvolgente e le sostanze avvolte per cui vi sia un processo selettivo “dedicato” per il tipo di materiale da smaltire.
    Un deficit di questo processo gioca un ruolo importante nello sviluppo di malattie come il cancro, il diabete e malattie neurologiche come il morbo Parkinson e il morbo di Alzaymer.
    Nelle cellule di alcune malattie neurologiche o nel cancro si osservano ad esempio abnormi quantità di materiale non smaltito, in virtù della presenza di specifiche proteine che “soccorrono” i composti nocivi catturati dagli autofagosomi sottraendoli al processo di degradazione.
    L’autofagia, deputata alla pulizia e al mantenimento dell’integrità dei componenti delle cellule, è fortemente stimolata dal digiuno.
    Infatti nell’organismo c’è una sostanza che inibisce il processo dell’autofagia (chiamata in acronimo TOR) che si attiva a seguito di stimoli derivanti dai fattori di crescita, dall’insulina (prodotta proporzionalmente all’ingestione di cibo a base di zuccheri e carboidrati) e nei momenti di accumulo di energia. In definitiva quando l’organismo è in “fase anabolica”, ovvero di sviluppo o di accumulo (anabolizzanti famosi sono ad esempio gli integratori utilizzati dai body builders per favorire lo sviluppo muscolare) la TOR si attiva e l’autofagia è inibita.
    Al contrario, in condizioni di digiuno o di ipossia (carenza di ossigeno nelle cellule ad es. nei momenti di stress), quando l’organismo è in periodo di carenza, cosiddetta “fase catabolica”, viene liberato l’ormone antagonista dell’insulina, il glucagone, deputato a smantellare le riserve di zuccheri accumulatesi soprattutto nel fegato, la TOR viene inibita e l’autofagia attivata.
    Recentemente hanno fatto scalpore studi, in particolare del Prof. Longo dell’Università della California, che hanno dimostrato come tre giorni di digiuno possono rigenerare l’intero sistema immunitario. Secondo questi studi il digiuno può essere particolarmente utile negli anziani o in pazienti affetti da cancro e sottoposti a chemioterapia. In questi casi infatti il digiuno spinge il sistema immunitario dell’organismo a liberarsi di cellule vecchie, danneggiate o inefficienti e induce le cellule staminali a produrre cellule immunitarie nuove.
    L’équipe del Prof. E. Bergamini (Pisa) ha scoperto che l’autofagia viene normalmente indotta in modo lieve durante le prime 24 ore di digiuno (una forma di restrizione calorica a breve termine ) degli animali (ratti da laboratorio) prevalentemente negli organi interni (quali il fegato), ma viene soppressa totalmente nel periodo immediatamente successivo ai pasti.
    Tende comunque ad affievolirsi naturalmente all’avanzare dell’età degli animali (forse per il progressivo inevitabile accumulo di danni da stress ossidativo), ma essa può essere intensificata notevolmente anche negli animali più anziani attraverso l’uso (accoppiato al digiuno ) di farmaci particolari detti antilipolitici, in grado di bloccare la liberazione di grassi nel sangue (a scopo energetico) dal tessuto adiposo. Roditori trattati farmacologicamente in tal modo sono risultati molto meno soggetti alle patologie età-correlate (problemi cardio-vascolari, diabete, tumori) rispetto agli animali della stessa età non trattati che continuavano a nutrirsi a volontà (i controlli). Le prime sperimentazioni del metodo sono partite anche su volontari umani e, a dire dello stesso Bergamini, mostrano risultati molto incoraggianti. 
    Anche se le cause dei miglioramenti della salute dovuti al diminuire la dieta non sono ancora pienamente compresi, molti ricercatori avevano ipotizzato che fosse dovuto ad una riduzione a lungo termine delle calorie. Il nuovo studio di Mark Mattson e colleghi al National Insititute on Aging ha trovato, invece, eguali benefici anche per i topi che mangiavano a giorni alterni anche se in totale non avevano ridotto le calorie, poiché mangiavano il doppio nei giorni in cui non digiunavano. Mattson ha detto che uno studio è in fase di sviluppo per testare gli effetti del digiuno sulle persone.
    Pare quindi che non tanto una dieta ipocalorica ma piuttosto il digiuno induca effetti benefici con modalità ancora in fase di studio di cui l’autofagia rappresenta al momento uno dei principali meccanismi d’azione.

    admin Kremmerz
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    Ecco che facciamo un altro passo avanti sulla comprensione del meccanismo dell’autofagia “cosciente”: per reinglobare in se le parti dannose/inutili, occorre scomporle nei loro elementi più semplici.
    Dunque non si tratta di inglobare tout court gli elementi dannosi, ma di seguire un preciso procedimento: prima isolarli dagli altri, poi attraverso un certo meccanismo, scomporli negli elementi di base e, solo a quel punto, reimmetterli all’interno dell’organismo (o cellula che sia) che li usa come energia nel suo ciclo di vita, dunque autofagia è una auto alimentazione ma non degli elementi grezzi (mi viene in mente l’urofagia) bensì di quegli elementi purificati, attraverso un processo di desovrastrutturazione degli elementi accessori, inutili o “finti” Ora bisognerebbe capire per bene come avviene questa trasformazione, forse prendere spunto dal processo di distillazione nell’alambicco ci potrebbe aiutare
    Original author: M_rosa

    admin Kremmerz
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    Errata corrige: ci potrebbe aiutare?
    Original author: M_rosa

    tanaquilla9
    Partecipante
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    Le precisazioni del fratello medico della Vergiliana sono davvero graditissime ed utili perché hanno chiarito alcuni aspetti che non mi erano prima chiari. Primo fra tutti il problema dell’eliminazione delle parti deteriorate nel processo dell’autofagia. Particolare di fondamentale importanza. Se “gli elementi da eliminare vengono degradati nei loro costituenti di base”, e poi riutilizzati dalla cellula in questo stato non nocivo, per costituire nuove strutture o quale fonte di energia, capisco sul piano dell’analogia molto meglio il processo di purificazione di cui tanto si parla nel percorso evolutivo. Infatti ci si poteva chiedere dove va a finire quel “tot” di nostre impurità-squilibri (in senso lato) che attraverso riti, azioni, intenzioni, ecc. si cerca di sublimare? Ora è più chiaro: come nella cellula, le impurità sono digerite e ridotte in uno stato neutro, poi riutilizzate come energia finalizzata al compimento dell’iter evolutivo. Le risorse dell’organismo umano sono una fonte di meraviglia. Vedo con più concretezza e tangibilità il fatto che i Maestri della Schola richiamino sempre la nostra attenzione sui poteri integrali dell’organismo umano e della materia.

    admin Kremmerz
    Amministratore del forum
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    A proposito della relazione tra cancro e digiuno ricordo il caso di un farmacista il quale, affetto da un tumore che lo stava divorando e non avendo ormai più nulla da perdere, aveva iniziato a digiunare “perché le cellule tumorali sono più voraci delle altre e moriranno prima loro”. Ebbene il signore in questione alla fine aveva avuto ragione della sua malattia: il cancro era regredito sino a sparire e lui era sopravvissuto.
    Trovo qui oggi la spiegazione scientifica di quel ‘miracolo’ e mi domando quante altre cose potremmo scoprire considerando che fra le tante azioni terapeutiche possibili, spesso, c’è anche il NON FARE e non solo il FARE.
    In tal senso, farsi delle domande su quanto tramandato dalla tradizione ermetica senza farsi inquinare dalla paccottiglia mistica può essere illuminante.
    Original author: coralreef

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