Non condivido l’idea che il campo mediatico, come lo definisce Garrulo, agisca “inconsapevolmente” per imporre le proprie innovazioni. In generale, le linee innovative che poi si impongono alle abitudini della “totalità degli utenti” fanno seguito a strategie di marketing scientificamente studiate, per essere poi attuate preventivamente o contestualmente, spesso inducendo in maniera surrettizia bisogni non reali o lavorando sul piano simbolico dello status percepito e proiettato, così che l’emulazione diventi una sorta di necessità che ponga al riparo dal rischio di apparire emarginati per il semplice fatto di non essere alla moda o di non ostentare lo smartphone ultimo modello. Semmai, sono spesso gli utenti a diventare vittime, più o meno consapevoli, del “così funzionano le cose” e, fra queste, primariamente i genitori di figli in età pre o già adolescenziale. Personalmente sono convinto che prima che dagli educatori istituzionali, una formazione equilibrata, per quanto possibile equilibrata, debba partire proprio dai genitori, ossia dalle figure e dai ruoli da sempre chiamati a concorrere alla prima formazione educativa. Ma qui il discorso rischierebbe di farsi lungo e assai complesso e allora mi limito a una rapidissima considerazione: miriamicamente, anche come genitori, siamo chiamati a svolgere un ruolo permanentemente attivo e vigile, non potendo delegare al caso o alla forza delle abitudini o alla dittatura delle mode la responsabilità che ci compete in prima persona. Certo, mi rendo conto che non è affatto facile per un genitore, specialmente al giorno d’oggi, contrastare le pressioni condizionanti che agiscono da ogni dove e in ogni direzione, eppure, proprio per questo, occorre che la presenza dei genitori si faccia ancor più sentire. L’alternativa è dare forfait in partenza e arrendersi senza neppure aver provato. Ma è un’alternativa condivisibile?
Un caro saluto a tutti.