Bellissimo questo video sulla Paradisea a sei penne o meglio ancora sei fili, viste le somiglianze con veri e propri filamenti setosi. Voglio provare a fare un paio di considerazioni, così come vengono, senza consultare nulla. Nel rituale di corteggiamento di questa specie e più in generale di tutte le Paradisee, il leit motiv sta nella difficoltà e conseguente complessità delle operazioni di corteggiamento. Più che mai in questo video, traspare il segnale che essere maschio è a prima vista più difficile che essere femmina, lui deve agire senza sbagliare, pena la negazione della possibilità di perpetrare il proprio patrimonio genetico, lei in fase di attesa, giudice ultimo della bontà o meno del potenziale investimento biologico che prenderà il via oppure nò, per innata esigenza di ulteriori valutazioni. Si potrebbero definire le due parti in gioco, lui ottimo venditore sessualmente parlando, lei cauta, cautissima compratrice. Questa formula biologica, con alcune opportune varianti perché così funziona madre natura, la ritroviamo in tutta la scala zoografica, fino a noi, con tutti gli aggiustamenti possibili ed immaginabili, vista l’enorme differenza rispetto a tutta la linea evolutiva che ci precede, insita nella complessità del nostro sistema nervoso centrale e del repertorio emotivo. Tra l’altro, sappiamo che determinate pulsioni, con scienza e coscienza, possono essere tenute a bada conoscendo come e perché si muovono, sostanzialmente, ciò che come al solito, sta “dietro le quinte”. Quello che voglio ricordare a me stesso in primis, andando indietro nel tempo, è il fatto che da ragazzo emergeva il taglio un po’ maschilista e, quando osservavo filmati come questo, davo ragione a me stesso sul problema di chi doveva portare i pantaloni e chi invece la gonna, mentre a distanza di parecchi anni, mi viene spontaneo rovesciare il dilemma, cioè sul fatto che in realtà non sia “più difficile assai” dover calibrare un inappellabile giudizio rispetto al mero esercizio di ostentazione, per quanto complicato nella sua esecuzione. In alcune specie di serpenti, come emerso anni fa nei lavori di preparazione del Quaderno dell’Accademia Giuliana, la responsabilità del giudizio “sulla vita” in capo alle femmine è addirittura di duplice natura: oltre alla scelta del partner per l’accoppiamento (ponderata verso il “migliore” per esigenza inconscia ma potentissima di garantire il massimo delle chances di sopravvivenza alla prole), si aggiunge, dopo la fecondazione, la scelta del momento migliore per partorire uova o piccoli a seconda delle specie, avendo le femmine la possibilità di trattenere il seme all’interno dell’organismo e decidere quando innescare la scintilla dentro se stesse, con il maschio, diciamo allegro e spensierato, distante ormai chilometri e settimane dal punto di vista spazio-temporale. Davvero bella quella canzone che diceva …. Come si cambia….(erano i mitici anni ’70).
Con l’augurio a tutti di una buona domenica.