Il concetto di Kremmerz “noi siamo ciò che fummo e saremo ciò che vogliamo essere” apre come si dice nei post precedenti una serie di pratici e reali interrogativi di coscienza e conoscenza. Non è facile sapere cosa si vuole essere, cosa è giusto e bene per noi voler essere. La mia personale esperienza ha trovato nel metodo della Schola e nelle indicazioni ricevute una chiave di lettura molto reale e concreta sul perché di tante cose, che nel tempo hanno trovato riscontro. E mi sono reso conto che più che l’analisi del passato, è importante la sintesi, cioè la messa in evidenza di quel succo o nucleo costante che resta inalterato indipendentemente dal tempo e dallo spazio e che evidenzia i vizi (deformazioni e sovrastrutture) e le virtù (punti di forza) da purificare (evolvere al bene) nel percorso iniziatico. Condivido l’argomentazione metodologica di sannitica2011 per cui certi simboli hanno validità proprio nel fatto che, personalismi fuori, restano funzionalmente inalterati nel tempo.
Quanto è difficile per noi raccontare obiettivamente, con “neutralità” la propria piccola storia? Quante scuse? Quanto nascondersi dietro un dito? Quante arrampicate sugli specchi? Perché allora dovrebbe essere più semplice e chiara la visione della storia globale? Oggi tutti sanno che persino le fonti documentali scientificamente ritenute originali hanno una loro falsità determinata dalle contingenze ambientali e fisiologiche che per esempio possono aver indotto uno scriba o un metallurgo a modificare il senso di un geroglifico o di un florilegio. Vedi questioni linguistiche citate da sannitica. Forse fra una decina di anni, ad essere ottimisti, nel dipartimento di genetica si guarderà con interesse e ammirazione alle tecniche utilizzate dai primi genetisti del paleolitico per modificare il dna di semi e rivoluzionare i millenni successivi dell’umanità!
Original author: sol78