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catulla2008
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Diceva Kremmerz: “Un corpo sano, nel completo funzionamento del suo apparato naturale di difesa, non può essere attaccato dai microbi e vinto, dunque bisogna conchiudere che dove il microbo si manifesta vittorioso ha trovato già l’organismo predisposto, cioè attacca, vince, genera l’infezione quando l’organismo è già malato, quindi il principio di ogni morbo è nell’organismo indipendentemente dal microbo che lo attacca” (Commentarium I volume pagg. 109-110).
Riflettendo dunque sull’assioma che il corpo sano non contrae malattia, consideravo l’estensione del concetto al fatto che ‘l’anima sana non contrae turbamento’. Infatti, ripensando alla grande, grandissima – e per quanto ho potuto osservare nei decenni, crescente – tolleranza dei Maestri, ho osservato che molte delle nostre reazioni avvengono perché il comportamento altrui risveglia in noi quanto gli è affine e le difettività di chi ci è prossimo solleticano e richiamano le nostre eguali. Insomma, se già non ci appartenessero quel vizio o quella mancanza non ci verrebbe da reagire, né da squilibrarci. Proprio come avviene per le malattie.
Poi, pensando fra me e me, mi è venuto pure da ricordare come da bambina mi capitasse spesso di guardare certi adulti con meraviglia per la loro capacità di passare dalla quiete alla collera, o di risentirsi per cose che allora non capivo perché non mi appartenevano: ma il fatto che poi taluni aspetti si siano manifestati e altri magari no, ha evidenziato che, probabilmente, da bambina non si erano ancora risvegliati in me i germi delle passioni che comunque erano già mie e che, più avanti, mi sarei ritrovata a dover fronteggiare.
Ebbene, partendo da quanto sopra, e ovviamente grazie all’educazione magistrale che non manca mai nella Fratellanza, ho infine realizzato che il nostro cammino non è un ritorno allo stato (presunto) edenico dell’incoscienza bensì una vera e propria ascesa, consapevole per quanto faticosa, a uno stato diverso: uno stato dove l’esperienza del dolore e della sofferenza servono a maturare capacità di com-passione e contemporaneamente di contrastare il male e lo squilibrio in sé e fuori; insomma una sorta di autovaccinazione.
In tale prospettiva ho riletto

e ne ho concluso con gratitudine che la Parola dei Maestri è Qualcosa di vivo, di davvero vivo perché è verità di esperienza umana, di trasformazione e sviluppo e di testimonianza di ciò che è possibile fare col lavoro e nel seno generoso della grande Miriam.
Un’ultima considerazione.
Poco tempo fa ebbi a leggere un fatto di cronaca increscioso come tanti ma che mi colpì perché narrava di una ragazzina annegata perché risucchiata dal bocchettone di una piscina nonostante gli sforzi per trattenerla compiuti da un altro nuotatore. Ebbene, noi siamo come quella ragazzina e solo gli strumenti rituali ci consentono di non farci prendere dalla corrente comune e di vincere il risucchio delle ovvietà animali e meccanicistiche che avvolgono la nostra realtà individuale. Quanto più operiamo, quanto più ci attiviamo, tanto più ci avviciniamo allo stato in cui vivono gli Esseri integrati, partecipi dell’aria e dell’acqua – per continuare con la similitudine.
A presto Fratelli e Sorelle tutti! Appuntamento all’AGAPE di Amore cui abbiamo la fortuna e la sorte di poter partecipare. W la Schola, W la Miriam!

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