14) Ora parliamo di terapia, precoce e tempestiva.
Poiché l’80% degli infetti guarisce spontaneamente in pochi giorni e con pochi o nulli sintomi, percentuale che raggiungerà circa il 95% in 15-20 giorni, possiamo considerare eticamente (e anche economicamente) corretta la somministrazione precoce di farmaci antivirali o immunomodulanti (Ig iperimmuni) a tutti? Ammesso, e non concesso, che esistano e che ne disponiamo.
In (10) riportavo, a titolo di esempio, la modalità di intervento validata nella prevenzione della trasmissione, dalla madre al neonato, del virus dell’epatite B, responsabile di patologia frequentemente grave. Poiché è certo che il contagio avvenga al parto, s’interviene entro poche ore dallo stesso, con Immunoglobuline iperimmuni e vaccino, perché sappiamo che qualunque terapia con anticorpi, che siano Ig iperimmuni o monoclonali, ha effetto solo se precocemente somministrata. Se aspettassimo l’insorgenza di sintomi o segni di epatite, possibili anche dopo anni o decenni, il loro utilizzo non arrecherebbe beneficio: questi motivi giustificano assolutamente la somministrazione di Ig iperimmuni al neonato sano.
Ma può essere altrettanto giustificato l’impiego di anticorpi ove il 95% degli infetti presenti forma asintomatica o lieve-moderata e guarisca spontaneamente in pochi giorni?
Le immunoglobuline iperimmuni, per qualunque patologia siano confezionate, sono un emoderivato, ottenuto dalla lavorazione industriale di migliaia di donazioni di plasma di soggetti vaccinati o guariti dalla malattia per la quale si ricercano gli anticorpi. Sono disponibili preparazioni per infusione endovenosa, intramuscolare e sottocutanea. Per il SARS-CoV-2 non esistono preparati e, anche se ne disponessimo, la loro somministrazione, che deve essere precoce, quindi avvenire nelle fasi iniziali della malattia, sarebbe uno spreco immorale. Perché le immunoglobuline sono preziose e vanno riservate a portatori di patologie rare o a prevenire/trattare infezioni a decorso invariabilmente grave.
Stesso discorso per gli anticorpi monoclonali: molto costosi, potrebbero diventare disponibili in grande quantità, ma è ingiustificato il loro uso nelle fasi iniziali sia per i possibili eventi avversi, sia per il costo elevato. Più giustificato, sul piano teorico potrebbe apparire l’utilizzo dei monoclonali ad azione antinfiammatoria nelle fasi severe. Peccato che dagli studi non emerga efficacia significativa.
Il plasma iperimmune contiene sì anticorpi anti-SARS-CoV-2 ed è anch’esso molto prezioso. La sperimentazione nelle forme critiche non ha sortito i risultati sperati, probabilmente essendo i pochi vantaggi più da correlarsi ai componenti plasmatici piuttosto che agli anticorpi presenti.
I farmaci antivirali, attualmente proposti, sono scelti fra quelli in sperimentazione o già approvati per il trattamento di infezioni causate da altri virus, come HIV, virus dell’epatite C e B, dell’influenza. Perché abbiano una possibile efficacia, devono essere somministrati in fase molto precoce: vale quindi il discorso di cui sopra.
Dobbiamo ammettere che al momento non esistono terapie antivirali o immunomodulanti o altre terapie efficaci per il trattamento del COVID-19.
Di integratori, qualsiasi essi siano, non voglio nemmeno parlare, come di qualsiasi altro prodotto sia apparso o appaia da qui in poi pubblicizzato su qualsivoglia rivista generalista, scientifica o pseudotale. Fin troppo facile, nonché immorale, millantare meriti dove il 95% della popolazione guarisce spontaneamente. E guarisce grazie all’eccezionale sistema immunitario di cui siamo andati dotandoci nel trascorrere di millenni e millenni.
L’unico strumento scientificamente ed eticamente valido è il vaccino.