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tanaquilla9
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Ferma restando l’importanza della scrittura e della trascrizione manuale, che si imprime nel nostro profondo, ho sempre ammirato il linguaggio dei simboli e delle immagini, caratteristico dei periodi più lontani della storia dell’umanità. Anni fa il regista Herzog, grazie a permessi speciali, ha avuto il merito di mostrare a tutti la grotta di Chauvet nell’Ardèche in Francia (circa 400 mt.) con pitture risalenti a 32.000 anni fa. Il documentario in 3D dal titolo “Cave of forgotten dreams” (La grotta dei sogni dimenticati) è presente su you tube ed è inframezzato da interviste a scienziati. Nella grotta di Chauvet, in una prima grande sala, che doveva essere illuminata prima di una frana, non vi sono immagini; i dipinti son realizzati solo nelle zone più buie, all’epoca illuminate da fiaccole, che hanno lasciato tracce di carbone. I pittori paleolitici interagivano con le pareti della grotta che non sono piatte e perciò gli animali dipinti sembrano in movimento. V’è presenza di ossa animali ma non umane, gli scienziati pensano perciò che l’uomo non vi vivesse ma che la usasse solo per cerimonie. Non ci sono dipinti di esseri umani, solo di una gran quantità di realistici animali, ad eccezione della raffigurazione della parte inferiore del corpo femminile nudo, col triangolo pubico che sembra abbracciato da un bisonte. Gli esperti che studiano la grotta sostengono circa quella cultura: “non v’è stato un inizio primitivo, una lenta evoluzione. C’è stata un’irruzione nella scena come improvvisa, esplosiva. E’ come se l’anima umana moderna si fosse svegliata qui”. Sono state trovate nella zona e altrove (riflettendo che all’epoca vi era ancora il Neanderthal, il mare doveva essere più basso di 1000 mt. e le Alpi coperte di 2750 mt. di ghiaccio. Dunque vi erano corridoi di terra ove adesso vi è il mare, come il letto asciutto della Manica tra Francia e Inghilterra) vari artefatti e testimonianze di strumenti musicali (flauti d’avorio o ricavati dal radio di avvoltoi, con una scala pentatonica, la stessa usata oggi in molti casi, e ancora funzionanti), ornamenti personali, rappresentazioni mitiche che provano la cognizione religiosa e la speculazione sulle metamorfosi dei regni naturali. Al proposito gli studiosi dicono: “Vigono in questo periodo due concetti: fluidità e permeabilità. La prima indica che le varie categorie possono alternarsi. La seconda l’assenza di barriere: un muro può parlarci, accoglierci o respingerci… la definizione homo sapiens non è affatto idonea: noi non sappiamo molto”… Suppongono anche che questi lontani uomini dovessero sentirsi parte e strumento di un tutto e che la loro arte murale non fosse un personale progetto pittorico, ma l’espressione dello “spirito unico” in loro.
Mi è sembrato bello.

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