Ero fresca di letture di romanzi ambientati nei luoghi andini e di appassionanti racconti di esperienze compiute in quei luoghi da un professore universitario peruviano a contatto con gli sciamani di quelle zone. Avevo 35 anni e mi sentivo molto vicina a quel tipo di cammino pur conoscendo già da oltre un decennio gli scritti di Kremmerz.
Entrata in contatto con la Schola Philosophica Hermetica Classica Italica in un momento in cui gli incontri accademiali erano stati momentaneamente sospesi fino a data da destinarsi ebbi la ventura – e la fortuna! – di passare una magica notte sui monti Sibillini con il Maestro Iah-hel e altri Numeri della catena iniziatica.
Era estate.
Verso le tre e mezza di notte, mentre tutti dormivano avvolti nei loro sacchi a pelo, una carezza di vento insistente ebbe la meglio sulla mia pigrizia e uscii dal tepore in cui mi ero rintanata aprendo la cerniera del mio involucro quasi fossi un baco da seta.
Non avevo freddo. Mi misi a camminare verso la vetta del monte lungo la cresta…
Arrivai fino a un certo punto, molto particolare. E, lì, sentii che non POTEVO andare oltre.
Quantomeno NON in quel momento.
Sentii il peso delle cose che dovevo ancora risolvere; vidi le contraddizioni della mia vita dell’epoca e le discrepanze tra quello che sentivo di essere e di volere e quello che invece facevo e dicevo nel quotidiano.
Le gambe si erano fatte di cemento e il muro invisibile che mi bloccava il passo non ammetteva forzature.
A malincuore mi voltai e presi la via del ritorno.
Tutti stavano ancora dormendo… (O forse no?)
Mi rimisi dentro al sacco a pelo con la netta sensazione che se non vivi come pensi finisci col pensare a come vivere.