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m_rosa
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In un post di qualche mese fa, Alef si poneva il quesito di ciò che è naturale e ciò che è artificiale. Questo domanda mi ha spinta ad indagare sulla storia degli “automi”, quelle macchine artificiali che riproducono azioni di esseri animati. Ho scoperto che l’idea
è antichissima, già Omero nell’Iliade narrava che Efesto, il dio fabbro, aveva costruito vari automi che lo aiutavano nel suo lavoro, come i mantici semoventi, o nel camminare (visto che era claudicante) come le due ancelle d’oro delle quali dice che erano “simili a fanciulle vive (…) e avevano mente nel petto”. Altro illustre personaggio fu Erone di Alessandria che, oltre ad essere grandissimo matematico e ingegnere fu anche inventore e un’opera intitolata, proprio, “Sugli automi”. Nel medioevo tale tradizione era malvista dalla Chiesa Cattolica e i costruttori di automatismi per poter continuare il loro lavoro, si dedicarono alla costruzione di orologi (ed ecco svelato perché, a suo tempo, trovammo che tra i tanti personaggi di spicco che frequentavano l’università di Padova dal 1200 in poi, molti erano, oltre che medici astronomi, matematici, ecc., anche orologiai!)
Per non parlare poi di Frankenstein, del Golem, dell’Homunculus degli alchimisti.
Non voglio fare una storia degli automi, basta dire che tale tradizione perdurò in tutte le epoche storiche, fino ad oggi con le intelligenze artificiali dei moderni robot. Ora mi e vi chiedo, qual è il senso di voler imprimere caratteristiche umane a una sostanza che umana non è? Perché, se questo interesse è sopravvissuto tanti anni, un senso l’avrà.
Sarà che sono donna e la materia la posso vivificare da me, ma sinceramente non mi so dare tante spiegazioni

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