Ricordo di aver visto in tv diversi film che raccontavano lo stretto legame tra il cibo preparato da “mani sapienti e appassionate” e le relazioni e le atmosfere che si creavano tra i commensali invitati ad un banchetto. Ad esempio,” Come l’acqua per il cioccolato” o “Chocolat” e ancora ” Mangiare bere,uomo donna” e ” Il pranzo di Babette”.L’aspetto che dai registi veniva messo in luce, e che mi ha sempre affascinato, era che il cibo venisse visto come viatico, come canale attraverso cui non solo emergevano le emozioni più profonde e recondite delle persone,ma dava ad ognuno la libertà di fare delle scelte, di riflettere sulla propria condizione,come guardandosi dentro uno specchio.Condividere mangiando, aveva spesso il connotato di un viaggio onirico ed era dunque molto più che soddisfare un bisogno primordiale. Mi chiedo se anche il pasto rituale dell’Agape (o tutte le volte che fraternamente condividiamo del cibo), possa avere il valore di richiamare dentro e fuori di noi,la parte più vera e profonda del nostro essere.Un caro saluto a tutti!