Negli anni ’90 in Spagna, nel corso di studi sugli archei, furono rilevate nel DNA ripetizioni di sequenze caratteristiche, delle quali non si comprendeva il significato, e che furono poi riscontrate in quasi il 90% degli archei e in circa la metà dei batteri, anche filogeneticamente lontani. Questo fece pensare che avessero un ruolo importante. Furono chiamate CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats: brevi ripetizioni palindrome interspaziate in modo regolare).
Si scoprì in un ceppo batterico che la sequenza era corrispondente a frammenti del DNA di un virus batteriofago e che quel ceppo era immune all’infezione; in poco tempo si riscontrarono in vari batteri tratti di DNA uguali a sequenze nucleotidiche virali. Si formulò l’ipotesi che le CRISPR contenessero le istruzioni per innescare un meccanismo in grado di proteggere i batteri dagli attacchi dei virus. In pratica, una sorta di sistema immunitario.
Il meccanismo d’infezione, da parte di un virus nei confronti di una cellula o di un batterio, consiste nell’iniettarvi il proprio DNA, utilizzare le strutture dell’ospite per replicarsi, fino a causarne la morte.
Si è appurato che le sequenze ripetute sono segmenti di DNA di virus che in precedenza avevano attaccato il batterio, che il batterio aveva demolito in frammenti e incorporato nel proprio genoma a costituire il sistema CRISPR. Sistema che consente al batterio o all’archeo di produrre molecole RNA complementari al DNA virale: la molecola di RNA si lega a un enzima, la proteina Cas9 (o altre simili) a formare il ‘CRISPR associated system’, che diffonde nella cellula. Quando l’RNA incontra il DNA complementare, cioè il DNA di quel virus, vi aderisce e l’enzima Cas9 taglia il DNA virale in punti precisi. In questo modo l’aggressore è distrutto.
In pratica, a ogni invasione virale, frammenti di DNA sono integrati nei CRISPR, costituendo un sistema immunitario atto a riconoscere quel virus, o virus simili, in occasione di altro attacco.
Per arrivare a comprendere in toto la funzione del sistema CRISPR-Cas9 sono occorsi anni di ricerche e l’impegno di molti ricercatori, i quali avevano colto che la capacità del complesso di attaccare e tagliare il DNA virale con precisione nelle sedi stabilite, avrebbe suscitato grande interesse nell’editing genoma.
Infatti le cellule vegetali e animali hanno la proprietà di riparare le rotture del doppio filamento del proprio DNA incollando le estremità dei 2 frammenti con un piccolo cambiamento di sequenza o inserendo altro DNA.
Se si fosse programmato il complesso CRISPR a riconoscere specifiche sequenze di DNA, automaticamente il taglio sarebbe avvenuto nella sede voluta, interrompendo il DNA in quella sequenza. Il successivo processo di riparazione, comportando il cambiamento di alcune basi, avrebbe determinato quell’errore sufficiente a inattivare la sequenza genica. Sarebbe così diventato possibile inattivare il gene ‘difettoso’ oppure inserire un nuovo gene con tecniche d’ingegneria genetica. Ovvero, a intervenire, ad esempio, su una mutazione causa di malattia genetica.
Nel 2012 due biologhe mostrano che è possibile costruire il sistema CRISPR-Cas9 in laboratorio, programmarlo per indirizzarlo verso un preciso punto a scelta del DNA. Di qualsiasi DNA. Il sistema batterico funziona anche in cellule eucariote, cioè cellule di piante, animali e umane, perché il Cas9 taglia là dove le CRISPR indichino di tagliare. In laboratorio è quindi possibile fabbricare CRISPR ad hoc, riproducendo le stesse sequenze del gene che interessa silenziare o modificare.
Gli attuali sistemi CRISPR-Cas9 per l’editing sono molto più semplici rispetto alla versione batterica originale, come rispetto alle altre tecniche di editing genetico, che richiedono alta specializzazione e sono molto complesse; sono inoltre prodotti facilmente e a un costo bassissimo.
E infatti, dal 2012 in poi, la metodica è stata ampiamente usata nei laboratori di biotecnologie di tutto il mondo per togliere, aggiungere e modificare geni in topi, ratti, pesci, moscerini della frutta, lieviti, nematodi, cani, maiali, scimmie e varie specie vegetali, nonché cellule umane.
Gli studi successivi hanno puntato a una sempre maggiore precisione del taglio, affinché si realizzi solo dove si voglia intervenire e non anche in altri loci.
In questa scia sono da inquadrarsi le ricerche condotte dall’equipe dell’Università di Trento, che dichiara di aver messo a punto, come divulgato in gennaio, una metodica che consente un taglio preciso, per la quale è stato prontamente richiesto il brevetto.
Questa una sintetica e incompleta cronistoria di come si sia giunti alla scoperta e all’utilizzo del sistema CRISPR, considerato uno dei risultati scientifici più importanti negli ultimi anni.
Molte considerazioni possono farsi sia sull’oggetto della scoperta sia sul successivo impiego della metodica, per le molteplici implicazioni che comporta. Rinvio a un successivo post ulteriori informazioni, sperando che siano utili per un più completo quadro della situazione.