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Macrobio
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Giorni fa leggevo un articolo su un simposio avvenuto all’Università di Pavia dal titolo “Ri-Trascrizioni, la scrittura manuale tra storia, arte e neuroscienze”. «Ri-Trascrizioni da una idea di Antonello Fresu, psichiatra e artista visivo, consiste nell’esporre in pubblico capolavori letterari perché tutti possano trascriverne a mano una parte» spiega Gabriella Bottini, docente di neuropsicologia all’Università di Pavia. Questa attività – condivisa anche con altri atenei italiani – non è una mera operazione da nostalgici di carta e calamaio ma un riscoprire il senso vero del tracciare su carta un pensiero, un fissarlo. Infatti anche molti studiosi sono concordi nell’affermare che scrivere aiuta a fissare in profondità, aiuta l’attenzione, la cognizione e la memoria, come dice la dottoressa Bottini. Nei tempi della videoscrittura e del correttore automatico non esiste possibile di errore e pare che questo ci porti a ripetere gli stessi errori non scrivendoli a mano. Anche il prendere appunti a mano aiuta fortemente a fissare i concetti e ci rende meno passivi piuttosto che copiare su PC la lezione registrata in audio. Tutto ciò mi ha fatto pensare al consiglio che mi diedero, da novizio appena iscritto alla Schola, di copiare a mano i fascicoli che mi erano stati affidati e mi aiuta, almeno in parte, a chiarire il senso dell’operazione ora che torno a pensarci mentre riflettevo sulle ulteriori pratiche che prevedono una scrittura/riscrittura. La scrittura più antica, la cuneiforme, si tracciava incidendo sull’argilla fresca, una specie di aratro che lasciava un solco nella terra tenera e sensibile alla pressione e la parola stessa scrivere viene da SKARB-SKAR e cioè incidere, scolpire (cfr. Vocabolario etimologico della lingua italiana di Ottorino Pianigiani Roma, 1907, Società editrice Dante Alighieri).
E allora – perché no? – ho associato la domanda che è sorta spontanea: perché oltre a scrivere ci viene richiesto per determinate pratiche l’uso del lume di candela? Di certo ci deve essere una ragione ben precisa poiché ogni nostra rituaria ha una sua spiegazione. Ed ecco che da una prima ricerca vedo che, secondo una recente ricerca del centro studi svedese Lund, gli effetti del lune di candela su di noi sono di calma e concentrazione ma non solo: minuscole particelle di sodio e potassio, che insieme alla fuliggine compongono il fumo di una candela, potrebbero essere responsabili degli effetti benefici e i due elementi sono coinvolti nella regolazione del ritmo del cuore e nella comunicazione tra le cellule del corpo. Ecco forse una chiave di lettura: la luce della candela associata allo scrivere non fissa solo concetti scavando sulla carta, in realtà spinge in profondità, fin dentro le cellule del nostro corpo, le parole.
Naturalmente se il lume di candela fosse pure utile per un romantico tête-à-tête con qualche superiore entità non mi tirerei di certo indietro!
Un caro saluto a tutti.

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