Proseguiamo a vedere come progredì negli Stati la volontà d’imporre l’obbligo vaccinale verso il vaiolo.
Per la sua efficacia, la vaccinazione jenneriana si diffonde rapidamente alla fine del XVIII sec. dall’Inghilterra all’Europa. Diventa uno degli strumenti dell’ideologia della Rivoluzione francese, che propagandava attenzione alla salute del popolo, in contrasto con le pratiche mediche, appannaggio dei soli aristocratici.
Napoleone nel 1805 la rende obbligatoria per il suo esercito, ben conscio che soldati malati abbiano scarse possibilità di vittoria. Trent’anni dopo, l’esercito prussiano e quello sardo seguiranno il suo esempio. Ma nel frattempo si intuisce che, per evitare le epidemie, sia necessario vaccinare anche la popolazione. A Milano sarà il dr L. Sacco, sostenuto dalle autorità francesi, a promuovere la vaccinazione: dalla fine del 1799 in 5-6 anni vaccinerà più di 130.000 persone. Interessante è quanto annota appena sopra (v.) Guglielmo Tell sui Borboni a Napoli.
Eppure, nonostante l’indubbio successo, agli entusiasmi si affiancano presto resistenza e rifiuto della vaccinazione, come riportano le cronache del tempo. Per superare le opposizioni, si estese alla popolazione l’obbligo imposto agli eserciti. Il primo Stato ad adottarlo fu il Principato di Piombino e Lucca nel 1806, poi la Baviera nel 1807 e successivamente il resto d’Europa.
La scelta di intervenire in modo coatto ed organizzato per tutelare la salute pubblica si inseriva nel filone politico e culturale (Cameralismo) originato negli stati tedeschi nel XVII sec., che sosteneva la necessità per lo Stato di occuparsi anche di mantenere nelle migliori condizioni di salute possibile i suoi sudditi.
L’Inghilterra in un primo tempo rende la vaccinazione universale e gratuita; negli anni ’40 del XIX sec. la rende obbligatoria. Nella patria delle dottrine liberali, contrarie all’interferenza del governo sulla libera scelta di vita e di pensiero dei cittadini, dove John Locke nel 1689 scriveva: “nessuno può essere costretto ad arricchirsi e star sano. Anzi dio stesso non salverà mai gli uomini contro la loro volontà…”, la modalità coattiva del provvedimento non tarda a manifestarsi in una violenta opposizione. Negli anni ’60 l’Inghilterra stabilirà la coercibilità della vaccinazione, con potestà di processare, imprigionare e confiscare i beni ai genitori che rifiutassero di vaccinare i figli. Non si arresta con ciò il dibattito sui limiti d’intrusione del governo nell’ambito individuale e nel 1898 si ottiene l’abolizione dell’obbligo. Nel lasso di quei 60 anni però la gran parte della popolazione era stata vaccinata (e la malattia drasticamente ridotta): in Europa, dai 5000-7000 decessi da vaiolo per milione di abitanti, si era scesi ad alcune centinaia per milione di abitanti, fino all’eradicazione nel 1953. Nell’Italia post-risorgimentale, conseguita l’unità della Nazione, la vaccinazione antivaiolosa era diventata obbligatoria nel 1888.
Nel 1964 l’OMS ritiene che la vaccinazione a tappeto dell’intera popolazione mondiale costituisca l’unica possibilità di debellare la malattia.
Ma succede questo: nel 1966, in Nigeria, nonostante il 90% dei nigeriani fosse vaccinato, scoppia un’epidemia di vaiolo. Poiché si dispone di scarsi quantitativi di vaccino, il 1° gennaio 1967, l’OMS lancia un nuovo programma intensivo per l’eradicazione del vaiolo, fondato su due approcci complementari:
1) sistema di sorveglianza epidemiologica, per rilevare e isolare immediatamente i nuovi focolai e
2) vaccinazione di massa nelle zone colpite, con un nuovo vaccino ad alta qualità.
Questo protocollo risulta vincente. Nel 1974 il 75% delle epidemie era scoperto nel giro di due sole settimane dall’insorgenza del primo caso di vaiolo, entro 48 ore iniziava il contenimento di tutti i possibili contatti e in 15-20 giorni non era più segnalato alcun nuovo caso.
L’ultimo paziente affetto da vaiolo è registrato nel 1977, in Somalia. Nel dicembre del 1979 l’OMS annuncia ufficialmente l’eradicazione del vaiolo a livello mondiale, a 183 anni dalla scoperta di Jenner (1796) e oltre 2000 anni dalle prime tecniche di variolizzazione di cui abbiamo testimonianza.
In Italia, la vaccinazione, già sospesa nel 1977, è abrogata definitivamente nel 1981.
Riporto 2 trafiletti, che mi sembrano spunti di riflessione più che mai attuali:
‘Un secolo dopo Jenner, Pasteur capì che la vaccinazione antivaiolosa non era in realtà che l’applicazione particolare di una legge generale di natura, cioè che era probabile vaccinare contro molti tipi di malattie microbiche usando microrganismi della stessa specie, ma di virulenza attenuata. Questa affermazione portò allo sviluppo di tecniche generali per la produzione di vaccini e diede origine all’immunologia come scienza.’
e
‘Il direttore generale dell’OMS dell’epoca Halfdan Mahler definisce l’eradicazione del vaiolo come “un trionfo dell’organizzazione e della gestione sanitaria, non della medicina”. Parole pronunciate in occasione di un meeting in Kenya, al quale partecipava anche il direttore del programma di eradicazione Donald Henderson. A lui fu chiesto quale fosse la prossima malattia da sconfiggere. Henderson prese il microfono e rispose: “la cattiva gestione della sanità”.