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Fleurdelys
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Molto interessante la notizia, cui fa cenno Ippogrifo, riguardante la scoperta di speciali cellule T, le killers del sistema immunitario, osservate casualmente in campioni di sangue provenienti dalla banca del sangue del Galles ad opera dei ricercatori dell’Università inglese di Cardiff. Queste cellule singolari esprimono sulla loro superficie in modo spontaneo un recettore (Tcr) capace di legarsi a una molecola (Mr1) presente sulle cellule tumorali di tessuti di numerosi organi (pelle, sangue, colon, mammella, ossa, prostata, ovaie, reni e collo dell’utero) distruggendole.
Già in passato è stato possibile programmare geneticamente in laboratorio cellule T inducendo recettori specifici per le cellule leucemiche di pazienti selezionati, ma si trattava di terapie ad hoc per un determinato paziente e mai per tumori solidi. In questo caso, invece, le cellule scoperte sono naturalmente pronte ad agire su forme tumorali liquide e solide di qualsiasi paziente, essendo la molecola Mr1 presente sempre identica sulle cellule neoplastiche. Pare quindi che sia stata trovato uno stipite cellulare che possa agire efficacemente su tumori diversi di diversi pazienti e che potrebbero addirittura essere istituite banche di cellule immunitarie speciali per un trattamento immediato “pronto all’uso”. La sperimentazione su tumori umani innestati su animali da laboratorio con un sistema immunitario simile a quello umano è favorevole e presto potrebbe essere trasferita sull’essere umano. Resta da capire perché questo recettore si attiva sui linfociti di alcuni soggetti e non in tutti i portatori di neoplasia.
Altrettanto interessante la notizia segnalata da Guglielmo Tell sugli studi che Vittorio Sebastiano, un giovane ricercatore, nostro connazionale, sta conducendo a Stanford in California sulla scia della scoperta che ha valso il premio Nobel nel 2012 allo scienziato giapponese Shinya Yamanaka. Yamanaka aveva dimostrato che si poteva indurre in una cellula matura una regressione verso una fase di totipotenza tipica delle cellule staminali e grazie a questo rigenerare tessuti e ripristinare funzioni che erano state perdute.
Il Dr. Sebastiano grazie ad un cospicuo investimento nella sua ricerca sta sfruttando un aspetto della suddetta scoperta e cioè che la cellula totipotente staminale così ottenuta è anche biologicamente più giovane e quindi con un’aspettativa di vita più lunga. La sperimentazione di Stanford vuole conservare alle cellule trattate la specificità tessutale d’origine inducendo solo un ringiovanimento biologico e funzionale. Ad esempio il tessuto cardiaco potrebbe tornare ad essere più efficiente, così come il tessuto muscolare e osseo, ma anche pelle, cartilagini, retina, vasi e nervi. La tecnica prevede l’esposizione di cellule ultrasessantacinquenni all’azione di sei molecole di RNA messaggero che induce la sintesi di proteine attivanti siti genici cellulari. L’epigenetica infatti insegna che con l’invecchiamento il meccanismo di regolazione genetica dell’attività cellulare si inceppa inducendo infiammazione che induce l’invecchiamento. L’esposizione per soli quattro giorni a questa stimolazione ringiovanisce la cellula di otto anni che diventano 20 o 30 nel caso delle cellule muscolari. Si sta valutando attualmente l’effetto di una stimolazione ripetuta per vedere se è possibile sommare l’effetto di ringiovanimento.
Due notizie davvero straordinarie: la prima, che ribadisce la capacità di terapia insita nella Natura stessa, che, nonostante i danni che l’uomo opera sull’ecosistema, pare voglia conservare la specie sul pianeta; la seconda, che offre qualche spunto di riflessione sull’utilità o meno di prolungare la vita umana, fermo restando che qualunque scoperta migliori la qualità di vita è la benvenuta.
L’elisir di lunga vita è servito!

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