Il colore rosso, insieme al bianco e al nero, tinge la storia ed il mito e caratterizza fino le pitture rupestri e le prime testimonianze dell’umanità arcaica. Se in prospettiva macro il rosso era colore del sole e il bianco e il nero relativi alla luna, in chiave umana era la figura femminile a essere caratterizzata da tutti e tre in quanto signora della vita e di ogni trasformazione (testimoniano in tal senso Kali,Parvati, Sati, Lakshmi, Tara, Durga, ecc.).
Con l’assorbimento da parte della cultura cristiana, ennesima versione dello spostamento patrifocale della società, il nero viene demonizzato. Sganciato dal bianco, che resta simbolo di purezza senza altra indicazione pratica che la non-contaminazione, porta alla perdita dell’idea di circolarità nella manifestazione in pro di una costruzione verticistica. Non potendo tuttavia cancellare del tutto il concetto di ciclicità evidente all’essere umano e in natura, il percorso comincia e si conclude sempre in un paradiso, con la variante che nel percorso da terrestre a celeste si delinea un inferno separato dove finiscono tutte le cose inspiegate, insolute e insolvibili. Così, l’intervento patristico sclerotizza la ritualità per necessità di conservazione e impossibilità di adattamento avendo perso le chiavi di volta.
Il rosso, che è del sangue, diventa la forza dall’uomo capace di dominarlo in battaglia, mentre nella donna passa come simbolo di una ferita continuamente aperta che lei deve subire per propria vergogna.
Nella leggenda di santa Barbara, martirizzata intorno al III secolo d.c., troviamo a questo proposito l’iconografia del bianco e del rosso che la vestono e, inspiegabili, una spada puntata a terra nella mano sinistra e una coppa volta al cielo nella destra. Il padre di lei, Dioscuro, volendo rinchiuderla in una torre che fa costruire per preservarne la purezza, le dà per compagnia la damigella Giuliana, e dispone che l’edificio abbia acque termali. Ma la ragazza interviene nei lavori e cambia il progetto portando le finestre previste da due a tre. Questo atto le sarà fatale e il padre stesso la giustizierà…
A tutti noi, che vediamo nella Luna delle lune la matrice delle forme universe, e nella morte il principio di vita nova, l’augurio di ritrovare nella nera luce di Miriam il contatto panteo con la Virtù infinita e, uomini e donne nell’ortodossia della tradizione, la mano della naturale matriarchia.
Original author: catulla