Concordo pienamente. Ma mentre capisco subito cosa sia il raziocinio, freddo e calcolatore, che osserva e giudica, l’intelligenza del cuore è una definizione che bisogna capire bene. Dovrebbe essere – se non erro – una forma di penetrazione dell’altro o della cosa per amore, per via diretta, che prescinde dai percorsi della ragione. Una immedesimazione che dà con certezza la visione del vero perché la fa vivere. Forse visione è il termine più giusto perché il “vedere” dovrebbe corrispondere al “sapere”. E ne da la certezza assoluta, senza travaglio d’investigazione, con tutte le proprie cellule, all’unisono. Non so se si nasce con questa intelligenza o se la si conquista, spogliandosi dell’asfittico superfluo e dell’ingombro posticcio. Sicuramente però non conosce i tormenti del dubbio e dell’incertezza, i morsi del rimorso né la follia della confusione.