Rispondi a: NUOVE FRONTIERE DELLA MEDICINA

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catulla2008
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La sindrome in questione, come tutte le patologie, merita attenzione, ricerca, prevenzione. Senza scendere nelle dinamiche sociali di un Paese altro – per sua storia distante dalla nostra cultura e quotidiana realtà – mi permetto di osservare che il solito buon senso può essere fonte di riferimento ‘educativo’ ben più di ogni altra ricerca o studio. Guarda caso, lo stesso buon senso che troviamo articolato nella Pragmatica Fondamentale su cui si basano la nostra Schola e operatività quando si afferma che “ai figli si deve insegnare con l’esempio che ogni atto della vita ha origine nelle nostre azioni, nelle nostre parole, nei nostri pensieri”.
Non occorre pertanto scendere nelle analisi psicologiche per capire che là dove i genitori impugnano il cellulare come un cordone ombelicale da trascinarsi a tavola e in bagno e con cui interfacciarsi per ogni emozione del giorno, i figli faranno altrettanto, specie se sono stati gli stessi genitori a mettere nelle loro mani l’oggetto in questione sino dai tempi della scuola materna quando non addirittura prima.
Se viene a mancare la comunicazione sensoriale piena, che è fatta di gesti, mimica, odori e sapori, complicità di pelle e risate, non deve stupire che poi i futuri adulti non riescano a svilupparsi armonicamente per la sterile incapacità delle tate-tablet o smartphone a coltivare ed educare una umanità che in quanto oggetti non possono avere.
Poi, certo, ci saranno altre cause e altre ragioni, ma prima della rivoluzione tecnologica queste sindromi – di fatto – non c’erano. E non perché la rivoluzione tecnologica sia un male, ma in quanto i primi ad avere sviluppato dipendenza appaiono essere proprio gli ‘educatori’…

  • Questa risposta è stata modificata 6 anni fa da catulla2008.

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