Pensando alle emozioni nate durante il cammino miriamico mi rendo conto che partono proprio dagli esordi, dalla mia iscrizione.
Fin da bambina, quando avevo un problema o non stavo bene, mi chiudevo nella mia stanzetta, al buio e mi ricaricavo; e, dopo un po’, guarivo, quasi fossi in una sorta di Cocoon (per chi ricorda il film!). Ad un certo punto della mia vita, però, il mio ex compagno ha scoperto di avere una malattia degenerativa non curabile; da quel momento in poi, forse inconsapevole, si è aggrappato a me in ogni modo. Mi sono resa conto, che quelle energie che facilmente ero un grado di recuperare da sola, mi venivano prosciugate e non riuscivo più a rifonderle. Non so se l’affetto che provavo nei suoi confronti mi impedisse di chiudere la porta del mio “caricabatterie”, fatto sta che spinta da un profondo istinto di sopravvivenza (forse egoistico) ho preso consapevolezza che fosse di vitale importanza approcciarmi alla Myriam, perchè tutto ciò che avevo fatto su di me fino ad allora, non potevo più farlo da sola. Una volta iscritta, una volta cominciate le rituarie quotidiane, le emozioni, le sensazioni di esser prosciugata di energie e vitalità, si trasformarono in ossigeno. Ero di nuovo in grado di gestire e dosare quei guizzi, quei moti che, a volte, ci animano e si ripercuotono sulla nostra vita e sulla nostra salute, perché passano proprio dalle emozioni (negative o positive che siano). E ancor di più comprendo, come mi disse un caro Fratello tanto tempo fa, che “anche un giorno nefasto può essere mutato e trasformato in bene e amore”.