Originariamente postato da catulla2008
Il 20 Giugno 2012 alle ore 10:51
Ero di passaggio lunedì da Roma Tiburtina e riflettevo sul Nome dei posti e delle cose: dare un nome, avere un nome, è definire un luogo anzitutto della mente ed è sempre un atto creativo. Diceva il Maestro Kremmerz ne La Scienza dei Magi, vol.III, p. 537, “logica, parte della sofia umana che imita l’ordine immutabile dei cieli…”.
Nello spazio indistinto, il nome crea i contorni, sostanzia la forma e la rende assorbibile e gestibile dalla memoria.
Anche il nostro nome è così: ci abituiamo fin da piccoli a legarci ed essere legati da un suono – prima – e una grafica – poi – e sappiamo che quelli ci ‘identificano’, diventano cioè la cosa stessa che noi siamo… O piuttosto noi diventiamo la cosa stessa in relazione a quel ‘dato’. Infatti, col tempo, ognuno rende il nome ‘proprio’ davvero tale: con abbreviazioni, vezzeggiativi, addirittura storpiature che di fatto sono trasformazioni. E il nome finisce col somigliarci, come noi a quello.
In questo sito, ne “La Parola al Taumaturgo” di febbraio, si parlava della virtù trasmutatoria della Parola e, ancora da Kremmerz, sgorgavano in serie tanti preziosi in-segnamenti a questo proposito. Uno soprattutto mi è parso illuminante, là dove si dà la spiegazione di come debba intendersi il ‘dio padre’ cui sovente si fa appello nella vita quotidiana: “matrice universale e cielo etereo, onnipotente e sottilissimo generatore di ogni cosa”.
Ho osservato come, nella nostra tradizione, ai gradi più alti sia riconosciuto un nome da realizzare e cui integrarsi, il quale nome determina il luogo spazio temporale e l’immagine dell’Essere che comincia a manifestarsi ed è, in effetti, un nome ‘nuovo’ rispetto a quello volgarmente attribuito alla nascita.
Dunque, senza Nome non è possibile la conoscenza, e la conoscenza è una cosa che ‘si fa’…
Sono riconoscente al trenino che a Roma Tiburtina per venti minuti non ha voluto saperne di andare avanti: quante belle cose mi ha suggerito quella stazione!