Ho letto un articolo interessante sulla funzione sacra della roccia nei riti in Etruria e a Roma a proposito di un giuramento delle origini. Si giurava per Iovem lapidem, cosa che ha fatto pensare ad una relazione col diritto etrusco. Il diritto prendeva origine dal rispetto o dal mancato rispetto dei patti suggellati con gli dei. Chi non rispetta il patto viene allontanato (sia in Etruria, sia a Roma) e il giuramento per Iovem lapidem è infranto. “La pietra è strumento esecratorio che, chiamando il dio a testimone, trasferisce nel dominio del fas (della norma) l’impegno del giurante. La pietra è cioè intermediario dialettico tra l’elemento terreno e ultraterreno… il dio è garante e vincola il giurante”.
Anche nella mantica la pietra, il lapis, era importante. Nella cleromanzia etrusca con la litobolia e il sortilegio. La prima consisteva nel lancio di ciottoli a terra con lettere a rilievo. “La concezione di fondo vuole che il verdetto iscritto nella pietra vi è già contenuto ab omni aeternitate”, cioè anche in questo caso la pietra è garante della volontà divina e della sua immutabilità. Nelle sortes di Preneste (vicino Roma) è da una roccia che caddero le sortes o tavolette con i segni incisi di scrittura antica. Anche qui la roccia, è matrice del divino volere che genera il responso oracolare.
Pochi giorni fa (prima dell’avvento del supergreenpass) sono andata a Preneste e ho visto una cista in bronzo del III sec. a.C. su cui è incisa la pratica divinatoria Prenestina. In un pozzo roccioso è calato un bimbo che sul fondo preleva qualche sortes. Immagino che vi siano state riposte in precedenza. Fatto risalire le consegna ai sacerdoti che leggono il responso.
Anche la morfologia delle rocce è indicatrice di ciò che anima un territorio, come abbiamo appreso e constatato tante volte sui Monti Sibillini, grazie agli insegnamenti di Elissa.