Forse non a caso Mirya reca proprio al braccio lo scarabeo con l’occhio della Sacerdotessa di Menfi. L’occhio sacro significava il terzo occhio, o sole occulto, al centro del cervello in diretta corrispondenza con la glandola pineale, l’epifisi, a forma appunto di mandorla, fotosensibile per eccellenza e aggancio nei rapporti tra l’individuo e l’ambiente.
Lo scarabeo è per vocazione naturale fotosensibile e foto amante al punto di stare con lo sguardo al cielo stellato, se non vede perde il contatto come è stato dimostrato dall’esperimento riportato da Catulla: bendato smarrisce la rotta.
Osservandone il comportamento mi pare il trionfo di un “fare” instancabile: lavora la materia più greve e rigettata, gli escrementi, fra l’altro prodotti da altri; protegge in ogni modo questo suo “tesoro” dai predatori e dagli stessi scarabei; quindi lavorandolo ad arte si crea il contenitore funzionale a covare e nutrire le uova.
Quella piccola sfera rotolata lungo le direttrici celesti riflesse sul suolo, è la sua Terra, sintetico microcosmo, di generazione e rigenerazione.
Come le farfalle subisce le metamorfosi dallo stadio di verme alla pupa, ma quando ha infine messo le ali per volare libero in cielo, ecco che torna al suolo nel fimo e nel limo terrestre per compiere la sua opera naturale, il suo canto d’amore alla vita!
Non vorrei sembrare romantica, ma a me pare bellissimo!
Original author: fulva11